Vi omaggiamo della risposta

Alcuni lettori ci chiedono chiarimenti sull’uso del verbo omaggiare in frasi come “la omaggiamo del libro” o anche “omaggiare il libro a qualcuno” che un lettore considera un impiego “al contrario”.

Risposta

Il verbo omaggiare è derivato dal nome omaggio secondo una delle più comuni regole italiane di formazione delle parole, ovvero con l’aggiunta della desinenza verbale ‑are alla base nominale (così come telefonare è derivato da telefono, o lusingare da lusinga). A sua volta, omaggio è un prestito assunto nella seconda metà del Duecento dall’antico francese (h)omage (corrispondente al moderno hommage), termine tecnico del feudalesimo che in senso proprio indicava ‘l’atto di riconoscimento che il subordinato deve al proprio signore’ e, nel sistema metaforico dell’amor cortese, ‘l’atto con cui l’amante dichiara la propria sottomissione all’amante o all’amore’.

Il sostantivo italiano in origine assunse entrambi i significati del francese, comparendo anche nelle locuzioni dare, fare, rendere omaggio a qualcuno ‘riconoscere o dichiarare la propria sottomissione’ e d’omaggio, per omaggio, detto di un dono o un servizio offerto ‘come segno di sottomissione’; una volta persi i legami con il sistema feudale, il nome è passato a significare genericamente ‘un qualsiasi segno di deferenza, di riconoscenza o di cortesia’. Da quest’ultimo significato si è originato, sul finire dell’Ottocento o poco prima, il verbo denominale transitivo bivalente omaggiare ‘riverire, onorare, ossequiare con parole e segni di rispetto’, che rende in forma sintetica l’antica locuzione fare, rendere omaggio a qualcuno (locuzione che comunque non è uscita del tutto dall’uso, specie nei registri più formali o, per contro, negli impieghi ironici); il primo esempio registrato dai dizionari risale a una lettera di Giosue Carducci a Giacomo Zanichelli del 9 agosto 1895 da Aosta: “Domani, sabato, forse vado a Pont-Saint-Martin ad omaggiare la Regina veniente” (il corsivo della stampa rende la sottolineatura dell’originale, segno che l’espressione non doveva essere del tutto consueta o forse che l’atto stesso di rendere omaggio alla regina, per l’ex socialista convertito alla monarchia, meritasse l’enfasi). La costruzione può essere completata da un sintagma preposizionale (oggi introdotto soprattutto da con) o da una subordinata al gerundio che esplicitano il modo o il mezzo con cui l’espressione di gratitudine, rispetto e deferenza si è manifestata: “I tifosi dell’Inter lo hanno omaggiato con uno striscione e con cori e applausi quando è andato a scaldarsi sotto la Nord” (FcInter1908.it, 22/5/2022), “il cantautore Samuele Bersani è rincasato in autobus dove è stato riconosciuto dagli altri spettatori che come lui rientravamo dallo spettacolo. Un incontro casuale che ha scatenato l’entusiasmo dei fan che lo hanno omaggiato cantando Spaccacuore e Giudizi Universali, due dei brani più famosi del cantautore” (Sorpresa al termine del concerto: sull’autobus c’è anche Samuele Bersani e il viaggio diventa uno show, lastampa.it, 30/5/2022).

