coronavirus

Varianti: corona virus, corona-virus, virus corona, corona

Ambito d'uso: biologia

Ambito d'origine: biologia, lingua comune, medicina

Rilancio

Categoria grammaticale:

sost. m. inv.

Definizione

1. Ciascun virus appartenente a un gruppo di virus a RNA dall’aspetto simile a una corona, causa di malattie del sistema respiratorio nell’uomo e del sistema respiratorio e gastrointestinale negli animali; 2. Per antonomasia, il coronavirus denominato SARS-CoV-2 (acronimo dell’inglese Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2), responsabile dell’epidemia di polmonite atipica che ha colpito diverse zone del mondo tra la fine del 2019 e il 2020 e a cui l’Oms ha dato il nome ufficiale di COVID-19 (acronimo dell’inglese Coronavirus Disease 19); 3. Per estensione, la malattia respiratoria stessa causata dal SARS-CoV-2.

Etimologia

Prestito integrale dell’inglese coronavirus, parola composta a partire dal sostantivo latino corona ‘corona, aureola’ e dal latino scientifico virus ‘virus’.

Prima attestazione

1970 (significato 1.)

“Zuckerman, Taylor e Almeida, in una comunicazione preliminare del 1969, descrivevano l’identificazione di un ceppo di coronavirus nel siero di un soggetto con epatite attiva cronica e cirrosi. […] Il virus appartiene allo stesso gruppo dei coronavirus che è causa riconosciuta dell'epatite del topo”. (Arie Zuckerman, Moderni studi sull’epatite virale epidemica e da siero, “la Stampa”, 30/7/1970, p. 14).

Periodo di affermazione:

2020

Presenza sui dizionari

Devoto-Oli 2007, Garzanti 2013, GRADIT 2003, Zingarelli 2005 (solo significato 1.)

Repertori

*Treccani Neologismi 2020

Diffusione al: 21 marzo 2020

(i risultati sono relativi alla forma in tutti i suoi significati)

Google: 703.000.000 r. (18.800.000 r. delle varianti “corona virus” e “corona-virus”, 112.000 r. di “virus corona”)
"Corriere della Sera": 1097 r. (1987: 1; 1989: 1; 1991: 1; 2002: 1; 2003: 57; 2004: 7; 2005: 1; 2007: 1; 2008: 1; 2009: 2; 2010: 1; 2011: 1; 2013: 3; 2014: 2; 2015: 1; 2017: 1; 2018: 1; 2020: 1.014); p.a. 1987
"la Repubblica": 8.344 r. (2003: 70; 2004: 8; 2005: 3; 2009: 3; 2010: 5; 2011: 1; 2012: 2; 2013: 15; 2014: 6; 2015: 7; 2016: 2; 2018: 2; 2019: 2; 2020: 7.995); p.a. 2003
"La Stampa": 5.831 r. (1970: 1; 1983: 1; 1984: 1; 1988: 1; 1989: 1; 1991: 1; 1993: 1; 2003: 71; 2004: 5; 2005: 4; 2010: 1; 2011: 1; 2012: 1; 2013: 10; 2014: 2; 2017: 2; 2019: 2; 2020: 5.715); p.a. 1970

Note

L’uso della parola coronavirus resta per decenni circoscritto all’ambito specialistico di origine, della biologia e della medicina, con sporadiche attestazioni nella lingua dei giornali, in articoli divulgativi che citano il virus tra gli agenti patogeni responsabili del raffreddore e di altre sindromi parainfluenzali. A una prima circolazione della voce anche nell’uso comune contribuisce il diffondersi, nel 2003 e nel 2013, delle notizie relative alle epidemie della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) e della MERS (Middle East Respiratory Syndrome), causate proprio da due differenti tipi di coronavirus, al termine delle quali la diffusione della parola torna però nuovamente a diradarsi.

L’effettiva affermazione della voce nella lingua corrente si ha solo nel 2020, come conseguenza dell’ampia risonanza mediatica suscitata dalla nuova epidemia di polmonite (poi denominata COVID-19, ossia Coronavirus Disease 19) causata da un coronavirus, scoppiata in Cina alla fine del 2019 e poi diffusasi nei primi mesi dell’anno successivo in Italia e nel resto del mondo. La diffusione crescente della malattia nel nostro paese ha infatti comportato un sensibile incremento del numero di occorrenze del termine, usato quotidianamente non solo in giornali e telegiornali, ma anche in rete e sui social. La parola ha inoltre cominciato a essere impiegata impropriamente anche per indicare, per antonomasia, il coronavirus responsabile della nuova malattia, o, per un ulteriore processo di estensione, la malattia stessa da esso causata.

La variante grafica più corretta è quella univerbata (coronavirus), del resto maggioritaria nell’uso e l’unica a essere accolta nei dizionari sincronici, e non richiede l’uso dell’iniziale maiuscola: nel suo valore originario, il sostantivo rappresenta infatti un nome comune, che indica il genere di appartenenza del virus e non il nome proprio di uno specifico rappresentante di tale gruppo di virus. La forma ricorre inoltre anche nella variante “italianizzata” virus corona, con collocazione a sinistra della testa semantica del composto, e in quella ridotta, di sapore più colloquiale, corona, entrambe decisamente minoritarie nell’uso comune.

Quanto alla pronuncia, la più corretta è quella italiana, coronavìrus, e non quella anglicizzante “coronavairus”: la parola, pur introdotta in italiano come prestito integrale dall’inglese, è stata infatti da subito adattata alla pronuncia della nostra lingua, anche in virtù del fatto che i due elementi componenti del composto, corona e virus, entrambi di origine latina, sono attestati anche in italiano e come tali sono di conseguenza pronunciati.

Esempi d'uso

  • L’avvelenatore è un corona-virus come quello dei raffreddori: organismi minimi costituiti da acido nucleico nell’involucro d’una proteina; non avendo metabolismo autonomo, conducono vita parassitaria infiltrati nella cellula. (Franco Cordero, Cronache dalla peste, “la Repubblica”, sez. Cultura, 16/5/2003, p. 45)
  • Nel giorno in cui si registrano un altro caso di «nuova Sars» in Francia e due decessi negli Emirati Arabi Uniti, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha lanciato l’allerta nei confronti del coronavirus responsabile delle infezioni. (Nuova Sars, allerta Oms: «In Italia nessun contagio», “Corriere della Sera”, sez. Cronache, 13/5/2013, p. 20)
  • Ma ho come l’idea che il virus corona ci cambierà per sempre, economicamente e socialmente, come non è riuscito al terrorismo politico, allo shock petrolifero, all’islamismo radicale, alla crisi finanziaria. Credo che il corona segnerà il nostro tempo come la spagnola o la poliomelite o la guerra hanno temprato le generazioni precedenti. (Christian Rocca, Il corona non è solo un virus, è l’inizio di una nuova èra, Linkiesta.it, 13/3/2020)
Sara Giovine

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30 aprile 2020


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