Un lettore chiede se la parola montante può essere usata per indicare una somma di denaro; un altro lettore domanda invece se, nell’ambito della consulenza previdenziale, dove per indicare il ‘cumulo dei contributi accantonati dal lavoratore’ si usa il termine montante, sia legittimo l’impiego di montantone per designare un ‘montante soggetto a maggiorazioni’.
Attestato fin dal XIV secolo, montante, dal verbo montare, ‘che monta’, ha assunto nel tempo un valore quasi esclusivamente aggettivale e nominale, in modo analogo a molti altri participi presenti della lingua italiana (cfr. D’Achille 2010, p. 139), e ha progressivamente acquisito nuove accezioni più o meno vicine al significato originario del verbo, corrispondente a ‘andare verso l’alto, salire’.
Tra i dizionari storici, il Vocabolario degli Accademici della Crusca registra il termine nella quinta edizione come participio presente e distingue due accezioni segnalando anche il valore di aggettivo, il Tommaseo-Bellini aggiunge un’accezione “in forza di sost[antivo]”, mentre il GDLI riporta, all’interno di due articoli separati, quindici accezioni per la funzione verbale o aggettivale e nove per la funzione nominale. Negli attuali dizionari dell’uso, s.v. montante, è frequente incontrare perlopiù o unicamente le accezioni assunte dal termine in qualità di sostantivo, come nel GRADIT, nel Sabatini-Coletti e nel Vocabolario Treccani; fanno eccezione almeno i dizionari Garzanti e Hoepli, che isolano anche la funzione aggettivale all’interno dello stesso articolo, mentre il Vocabolario Treccani attesta gli altri valori di montante s.v. montare.
L’impressione che si ricava dai dizionari dell’uso è che la funzione nominale di montante, pur continuando a convivere almeno con quella aggettivale, sia prevalente nell’italiano contemporaneo. L’osservazione dell’uso in contesto sembra confermare questa ipotesi: all’interno del corpus Italian Web 2020 (itTenTen20), formato da testi raccolti in rete tra il 2019 e il 2020 per un totale di oltre 12 miliardi di parole e interrogabile con il programma Sketch Engine, tra le occorrenze di montante, oltre 50.000, sono nettamente prevalenti quelle in cui il termine svolge la funzione di sostantivo. Nello stesso corpus, montante si trova preposto o posposto, nelle accezioni di ‘in fase di sviluppo’ o ‘in fase di ascesa, crescente’, a parole perlopiù connotate negativamente, quali antisemitismo, euroscetticismo, fascismo, insofferenza, islamofobia, nazionalismo, populismo, protesta, razzismo, xenofobia. Come aggettivo, montante ricorre inoltre in alcune sequenze stabili o in via di lessicalizzazione: branca montante [della mandibola], che, come emerge da una ricerca in Google libri, costituisce un’unità polirematica ben attestata in manuali e testi specialistici di medicina; colonna montante, una locuzione registrata dal GRADIT come tecnicismo dell’elettrotecnica per “insieme di cavi che collegano la rete di distribuzione dell’energia elettrica agli impianti interni di un edificio”, anche definita in altri dizionari dell’uso, es. nel Vocabolario Treccani s.v. colonna, come “tubazione verticale destinata a convogliare ai varî piani di un edificio un fluido (acqua potabile, acqua per termosifoni, gas)”; marea montante, che il Vocabolario Treccani definisce, s.v. marea, in senso figurato, come “il manifestarsi di un fenomeno di grosse dimensioni, che cresce o avanza in modo difficilmente arrestabile” (con un significato analogo risultano in uso onda montante e ondata montante). Per marea montante, di passaggio si segnala che il GDLI documenta l’uso in senso letterale in testi del Quattrocento e del Cinquecento e in senso figurato attraverso una citazione tratta da un romanzo di Delfino Cinelli (“I campi strappati al selvatico venivano ingoiati dalla marea montante della macchia”).
