Si può dire “non lo/la preferisco”, “a x gli preferisco y”, “il/la più preferito/a”, “preferire di più”? Preferire è un verbo servile? Che ausiliare richiede? È necessario che a preferire siano sempre associati due termini di paragone? Si usa seguito da preposizioni o senza? Qual è il contrario di preferire?
Preferire è un verbo transitivo che continua il latino praeferre, composto di prae- ‘pre-‘ e ferre ‘portare’; letteralmente ‘portare innanzi’. Come tutti i verbi transitivi attivi in italiano, ricorre all’ausiliare avere per formare i tempi composti. Come riporta il Vocabolario Treccani online, preferire significa:
anteporre (nella stima, nell’affetto, nella simpatia, nella valutazione dei vantaggi o dei piaceri che se ne possono trarre) una persona o una cosa a un’altra o ad altre; può riferirsi a un giudizio, a un gusto personale, anche abituale: p. l’estate all’inverno; p. la prosa alla poesia; preferisco in genere il vino rosso; oppure a una scelta particolare, assumendo in tal caso il sign. di scegliere di preferenza, volere piuttosto: nel concorso gli fu preferito un candidato con più titoli; preferisco la sconfitta che scendere a compromessi; preferì la morte al tradimento.
I più importanti dizionari dell’uso contemporaneo spiegano che preferire può essere usato: 1) con le preposizioni a e tra; 2) con l’infinito; 3) con che + congiuntivo. Vediamo alcuni esempi (di mia invenzione):
Casi come quello riportato al punto 2.3, che riguarda il campo semantico della volontà e prevede il ricorso all’infinito, potrebbero essere responsabili dei dubbi sulla natura servile di preferire (la frase, infatti, potrebbe essere tranquillamente resa come Volete ordinare la pizza o il sushi?). Si ricorda però che, secondo quel che si legge nelle principali grammatiche, si considerano verbi servili in italiano soltanto dovere, potere, volere (a cui occasionalmente si aggiungono anche solere, sapere ‘essere capace di’, desiderare, osare).
Per quanto riguarda il participio passato di preferire, preferito/a, questo è usato sia come aggettivo (la mia serie tv preferita) sia come nome, a indicare la persona prediletta, il pupillo (José è il preferito dell’allenatore). Essendo il suo significato ‘che è amato più di ogni altro’, esso ha valore di superlativo relativo; al pari dei comparativi suppletivi non necessita della costruzione analitica formata dall’avverbio più o meno, cioè l’aggettivo al grado comparativo, preceduto dall’articolo determinativo: in sostanza, così come non si può dire più/meno migliore o più/meno superiore, non si potrebbe dire neanche più/meno preferito (si veda la scheda della Consulenza linguistica curata da Raffaella Setti). Tuttavia, la forma risulta usata almeno da qualche secolo e tutt’oggi, come si può vedere da una ricerca su Google libri, che mostra risultati di il più preferito fin dal XIX secolo.
Anche nel caso di preferire di più (o maggiormente) sarebbe superfluo aggiungere l’avverbio, in quanto si tratta di anteporre un’opzione rispetto a tutte le altre; perciò non sono previste, in teoria, gradazioni sulla scala più/meno. Ciò nonostante, limitando la ricerca su Google alle pagine in italiano ci sono circa 100.000 risultati della forma “preferisco di più"; eccone alcuni:
Ottobre è uno dei mesi che preferisco di più (post di Marko Morciano su Instagram, 16/10/20).
Nonostante tutto, io lo preferisco di più in versione bacia salame. E tu? (post di Michele Sodano su Facebook, 20/01/20).
Ciò che preferisco di più del mio lavoro è che ci siano due livelli: […] (Mei, Rendere possibile il cambiamento e supportare il nostro business, danfoss.com).
La parte che preferisco di più sono in tre botti che segnano la fine, […] (Margherita Pasotto, La Festa del Redentore, hotelgiorgione.com).
In tutti questi casi preferire è usato come sinonimo di amare. Il verbo preferire, tuttavia, fa parte del campo semantico sì del gradimento, ma in un contesto di scelta, di selezione, a differenza dell’aggettivo e del nome preferito, che si prestano maggiormente a indicare genericamente l’apprezzamento. Una cosa o una persona preferite sono infatti entità che si amano o comunque sono oggetto di particolare gradimento: la mia maglietta preferita, il mio sport preferito, il mio gusto preferito ecc.; questo non è sempre vero nel caso in cui si preferisca una cosa rispetto ad un’altra, come nell’esempio citato sopra preferì la morte al tradimento: è evidente che la morte non è apprezzata di per sé, ma solo in confronto con il secondo termine. L’uso di “preferire di più” sembra dunque distaccarsi dal significato di eleggere, scegliere, anteporre nella scelta, in una tendenza legata all’analogia con gli altri verbi di gradimento: gradire, apprezzare, amare, piacere. Poiché questi ultimi verbi reggono di più, si può ipotizzare che forme quali amo di più, mi piace di più portino all’uso di preferisco di più.
