autosvezzamento

Ambito d'uso: lingua comune, puericultura, pediatria

Ambito d'origine: puericultura, pediatria

Categoria grammaticale:

s. m.

Definizione

Nel neonato, il passaggio da un’alimentazione lattea a una solida, affidato all’autoregolazione del bambino.

Etimologia

Dal sostantivo svezzamento, con l’aggiunta del prefissoide di origine greca auto- ‘da sé, spontaneamente, con mezzi propri, con funzionamento autonomo’. 

Prima attestazione

2002
"Che cos’è l’autosvezzamento? [titoletto] Non è esattamente quel che fece Pantagruel a una delle sue quattromilaseicento vacche nutrici ma, fatte le debite proporzioni (Pantagruel era un gigante) e trasferito tutto in epoca post-moderna, qualcosa di molto simile. Fino a oggi, ovviamente nell’ambito di un rapporto della famiglia con i servizi sanitari, la decisione di iniziare lo svezzamento e le sue modalità sono sempre affidate al pediatra." (Lucio Piermarini, Autosvezzamento, “Medico e Bambino”, 2002/7, pp. 468-470, a p. 468)

Periodo di affermazione:

2021-2022

Presenza sui dizionari

Nessuna

Diffusione al: 15 febbraio 2024

Google: 113.000 r.
"la Repubblica": 5 r. (p. a. 2010)
Archivio del "Corriere della Sera": 2 r. (p. a. 2016)
"La Stampa": 6 r. (p. a. 2013)


Note

La parola autosvezzamento è un composto neoclassico, ossia un termine formato con l’aggiunta a una base (in questo caso svezzamento) di un morfema di origine classica che presenta un significato più pieno rispetto a suffissi e prefissi propriamente detti (nel nostro caso il prefissoide auto- ‘da sé, spontaneamente, con mezzi propri, con funzionamento autonomo’). Il termine, coniato nel 2002 dal pediatra Lucio Piermarini in un articolo della rivista “Medico e bambino”, indica una tecnica antica e mai del tutto scomparsa: il passaggio dall’alimentazione lattea a quella mista e poi solida viene affidato al neonato, che sceglie quali cibi provare (direttamente dalla tavola dei genitori), e decide come e quanto mangiare. Si tratta di una metodologia che rivoluziona una pratica consolidata nel mondo pediatrico degli ultimi cinquant’anni: quella dello svezzamento, condotto attraverso cibo creato appositamente e destinato solo ai bambini. Dal 2002 il termine comincia ad avere una timida diffusione sui siti dedicati alla puericultura e su alcuni forum, in cui delle madri, su consiglio del proprio pediatra, cercano di capire come applicare l’autosvezzamento. Nel 2006 Lucio Piermarini sostituisce il termine da lui stesso coniato: in un articolo pubblicato sulla stessa rivista appena citata propone la locuzione alimentazione complementare a richiesta (sigla ACR), in cui a richiesta si riferisce al processo di autoregolazione del neonato. Il nuovo termine, tuttavia, non risulta avere successo fuori dall’ambito specialistico e, dopo la pubblicazione del libro Io mi svezzo da solo! del 2008, la parola autosvezzamento comincia a diffondersi. Nello stesso anno il termine è impiegato in alcuni libri dedicati all’argomento; nel 2010 autosvezzamento compare per la prima volta sui quotidiani. Una prima impennata di occorrenze si ha nel 2014-2015, poi nel 2017-2018 e infine dal 2021 ai giorni nostri: negli ultimi quattro anni, infatti, è stata pubblicata una decina di libri che presentano la parola nello stesso titolo. Attualmente il termine autosvezzamento sta crescendo nell’uso, tanto da comparire in alcuni documenti dell’Istituto Superiore di Sanità.

Dobbiamo segnalare la presenza di altre locuzioni sinonimiche che non hanno avuto lo stesso successo del termine autosvezzamento: oltre ad alimentazione (complementare) a richiesta, sono attestati alimentazione (complementare) responsiva e svezzamento naturale (che a volte può avere un significato leggermente differente, seppur affine). Dal mondo anglosassone provengono le locuzioni Baby-Led Weaning (BLW) e Baby-Led Introduction to SolidS (BLISS), che però risultano circoscritte all’ambito pediatrico e non hanno avuto particolare fortuna presso i genitori.

