Con questa risposta ne sostituiamo un'altra sullo stesso argomento che è stata pubblicata e visibile nel sito fino al marzo 2009. Questa operazione è dovuta a modifiche e ampliamenti che la redazione ha ritenuto necessari per offrire una risposta che fosse il più possibile aggiornata sull'argomento trattato.
Con questa scheda speriamo di risolvere i dubbi di molti lettori su forme verbali irregolari o avvertite come "strane" e inconsuete. Si tratta di una lista (ordinata alfabeticamente) di verbi irregolari o difettivi di cui vengono messi in evidenza congiuntivi, participi passati e altre forme che possono far nascere qualche incertezza.
Accedere, passato prossimo e passato remoto
Si tratta di un composto del verbo cedere e, in quanto tale, ricalca la coniugazione del verbo di partenza. Il passato prossimo è io ho acceduto (tempo composto in cui si ritrova la forma del participio passato acceduto, analogo a ceduto); il passato remoto prevede, per alcune persone, doppie forme, ambedue corrette: io accedei/accedetti, tu accedesti, egli accedé/accedette. noi accedemmo, voi accedeste, essi accederono/accedettero.
Affacciare e affacciarsi
È corretto l'uso di affacciare su in frasi del tipo «la mia terrazza affaccia sul mare», o bisogna ricorrere ad affacciarsi? Dire che un edificio affaccia su un luogo è assolutamente corretto. Affacciare si adopera (solo nei tempi semplici) nel significato di 'essere prospiciente' e vuole un soggetto inanimato, come appunto casa, finestra, palazzo, ecc.; affacciarsi, invece, può essere usato sempre, con qualsiasi tempo e con qualsiasi soggetto: «Paolo si affacciò sulla porta», «Un cane si affacciava sul balcone», «Trinità dei Monti si affaccia su Piazza di Spagna».
Aprire, passato remoto: aprii o apersi?
In passato non c'era differenza: le due forme venivano usate con la stessa frequenza. Oggi è molto più comune la forma io aprii, egli aprì, essi aprirono, che per questo vi consigliamo. Ma se per caso ricorreste all'altra (io apersi, egli aperse, essi apersero) non fareste un errore. E ciò che abbiamo detto per aprire vale anche per il suo composto riaprire.
Benedire, imperfetto: benedicevo o benedivo?
Benedicevo! Tutti i composti del verbo dire (benedire, maledire, contraddire, disdire, predire, ridire) seguono infatti la coniugazione del verbo base dire: quindi benedicevo, maledicevo, benedicesti, maledicesti e così via. Fa eccezione la seconda persona dell'imperativo, che nel verbo dire è di', mentre nei composti è -dici: «Signore, benedici questa casa... »
Evitate, dunque, soprattutto negli usi scritti, forme come benedivo e maledivo, benedii e maledii, benedisti e maledisti, ecc., ricostruite popolarmente sul modello della coniugazione regolare dei verbi in -ire.
Convenire, passato remoto: convenne o convenì?
E qual è il passato remoto di altri verbi composti con il verbo venire, come ad esempio intervenire: intervenne o intervenì? Molto meglio convenne e intervenne. I composti del verbo venire (addivenire, avvenire, circonvenire, contravvenire, convenire, divenire, intervenire, pervenire, prevenire, provenire, rinvenire, rivenire, sconvenìre, sopravvenire, sovvenire, svenire) si coniugano tutti come il verbo base. Poiché il passato remoto di venire è venni, venisti, venne, venimmo, veniste, vennero, il passato remoto di un suo composto (come, per esempio, convenire) sarà: convenni, convenisti, convenne, convenimmo, conveniste, convennero. La forma convenii, convenisti, convenì si spiega con l'abitudine dei parlanti a ricostruire la coniugazione dei composti di venire sul modello della coniugazione regolare dei verbi in -ire, secondo un ragionamento di questo tipo: dormire: dormì = convenire: convenì.
