Sono arrivate alla redazione alcune domande sull’uso del superlativo molto possibile.
Le domande di alcuni lettori che chiedono chiarimenti sulla liceità di usare la forma di superlativo molto possibile ci ricollegano a un argomento affine su cui siamo intervenuti tempo fa, relativo al superlativo di aggettivi che per il loro significato primario non dovrebbero averlo.
In questo caso, con possibile, siamo di fronte da un lato a una opacizzazione del significato primario dell’aggettivo, e dall’altro alla tendenza generale all’intensificazione, molto attiva nell’italiano contemporaneo. Spieghiamo meglio entrambe le ragioni. Il significato dell’aggettivo possibile è “che può accadere o verificarsi” (Zingarelli), e riporta dunque a un’opposizione precisa tra due poli semantici: da una parte ‘che può accadere’ = possibile, dall’altra ‘che non può accadere’ = non possibile, che possiamo esemplificare con frasi come queste: “il cielo è pieno di nuvole, quindi la pioggia è possibile”, e “il cielo è completamente sereno, quindi la pioggia è impossibile” (cioè ‘non possibile’). Non c’è una gradualità tra questi due opposti semantici, gradualità che sarebbe riflessa da espressioni come poco possibile, un po’ possibile, molto possibile, ecc. Infatti, possibile differisce semanticamente da probabile, che invece ha la gradualità nel suo significato (“che si ritiene altamente possibile che accada o sia accaduto, pur non essendo certo; che si ritiene fortemente verosimile, pur non avendo la certezza che sia vero”, Sabatini-Coletti): poco probabile, molto probabile, abbastanza probabile, ecc. sono, infatti, comuni e del tutto normali. L’opacizzazione semantica di possibile a cui facevamo cenno poco sopra si riferisce proprio alla sovrapposizione tra i due aggettivi, o meglio all’avvicinamento di possibile a probabile, per cui quando si dice o si scrive è molto possibile si intende è molto probabile.
Prima di passare alla seconda delle ragioni che stanno alla base della progressiva estensione della forma molto possibile, fermiamoci un momento sul concetto di graduabilità semantica degli aggettivi, un concetto molto importante, e fondamentale nel campo della gradazione degli aggettivi, distinti, come ben si sa, nei tre gradi del positivo, del comparativo e del superlativo. La grammatica ci dice che esiste una vasta categoria di aggettivi non graduabili, che non possono avere il grado comparativo e il grado superlativo: aggettivi che contengono già il significato superlativo (eccezionale, colossale, divino, e anche perfetto, eccellente di cui abbiamo parlato qui), aggettivi di relazione, derivati da nomi (come iniziale, teatrale, sanguigno, paesano, folcloristico) e aggettivi che hanno “un significato assolutamente preciso, specifico […] e perciò non vengono usati quasi mai al superlativo” (Dardano-Trifone 1997, 6.2.5). La precisazione “quasi mai” lascia aperta la via a un uso comparativo e superlativo di quest’ultima categoria di aggettivi, di cui possibile, anche se le grammatiche non lo citano, dovrebbe far parte, in quanto dotato di un significato, appunto, preciso e specifico: se tali aggettivi non graduabili sono sottoposti a una modificazione del significato originario, possono avere comparativo e superlativo («Se l’A[ggettivo] non è usato come argomentale o di relazione, oppure se viene per così dire “ricategorizzato” come graduabile, può anche essere usato all’elativo o al comparativo: ad es. Quello è un tipo molto sanguigno, Ha avuto un atteggiamento più teatrale del necessario, Vuole mostrarsi italianissimo»; Giampaolo Salvi, Laura Vanelli, Nuova grammatica italiana, Bologna, il Mulino, 2004, 3.2.1, p. 171). Possibile, dunque, stando a questa precisazione di ordine semantico-grammaticale, “ricategorizzato” o modificato nel suo significato, può diventare graduabile e avere comparativo e superlativo. Va osservato però che nei dizionari dell’uso al significato primario di possibile ‘che può accadere o verificarsi’, si aggiungono soltanto l’accezione, marcata come familiare, ‘accettabile, tollerabile’, e l’equivalenza con probabile nelle risposte a una domanda: «in risposte interlocutorie assume spesso il valore di “probabile”: “Credi che accetterà?” “Possibile”» (Sabatini-Coletti): l’intercambiabilità tra probabile e possibile viene dunque, dalla generalità dei dizionari, ristretta a questo caso, come risposta monoverbale a una domanda.
