Sono molte le persone che ci chiedono quale sia la forma corretta tra libricino e libriccino.
Un libriccino (o libricino) per le vacanze
A proposito della forma diminutiva libriccino (e libricino) bisogna specificare che, nella formazione dei diminutivi con i suffissi -ino e -ello, può figurare, senza che se ne possa prevedere la comparsa, l'interfisso -(i)c(c)- che aggiunge al normale significato del suffisso diminutivo il valore connotativo di affettività e vicinanza emotiva del parlante rispetto all’oggetto citato. Alterati di questo tipo sono, ad esempio, bastoncino e bastoncello da bastone; conticino da conto; posticino da posto; fiumicello da fiume. C’è poi libro, che oltre a poter diventare un piccolo librino, ha anche la forma libriccino (e libricino). Una prima particolarità delle forme del diminutivo di libro è proprio la loro coesistenza e alternanza negli usi: se si considerano i casi sopra citati, infatti, si può notare che l’unico diminutivo in uso per ciascun nome è quello con l’interfisso -(i)c(c)- (bastoncino non si alterna con *bastonino, conticino non prevede anche contino, eventuale diminutivo di conte), mentre libro prevede una rosa di diminutivi (e alterati in genere) quali appunto librino, libriccino, libretto (anche se quest’ultimo si è specializzato per alcuni significati particolari, si pensi a “libretto d’opera” o al “libretto universitario” o ancora al “libretto delle istruzioni”), librettino, con accezioni e sfumature diverse che probabilmente hanno favorito la sopravvivenza di ognuno, senza che uno in particolare avesse la meglio su tutti gli altri. Ad accrescere ulteriormente questa gamma già notevolmente ricca, contribuisce la presenza della doppia variante libriccino/libricino, di cui nello specifico ci chiedono conto i nostri interlocutori. Dal punto di vista semantico si tratta in ogni caso (la variazione grafica non influisce sul significato) di un ‘piccolo libro’ a cui può affiancarsi il significato di 'libro di poco conto, di scarso valore', (si può supporre anche un'interferenza con l'alterato libruccio), ma anche quello di ‘libro semplice, per bambini o ragazzi’.
Nell’uso antico con libriccino ci si riferiva a un libro particolare, il ‘libriccino di preghiere’ e proprio questo significato ci aiuta forse a motivare l’origine della variante con la doppia c. Nella lessicografia storica il termine registrato per indicare il diminutivo di libro era infatti libricciuolo (progressivamente poi anche nella forma meno letteraria libricciolo) e, in particolare il Vocabolario degli Accademici della Crusca, fin dalla prima edizione del 1612, segnala che nell’uso c’era anche la forma libriccino a proposito del quale si precisava: “Diciamo anche libriccino, ma più comunemente, che d'altro, di quello, nel quale son gli ufici della Madonna, i Sette salmi, e altre preci”, quindi il termine iniziava a circolare anche come semplice diminutivo, pur mantenendo il suo primario significato di ‘piccolo libro di preghiere’. Si è poi persa progressivamente la specificità semantica del sostantivo libriccino, insieme ai libriccini di preghiere, gli unici (piccoli) libri con i quali la maggior parte della gente aveva quotidianamente a che fare, mentre nell’accostamento dei due diminutivi la doppia c di libricciuolo deve aver influito sulla conservazione della forma libriccino con doppia c. Si sono così trovate a convivere, con lo stesso significato di semplice diminutivo, libriccino e libricino, quest’ultimo costruito con l’interfisso -ic- senza raddoppiamento secondo le regole derivative della maggior parte dei sostantivi che prevedono questa forma di diminutivo.
Dai vocabolari storici apprendiamo che la forma riconosciuta come più corretta è quella con la doppia c, l’unica registrata in tutte le cinque edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca e indicata come prevalente anche dal GDLI che però segnala la forma con la consonante scempia come antica: dagli esempi d'autore riportati vediamo però che, accanto a numerosi esempi di libriccino (peraltro anche antichi con attestazioni tratte da Varchi, Macinghi Strozzi, S. Caterina de’ Ricci, Lippi) si affiancano solo pochi casi di libricino e non sempre di autori così lontani nel tempo (tra i pochi esempi solo l’Aretino può essere considerato antico, ma non certo De Roberto e Pirandello citati per quest’uso). La tradizione è ulteriormente confermata dai dizionari recenti, la maggior parte dei quali contempla solo la forma libriccino, indicata come l’unica effettivamente corretta dal DOP che, a scanso di equivoci, specifica “no libricino”. Un importante discrimine è rappresentato, come prevedibile, da Manzoni che nel suo romanzo sceglie sempre la forma raddoppiata, lasciando così la sua impronta autorevole in un uso di persistente alternanza. Forse non è casuale che Pietro Fanfani, nel suo Dizionario di Pronunzia Toscana del 1863 (Firenze, Le Monnier) registri solo la forma libriccino e, oltre a segnalare che si tratta di un diminutivo, ne dia come definizione solo libricciuolo probabilmente a quel tempo divenuto ormai quasi perfetto sinonimo.
Per l’uso attuale, ormai del tutto in disuso libricciuolo, la forma libriccino resta quella consigliata anche se le attestazioni in rete e nella lingua dei giornali ci rivelano una buona tenuta della variante libricino: particolarmente significativo il dato dell’archivio di "Repubblica" (che copre l’arco temporale dal 1984 a oggi) in cui si rintracciano 669 occorrenze di libriccino a fronte di 613 di libricino.
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
26 luglio 2013
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