Bidelleria

Da alcune località del nord della penisola ci vengono poste domande intorno al termine bidelleria che, pur non presente nei vocabolari che i nostri lettori hanno potuto consultare, risulta loro non solo usato ma “presente pure sulla cartellonistica di tutte le scuole” e “nel linguaggio dei bandi pubblici”.

Risposta

Non è la prima volta che il sostantivo bidelleria suscita perplessità e induce i parlanti di questa o quell’area geografica a considerarlo un regionalismo o persino un’invenzione fantasiosa. In realtà, l’ingresso del termine nella storia linguistica della nostra penisola è molto antico: la forma bidellaria, infatti, è attesta nel latino medievale di testi bolognesi fin dal XIV sec. (cfr. Il nuovo Dizionario etimologico della lingua italiana  di M. Cortelazzo e P. Zolli, a cura di Manlio Cortelazzo e Michele Cortelazzo, Bologna, Zanichelli, 1999, s.v. bidello). Si trattava di una derivazione dal sostantivo bidellus, termine anch’esso adoperato nel latino medievale di Padova (XIII sec.) e di Bologna (1317) per indicare, nel linguaggio universitario, non il semplice ‘addetto alle pulizie e alla custodia dei locali scolastici o universitari’, bensì un ‘segretario’ o un ‘assistente’, che svolgeva mansioni di maggiore responsabilità rispetto a quelle oggi affidate ai bidelli (cfr. Lessico etimologico italiano. Germanismi, a cura di E. Morlicchio, Weisbaden, Reichert, fasc. 4°, vol. I, 2007, s.v. *Bidil, e S. Lubello, Il Lessico etimologico italiano e gli antichi volgari italiani, in Lessicografia dialettale: ricordando Paolo Zolli, Padova, Antenore, 2006, pp. 479-90, alle pp. 484-86.).

Il termine bidello ha origine dal francone *bidil (antico francese bedel), ma giunge nei volgari italiani attraverso il latino medievale e, in particolare, come si è visto, dal latino degli atenei padovano e bolognese. Se ne trova conferma, infatti, anche nella Cronica dell’Anonimo romano del XIV sec., il cui autore riferisce di aver ascoltato, proprio negli anni in cui dimorava a Bologna e «imprenneva lo quarto della fisica», una novella raccontata da «uno delli bidielli»  (cfr. TLIO Tesoro della lingua italiana delle origini).

Se la parola bidello, con il mutare delle attività connesse al mestiere, ha cambiato nel tempo il proprio significato, molto più a lungo ha resistito l’accezione di ‘locale scolastico o universitario riservato al personale ausiliario’ annessa al sostantivo bidelleria, che, affermatosi più recentemente nella nostra lingua, è oggi registrato solo da due dei principali dizionari dell’uso, il Devoto-Oli 2018 e lo Zingarelli 2018. Il termine si incontra, però, in diversi testi amministrativi riguardanti gli istituiti scolastici, e si legge con maggiore frequenza nei siti internet di scuole e università, che se ne servono per indicare la sede presso cui ricevere informazioni o assistenza. Ne troviamo traccia principalmente negli istituti scolastici settentrionali, come mostrano, per esempio, le piantine topografiche della scuola primaria “Dante Alighieri” di Lonate Pozzolo, in provincia di Varese (https://www.ic-lonatepozzolo.gov.it – Piantine Dante), o le indicazioni del Liceo Bodoni di Saluzzo (“iscriversi sul registro in bidelleria”; http://www.liceobodoni.gov.it/index.php/sportelli-didattici), o ancora le descrizioni delle sedi dell’Istituto comprensivo Eugenio Donadoni di Bergamo (http://www.istitutodonadoni.it/index.php/risorse-della-scuola) e così via. Se ne ha testimonianza, però, anche nel sito della Scuola di scienze motorie dell’Università di Urbino (“rivolgersi alla bidelleria della sede didattica”; https://www.uniurb.it/it - Dipartimento di Scienze biomolecolari), e nel quotidiano “La Nuova Sardegna”, che nel 2004 (28 novembre) denunciava il disagio di una scuola elementare di Berchiddeddu, in provincia di Sassari, dove gli alunni erano costretti a fare “lezione in bidelleria”. Di recente, il termine è stato adoperato in un libro dal titolo l’Elogio della perfetta in/docenza (Roma, Armando editore, 2003), il cui autore, richiamandosi al maestro del Cuore di De Amicis, si firma con lo pseudonimo di Porfirio Perboni. Il libro, che forse per il suo tono polemico ha avuto ampia diffusione e particolare successo, si chiede, tra i tanti interrogativi provocatori, perché, «se il dirigente scolastico può fumare nel suo ufficio e i bidelli in “bidelleria”» dovrebbe essere possibile vietare agli alunni, anche minorenni, di fumare (p. 55). Non è chiaro se l’autore inserisca il sostantivo tra virgolette per segnalare un regionalismo o  per indicare un uso limitato a determinati ambiti, ma è evidente, ancora una volta, la diffusa perplessità di parlanti e scriventi nell’adoperarlo.