Ma quali sono le accezioni del sostantivo montante? Si riportano quelle attestate dal GRADIT, il dizionario dell’uso con l’articolo più ricco.
montante /mon'tante/ (mon·tan·te) p.pres., agg., s.m.
1 p.pres. à montare
2a s.m. CO [1834] elemento verticale rigido, usato per sostenere e rinforzare una struttura o un elemento di una struttura: m. di una porta, di una finestra, di un’impalcatura, di uno scaffale
2b s.m. TS sport [1953] ciascuno dei due pali verticali che sostengono la traversa della porta di un campo da calcio: colpire, sfiorare il m.
2c s.m. TS aer. asta rigida verticale od obliqua della travatura di forza di un biplano o di un monoplano armato
3a s.m. TS sport [1935] à uppercut
3b s.m. TS sport [1917] nella scherma, colpo di sciabola sferrato diagonalmente contro il petto dell’avversario
4 s.m. TS fin. in matematica finanziaria, somma del capitale iniziale e dell’interesse maturato per un certo periodo di tempo e con un dato tasso
5 s.m. TS metall. à respiro
6a s.m. TS arald. asta verticale di una croce, blasonata solo se di smalto diverso dalla traversa
6b agg. TS arald. di figura, rivolta verso il capo dello scudo | di crescente, che ha le corna rivolte verso l’alto
7 s.m. TS sart. lembo di stoffa che forma il risvolto dello scollo negli abiti maschili
8 s.m. BU somma di denaro, ammontare
9 s.m. BU lett., predellino di una carrozza
Come si può notare, a un’accezione “comune” seguono molte accezioni “tecnico-specialistiche”, alcune delle quali datate tra l’Ottocento e il Novecento; l’articolo si chiude con due accezioni di “basso uso”: l’ultima, di provenienza letteraria, è preceduta proprio dal significato che interessa un nostro lettore, “somma di denaro, ammontare”. Tra gli altri dizionari dell’uso consultati, una definizione analoga, “Somma, importo complessivo, ammontare”, è presente solo nel Vocabolario Treccani, che pure segnala “non com[une]” e aggiunge “per influenza del fr[ancese] montant”.
Tra i dizionari storici, anche il GDLI include l’accezione di “somma, importo, totale” e la indica come “disus[ata]”. Dallo stesso dizionario si ricava che Filippo Ugolini registrò montante nel suo Vocabolario di parole e modi errati che sono comunemente in uso (18481, p. 120; il GDLI cita dall’edizione del 1860 con annotazioni di Gabriele De Stefano) segnalando che “per somma, tutto, totalità: p. e. Il montante di questa spesa sarà di sc. 200: è voce da fuggirsi, perchè non italiana, ma francese (Montant)”, e che anche Costantino Arlia, nel Lessico dell’infima e corrotta italianità compilato con Pietro Fanfani (18903, p. 357; I ed. 1877), indicò che “per Somma, Totale, Tutto, Ammontare, è voce straniera. Per es.: Il montante della spesa per il vestito è di L. 20”. In tale accezione, dunque, montante risulta in italiano un calco semantico dal francese, che non ha trovato però diffusione in tutti gli ambiti della vita sociale. In riferimento a un conto, a una spesa o a una ricevuta, infatti, a montante sono preferite parole quali ad esempio importo o totale (proposte anche dai dizionari e dai traduttori francese-italiano), a differenza di quanto accade in francese: il TLFi definisce montant come “Somme à laquelle s’élève un compte, une dépense, une recette”, e l’esame delle concordanze all’interno del corpus disponibile in Sketch Engine per questa lingua, French Web 2017 (frTenTen 2017), di circa 5,7 miliardi di parole, conferma tale uso più esteso. Ancora dal TLFi si ricava anche che montant entrò nell’espressione montants compensatoires monétaires (in sigla MCM) all’interno dei testi della Comunità economica europea; in italiano, secondo i risultati restituiti dal portale dell’Unione europea Eur-Lex, la stessa espressione – sebbene sia circolata la variante montanti compensativi monetari – era resa ufficialmente con importi compensativi monetari (in sigla ICM).