Convergere
Il passato remoto di convergere è convèrsi, convergesti, convèrse, convergemmo, convergeste, convèrsero; rare e indicate solo da alcuni dizionari le forme convergei (e convergetti) per conversi, e convergerono per conversero. Il participio passato è convèrso, ma di uso molto raro (il DOP indica “non usato”, Serianni 1989 “non comune”).
Coprire, passato remoto: coprii o copersi?
Anche in questo caso, come per il passato remoto di aprire, anticamente venivano usate tutt'e due le forme; oggi è molto più comune il tipo io coprii, egli coprì, essi coprirono, ma le forme io copersi, egli coperse, essi copersero, non sono da considerare errori. E ciò che abbiamo detto per coprire vale anche per i suoi composti, cioè ricoprire, riscoprire e scoprire.
Cuocere, passato remoto e participio passato
Suona male, lo sappiamo, ma il passato remoto di cuocere è cossi, cuocesti, cosse, cuocemmo, coceste, cossero. Per il participio passato un tempo si usava anche la forma cociuto: oggi sopravvive solo cotto.
[n.b. invece per cucinare la coniugazione è regolare: passato remoto io cucinai, participio passato cucinato]
Dare, passato remoto: diedi o detti?
Sono corrette entrambe le forme, anche se la più comune e diffusa è la prima. Detti ha preso piede nel corso del Quattrocento per l'influsso esercitato da stetti, passato remoto di stare.
Dirimere, passato remoto e participio passato
La coniugazione del passato remoto del verbo dirimere prevede, per alcune persone, doppie forme, ambedue corrette: io dirimei/dirimetti, tu dirimesti, egli dirimé/dirimette, noi dirimemmo, voi dirimeste, essi dirimerono/dirimettero; il participio passato non è in uso.
Divergere
Il passato remoto di divergere − divergéi, divergésti, ecc. − è segnalato dai dizionari come raro o non usato. Mentre non sono attestati il participio passato e, dunque, neanche i tempi composti.
Dovere, presente: devo o debbo?
Anche un verbo comune come dovere può talvolta lasciarci in dubbio, tanto più se dobbiamo usarlo in un contesto formale: è più corretto devo o debbo? devono o debbono? deva o debba? devano o debbano? Comunque scegliate, state tranquilli; non farete brutta figura. Le forme verbali citate sono, infatti, intercambiabili: potete ricorrere all'una o all'altra senza sbagliare. Le forme devo, devono, deva, devano sono più diffuse rispetto alle altre, ma questo non vuol dire che debbo, debbono, debba, debbano siano sbagliate (anzi, il congiuntivo debba ha ormai preso piede rispetto al concorrente deva).
Esigere, participio passato: qual è la forma giusta?
Stavolta esordiamo dicendovi quale non è il participio passato di esigere: non è esigìto, che rappresenterebbe la forma verbale regolare; è, invece, esatto. Per spiegarlo, sarà sufficiente ricordare che il verbo latino da cui deriva esigere era èxigo, exìgere, che aveva fra le sue voci un exactum da cui si è formato il participio italiano esatto.
Con questo valore verbale, esatto si usa solo nel linguaggio burocratico, col significato di 'riscosso': «La somma esatta (riscossa) ammonta a circa due miliardi di lire». La forma esatto ha la stessa origine, ma funzioni completamente diverse: è un aggettivo che significa 'preciso', 'giusto' e che spesso è usato senza necessità col valore avverbiale di 'precisamente', 'certamente'.
Espellere, indicativo presente, passato remoto, congiuntivo presente e participio passato
Diamo la coniugazione del verbo espellere per i modi e i tempi più problematici: indicativo presente io espello, tu espelli, egli espelle, noi espelliamo, voi espellete, essi espellono; passato remoto io espulsi, tu espellesti, egli espulse, noi espellemmo, voi espelleste, essi espulsero; congiuntivo presente che io espella, che tu espella, che egli espella, che noi espelliamo, che voi espelliate, che essi espellano; participio passato espulso.