Nel corso dell’Ottocento, dall’abitudine di offrire regali in omaggio (cioè originaria­mente ‘in segno di deferenza, di riconoscenza e di cortesia’), il sostantivo ha sviluppato il significato di ‘dono’, ben riconoscibile quando omaggio sia accompagnato da una specificazione o compaia nella locuzione fare omaggio di qualcosa a qualcuno: si vedano l’esempio di Giacomo Leopardi, tratto da una lettera del 26 settembre 1835, “ho tardato fin qui a replicare alla vostra cordialissima, aspettando di poter farvi omaggio dell’annesso volume, che non si è pubblicato prima di questa settimana”, e quello di Carducci “Su la porta di Parigi co ’l bacile d’oro in mano / a l’omaggio de le chiavi sta parato un castellano” ‘è pronto al dono delle chiavi della città’, cioè ‘è pronto a donare le chiavi’ (La sacra di Enrico Quinto, in Giambi ed Epodi, XXVIII). Anche il francese hommage, sempre nel corso dell’Ottocento, ha sviluppato un tale significato, ma non ci sono ragioni cogenti per imputare all’influenza d’Oltralpe l’ampliamento semantico dell’italiano, che anzi si può ben essere originato indipendentemente. A partire dal recente significato di omaggio quale ‘dono’ si è formato, in tempi a noi prossimi (direi nella seconda metà del Novecento, ma è probabile che si possano trovare precoci attestazioni precedenti), il denominale trivalente omaggiare qualcuno di (o con) qualcosa nel significato non più di ‘rendere omaggio’ ma propriamente di ‘gratificare con doni’. Ne trovo un esempio nel resoconto di un corso di aggiornamento per insegnanti del 1965, in una costruzione al passivo: “A conclusione del Corso ogni insegnante è stato omaggiato di un microscopio con accessori e materiale vario per le costruzioni di fisica e per gli esperimenti di chimica” (“Studi trentini. Scienze naturali ed economiche”, 1965, p. 19).

L’uso si è rafforzato nell’ultimo ventennio, sostenuto dalla più ampia tendenza a impiegare al posto delle forme analitiche con verbo generico (fare omaggio di qualcosa a qualcuno ‘far dono’) le equivalenti forme sintetiche (omaggiare qualcuno di qualcosa ‘gratificare con un dono’), con il conseguente cambio di struttura argomentale del verbo: l’originario oggetto diretto (omaggio) è assorbito dal verbo (omaggiare) e l’originario argomento indiretto con valore di beneficiario (a qualcuno) diventa oggetto diretto (omaggiare qualcuno); l’innovazione è tanto più facile in quanto è ancora presente alla coscienza dei parlanti la più antica costruzione di omaggiare qualcuno ‘onorare qualcuno’. Per un esempio analogo di passaggio dalla forma analitica alla sintetica si pensi a dare appuntamento a qualcuno che sempre più frequentemente, specie negli ambienti lavorativi dell’Italia settentrionale, viene reso con appuntamentare qualcuno (al proposito si veda la risposta di Raffaella Setti Appuntamentare, efficientare, scadenzare, bloggare, googlare, postare... ma quanti nuovi verbi in -are! E alcuni sostantivi in -aggio).

Negli ultimissimi anni, specie nel linguaggio degli annunci commerciali e delle forme di scrittura meno sorvegliate o meno consapevoli, si registrano esempi quali “Il Gasatore d’acqua con bombola di co2 ve lo omaggiamo noi”, “nulla è dovuto per la scatola e per il confezionamento (cantina […] ci ha omaggiato le scatole e noi le omaggiamo a voi)”, in cui omaggiare prende l’oggetto diretto della cosa donata e l’oggetto indiretto della persona a cui la si dona; si tratta però di affioramenti in zone linguistiche marginali di una costruzione al momento non accettata nell’espressione cólta, avvertita piuttosto come indice di scarsa padronanza della lingua. Ciò non significa che non se ne possa comprendere l’origine: la nuova ‒ e periferica ‒ struttura omaggiare qualcosa a qualcuno è ovviamente ricavata per analogia dalle normali donare o regalare qualcosa a qualcuno, in una sorta di conguaglio sintattico che semplifica il sistema delle reggenze riconducendolo a una struttura più consueta e ben diffusa. Di fatto, negli esempi citati da ultimo omaggiare funziona come un sinonimo apparentemente più prestigioso di regalare e donare; qualcosa di simile è avvenuto al verbo auspicare, che nella sua struttura canonica ha costruzione transitiva (“noi tutti auspichiamo un futuro migliore”) ma negli ultimi anni è sempre più spesso utilizzato come sinonimo prezioso di augurarsi, di cui assume anche la forma pronominale (“io mi auspico un futuro migliore”, si veda la risposta di Valentina Firenzuoli al quesito Il verbo auspicare è transitivo o intransitivo? Ammette la costruzione pronominale auspicarsi?).





Roberta Cella

27 settembre 2024


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