Vi diamo oggi qualche risposta sugli usi di l’indomani

Sono giunte cinque domande sull’avverbio e sostantivo maschile invariabile l’indomani: lettori e lettrici chiedono, in particolare, informazioni sulla sua corretta grafia (con o senza articolo determinativo: indomani o l’indomani); sulla sua possibile co-occorrenza coll’indicativo futuro; sul suo utilizzo in testi letterari; sui suoi usi in funzione di s.m.inv. (in frasi del tipo “Non so se potrà servirmi un indomani”); e, infine, sui valori semantici della locuzione preposizionale all’indomani di.

Risposta

L’avverbio e sostantivo maschile invariabile (l’)indomani ‘il giorno seguente a quello cui si è fatto riferimento’ (anche accompagnato dall’indicazione di una specifica parte del giorno: l’indomani mattina, pomeriggio, sera, ecc.) è composto dalla preposizione in e dall’avverbio (e s.m. inv.) domani (dal lat. tardo de mane, propriamente ‘di mattina’) e deriva dal fr. lendemain (con agglutinazione dell’articolo determinativo [1140 ca., in G. Gamair, Engleis], documentato nell’antico e medio francese anche nella forma (l’)endemain: cfr. DMF Dictionnaire du Moyen Français (1330-1500), s.vv. endemain e lendemain; FEW, s.v. de mane; REW, s.v. de mane; TLFi, s.v. lendemain). Come precisano tutti i dizionari storici, etimologici e dell’uso contemporaneo italiani consultati (DELI, DISC, Devoto-Oli 2025, l’Etimologico, LEI, GDLI, GRADIT, Vocabolario Treccani online, Zingarelli 2025), è sempre preceduto dall’articolo determinativo, separato e apostrofato rispetto a indomani; anche se, come si legge nel FEW, è talvolta possibile rintracciare forme agglutinate simili a quella francese nei dialetti settentrionali (più a contatto con la lingua d’oltralpe) come il monferrino lidmán. La sua prima attestazione (con aferesi e apocope) è nel Fiore attribuito a Dante (1280-1310; cfr. DELI e TLIO):

E s’alcun altro nonn à che donare, / Ma vorràssi passar per saramenta, / E dirà che lla ’ndoman più di trenta / O livre o soldi le dovrà recare, / Le serramenta lor non dé pregiare, / Chéd e’ non è nes(s)un che non ti menta.

Come risulta proprio da questo primo esempio, nell’italiano antico, l’indomani, così come del resto domani, è attestato anche come sostantivo femminile inv., quando si riferisce, come indicano i grammatici sette-ottocenteschi (si veda, tra tutti, Corticelli 1754, p. 26), all’inizio del giorno successivo rispetto a quello in cui si parla; in genere, come riporta il TLIO, il femminile si ha nei riadattamenti e volgarizzamenti di testi galloromanzi, e questo sembra contrastare col fatto che in francese lendemain è maschile.

La sua origine francese era stata, nel corso dell’Ottocento, secolo del “purismo storico” (su cui, cfr. almeno Bellina 2011), al centro di un acceso dibattito, come dimostrano l’annotazione nella grammatica di Giovanni Moise (1867, III, pp. 335-336), nella quale, oltre a ricordare le posizioni di Gherardini e Nannucci, si specifica che è Viani a indicare l’esempio seicentesco del poema eroicomico in ottave Catorcio di Anghiari di Federigo Nomi (1684ca.: “Ma tal bevanda a lei la Fata appresta, / che forza acquista, e potrà l’indomane / senza fatica andar per la foresta”; interessante anche per la co-occorrenza di l’indomani, qui con la terminazione in -e, coll’indicativo futuro, su cui torneremo più oltre) e questo estratto da Rigutini (1886, pp. 44-5; cfr. anche DELI), che dedica all’indomani un capitolo specifico del suo volume:

Dicano ciò che vogliono e il Nannucci e il Gherardini e il Viani e qualcun altro di questa maniera e la difendano come buona e accettabile, io sono di coloro pei quali non solo è inutile e superflua, ma è anche barbarica. […] Che l’indomani sia maniera introdotta senza bisogno e da potersene anche far senza, lo ammette lo stesso Gherardini. E su questo, almeno quanto a lui, e potrei dire anche quanto agli altri, non occorre disputare. Tutti concordano o dovrebbero concordare che il dimani, il giorno dopo, o, secondo i casi, il semplice dimani, ne possono comodamente tenere il luogo. […] Avendoli noi dunque presa dai Francesi, quando tutta quella agglutinazione o appiccicaticcio fu compiuto (e su ciò il fatto non lascia dubbio alcuno), parrebbe che non l’indomani ma lindomani si dovesse scrivere: parola in verità per noi mostruosa.