Incutere, participio passato: qual è la forma giusta?
Il participio passato di incutere, cioè 'infondere', esiste? E qual è? Esiste, esiste, ed è incusso, esattamente come il participio passato di discutere è discusso e il participio passato di escutere è escusso. Alla base di tutti questi verbi c'è il verbo latino quatio, quatis, quassi, quassum, quatere, 'scuotere', che nella forma da cui deriva il participio passato italiano faceva quassum, da cui la finale -cusso.
Iniziare
Il verbo iniziare si usa molto spesso, ma talvolta può metterci in imbarazzo. Può venirci qualche perplessità, infatti, a proposito del suo uso come intransitivo. Originariamente, iniziare era solo transitivo («Avevo appena iniziato la lettura del giornale»), o intransitivo pronominale («Il corso s'inizia a ottobre»). Per influenza del verbo cominciare, è stato usato anche come intransitivo, senza la particella pronominale, e con l'ausiliare essere: «La trasmissione non è ancora iniziata». Servirsi di iniziare come intransitivo è ormai considerato legittimo: quindi non abbiate esitazioni, e ricorrete a questo verbo senza timore di sbagliare.
Nuocere, passato remoto e participio passato
Non nuoce forse ricordare la coniugazione del passato remoto io nocqui, tu nocesti, egli nocque, noi nocemmo, voi noceste, essi nocquero; il participio passato è nociuto.
Piacere, indicativo presente, passato remoto, congiuntivo presente e participio passato
Riportiamo la coniugazione completa dei modi e dei tempi del verbo piacere che possono destare dubbi: indicativo presente io piaccio, tu piaci, egli piace, noi piacciamo, voi piacete, essi piacciono; passato remoto io piacqui, tu piacesti, egli piacque, noi piacemmo, voi piaceste, essi piacquero; congiuntivo presente che io piaccia, che tu piaccia, che egli piaccia, che noi piacciamo, che voi piacciate, che essi piacciano; participio passato piaciuto.
Premere, passato remoto e participio passato
Il passato remoto prevede, in alcune persone, doppie forme, ambedue corrette: io premei/premetti, tu premesti, egli premé/premette, noi prememmo, voi premeste, essi premerono/premettero; il participio passato è premuto.
Prudere: “Oggi mi prude il naso come non mi aveva mai…?”
Il verbo prùdere appartiene ai cosiddetti verbi difettivi, ovvero quei verbi che mancano di alcuni modi, tempi o persone verbali. Prudere presenta la terza persona singolare e plurale dei tempi semplici: indicativo presente (prude, prudono), imperfetto (prudeva, prudevano), futuro (pruderà, pruderanno); congiuntivo presente (pruda, prudano), imperfetto (prudesse, prudessero); condizionale presente (pruderebbe, pruderebbero); gerundio presente (prudendo). Non si usano dunque né il participio presente né il participio passato. Trattandosi di un verbo intransitivo usato prevalentemente in modo impersonale (mi prude il braccio; non grattare dove ti prude) le prime e seconde persone singolari e plurali sono morfologicamente coniugabili (*io prudo, *tu prudi, *noi prudiamo, *voi prudete) ma non utilizzate.
Per quanto riguarda il passato remoto, anche se poco comuni, sono corrette entrambe le forme prudé e prudètte (e di conseguenza prudérono/prudèttero).
Per rispondere alla domanda del titolo: “oggi mi prude il naso come non aveva mai fatto”; assolutamente NON sono corretti i vari pruduto, prurso, pruso ecc.
Riflettere, passato remoto: io riflettei o io riflessi?
Il verbo riflettere ha una doppia anima: il suo passato remoto può essere riflettei o riflessi. Quando è riflettei significa 'considerare', quando è riflessi significa 'mandare riflessi'. Lo stesso vale per il participio passato: riflettuto (ma con questo valore si usa, più spesso, ponderato) e riflesso.