Infine, bisogna considerare il verbo autosvezzare/autosvezzarsi: infatti, se svezzamento deriva certamente da svezzare, non si può affermare la stessa cosa per autosvezzamento, il cui verbo corrispondente, seppur comparso insieme al sostantivo nello stesso articolo del 2002 di Lucio Piermarini, ha avuto una diffusione più tardiva. Inoltre, dobbiamo considerare che il prefissoide auto-, in virtù del suo significato, imporrebbe la forma riflessiva autosvezzarsi, il cui soggetto è il neonato. Sebbene la forma riflessiva sia ben attestata, risulta molto diffusa pure quella attiva (che all’infinito ha addirittura più attestazioni della riflessiva): in questo secondo caso, in cui il soggetto è il genitore/tutore e il complemento oggetto il bambino, la diatesi riflette il fatto che, anche nel caso dell’autosvezzamento, molti passaggi e scelte sono comunque monitorati dal genitore.

Esempi d'uso

  • Ci sarei tornata lo stesso sul forum, visto che un bimbo in ogni caso lo avrei avuto, ma rieccomi ad informarvi sui pannolini lavabili, fasce, autosvezzamento e così via. (commento di giulia nella conversazione Quanto ci avete messo?, su forum.promiseland.it, del 6/10/2013)
  • Ho trovato interessante e liberatorio l’approccio all’autosvezzamento, o “alimentazione complementare a richiesta”, non tanto per il fatto di cancellare qualsiasi limite di tempo e modalità all’introduzione di alimenti, quanto per l’idea di mettere al centro di questo processo il bebè, autorizzandolo così, rispetto al passato, a dettare i suoi tempi e suoi gusti. (Miralda Colombo, il Cucchiaino, Roma, Carlo Galucci Editore, 2015, p. 15)
  • In particolare, il tema caldo è, da qualche anno a questa parte, quello dell’autosvezzamento, ovvero il metodo secondo cui gli alimenti complementari al latte materno vanno introdotti ‘su richiesta’, cioè lasciando che il piccolo scelga cosa e quando mangiare tra i tanti cibi di cui si nutrono mamma e papà - non per forza ‘pappe’ o omogenizzati quindi. [...] Ma, salvo la personale sensibilità e inclinazione verso un metodo o l’altro, quali sarebbero i pro e i contro dell’autosvezzamento, o, più correttamente, dell’alimentazione complementare a richiesta? [...] In favore dell’autosvezzamento ci sarebbero fattori positivi come la strutturazione di un rapporto sano con il cibo, che non viene vissuto come imposizione ma come elemento da scoprire, sondando i propri gusti, la propria attrazione per un profumo piuttosto che un altro, e in base alle proprie necessità (il bambino smette di mangiare quando è sazio). (Autosvezzamento dei bambini, i pro e i contro, lastampa.it, 20/1/2016)
  • È invece più importante iniziare lo svezzamento o l’autosvezzamento facendo assaggiare un’ampia varietà di verdure, soprattutto di vegetali di sapore amaro come cavoli, broccoli, rucola, in modo da far conoscere al bambino o alla bambina anche i sapori più amari. (Claudia Carletti, Svezzamento e frutta: come e quando iniziare, uppa.it, 12/8/2022, aggiornato il 22/9/2022)
  • Per farlo si può scegliere di preparare la classica pappa proponendo degli alimenti in purè o degli omogenizzati preparati in casa, oppure scegliere la strada dell’autosvezzamento. Importante è che il piccolo assuma una dose di proteina, una di carboidrati e una di grassi. Per quanto riguarda l’autosvezzamento si tratta di far mangiare al proprio figlio gli alimenti che sceglie di provare, sminuzzati in pezzettini piccolissimi. (Simona Bianchi, Carne e svezzamento: suggerimenti e come introdurla, nostrofiglio.it, 20/1/2023)

Miriam Di Carlo

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