Cometa

Qual è l'origine della parola cometa? Davvero una cometa apparve al tempo della nascita di Cristo?

Risposta

La parola cometa ha un percorso lineare e trasparente, che non solleva difficoltà: insieme a kómē ‘chioma, ‘capigliatura’ il latino aveva introdotto dal greco anche l’aggettivo derivato komḗtḗs ‘chiomato, crinito’, usato in astronomia per indicare un corpo celeste luminoso dotato di alone o di coda, aggettivo già sostantivato nei Meteōrologiká di Aristotele, il quale, più che a un corpo celeste, pensava però a un fenomeno luminoso; dal latino comētēs il termine è passato in italiano per trasmissione dotta come cometa, attestato a partire dalla Divina Commedia, dove nel XXIV canto del Paradiso le anime dei beati che formano una carola sono così descritte: “e quelle anime liete ∕ si fero spere sopra fissi poli ∕ fiammando forte a guisa di comete” (vv. 10-12).

L’aspetto interessante non sta nella parola, ma nell’oggetto che designa: la cometa è ormai un elemento indispensabile del presepio e quindi della rappresentazione iconografica della nascita di Gesù Cristo e questo fatto ne fa un oggetto di commento e di disputa come tutto ciò che riguarda un evento storico cruciale e al tempo stesso privo di documentazione sicura, che è stato assunto come riferimento cronologico per l’inizio della nostra era. È perciò necessario dotare la nostra esposizione di una breve premessa di carattere metodologico.

Gli storici che hanno trattato la figura di Gesù di Nazareth non hanno potuto fare a meno di esprimere valutazioni che risentono della loro impostazione ideologica. Come accade per la maggior parte della storia antica a causa della scarsità e dell’incertezza dei documenti diretti, sugli stessi eventi e sugli stessi personaggi capita di leggere affermazioni contrastanti e spesso inconciliabili, che si possono ricondurre a due atteggiamenti opposti: da un lato la critica scettica motivata dalle imprecisioni e dalle contraddizioni della tradizione, dall’altro l’intento di trovare argomenti in grado di integrare l’insufficienza della documentazione e conciliarne le contraddizioni.

L’apparizione della cometa è legata alla visita dei Re Magi, evento narrato nel Vangelo di Matteo (2, 1-12), dove i due capitoli iniziali espongono la genealogia di Gesù di Nazareth e le premesse della sua nascita a Betlemme; essi sono stati aggiunti al testo di Marco, che si considera ormai la stesura più antica del Vangelo, con due scopi ben precisi: mostrare la discendenza di Gesù da Davide e l’adempimento della profezia di Michea (5, 2), che annunciava la nascita a Betlemme di “colui che sarà dominatore in Israele”.

La concomitante apparizione di un ‘astro’ (così conviene tradurre il greco astḗr invece di ‘cometa’ come vedremo meglio più avanti) adempie anch’essa a una profezia, più vaga e remota, che fa parte dell’oracolo di Balaam (Numeri 24, 17), secondo cui “una stella sorgerà da Giacobbe e uno scettro si alzerà da Israele”, e completa il quadro con un elemento meraviglioso, che ricorre in occasione della nascita (o della morte) di personaggi straordinari anche al di fuori della Bibbia, come per es. per Mitridate e Giulio Cesare.

Finché si resta nei termini che si possono ricavare dalla storia interna della Bibbia, il quadro si presenta coerente. Le difficoltà nascono quando questo quadro si commisura coi dati della storia esterna. La prima difficoltà riguarda l’anno di nascita di Gesù, che dal monaco Dionigi il Piccolo (V-VI secolo) è stato fissato 753 anni dopo la fondazione di Roma ed è appunto a Dionigi che dobbiamo l’attuale criterio in base al quale si contano gli anni a partire dalla nascita di Cristo. Questo evento epocale si confronta con la data della morte di Erode il Grande, perché proprio il resoconto di Matteo la colloca a ridosso della visita dei Magi e della fuga in Egitto.