Lo stesso fenomeno veniva segnalato, nel 1977, dal linguista Alfonso Leone, che in un articolo sull’italiano parlato in Sicilia riferiva come in diverse scuole siciliane professori e alunni chiamassero bidelleria la stanza del bidello, aggiungendo che alcuni anni prima un provveditore agli studi aveva fatto rimuovere “da una scuola da lui dipendente il cartello con la scritta bidelleria, poiché il termine (che nella sua mente si associava a macelleria; chissà poi perché non a segreteria) non figurava nel vocabolario del Melzi…” (A. Leone, Ancora sull’italiano di Sicilia, “Lingua nostra”, 38, 1977, pp. 35-51, a p. 36). Anche Leone, d’altro canto, sebbene osservasse che la formazione del sostantivo non aveva alcuna relazione con il dialetto siciliano, concludeva che “caratterizzando l’italiano di certe scuole della Sicilia” avrebbe potuto essere incluso a giusta ragione tra le “voci regionali”. In realtà, la derivazione di nomi indicanti locali tramite il suffisso -erìa è usuale in italiano e basterà pensare a forme come libreria, infermeria, gioielleria, medicheria, ecc. per giustificare il fatto che anche bidelleria si è inserito in una serie ben assestata nella nostra lingua, mostrando traccia di sé, come abbiamo visto, in più luoghi della penisola. Molto più di recente, peraltro, il termine ha cominciato a essere usato con una diversa accezione, che fa riferimento non al luogo bensì alle mansioni del bidello: il suffisso -erìa, infatti, come già notava Alfonso Leone nello stesso articolo, esprime anche un insieme di elementi (argenteria, fanteria, ecc.) o si riferisce, se aggiunto a nomi indicanti persona, a un’azione o a un comportamento propri di tale persona (bricconeria, monelleria, ecc.). In una deliberazione del 2007, l’Autorità nazionale anticorruzione ha dichiarato di aver espresso parere in merito alla “gestione del servizio di bidelleria presso strutture educative” del Comune di Novara e ha ripetuto il termine altre due volte nello stesso testo, riferendosi sempre all’insieme delle mansioni svolte dai bidelli (Deliberazione n. 97 del 29 marzo 2007; https://www.anticorruzione.it). Con questo stesso significato, anche se in misura minore rispetto all’accezione più antica, la parola ritorna ancora una volta nei siti internet di scuole e università, confermando il suo uso ristretto a settori ben circoscritti e dunque la sua scarsa circolazione nella comunicazione quotidiana. È questo, con buona probabilità, il motivo che induce i parlanti a percepire come estraneo alla lingua un termine che con tutta evidenza le appartiene.

 

Rita Librandi

 

13 novembre 2018


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