Si veda il caso di cui si registra il maggior numero di risultati, “non lo preferisco” (24.800 r.). Ecco un esempio:
Giovanna Botteri, Gerry Scotti interviene “Un inviato incapace, non lo preferisco..” (Emanuela Rizzo, Giovanna Botteri, Gerry Scotti interviene “Un inviato incapace, non lo preferisco..”, controcopertina.com, 05/05/20).
Si noti che la forma in questione si trova solo nel titolo: nel testo dell’articolo, infatti, si dice correttamente: “Poi il conduttore avrebbe aggiunto di compatire quelli che dedicano tanto tempo al proprio aspetto ed ha concluso dicendo: ‘preferisco cento volte una Botteri spettinata, ma competente, a un inviato pettinatissimo, ma incapace’”. È chiaro, dunque, che ci sono due elementi tra cui esprimere una preferenza, Botteri e un generico inviato; nel titolo questa scelta si perde, lasciando intendere che Gerry Scotti semplicemente non apprezzi un inviato incapace. Merita ricordare che chi si occupa dei titoli è una persona diversa da chi scrive i pezzi, il che spiegherebbe un eventuale fraintendimento del significato inteso dall’autrice dell’articolo.
Un altro esempio, tratto dai 10.600 risultati di “non la preferisco” in rete, fa parte di una recensione:
La camera era ben pulita e spaziosa anche se la moquette non la preferisco (DomenicoC676, Un po' di gentilezza in più non guasterebbe......, tripadvisor.it, 27/10/20).
Anche in questo caso, il concetto si potrebbe esprimere con la frase “non mi piace/non gradisco la moquette”. Lo stesso dicasi per uno dei 9.280 risultati di “non li preferisco”, ancora all’interno di una recensione riguardante un modello di mutande lavabili, linguisticamente zoppicante anche a causa di un errore ortografico:
Io ho preso la confezione con diverse taglie. Ogniuno [sic] ha la propria.
I salvaslip non li preferisco (Vrizzi, risposta alla domanda come si richiede la taglia?, amazon.it, 23/02/20)
Infine, in rete si trovano 8.270 risultati di “non le preferisco”; eccone uno che fa parte, come il primo esempio, di un titolo:
Adozioni gay? Non le preferisco ma le difendo (Massimo Gagliardi, Adozioni gay? Non le preferisco ma le difendo, ilrestodelcarlino.it, 04/09/14).
Nel corpo dell’articolo si legge: “Quindi: preferisco l’adozione per le coppie etero. Ma difenderò anche quelle omo”. Anche in questo caso, si parla di una scelta tra due opzioni, di cui una è la preferita (che sia particolarmente gradita o meno non è un dato scontato: potrebbe anche essere che Gagliardi non ami le adozioni in generale, ma che consideri le adozioni da parte di coppie eterosessuali il “male minore”); il titolo invece sembra essere sbilanciato sul concetto di “non mi piacciono le adozioni gay” che sull’effettivo confronto.
Tirando le somme, il tipo “non lo/la/le/li preferisco” è usato in modo molto simile al tipo “non mi piace”. Se così fosse, perché allora non dire e scrivere semplicemente “non mi piace”? Un’ipotesi probabile è che in certi contesti dire “non mi piace” possa essere percepito come troppo netto e drastico; “non lo preferisco”, dunque, sarebbe un eufemismo a cui fare ricorso quando non si vuole dare una risposta brusca; un po’ come dire “non è che lo detesti, ma non mi fa impazzire”. Ad esempio, nello scambio di battute “Ti va un po’ di lattuga?” – “No, grazie: non la preferisco”, la forma svolgerebbe il ruolo di alleggerire il rifiuto. In questi casi si consiglia di usare espressioni quali, appunto, “non mi fa impazzire”, “non la amo particolarmente”, “non mi piace tanto”, o anche “non è la verdura che preferisco”, “preferisco la rucola”.
Infine, il Vocabolario Treccani online indica, come possibili contrari di preferire, escludere, rifiutare, scartare. La proposta è coerente: se preferire significa ‘eleggere escludendo tutte le altre opzioni’, il suo contrario sarà ‘escludere/rifiutare/scartare una tra le opzioni’. Lo Zingarelli 2021, invece, propone posporre, e in alcuni dizionari online si trova anche disprezzare (es. Sinonimi e contrari, sapere.virgilio.it, Dizy, dizy.com); in questi casi, i contrari indicati non sembrano efficaci; in particolare, disprezzare pertiene più all’àmbito del gradimento che a quello della scelta. Per esemplificare, si veda il caso in cui Valentina deve scegliere una torta per il suo compleanno. In pasticceria le hanno dato diverse opzioni.
Alcune delle frasi che possono esprimere un significato opposto sono:
Nella frase 4 si dice che a Valentina non è piaciuta la torta; nelle frasi 2 e 3, invece, si sa soltanto che ne ha scelta un’altra per motivi che non conosciamo e che possono riguardare altri aspetti (un’altra torta era più buona, più adatta all’evento, piaceva di più alle sue amiche, costava di meno ecc.). Solo queste due frasi, dunque, sembrano davvero adatte ad esprimere il contrario della frase 1, in cui non si dice esplicitamente nulla circa l’effettivo gradimento della torta da parte di Valentina.
Dalila Bachis
11 marzo 2022
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