In risposta agli utenti Montagano, Tucci, Buffon, Iacone, Gazo, che ci domandano se sia corretto o no l'uso della virgola prima della congiunzione e.
Uso della virgola prima della congiunzione e
Risulta particolarmente difficile e, direi, insidioso, rispondere ad un quesito come questo, tanto più che, spesso, ci viene richiesto dai nostri utenti di prendere una posizione ben definita e di parlare in termini di "giusto o sbagliato", di "corretto o scorretto". Non sempre, infatti, risulta possibile affrontare questioni grammaticali in questi termini e, trattandosi di punteggiatura, il discorso si fa ancora più complicato. Per avere un'idea generale dell'argomento, rimandiamo alla lettura integrale di un articolo redatto da Mara Marzullo, all'interno della sezione "Consulenza linguistica" del nostro sito (La punteggiatura).
La virgola svolge di fatto una grande varietà di funzioni: scandisce un testo ponendo certe sue parti in un determinato ordine gerarchico, lo "taglia" isolando parole, sintagmi e proposizioni a cui si vuole dare rilevanza ma, al contrario, può unire nomi, aggettivi, complementi e proposizioni.
Come osservano gli autori del Disc (Il Sabatini-Coletti 2004, Dizionario della Lingua Italiana, Milano, Rizzoli Larousse, 2003) tramite l'uso marcato della «più comune particella della lingua», sia in funzione di congiunzione testuale all'inizio di frase sia in funzione di coordinazione aggiuntiva, si determina un «effetto di risalto ai singoli elementi» di una proposizione. Proprio a causa di questa sua versatilità risulta difficile individuare regole che ne circoscrivano l'impiego in modo esaustivo.
Storicamente, la necessità di un sistema interpuntivo nasce dopo l'invenzione della stampa come spiega Marco Biffi (La Crusca per Voi, n° 24, 2002, pp.14-17); nonostante questo, la punteggiatura ha continuato ad essere un terreno particolarmamente fluttuante, condizionata da abitudini tipografiche di volta in volta differenti, errori e decisioni personali prese dal tipografo o dall'autore stesso. Fra i vari tentativi di normalizzazione fatti nel corso dei secoli, uno dei più importanti ai fine della nostra indagine fu intorno all'uso della virgola prima delle congiunzione coordinativa e subordinativa, o di un pronome relativo, ad esempio prima di e e che; intorno a questo fenomeno si è passati da una rigida obbligatorietà ad una progressiva caduta: se nel Cinquecento i testi erano punteggiati di virgole prima di ogni congiunzione, nel Seicento si assiste ad una considerevole riduzione di questa pratica, mentre nel Settecento la moda dello "stile spezzato" in frasi brevi favorisce l'interpungere ritmico, quindi ritroviamo nuovamente l'uso della virgola prima della congiunzione; nell'Ottocento la pratica scolastica porta nuovamente alla censura del fenomeno (anche se non è raro ritrovarlo in autori come Manzoni e Leopardi, del quale basta ricordare l'uso della punteggiatura ne L'infinito); il Novecento è caratterizzato da una punteggiatura più in funzione ritmico-melodica, ma anche dalla sua completa assenza (si pensi ad un movimento letterario come il Futurismo). Come possiamo capire dal quadro qui brevemente delineato, il problema della punteggiatura in generale, e della virgola in particolare, è ed è sempre stato piuttosto complesso. La situazione attuale è altrettanto varia e impervia, anche se è connotata da una più ampia libertà: l'uso della virgola - soprattutto prima della congiunzione e - pare essere vincolato piuttosto dai tipi di testo che si intendono produrre e dai mezzi di comunicazione che si usano per comunicare (si pensi all'uso dell'interpunzione in un mezzo come Internet).
Il dubbio se sia giusto o no usare la virgola prima di una congiunzione è comunque legittimo, dal momento che sia la virgola sia la e hanno la stessa funzione sintattica all'interno del periodo e l'uso può apparire ridondante o superfluo. Ma il fenomeno deve essere interpretato tenendo conto che la virgola è consigliata e, possiamo dire, attesa, all'interno di un dato testo solo in pochi casi, mentre più frequentemente viene utilizzata in contesti che non sono regolati da una vera e propria norma grammaticale ma dipendono piuttosto dal volere dello scrittore, che la interpreta a volte come una pausa intonativa, a volte come un separatore o ancora come una messa in evidenza di un soggetto. Purtroppo, non sempre l'intenzione dello scrivente viene correttamente interpretata da colui che fruisce del testo e, come sottolinea Voltolini (in AA.VV., Punteggiatura, Milano, BUR, 2001), «capita così che il suono che io, scrivente, ho intenzione di associare alla frase che vado componendo, non sia lo stesso suono che tu, leggente, associ alla frase che ti do». Vediamo un esempio tratto dal testo ora citato:
«è un'Olimpiade dalla vene gonfie, dal torace grosso, dal portafoglio pieno, e dal respiro rauco».
Nella frase riportata, infatti, la virgola avrebbe potuto anche essere omessa oppure avrebbe potuto essere sostituita da un punto fermo o, ancora, funzionare senza la congiunzione e. In realtà, queste scelte dipendono esclusivamente dalla volontà dell'autore del testo e dal mezzo che si utilizza per la comunicazione: c'è sostanziale accordo tra gli studiosi sul fatto che, ad esempio, testi destinati ad una lettura attraverso Internet debbano avere una sintassi semplice con pochi incisi e possibilmente poche subordinate. Questo significa anche poche virgole; sempre Dario Voltolini, riferendosi a testi per la rete, avverte: «Se state mettendo la terza virgola all'interno di un periodo, allarme. Rileggete il periodo che state scrivendo e valutate se la virgola vi serve davvero per rendere più chiara e facile la lettura, oppure se vi state imbarcando in un periodo lungo e arzigogolato». Senz'altro ci sono casi più rigidi in cui la posizione della virgola risulta più vincolante dal punto di vista logico-sintattico (ad esempio, tra soggetto e verbo, tra verbo e complemento oggetto, tra un nome e un suo aggettivo, ecc.) ma, normalmente, l'uso della virgola resta una scelta stilistica personale, un modo per dare rilievo espressivo a singoli elementi di un testo, una maniera per conferire un particolare ritmo alla narrazione, ma, soprattutto, una scelta che determina significativamente lo stile comunicativo di un autore.
Per approfondimenti:
A cura di Marina Bongi
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
18 febbraio 2005
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