All’accezione di “somma di denaro, ammontare” (v. sopra, n. 8 nel GRADIT), come emerge dai contesti e dalle relative fonti ancora nel corpus ItTenTen20, si possono oggi ricondurre alcuni usi circoscritti ai settori economico-finanziario, es. il montante residuo del finanziamento, un montante comprensivo di capitale più interessi che ammonta a/che raggiunge i/pari a… (segue nei contesti una cifra in euro), e previdenziale, soprattutto nell’espressione montante contributivo – anche richiamata per ellissi solo con montante –, che nel sito dell’Inps è definita come “il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni lavorativi”. Si noti che, mentre in relazione all’ambito finanziario l’accezione è stata affinata dai dizionari dell’uso (v. sopra, n. 4 nel GRADIT), in relazione all’ambito previdenziale manca una definizione tecnica, attualmente inclusa solo in glossari settoriali.
Tra i principali dizionari storici e dell’uso, il GDLI è l’unico a registrare anche montantino, come diminutivo del sostantivo montante, “s.m. Aeron. Asta che sporge dai piani mobili dell’aeroplano”, incluso dal futurista Filippo Tommaso Marinetti nel suo Primo dizionario aereo italiano (1929); tale termine non ricorre nel corpus ItTenTen20, e in questa accezione tecnica – oggi propria di montante (v. sopra, n. 2c nel GRADIT) – sembra non essersi lessicalizzato.
Nessun dizionario registra invece l’accrescitivo montantone; il termine non trova ancora attestazioni in testi scritti, ma, come segnala un altro nostro lettore, sembra circolare nel gergo dei consulenti che operano nel campo della previdenza per indicare un ‘montante contributivo accresciuto’, calcolato tenendo conto delle maggiorazioni riconosciute dalla legge in particolari circostanze. Tale formazione è senz’altro ammessa dalle strutture della lingua italiana e potenzialmente potrebbe acquisire l’accezione con la quale è usata.
Qualora si volesse ricorrere, invece, a un prefisso accrescitivo, andrebbero valutati gli elementi con un valore quantitativo, tra i quali figurano iper-, maxi- e sopra-/sovra-. Tra questi, iper- e sopra-/sovra- indicano perlopiù “quantità superiore al normale” o “eccesso”, anche con una connotazione negativa, es. iperdosaggio, sovrappeso (Iacobini 2004, p. 150). Iper-, in particolare, come precisano anche i dizionari dell’uso, risulta molto produttivo nelle terminologie tecnico-specialistiche, talvolta alternato a super-, es. iperalimentazione/superalimentazione, e spesso correlato e contrapposto a ipo-, es. ipertensione/ipotensione; nel tempo si è arricchito di nuovi valori anche distanti dalla sua etimologia, come in ipertesto, sul modello dell’inglese hypertext (cfr. Bombi 1996), ma nessuno appare adatto al caso che si sta considerando. Maxi-, infine, è stato invece definito come il “più impiegato per esprimere grandezza o quantità maggiore”, es. maxischermo, maxitangente (Iacobini 2004, p. 149). A ben vedere, s.v. maxi-, i dizionari dell’uso non rinviano al concetto di quantità; il GRADIT, ad esempio, indica “di grandi dimensioni o potenza o durata: maxicalcolatore, maxicappotto, maxiprocesso”. Tuttavia, esaminando i composti che nel GRADIT seguono, emerge che maxi- figura in alcuni termini relativi a somme di denaro ingenti o accresciute: es., oltre a maxitangente (1985), maxiaccantonamento, maxiacconto, maxiassegno, maxibolletta (2001), maxiesborso (2000); sul modello di queste formazioni, tutte provenienti dal linguaggio giornalistico, potrebbe forse diffondersi maximontante.
Nota bibliografica:
Laura Clemenzi
27 luglio 2022
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