Rimuovere, indicativo presente, passato remoto e participio passato
Si tratta di un composto del verbo muovere, di cui ricalca la coniugazione. L'indicativo presente è quindi io rimuovo, tu rimuovi, egli rimuove, noi rimuoviamo, voi rimuovete, essi rimuovono; il passato remoto è io rimossi, tu rimovesti, egli rimosse, noi rimovemmo, voi rimoveste, essi rimossero; il participio passato è rimosso.
Rodere al passato remoto: io rosi o io rodei?
Se vi capita di essere rosi da qualche dubbio riguardante questo verbo, ricordate che il passato remoto di rodere fa rosi, rodesti, rose, rodemmo, rodeste, rosero, mentre il participio passato è roso.
Sapere, passato remoto, participio presente e passato
Le forme del passato remoto del verbo sapere sono io seppi, tu sapesti, egli seppe, noi sapemmo, voi sapeste, essi seppero; participio presente è sapiente e il participio passato saputo.
Scuotere, passato remoto e participio passato
Il passato remoto prevede queste forme: io scossi, tu scotesti/scuotesti, egli scosse, noi scotemmo/scuotemmo, voi scoteste/scuoteste, essi scossero; il participio passato è scosso.
Seppellire, participio passato: sepolto o seppellito?
Sono corrette entrambe le forme: la più comune è sepolto, che continua l'originale latino sepultus. Seppellito è usato di meno, ma in alcune frasi i due participi si alternano. Potete dire, dunque, morto e sepolto o morto e seppellito.
Soccombere, passato remoto e participio passato
Il passato remoto prevede, per alcune persone, doppie forme, ambedue corrette: io soccombei/soccombetti, tu soccombesti, egli soccombé/soccombette, noi soccombemmo, voi soccombeste, essi soccomberono/soccombettero; il participio passato non è in uso.
Soddisfare: quali sono le forme giuste?
Soddisfaccio, soddisfo o soddisfò? Le prime due vanno bene; la terza non è sbagliata ma è rara. Come si spiega tanta varietà di forme? I composti del verbo fare (assuefare, contraffare, liquefare, rifare, sopraffare, stupefare) seguono la coniugazione del verbo semplice: quindi assuefaccio, assuefacevo, assuefeci, assuefarò; contraffaccio, contraffacevo, contraffeci, contraffarò, e così via. Tuttavia due composti - disfare e soddisfare - hanno sviluppato anche alcune forme autonome per il presente indicativo e congiuntivo, per il futuro e per il condizionale.
Potete dire o scrivere... / ma potete anche dire o scrivere...
Presente indicativo: io disfaccio, soddisfaccio / io dìsfo, soddìsfo; tu disfài, soddisfài / tu dìsfi, soddìsfi; egli disfà, soddisfà / egli dìsfa, soddìsfa; noi disfacciamo, soddisfacciamo / noi disfiamo, soddisfiamo; voi disfate, soddisfate; essi disfanno, soddisfànno / essi dìsfano, soddìsfano.
Presente congiuntivo: che io disfaccia, soddisfaccia / che io dìsfi, soddìsfi; che tu disfaccia, soddisfaccia / che tu dìsfi, soddìsfi; che egli disfaccia, soddisfaccia / che egli dìsfi, soddìsfi; che noi disfacciamo, soddisfacciamo / che voi disfacciate, soddisfacciate; che essi disfàcciano, soddisfacciano / che essi dìsfino, soddisfino.
Futuro: io disfarò, soddisfarò / io soddisferò; tu disfarai, soddisfarai / tu soddisferai; egli disfarà, soddisfarà / egli soddisferà; noi disfaremo, soddisfaremo / noi soddisferemo; voi disfarete, soddisfarete / voi soddisferete; essi disfaranno, soddisfaranno / essi soddisferanno.