Ma riteniamo che la ragione decisiva che porta all’uso della forma superlativa molto possibile sia la tendenza, tanto forte nell’italiano dei nostri giorni, all’intensificazione di aggettivi, avverbi, nomi, nel segno di quella enfatizzazione generalizzata del linguaggio che ha come conseguenza prima l’opacizzazione e l’indebolimento del significato di molte parole: una tendenza che trova nei media e nella lingua dei giovani due spinte molto potenti. Vi rientrano l’uso enfatizzato di aggettivi inflazionati come straordinario, meraviglioso, incredibile, usati come sinonimi dei più semplici bello o bellissimo, interessante e altri secondo il contesto, e quindi opacizzati rispetto ai loro rispettivi significati propri; vi rientra l’abuso di prefissi elativi come stra-, super-, arci-; vi rientra l’abuso di avverbi (molto, assai, davvero, veramente, proprio, ecc.) funzionali all’intensificazione del significato degli aggettivi. Caso, quest’ultimo, che si verifica appunto nell’espressione di cui stiamo discorrendo, molto possibile.
La sua crescita nell’uso recente è documentata da una rapida indagine nella rete con il facile strumento della ricerca avanzata di Google libri. Di fronte alla presenza di alcune centinaia (916) di casi nel cinquantennio 1930-1980, il (quasi) cinquantennio successivo 1980-2024 ne documenta quattro volte tanti (3.800): fatte salve le riserve di fronte a dati grezzi e altamente imprecisi, che per una ricerca specifica andrebbero sottoposti a verifiche, ne emerge comunque la documentazione di un aumento molto considerevole nel tempo, a confermare quella tendenza all’intensificazione a cui abbiamo appena accennato.
In conclusione, dopo aver messo sul tappeto alcune considerazioni linguistiche, anche riferendoci a grammatiche e vocabolari, e alcuni dati relativi all’uso, che cosa rispondiamo ai lettori che ci chiedono se è accettabile l’espressione molto possibile? Non si può considerare scorretta, in assoluto: anche per aggettivi non graduabili di vario tipo, a partire da quelli di relazione, la lingua, nelle sue infinite pieghe e negli intrecci, bellissimi, tra grammatica e lessico, offre continui e non categorizzabili esempi di allontanamento da indicazioni restrittive: se guardiamo al superlativo di aggettivi che teoricamente non dovrebbero averlo, troviamo da una parte i superlativi assoluti eccellentissimo, perfettissimo, ma non molto eccellente, molto perfetto) e dall’altra, al contrario, per altri aggettivi, molto teatrale, molto asiatico, ma non teatralissimo, asiaticissimo. Per possibile, comune e del tutto legittimo è il superlativo assoluto possibilissimo, ma davanti a molto possibile qualcuno può provare un senso di fastidio, giustificato dal significato non graduabile dell’aggettivo, mentre altri lo usano e lo trovano legittimo. Noi, pur non ritenendolo del tutto da escludere, pensiamo che nell’uso tanto parlato quanto soprattutto scritto, sia meglio preferirgli o il superlativo possibilissimo, più tipico, nella sua espressività, del parlato, o le forme in cui l’intensificazione dell’aggettivo siano affidate ad avverbi asseverativi come senz’altro, sicuramente, meglio che a molto, che porta con sé il senso della gradualità inadatto a possibile. Quindi meglio dire, e scrivere, “è senz’altro possibile” o “è sicuramente possibile” invece di “è molto possibile”.
Ilaria Bonomi
1 novembre 2024
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