A.L. D'A. dalla provincia di Pesaro ci chiede il significato dell’aggettivo edettico.
Lingua “edettica”
L’aggettivo edettico risulta interessante per vari motivi, prima di tutto perché – pur avendo una certa diffusione (non altissima invero, ma tale da suscitare in alcuni dubbi sul suo significato) – è una parola fittizia, una parola fantasma scaturita da un errore meccanico.
Con una ricerca sul web attraverso Google se ne trovano poco più di 150 occorrenze fra maschile e femminile (circa una decina i plurali), nei più svariati ambiti: musica e più in generale spettacolo, filosofia, arredamento; e non mancano tracce anche in contesti generici. Già da un rapido sguardo alle prime occorrenze rintracciabili (“L'onore di aprire l'evento è concesso da scaletta a Paolo Serazzi, edettico musicista e cantante, che mostrerà sicuramente anche le sue grandi capacità di intrattenitore”, Piemonte online.info; “mobili e accessori di gusto edettico” in una versione in PDF di “Casa viva” del 10 maggio 2010), risulta chiaro che il significato e l’uso sono del tutto analoghi a eclettico; e la tipologia dei testi in cui la parola trova posto fornisce anche immediate indicazioni sulla sua genesi. Le occorrenze sono infatti distribuite fra versioni di testi elettronici, in vari formati, tutti derivati da precedenti testi a stampa. Come hanno probabilmente sùbito intuito coloro che usano programmi informatici di decodifica dei caratteri a partire da immagini (OCR), siamo di fronte al tipico errore che strumenti come questi producono interpretando la sequenza cl come d. Le procedure OCR (Optical Character Recognition), infatti, riescono a riconoscere i caratteri sulla base di un confronto tra il profilo di un dato modello e quello risultante dalla scansione dell’immagine: è sufficiente che ci sia una macchia di sporco, un tratto accidentale, una piccola ombra, un distanziamento non convenzionale tra i caratteri, per far sì che un carattere o una sequenza di caratteri appaiano più simili a qualcosa di diverso, come spesso accade per cl, in cui la distanza ravvicinata fra le due lettere può a volte ingannare la scansione a favore di una semplice d.
Non è un caso che l’aggettivo compaia pressoché esclusivamente sul web e che spesso sia presente nel testo elettronico di Google Libri, dove, come è noto, alcuni testi vengono sottoposti a procedura OCR senza nessun tipo di controllo: in questo modo molte parole fittizie vengono aggiunte e molte parole reali rimangono nascoste (rendendo del tutto inaffidabili i testi così interrogati, per quanto in questo modo imperfetto si renda possibile una ricerca sul testo che sarebbe del tutto impedita dal semplice accesso alle immagini).
Siamo di fronte anche in questo caso, come ad esempio per l’uso di forme di abbreviatura negli sms o nelle chat, a un fenomeno in cui i moderni mezzi di trasmissione di un testo trovano un’analogia con la situazione anteriore alla stampa: frequenti, infatti, sono i casi di parole fantasma dovute a errori di copisti, o anche d’autore, legati alla cattiva lettura di un manoscritto. In molti casi si tratta di occorrenze uniche, ma talvolta l’errore ha generato una forma lessicale che si è poi consolidata (ad esempio basalto, che scaturisce da una cattiva lettura della parola greca basanites, usata nella Storia naturale di Plinio; binomio, diffusosi a partire dall’errata lettura del latino binominem; o collimare, nato dall’errata decifrazione del latino colliniare). Le condizioni di determinazione dell’errore e della sua propagazione sono in questo caso del tutto diverse, anche se sembra per molti versi che la scarsa densità di produzione e trasmissione dei testi nell’era del manoscritto e l’alta densità dell’era contemporanea possano provocare effetti analoghi: un errore scaturito da un manoscritto, proprio per le modalità di diffusione, poteva trasmettersi in tutti i testi successivi e garantirsi così una permanenza nella lingua; oggi la grande densità di diffusione di testi, che diluirebbe l’eccezionalità della singola occorrenza, è compensata dalla generazione automatica di molte occorrenze dello stesso errore che ne aumenta necessariamente le possibilità di diffusione.
Il fenomeno del riconoscimento ottico dei caratteri, e della sempre maggiore diffusione globale di testi acquisiti con questo metodo e pubblicati senza forme di controllo, rischia di proiettare nella rete una categoria di parole fantasmadi cui è difficile stimare la quantità e la portata. Tanto più che questa proliferazione è associata a un altro costume ormai in espansione: quello dell’acquisizione di parole conosciute in modo passivo, con una ricostruzione parziale e potenzialmente infondata del loro significato senza il controllo su un dizionario di lingua, che rimane comunque lo strumento ultimo di raccolta di informazioni su una parola prima che questa venga assimilata nel bagaglio lessicale di un parlante. Rimane vero che, nella società della comunicazione in cui viviamo, la grande pressione di neologismi, per i quali non sempre i dizionari possono fornire un immediato supporto, contribuisce all’accettazione da parte dei parlanti di parole che non trovano corrispondenza negli strumenti linguistici di riferimento, e per le quali si cerca di ricostruire un significato probabile; per questo risulta ora più che mai fondamentale agire a tutto raggio per lo sviluppo di competenze linguistiche profonde ed evitare così un rapporto superficiale con la lingua che usiamo e diffondiamo.
Marco Biffi
Redazione Consulenza Linguistica
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15 giugno 2012
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