Condizionale presente: io disfarei, soddisfarei / io soddisferei; tu disfaresti, soddisfaresti / tu soddisferesti; egli disfarebbe, soddisfarebbe / egli soddisferebbe; noi disfaremmo, soddisfaremmo / noi soddisferemmo; voi disfareste, soddisfareste / voi soddisfereste; essi disfarebbero, soddisfarebbero / essi soddisferebbero.
S'intende che le voci non riportate non si usano, perché non sono documentate. S'intende anche che, nei tempi e nei modi non indicati, disfare e soddisfare seguono la coniugazione di fare: all'imperfetto indicativo disfacevo e soddisfacevo. non disfavo e soddisfavo, all'imperfetto congiuntivo disfacessi e soddisfacessi, non disfassi e soddisfassi, ecc.
Solere, indicativo presente, passato remoto e participio passato
Le forme dell'indicativo presente sono io soglio, tu suoli, egli suole, noi sogliamo, voi solete, essi sogliono; il passato remoto è io solei, tu solesti, egli solé, noi solemmo, voi soleste, essi solerono; il participio passato è sòlito.
Splendere, passato remoto e participio passato
Il passato remoto, per alcune persone, prevede doppie forme, ambedue corrette: io splendei/splendetti, tu splendesti, egli splendé/splendette, noi splendemmo, voi splendeste, essi splenderono/splendettero; il participio passato, raro e contemplato solo da alcuni dizionari, è splenduto.
Marco si è sposato o Marco ha sposato? Il verbo che indica l'azione di sposarsi va usato con attenzione. Sposare, infatti, è un verbo transitivo: richiede un'anima gemella che faccia da complemento oggetto. Dobbiamo dire: «Marco ha sposato Giulia», «Giulia ha sposato Marco»; non possiamo dire: «Marco ha sposato», «Giulia ha sposato». Quando il complemento oggetto manca, bisogna usare la forma sposarsi: «Marco si è sposato», «Giulia si è sposata».
Stare
Il verbo stare è usato spesso al posto del verbo essere, soprattutto in frasi che esprimono il comportamento o lo stato d'animo d'una persona: «Stare attento», «Stare in ansia», «Stare sulle spine», oppure in frasi che contengono un ordine o un'esortazione: «Stia zitto!», «Sta' seduto», o in frasi fatte: «Se le cose stanno così...» In questi casi l'uso di stare al posto di essere è legittimo e corretto; in altri casi i due verbi non sono intercambiabili: non si può dire o scrivere «Sto nervoso», «Sta assente», «Il lavoro sta fatto bene».
L'abitudine di sostituire stare a essere è di origine meridionale; per questo carattere di accentuata regionalità va evitata negli usi ufficiali e formali. In famiglia e con gli amici, invece, potete stare..., più rilassati.
A proposito: approfittiamo dell'occasione per ricordarvi di nuovo che la prima persona del verbo si scrive sto senza accento e non stò.
Succedere, participio passato: succeduto o successo?
Può succedere a tutti d'ingarbugliarsi tra i due participi del verbo che abbiamo appena nominato. Succedere, infatti, ha due forme di participio passato: una finisce in -uto (succeduto), l'altra in -sso (successo). La difficoltà, questa volta, nasce dal fatto che sono tutt'e due forme corrette, ma hanno usi e significati diversi: succeduto va usato solo col significato di 'subentrato', 'venuto dopo' («Il presidente Ciampi, succeduto a Scalfaro, è stato eletto nel 1999»), mentre successo va usato col significato di 'accaduto', 'avvenuto' («Dimentichiamo l'incidente successo»)
A cura della Redazione
Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
31 marzo 2009
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Per concomitanza con le Feste, la visita all'Accademia della Crusca dell'ultima domenica del mese di dicembre è stata spostata al 12 gennaio 2025 (ore 11).