È per questa polemica che la scrittrice Neera (alias Anna Radius Zuccari) reputa opportuno giustificare il titolo del suo romanzo, per l’appunto L’indomani:

Ho pensato che qualche persona potrebbe arricciare il naso davanti a questo indomani, vocabolo non accettato da tutti; e qualche critico, come succede a volte, concentrare tutto il suo acume sul frontispizio [sic], defraudando l’opera di quell’esame intelligente che è il miglior premio cui aspiri lo scrittore. Cambiare l’indomani con il domani non era cosa difficile, se a quel primo vocabolo, sortomi spontaneamente nel cervello col concetto stesso dell’opera, io non ci avessi tenuto con una specie di simpatia superstiziosa; oltre che mi sembra più snello, più vivo, più efficace, più preciso.
Decisi però di chiedere un consiglio, anzi ne chiesi parecchi, col risultato di allargare la cerchia dei dubbi; perchè i partigiani del domani e dell’indomani si moltiplicarono senza fondersi. Avevo, è vero, Manzoni dalla mia, per il fatto che nei Promessi sposi si trova l’indomani, e con tale alleato mi potevo mettere in guerra; ma volli ancora sentire il parere di un dotto giovane, valente e noto poeta, che da Roma manda in giro tratto tratto versi squisiti di pensieri e di forma; ed ecco la risposta:
«L’indomani ha avuto molti accusatori tra i quali Fanfani, e molti difensori tra i quali Nannucci e Gherardini. Ne fece uso anche qualche scrittore autorevole. Io penso che, mentre il domani esprime meglio un giorno determinato, l’indomani esprime meglio un tempo continuato; non è più il preciso avverbio, ma un vero sostantivo. La preposizione in gli dà questo senso, nè so vedere, essendone l’etimologia puramente classica, perchè lo si dovrebbe bandire, costringendo la parola domani a significare un concetto che invece ha la sua propria espressione nella parola l’indomani». (Neera, L’indomani, Milano, Libreria Editrice Galli, 1889, pp. VII-VIII)

L’analisi delle occorrenze di l’indomani in alcuni corpora elettronici di italiano scritto (LIZ, MIDIA, OVI e PTLLINC) e in Google libri, che coprono un arco cronologico molto esteso (dal XII al XXI secolo), mostra come sia prevalentemente utilizzato, sin dal Trecento, in contesti in cui si esprime l’idea di futuro nel passato (a cui, com’è noto, si fa ricorso per indicare un’azione posteriore a un’altra nel passato; sulla nozione, cfr. Bertinetto 1986, pp. 510-523):

Et li Missinisi plangendu cum grandi plantu li loru morti, lu conti Rogeri, passandu per inpressu a la chitati, si pusau ad unu locu chi havia nomu Sanctu lacintu. Et lu indomani matinu ixiu cum sua genti ad combattiri Missina, la quali ià havia perduti li soi virtuti. (Simone da Lentini, La conquesta di Sichilia fatta per li Normandi, 1358; corpus OVI)

Quando hanno scritto, ritengono di aver fatto abbastanza per quel giorno e rimandano all’indomani l’acquisto dei francobolli. (Achille Campanile, Gli asparagi e l’immortalità dell’anima, 1974; PTLLINC)

Una delle note di commento ai Promessi sposi di Luigi Venturi puntualizza proprio che l’indomani è quasi esclusivamente impiegato nella presentazione di fatti già accaduti e che era poco o per niente usato nell’italiano precedente al Settecento – ma in realtà (come abbiamo visto) non sono affatto poche le attestazioni nelle prime fasi della nostra lingua – così come nell’uso a lui contemporaneo (e, quindi, ottocentesco), in cui, a suo avviso, si preferiva il giorno dopo:

