Giuseppe Parisi da Verona scrive: "Da dove deriva l'uso smodato della parola quant'altro? Si può usare o è da evitare? Personalmente, provo un senso di fastidio ogni volta che la sento!" e Maurizio Zuliani da Milano ci chiede "L'espressione e quant'altro: è da considerarsi corretta, priva com'è di una voce verbale? Ove sia accettabile nel registro informale, lo è anche in quello formale?" Quesiti analoghi ci pongono Gabriele Ara da Prato, Stefano Cristi da Barcellona, Giuseppe Da Re da Treviso.
Uso e abuso di e quant'altro
L'uso di e quant'altro a chiusura di frase in luogo di e altro ancora, e così via, ecc. desta interesse e trova molti detrattori e qualche estimatore - in rete se ne può trovare addirittura un'apologia - già da qualche anno; da una ricerca condotta sugli archivi de "Il Corriere della Sera" e "Repubblica" la locuzione, seguita o meno da una proposizione, benché diffusa già dagli anni Ottanta ("Repubblica" attesta 17 casi nel 1984, passati a 25 l'anno seguente; l'archivio del "Corriere" è consultabile in rete a partire dal '92), sembra avere una prima stagione d'oro negli anni Novanta, con un picco tra il '97 e il '98, seguito da un calo l'anno successivo: il "Corriere" passa da 71 casi nel '96 a 119 nel '97, per tornare sotto i cento nei due anni che seguono, mentre "Repubblica" passa da 130 casi del '96 ai 153 dell'anno successivo, fino a raggiungere i 171 del '98, calando poi nel '99 a 140. Già da questi dati può notarsi l'atteggiamento diverso dei due grandi quotidiani italiani: è evidente che "Repubblica" è molto più recettivo rispetto al "Corriere"; lo scarto tra i due diventa molto più significativo se si confrontano le cifre relative all'anno 2007: il "Corriere" mostra 88 casi (paragonabili agli 84 del '95), "Repubblica" ben 315 (inferiori comunque al secondo picco del 2005 con 407 casi). Anche l'atteggiamento degli autori di dizionari della lingua italiana nei confronti dell'uso di e quant'altro è variabile: il DISC lo registra dall'edizione del 2004 (non era presente in quella del 1997); il Devoto-Oli non accoglie la locuzione nemmeno nell'edizione 2008, mentre, al contrario, lo ZINGARELLI la registra sistematicamente fino dal 1994.
Dal punto di vista storico l'uso di e quant'altro in apertura di relativa, come arricchimento del semplice quanto che "in genere [è usato] con una sfumatura collettiva (= quello che, tutto quello che)"(SERIANNI VII 244 p. 274), quindi col valore di 'e tutte le altre cose che', sembra risalire al XIX secolo, visto che la consultazione del corpus della Biblioteca Italiana fornisce esempi da un trattato del 1812 -"Poiché il Conte si tacque, il nostro gran Poeta non ebbe poi gran torto, qualora si eccettui l'epiteto forte di soverchio, e quant'altro spiega il satirico suo solito stile, s'egli proruppe in quei notissimi versi"(Alessandro Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, Livorno, presso Giovanni Marenigh, 1812, parte I cap. IV § 2); "Per lavori di tal sorta io già ravvisai la più parte delle mezze figure di tondo rilievo [...], come ancora molte statuine sulle cime delle piramidi collocate, e quant'altro indicante un qualche respiro dell'arte a questa prima epoca appella" (Ibid., parte II cap. X § 1) - e dal carteggio epistolare di Giacomo Leopardi (a cura di Lucio Felici, Roma, Lexis Progetti Editoriali, 1998) in una lettera di Pietro Brighenti datata Bologna 10 Aprile 1822 - "Io gli dissi le nuove che avevo di voi, e quant'altro bramavate che sapesse del vostro carteggio, tante volte divorato dagli uffizi postali" - e in una di Luca Mazzanti (Recanati 20 Maggio 1826) - "Mio pregiatissimo Amico. [...] Mi rimetta i Suoi Dialoghi, e quant'altro l'aurea Sua penna darà alla stampa".
Riguardo all'uso ellittico attuale, Ornella Castellani Pollidori ne La lingua di plastica. Vezzi e malvezzi dell'italiano contemporaneo, in cui tratta appunto queste forme "che a un dato momento si presentano alla ribalta della lingua con un marchio di novità" coniando per esse il termine plastismi, scriveva già nel 1995: "Da qualche tempo il linguaggio giornalistico s'è invaghito del pesante burocratismo e quant'altro, abituale a capuffici e notai, e tende a usarlo al posto di ecc. («eccetera»), o di e altro ancora / e altre cose del genere (o addirittura, in un registro più colloquiale, al posto di e compagnia bella)" (pp. 229-230) e citava la documentazione di articoli da "Repubblica", "Venerdì di Repubblica" e "La Voce" datati dal 1991 al '94.
