Ambito d'uso: sociologia, media, filosofia, letteratura, antropologia
Ambito d'origine: filosofia, antropologia, sociologia
Categoria grammaticale:
sost. f. (con pl. restanze)
Atteggiamento di chi, nonostante le difficoltà e sulla spinta del desiderio, resta nella propria terra d’origine, con intenti propositivi e iniziative di rinnovamento
Nome astratto derivato da restante, participio presente del verbo restare, con l’aggiunta del suffisso -(z)a dei nomi di qualità (come in erranza, militanza, predominanza). Probabile l’influsso del francese restance (da résistance con eliminazione di -si-), parola attribuita al filosofo francese Jacques Derrida nel significato di ‘resistenza psicoanalitica’ (in Résistances de la psychanalyse, 1999).
2011
“La restanza. L’essere rimasto, né atto di debolezza né atto di coraggio, è un dato di fatto, una condizione. Può diventare un modo di essere, una vocazione, se vissuto senza sudditanza, senza soggezione, ma anche senza boria, senza compiacimento, senza angustie e chiusure, con un’attitudine all’inquietudine e all’interrogazione. […] L’avventura del restare – la fatica, l’asprezza, la bellezza, l’etica della restanza – non è meno decisiva e fondante dell’avventura del viaggiare. Le due avventure sono complementari, vanno colte e narrate insieme.” (Vito Teti, Pietre di pane. Un’antropologia del restare, Quodlibet, 2011, pp. 21-22)
Periodo di affermazione:
2018-2021
Nessuna
Vocabolario Treccani online, Neologismi 2017
Diffusione al: 9 novembre 2022
[i risultati comprendono le occorrenze in cui restanza ha il significato antico di ‘rimanenza, resto’]
Google (pp. in it.): restanza 21.400 r.
Google libri: restanza 10.100 r.
“Corriere della Sera”, Archivio storico (al 29/09/2022): restanza 18 r. (1 nel 1991; 2 nel 2019; 2 nel 2020; 2 nel 2021; 7 nel 2022)
“la Repubblica” (al 29/09/2022): restanza 31 r. (p.a. 2011); 5 fino al 2012, 1 nel 2018; 9 nel 2019; 5 nel 2020; 7 nel 2021; 13 nel 2022
“La Stampa”, Archivio moderno (al 29/09/2022): 3 r. (1 nel 2019; 1 nel 2021; 1 nel 2022); sito 6 r. (tra 2019 e 2020)
La parola restanza, derivata dal participio presente restante con aggiunta del suffisso -(z)a – forma non nuova per l’italiano, in cui è attestata fin dal Trecento nel significato di ‘ciò che avanza, rimanenza, resto’ (cfr. GDLI, s.v.) – presenta un recupero novecentesco nel termine corrispondente francese restance (sulla base di résistence) impiegato dal filosofo Jacques Derrida nel significato di ‘resistenza psicoanalitica’ (in Résistances de la psychanalyse, 1999) ed è riemersa in italiano da qualche anno in una nuova accezione per riferirsi all’‘atteggiamento di chi, nonostante le difficoltà e sulla spinta del desiderio, resta nella propria terra d’origine, con intenti propositivi e iniziative di rinnovamento’, un insieme di resistenza e resilienza di tenacia e flessibilità nell’affrontare le difficoltà. In questa nuova accezione è stata utilizzata per la prima volta dall’antropologo calabrese Vito Teti nel suo libro Pietre di pane. Un’antropologia del restare (Quodlibet, 2011): qui il concetto di restanza è correlato a quello di erranza e l’avventura del viaggiare è intesa come complementare a quella del restare.
Lo stesso studioso ha continuato ad approfondire la dimensione della restanza, fino a dedicarle il recente volume La restanza (Einaudi, 2022), ma in questo decennio il termine ha cominciato a diffondersi anche in testi non specialistici e a essere meglio conosciuto e inteso. Di restanza parla molto anche lo scrittore siciliano Roberto Alajmo che aveva trattato il tema del restare nel suo romanzo Palermo è una cipolla (Laterza, 2012), collegando il termine restanza ad altri consonanti come arrivanza e tornanza. Già nel 2012 la parola era presente, sebbene con una sfumatura semantica non del tutto sovrapponibile a quella teorizzata da Teti (e questa discrepanza è stata anche oggetto di discussioni sulla stampa), nelle Considerazioni generali di Giuseppe De Rita sul 46° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese del Censis: una collocazione che ha garantito alla parola citazioni e quindi rilanci sui mezzi di informazione e una circolazione fuori dall’ambito specifico degli studi antropologici. Nel 2017 restanza viene inserita nel sito della Treccani tra i neologismi come termine dell’antropologia e, negli anni immediatamente successivi, tra il 2018 e il 2021, possiamo collocare il periodo di affermazione della parola. Grazie alla teorizzazione di Teti la restanza comincia a emergere come tema narrativo, di rappresentazione e di impegno sociale e politico: nel 2018 il premio Strega è assegnato al romanzo di Marco Balzano Resto qui che ha come protagonisti due altoatesini radicati in un paesino spazzato via dalla storia; molte sono le sperimentazioni di ripopolamento di aree in abbandono al sud, ma anche in zone isolate e montane; nascono associazioni, progetti e festival per il turismo responsabile; nel 2020 esce il libro di Savino Monterisi Cronache della restanza (Riccardo Condò Editore) e lo stesso autore apre un blog che raccoglie pubblicazioni, iniziative, eventi dedicati all’antropologia del restare. Nel 2021 Alessandra Coppola presenta al Torino Film Festival il documentario La restanza, dedicato ad alcuni giovani salentini (di Castiglione d’Otranto) che rifiutano la fuga come soluzione ai problemi economici e, recuperando colture di grani antichi, sviluppano una nuova economia in piccola scala e trasformano Castiglione nel “paese della restanza”.
Un nuovo concetto quindi che si è materializzato nella ridefinizione della parola restanza, ma soprattutto in nuovi progetti concreti vòlti ad arginare lo spopolamento di alcune aree del nostro Paese e a rilanciare economie sostenibili e possibilità di futuro. La tendenza a reagire positivamente a emergenze ambientali, sociali e climatiche sembra promettere la diffusione sempre più ampia di tali esperienze e ciò non può che favorire la circolazione della parola e il suo potenziale radicamento nel lessico comune.
11 gennaio 2023
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Avvisiamo i visitatori che, a causa dei lavori di restauro in corso nella sede dell'Accademia, l'accesso alla villa di Castello è momentaneamente spostato al civico 48.