(1) Il domani. Il corretto l’indomani è parola non usata prima del settecento, e presa senza bisogno dal francese lendemain. Gli antichi dicevano la dimane, ma ora questa voce ha cessato di vivere nella lingua parlata. Del resto è da avvertire che l’indomani suole quasi sempre usarsi quando si parla di cosa già avvenuta, e non da avvenire. Per es.: Tizi fece la tal compra, e l’indomani se ne partì; ma nessuno forse direbbe: Oggi non posso venire, verrò l’indomani. Ora a me pare che, anche discorrendo di cosa già accaduta, i ben parlanti sogliono al l’indomani sostituire il giorno dopo. (Alessandro Manzoni, Il fiore dei Promessi sposi e della Storia della colonna infame con note illustrative di Luigi Venturi, 3a ed., Firenze, Bemporad & figlio, 1890, p. 20)

È tuttavia possibile osservare un altro esempio antico (oltre a quello del Fiore sopra riportato) di l’indomani (anzi lo ’ndomane, con articolo maschile, aferesi e terminazione in -e), in co-occorrenza con l’indicativo futuro, nel volgarizzamento fiorentino del Lancelot en prose:

Vere, diss’ella, sire, v’andrete voi lo ’ndomane? - Oil, diss’elli, s’i’ posso. (Lancellotto, sec. XIV, corpus OVI)

I dati a nostra disposizione evidenziano che l’indomani è documentato soprattutto a partire dai secoli XVIII e XIX e ricorre in particolare quando si vuole sottolineare l’incerta realizzazione e/o la precarietà di un’ipotesi, di una credenza o di un programma:

Il terzo pensiere de’ Santi si è, che si devono di quando in quando nel corso del giorno richiamare alla memoria le risoluzioni fatte, e specialmente a mezzodì, e sera; a mezzodì per eccitarci di nuovo alla pratica; la sera, quando si fa l’esame di coscienza per conoscerne i progressi, che si saranno fatti, e per sapere, se l’indomani non sarà cosa utile di fare le stesse risoluzioni. (Discorsi familiari su tutte le parti della dottrina cristiana, Torino, Giammichele Briolo e Guibert e figlio, vol. III, 1792, p. 77)

E la sera, l’uomo che ha passata la giornata tutta interna nel mondo il più vivo, vario, e pieno, e ne’ divertimenti anche meno noiosi, e che si trova anche senza cure e dispiaceri, ripensando alla giornata passata, e considerando la futura, non si trova di gran lunga così contento e pieno, come colui che considera i bisogni ai quali ha provveduto, e fa i suoi disegni sopra quelli a’ quali provvederà l’indomani. (Giacomo Leopardi, Zibaldone, 19 settembre 1820; LIZ)

L’indomani sarà tenuto da S.A.R. circolo straordinario, nel quale interverranno, oltre della R. Camera, le autorità e funzionarj e la nobiltà ammessa a Baciamano. (“Giornale del Regno delle Due Sicilie”, XVI [1831], 58,  p. 236)

Del resto calcolando tutto, credo poter dire sin d’ora che circa il 6 o l’8 giugno partirò, e sarò l’indomani a Firenze. (Massimo d’Azeglio, Confidenze [av. 1866], a cura di Teresa Targioni-Tozzetti, Milano, Mondadori, 1930, p. 319)

La narrativa contemporanea, come emerge nei seguenti esempi tratti dal PTLLINC, fornisce diverse occorrenze, anche in contesti in cui la futurità dell’azione è espressa dal presente pro futuro: è del resto questo,  come rileva Bertinetto 1986 (pp. 336-340), uno degli usi del presente indicanti posteriorità rispetto al momento d’enunciazione, solitamente accompagnato da un riferimento temporale, soprattutto l’avv. domani, che determina l’ancoraggio nel futuro della forma verbale:

In una giornata si mettono in tasca cinquanta soldi e fino a tre lire e all’indomani ricominciano da un’altra cascina. (Beppe Fenoglio, La malora, 1954)

Il lavoro fa dimenticare queste decisioni, e una sera, dopo aver sbrigato le ultime faccende, si va via, con l’unica differenza che non si ritorna l’indomani mattina. (Ottiero Ottieri, Donnarumma all’assalto, 1959)

il mondo al vespero aveva in me questo avvizzimento corticale, le battaglie cadono sui campi notturni con le loro bandiere intorno all’asta, ma si sa che torneranno a scatenarsi l’indomani. (Alberto Bevilacqua, L’occhio del gatto, 1968)

