Stefano Tognon, Elena Baldoni, Claudio Malfarà, Giovanni Chillè, Sara Rovera, Claudia D'Agostini, Enzo Marchionni, Lia Pallone, Giorgio Strommer hanno chiesto alla redazione del nostro sito quali articoli devono essere utilizzati di fronte a parole straniere che iniziano con w o sw. Rispondiamo riproponendo un articolo di Luca Serianni apparso sul nostro periodico La Crusca per Voi (n° 9, p. 8).
Articolo davanti a parole straniere
inizianti per w e sw
«Nelle parole, tutte d'origine straniera, comincianti con w- ,questa lettera può corrispondere a due suoni distinti: la semiconsonante di uomo (come in whisky) o la consonante di vario (come in wafer). Nel secondo caso l'uso dell'articolo non presenta nessun problema: si adopera l'articolo debole il, i (e l'indeterminativo un) richiesti davanti a una parola iniziante per consonante semplice; quindi il wafer, il Wagner. L'uso è stabile anche per i derivati italiani da parole angloamericane, nei quali w- si pronuncia sempre [v]: quindi washingtonia 'genere di piante' (pronuncia: vasc-; da George Washington), wellerismo (pronuncia: vell-; dal personaggio dickensiano Sam Weller).
Le incertezze sorgono davanti ai forestierismi non adattati in cui w- si pronuncia come semiconsonante. L'astratta logica grammaticale vorrebbe che davanti a whisky o a Webster figurasse lo stesso articolo eliso l' che tutti adoperiamo, senza pensarci neppure, davanti a una parola come uomo. In realtà l'uso tende a preferire il. Secondo Piero Fiorelli (in una delle note che arricchiscono il volumetto di Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell'italiano, Firenze, Sansoni, 1965, p. 194) l'uso ha una sua giustificazione, per due motivi: 1) il paragone tra l'Webster e l'uomo "regge fino a un certo punto" perché l'italiano ha, sì, alcune parole comincianti col dittongo uo-, "a cui premette l'articolo lo debitamente apostrofato", ma non ne ha pressoché nessuna cominciante con ua-, ue- o ui-; 2) "all'occhio del lettore italiano la lettera w è una consonante, qualunque sia il suo valore in determinate lingue straniere, tanto che è pronunziata regolarmente [v] tutte le volte che la parola che la contiene è adattata mediante una desinenza o un suffisso alla morfologia italiana".
Un'interessante riprova di come l'idea che i parlanti hanno di un certo segno alfabetico possa influenzare la pronuncia del suono corrispondente è stata offerta da Pietro Janni in una nota apparsa sulla rivista "Lingua Nostra", LIII (1992), pp. 86-87. Perché si pronuncia lo swatch, nonostante che la sequenza dei suoni sia la stessa di suocero? Perché - osserva Janni - il "normale parlante italiano è intimamente convinto che la w rappresenti (anzi "sia") una consonante, come in Walter, e che solo per una convenzione "straniera" si debba pronunciarla come la semivocale di uomo". Di conseguenza, anche chi non parlerebbe mai di svòcc in riferimento al noto orologio, crede in fondo, in una specie di livello subconscio, che Swatch non cominci come suocera, suora, ecc. ma come svogliato o svolazzo"».
31 marzo 2005
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