Drazen Volk ci ha contattato per conoscere i diversi possibili usi della particella ne: riportiamo la risposta di Tina Matarrese, pubblicata nell'ultimo numero de La Crusca per voi (n° 27, ottobre 2003).
Usi della particella ne
«La particella ne deriva dal latino Inde ('di lì'), di cui conserva il valore primario di avverbio di luogo ("entrato in casa, ne uscì subito dopo"). Svolge inoltre funzione di pronome personale o dimostrativo, preceduto da di/da: "non la conosco personalmente, ma ne (= di lei) dicono bene", "chiuso l'affare, non volle più parlarne (= di esso)", "ha visto il film e ne (= da esso) è stata impressionata". Può anche riferirsi a una intera frase: "spero che mi telefoni, ma ne (= di ciò) dubito". In tutti questi casi vediamo il ne fare da complemento di un verbo. Ma può essere anche complemento di un aggettivo ("abbiamo avviato una bella impresa e ne siamo fieri") e di un nome, nel qual caso equivale a un aggettivo possessivo ("Gli piace Venezia e ama percorrerne le calli" / "Gli piace Venezia e ama percorrere le sue calli").
E ancora il ne può avere significato partitivo in relazione a una certa quantità: "ho comprato la frutta, quanta ne vuoi?".
Come tutti i pronomi personali il ne ha un uso anaforico, fa riferimento cioè a un sintagma espresso nella frase o nel discorso, come in tutti gli esempi sopra portati; e un uso deittico, può servire cioè a indicare un oggetto fisicamente presente nello spazio in cui si svolge il discorso: (chi parla, offrendo dei cioccolatini) "ne vuoi?". E fa anche da pronome di ripresa del tema nelle cosiddette frasi marcate: "di questo ne abbiamo parlato a lungo".
Come tutti i pronomi atoni precede il verbo ad eccezione dell'imperativo positivo e dei modi non finiti ("parlane", "parlarne", "parlandone"). In unione con altro pronome atono occupa sempre il secondo posto ("gliene parlerò", "parlagliene").
La si trova in costruzioni riflessive esprimenti un particolare coinvolgimento del soggetto come andarsene, partirsene e in varie locuzioni di uso comune in cui l'originario valore semantico appare indebolito: non poterne più, aversene a male, non volermene, farne di cotte e di crude ecc.
Va ricordato infine l'uso antico e letterario di ne per ci: "né potrà tanta luce affaticarne" (Dante), che sopravvive in espressioni come "Dio ne scampi e liberi!"»
7 novembre 2003
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