Avevo condotto mia moglie oltre le rapide dei miei fantasmi, fino alla sponda di rena calda dove si era sciolto il suo piacere. Ora lei riposava, sarei andato a camminare lungo la strada di roccia. L’indomani, in una mattina di cristallo, entreremo insieme in un negozio con una piccola donna davanti a un grande telaio. (Margaret Mazzantini, Non ti muovere, 2002)

Si trova poi nella descrizione di situazioni irreali, come si può verificare in questi esempi, ripresi ancora dal PTLLINC:

Ci entrano persone, mettitelo un po’ in testa che gente sono? Uomini e donne che solo nel lusso sfrenato, quanto dire quaglie in scatola, vino che sbotta e si sente pure da prua dove stiamo noi: pum, che l’indomani c’è ancora la schiuma sparsa; ecco, tu l’hai mai presa la purga, vale a dire la polverina nel bicchiere e, pluf, una potente schiuma? (Raffaello Brignetti, La spiaggia d’oro, 1971)

E Miraijin aveva la febbre, e io ero già molto indeciso se andare o no, ieri sera. A quel punto uno che fa, secondo lei?
- Che fa?
- Prende e va via, ecco che fa. E poi, con calma, l’indomani, cerca di capire come stanno le cose. Giusto?
- Giusto. (Sandro Veronesi, Colibrì, 2019)

I dizionari esaminati (Devoto-Oli 2025, GDLI, GRADIT, Vocabolario Treccani online) riportano s.v. indomani anche l’accezione (in funzione di s.m. inv.) ‘il futuro, il domani’, che marcano come “non com(une)” (Devoto-Oli 2025, Vocabolario Treccani online) e BU (“Basso uso”; GRADIT). In Google libri si rintracciano diverse occorrenze (simili a quella proposta da una nostra lettrice), in cui si verifica, di fatto, la sovrapposizione di un indomani con un domani. L’analisi di queste attestazioni ci consente di rilevare che, nell’italiano otto-novecentesco, si può optare per un indomani nei casi in cui si intende evidenziare la presa di distanza da ciò che si scrive o indicare un evento futuro, per lo più negativo, che determinerà un cambiamento significativo rispetto allo stato presente. Riportiamo, a titolo esemplificativo, due occorrenze che permettono di chiarire meglio questo aspetto:

«Già vi è noto ciò che sia toccato di soffrire ai sigg. Galy e Berneux: in quanto a noi, ignari di quella sorte a cui ci serba Iddio, viviamo come chi ha una gran taglia addosso, e non sa quindi se sorga per lui un indomani». (Lettera del signor Miche, Missionario apostolico, a sua sorella, 12 luglio 1841, in “Annali della propagazione delle fede”, XV, 1843, p. 115; va qui osservato che l’indomani riguarda “chi ha una taglia addosso” e non chi scrive)

Intanto nulla si fa, nulla si prepara per rendere almeno possibile la speranza d’un indomani meno fosco d’oggi. (La verità sulla giovine Turchia, in “Rassegna Nazionale”, XXXII [1910], p. 440; in questo caso l’uso di indomani rispetto a domani può essere anche spiegato con la volontà da parte dell’autore di evitare la sequenza d’un domani)

Simili usi, a cui si aggiunge quello in contesti in cui si mette in rilievo la mancata realizzazione (o l’irrealtà) di un’azione o di un evento, mostrano anche gli esempi rinvenuti nell’archivio storico del quotidiano “la Repubblica”:

E forse, anche se s’ipotizza un indomani del mondo salvato da operai sotterranei di Disneyland, c’è poco da ridere nella culminante doccia da lager […]. (Rodolfo Di Giammarco, Dietro alla sala d’aspetto gesti e paure dell’umanità, 2/1/2006)

Se la notte non ha portato diversi consigli, sviando un indomani subito incline al divorzio, il Poz potrebbe, già entro sera, chiuderla qui e tornarsene a Formentera, […]. (Fortitudo da rifare in campo e fuori. Pozzecco già oggi al sorteggio?, 6/6/2018)

Per tutti questi motivi, al Bologna non c’è un indomani, si evita di replicare alle punzecchiature e s’aspetta solo di giocare le due partite casalinghe contro Spezia e Torino, […]. (Obiettivo salvezza. Tutti con Mihajlovic in attesta di Saputo, 13/4/2021)

