Ci viene chiesto se il toponimo Cerbaia sia connesso alla voce cervo o se invece abbia diversa origine.
Sull'origine del toponimo Cerbaia
Il toponimo Cerbaia, stando al Catalogo delle foto aeree dell'IGM, è diffuso soltanto in Toscana: lo si trova soprattutto in area fiorentina e senese, ma appare sporadicamente anche nel resto della regione, provincia di Massa esclusa. Cerbara (con il suffisso -aro, esito caratteristicamente non toscano del latino -arius) è invece presente soprattutto nelle Marche, oltre a un caso in Umbria e a un altro in provincia di Potenza. Troviamo poi Cervaia in area lucchese e perugina (entrambe sono confinanti con le aree limite della diffusione di Cerbaia), mentre Cervara, che in Toscana troviamo solo in Lunigiana, è diffuso in Trentino, Liguria e soprattutto nell'area che visivamente potremmo definire "la gamba dello stivale" (dall'Emilia-Romagna, al Molise, alla Campania).
Per quel che riguarda l'origine del toponimo, l'ipotesi più immediata è quella di una derivazione comune dal latino cervus 'cervo', come fa per esempio il Dizionario di toponomastica UTET (che però non riporta Cerbaia) per Cervara e Cervaro, l'antico Castrum Cerbarii. A favore di questa tesi è la presenza di cerbio / cerbo per cervo in Toscana (e forse solo in Toscana) dal secolo XVI, testimoniata dal Vocabolario degli Accademici della Crusca, che riporta cerbio accanto a cervio fino dalla prima edizione, mentre cervo si affianca a partire dalla quarta. In realtà forme analoghe esistevano già nei secoli XIII e XIV, come appare dal TLIO Tesoro della Lingua Italiana delle Origini che alla voce cervo riporta numerose testimonianze della grafia con b di area fiorentina o comunque toscana.
Il ricordato Dizionario di toponomastica cita in proposito lo studio di S. Conti, Territorio e termini geografici dialettali del Lazio (Roma, Istituto di Geografia dell'università, 1984), nel quale si afferma che la diffusione del cervo in area laziale appenninica e subappennica è desumibile dalla diffusione nell'area stessa del toponimo Cervara. Risulta però interessante confrontare questa affermazione con quanto argomentato da Antonio Polloni in Toponomastica Romagnola (Firenze, Olschki, 1966 sv Cervia, p.78 sg.): "Nel Dizionario Ufficiale dei Comuni e Centri, Roma 1955 sono elencati circa 50 e più toponimi del tipo Cerva, Cervia, Cerviano, Cervara, Cervarezza, Cervelli, Cervasca, Cervarese, Cervino e non pare che i cervi fossero tanto diffusi in Italia". Lo erano invece le silvae, continua Polloni che, con il sostegno della derivazione accolta per Monte Cervino da Mons Silvinus, per cui si pensa a un passaggio *sil->*sel->*cer-, formula l'ipotesi che dietro questi toponimi vi sia una selva piuttosto che un branco di cervi.
Lo stesso autore rimanda anche al DEI proprio a proposito di cerbaia. In realtà nel DEI troviamo due lemmi omografi: cerbaia per 'bandita per la caccia dei cervi', dal latino cervaria silva, e cerbaia 'bosco di cerri', voce toscana che viene confrontata col veneto cervo, il friulano ciervàt, l'istriano cerovato per 'cerro'. Queste forme presuppongono un latino *cerruus - da cui poi *cervus - per il classico cerrus, "con un ampliamento caratteristico di fitonimi mediterranei, cfr lat. carduus ...". L'ipotesi della derivazione da cerrus è avvalorata dalla presenza di cerbaia per 'bosco di cerri' nella prima edizione del Vocabolario degli accademici della Crusca, dove però non si trova a lemma bensì sotto cerreto: "bosco di cerri, che anche diciam cerbaia, quasi cerraia". La voce, che scompare nella V edizione, non trova però citazioni se non come toponimo (nella Cronica di Matteo e Filippo Villani 10. 52. "E fu descritto il castello di Cerbaia posessione, e contado del Comune di Firenze" e "Vedendo, che la Cerbaia era una chiave forte alla guardia del suo contado").
Esiste infine un'altra ipotesi formulata da Carlo Salvioni nei suoi Appunti sull'antico e moderno lucchese (in "Archivio Glottologico Italiano", XVI, 1902-1904-1905, pp. 395-477) realizzati "frugando" nelle Cronache del Sercambi. Annotando la voce cerbaia (che per Luciano Rossi, curatore dell'edizione 1974 del Novelliere di Giovanni Sercambi è "la brulla regione che s'estende fra Fucecchio e Altopascio"), Salvioni scrive: "Traducon questa voce per 'cerreto', né vedo sull'autorità di quale esempio. Io credo meglio sia 'acerbaja', da intendersi con significato affine a quello dell'alto-it. gèrbo, gèrbido, sodaglia, landa, grillaja" (p. 436). Concorda con Salvioni, Angelico Prati che nel Vocabolario etimologico italiano (Milano, Garzanti, 1951) facendo risalire ad acerbu(m) le voci toscane occidentali gelba, gerba per 'sala, erba di padule', gerbaio 'luogo di molte erbe', attestate dal Tommaseo (Dizionario della lingua italiana 1861-1879) e dal Petrocchi (Novo dizionario universale della lingua italiana, 1891). Anche Silvio Pieri nel suo Toponomastica delle valli del Serchio e della Lima (1927) rimanda ad acerbum per la voce gerbo, gerba 'sterpo' e ingerbire 'far cespo, metter le radici attecchire' ("sarei tentato di pensare ad acerbo in quanto dicesse 'semper virens'" sv gerbo). Soprattutto, allo stesso luogo, Pieri aggiunge "checché ne paja, a gerba sarà connesso [il toponimo] Cervastro [e Cervastreto e Cerbastreto citati al luogo]").
La connessione di Cerbaia con gerba e gerbaio, confortata anche dalla presenza del toponimo Gerbaia in area toscana occidentale (lucchese pisana) e anche senese (comune di san Gimignano) oltre che in area piemontese (una regione Gerbaia è nominata nell'archivio storico di Torino), ci pare plausibile. Resta però da chiarire se alle spalle vi sia realmente la voce acerbo o, come supposto da DEI sv gerbaio 'luogo coperto di gerba', non si debba invece pensare a una voce di sostrato mediterraneo (cfr sv gerbo2).
Possiamo anticipare che Maria Giovanna Arcamone, che sta preparando un articolo sulla questione per la rivista "L'Italia dialettale", propende per la tesi del Salvioni, ovvero per la derivazione da acerbum, almeno per la Toscana.
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
20 maggio 2011
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