Ai molti lettori che si rivolgono a noi per sciogliere i dubbi su quale sia da ritenere la posizione corretta del pronome personale atono proponiamo la risposta di Luca Serianni, apparsa sul n. 17 (ottobre 1998) della Crusca per voi, alla domanda: "qual è la forma corretta, volersi fare interprete o voler farsi interprete?"
Vogliamo rispondervi o vi vogliamo rispondere?
La collocazione del clitico o pronome personale atono nelle combinazioni verbali è stata oggetto di numerosi studi negli ultimi anni. In particolare, si è tentato di stabilire il cosiddetto meccanismo della "risalita", ossia la possibilità di un clitico di affiggersi all'ultimo verbo della catena verbale (nel nostro esempio il verbo fare: farsi) ma anche di "risalire" più indietro (qui: volere: volersi), fino al terzultimo verbo di una serie (come in Ce la puoi venire a portare, accanto a Puoi venircela a portare e a Puoi venire a portarcela). Tutte queste combinazioni devono considerasi accettabili, anche se possono non risultare ugualmente familiari nell'uso delle varie regioni italiane.
Andrea Calabrese (nella Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, Bologna, Il Mulino, 1988, vol. I, p. 572) indica in tre le categorie di verbi che, reggendo una frase subordinata all'infinito con pronome enclitico, possono richiamare il pronome come proclitico. Si tratta di:
1. Verbi modali, come volere, dovere, potere, sapere (voglio comprarlo - lo voglio comprare);
2. Verbi aspettuali (ossia quei verbi che indicano una particolare prospettiva dell'atto verbale, in relazione alla durata, alla momentaneità, all'incompiutezza ecc.) come cominciare, finire, continuare (comincio a leggerlo - lo comincio a leggere);
3. verbi di moto, come andare, venire, tornare (vado a trovarlo - lo vado a trovare).
Con altri verbi reggenti la "risalita" del clitico è incerta o francamente inaccettabile.
7 febbraio 2017
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