La loc. prep. all’indomani di è registrata dal Devoto-Oli 2025 nel significato ‘il giorno successivo a’ e può estendersi semanticamente – come si osserva nella documentazione reperita attraverso i corpora prima citati e la rete – fino a indicare più genericamente il periodo che segue uno specifico evento (e valere, dunque, ‘successivamente a, dopo di’):

Una sua nipote, che l’aveva assistita, morì all’indomani di Cholera. (in “Annali di medicina straniera”, LXXVI, 1835, p. 469)

La stessa mobilità di alcuni fautori più o meno infedeli, ci ha giovato; poiché le contraddizioni in cui essi caddero, circa i bisogni e i progressi degli studj storici in Italia, dovettero farli sembrare dei sonnambuli, i quali, all’indomani di Solferino o di Sadova, si mettono a gridare, che le artiglierie di Francesco Sforza sono assolutamente cose antiquate, ma altri due giorni dopo affermano, che l’energia italiana non si può e non si deve spiegare se non nell’ambiente ove campeggino il Cid e Babieca. (Graziadio Isaia Ascoli, La questione della lingua e gli studj storici, 1873; corpus MIDIA)

La legge decreta l’amnistia per tutti i separatisti catalani (circa 1.400) inquisiti a partire dal 2013 e fino a maggio per i presunti reati commessi nella sfida indipendentista allo Stato spagnolo. Puigdemont aveva abbandonato il Paese all’indomani del referendum sull’indipendenza del 2017, indetto unilateralmente: il leader di Junts era fuggito in Belgio a causa della dura risposta di Madrid all’azione dei separatisti. (Laura Lucchini, Puigdemont rientra a Barcellona dopo sette anni di “esilio”, parla in pubblico e scompare di nuovo. È caccia all’uomo. Arrestato un poliziotto: “Lo ha aiutato a fuggire”, 8/8/2024)

Come si può osservare nella seguente tabella, che confronta il numero di occorrenze di l’/un indomani con quelle di all’indomani del/dell’/della/dello/di nel corpus della “Repubblica”, in Google e Google libri, si ricorre con più frequenza nello scritto (letterario e non) alla loc. prep. rispetto all’avv. e s.m.inv. (quasi residuale l’uso con l’articolo indeterminativo, peraltro  neppure pienamente conforme allo standard):


Per sintetizzare, infine, le risposte alle domande poste dalle lettrici e dai lettori possiamo dire che: a) la grafia corretta prevede l’anteposizione a indomani dell’articolo determinativo apostrofato; b) è senz’altro possibile impiegare l’avverbio in co-occorrenza coll’indicativo futuro (soprattutto per enfatizzare un esito incerto o l’irrealtà di una situazione); c) non sembrano esserci restrizioni nel suo uso letterario; d) l’impiego in funzione s.m.inv. nell’accezione qui considerata è del tutto minoritario nell’italiano contemporaneo (e, in genere, limitato a specifiche caratterizzazioni dell’azione o dell’evento descritto);) la loc. prep. all’indomani di è utilizzata esclusivamente nei significati sopra indicati (e soprattutto in quello estens., non registrato dal Devoto-Oli 2025).

(Ultima consultazione delle risorse in rete: 8/8/2024)

Nota bibliografica:

  • Bellina 2011: Massimo Bellina, Purismo, in Enciclopedia dell’italiano, a cura di Raffaele Simone, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, 2011, vol. II, pp. 1196-1199.
  • Bertinetto 1986: Pier Marco Bertinetto, Tempo, aspetto e azione nel verbo italiano. Il sistema dell’indicativo, Firenze, Accademia della Crusca, 1986.
  • Corticelli 1754: Salvatore Corticelli, Regole ed osservazioni della lingua toscana, Bologna, Lelio della Volpe, 17542 (1a, 1745).
  • Moise 1867: Giovanni Moise, Grammatica dela lingua italiana, 3 voll., Venezia, Stabilimento Nazionale di Giuseppe Grimaldo, 1867.
  • Rigutini 1886: Giuseppe Rigutini, Neologismi buoni e cattivi più frequenti nell’uso odierno, Roma, Carlo Verdesi, 1886.

Andrea Riga

16 dicembre 2024


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