Che l'ambito in cui si è passati da pronome che introduce una frase relativa a una locuzione avverbiale con valore di 'e così via, eccetera', sia, come indica la Castellani Pollidori, quello della burocrazia, è testimoniato dalle moltissime occorrenze della sequenza [e quant'altro + participio passato] a seguito di un elenco, in modulari per bandi di concorso, regolamenti di pubbliche amministrazioni, statuti costitutivi di associazioni e verbali di assemblee, rintracciabili in Internet. Fra i casi possibili di cui si riportano qui solo alcuni esempi - "... in materia fitosanitaria e quant'altro attribuito da normative nazionali" (normativa della regione Emilia Romagna LR 19.01.1998) , "attrezzature e/o quant'altro impiegato per l'attività di recupero" (normativa emanata dalla Provincia de L'Aquila), "sarà comunque tenuto a pagare tutte le quote, i contributi, e quant'altro deliberato fino a quel momento" (Statuti Lions Club Genova San Lorenzo) - appare di gran lunga più frequente la sequenza e quant'altro ritenuto: "i tempi e le modalità dei controlli e quant'altro ritenuto utile"(LR 19.01.1998 dell'Emilia Romagna), "mezzi, documenti, videoriproduzioni o quant'altro ritenuto fonte di prova" (normativa per la polizia locale de L'Aquila), "particolari costruttivi e/o quant'altro ritenuto opportuno ed utile per un'esatta ..." (normativa provinciale de L'Aquila), "distinto in sottofascicoli riportanti le variazioni di carriera e quant'altro ritenuto necessario." (istruzioni per la presentazione dei progetti di ricerca fornite dall'Università di Padova). Probabilmente è proprio dalla formula conclusiva e/o quant'altro ritenuto utile/necessario che, attraverso la perdita dell'elemento verbale - "... Deliberare su quant'altro necessario per la soddisfazione dei fini e degli scopi dell'Associazione" (verbale di assemblea del Lions Club Genova San Lorenzo) - si è giunti all'attuale e quant'altro in posizione finale.
Quello che infastidisce in quest'uso, come già rilevava Luca Serianni sulle pagine del periodico «La Crusca per voi» (n° 32, aprile 2006) in una trattazione a proposito di a livello di, è la sensazione che qualcosa sia rimasto sospeso, inespresso; ma con il consolidamento nell'uso che sembra ormai aver raggiunto un livello apprezzabile, si finirà per non avvertire più alcun disagio. Resta comunque senza dubbio da evitare l'impiego "a tappeto" della locuzione, limitandone l'uso a un registro colloquiale; ed anche a questo livello è più opportuno in alcuni casi usufruire delle alternative presenti in lingua; dal momento che quanto resta un pronome vitale nell'uso con valore '(tutto) ciò che' sarà meglio evitare la locuzione in contesti come quelli che seguono, tratti dall'archivio di "Repubblica": a conclusione di un elenco di aggettivi ("[ha] scatenato nei partiti presenti e futuri una vera e propria caccia a rappresentanti [...] per questa o quella lista elettorale, partitica e quant' altro": Donne e politica. In Via Dogana la pensano così 22.09.2007), di un elenco di apposizioni ("lo stupefacente pittore e scultore e quant' altro": La Spoon River nel cuore di Firenze 25.06.2006), di un elenco di enti visti come soggetti attivi ("comunità montane, Comuni, associazioni di categoria e quant' altro si consorziassero..": Foggia, l' aeroporto e la lezione di Comiso, 21 giugno 2007), ma soprattutto a seguito di un elenco di persone ("Subito [...] infermieri, psicologi, assistenti sociali e quant' altro": Roma Cronaca 14.11.2006), specie se indicate con il nome proprio ("Che Unipol avesse avvertito prima e dopo e durante Fassino e D' Alema o quant' altro è pure giusto": Ricucci: io e quel patto bipartisan sulle banche, 16.06.2007). In ogni caso occorre rifuggire l'abuso, l'uso non critico, l'accettazione incondizionata e totalizzante dal momento che, come avverte Ornella Pollidori Castellani (p. 18) "Tutti i plastismi hanno poi una caratteristica preoccupante: quella di far terra bruciata intorno a sé. Nel senso che, a furia di usare sempre le stesse formule preconfezionate, si disimpara a cercare di volta in volta la soluzione lessicale più adeguata a rendere una particolare accezione o sfumatura: in pratica, si disimpara la lingua, e si lascia che questa, sfruttata così poco e male, appaia impoverita e desolatamente gregaria".
Per approfondimenti:
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
Piazza delle lingue: Lingua e saperi
4 luglio 2008
Evento di Crusca
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Evento esterno
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