La storiografia moderna, pur con le immancabili controversie, ha stabilito con sufficiente certezza che la morte di Erode il Grande è avvenuta nell’anno 4 avanti Cristo e questo ci obbliga ad anticipare la Natività di almeno quattro anni e ad ammettere un errore di calcolo commesso da Dionigi il Piccolo nel fissare la cronologia. Resta però da verificare la veridicità storica dell’apparizione della cometa e della conseguente visita dei Magi.

Se l’astro di cui parla Matteo era una cometa, deve trattarsi di quella osservata e studiata nel suo passaggio del 1682 dall’astronomo inglese Edmond Halley e che da lui ha preso il nome; la sua orbita ellittica attraversa il sistema solare con una periodicità di circa settanta anni (l’approssimazione è dovuta al fatto che i campi gravitazionali dei pianeti possono influenzare in vario modo il suo percorso). Facendo i conti a ritroso, la cometa di Halley sarebbe apparsa nel cielo della Giudea nell’anno 12 avanti Cristo, una data troppo precoce per la Natività e del resto abbiamo già messo in evidenza il fatto che il testo di Matteo (2, 2) parla genericamente di un astro e dice letteralmente per bocca dei Magi: “abbiamo visto il suo astro in oriente”.

Viene da chiedersi, a questo punto, da dove nasce la tradizione della cometa e la risposta la troviamo nella storia dell’arte. Nel dipinto della Natività che si ammira ancora oggi a Padova nella cappella degli Scrovegni, sopra la stalla di Betlemme campeggia ben visibile una rappresentazione pittorica della cometa, che ha instaurato una vera e propria tradizione. Giotto, che lavorò al grande ciclo padovano dal 1305 al 1308, era stato poco prima testimone del passaggio della cometa di Halley, fra il 1301 e il 1302, che doveva aver lasciato su di lui un’impressione profonda; tanto più che il 1300, data del primo giubileo, era considerato un anno fatidico, in cui era stata preconizzata addirittura la fine del mondo.

E allora, se non la cometa, che cosa avevano visto i dotti astrologi, conoscendo la profezia che annunciava la venuta di un nuovo re, per muoversi verso la Giudea, unico regno vicino in cui era stata profetizzata una nascita regale? Qui ci viene in soccorso l’astronomo Giovanni Keplero, che in due opuscoli sulla nascita di Cristo pubblicati a Francoforte nel 1606 e nel 1614 avanzò l’ipotesi che il fenomeno luminoso inconsueto osservato dai Magi fosse provocato dall’allineamento, sotto i raggi del Sole, dei due pianeti maggiori Saturno e Giove; quest’insolita e vistosa congiunzione, secondo i calcoli, si verificò ripetutamente nell’anno 7 avanti Cristo.

L’ipotesi di Keplero ha incontrato l’approvazione di un gran numero di studiosi del Nuovo Testamento, che di conseguenza sono propensi ad anticipare la Natività al 7 avanti Cristo. Fra le varie ipotesi alternative di natura astronomica almeno due sono degne di attenzione: la prima si richiama a una nova (e in questo caso si tratterebbe proprio di una stella) registrata nell’anno 5 avanti Cristo da un trattato astronomico cinese, la seconda chiama in causa la congiunzione di Marte con Giove avvenuta nell’anno 2, che però obbligherebbe a ritardare la morte di Erode all’anno 1 avanti Cristo.

L’incertezza sulla data della Natività e la concorrenza di più ipotesi ha convinto i più scettici a optare per la soluzione estrema di negare la nascita di Gesù e a questo punto siamo fuori dai termini di una disputa storiografica. Per chi desiderasse approfondire la questione avvalendosi di un’esposizione ben documentata e argomentata si rinvia al bel libro di Giulio Firpo, Il problema cronologico della nascita di Gesù (Brescia, Paideia, 1983), che opta per la soluzione più equilibrata facendo riferimento alla morte di Erode il Grande e quindi all’anno 4 avanti Cristo.

Non saranno però le argomentazioni degli storici né le dispute teologiche a sconvolgere la rappresentazione iconografica della Natività, come non avrebbe senso il tentativo di una sua rigorosa ricostruzione filologica. Il presepio è insieme rievocazione e tradizione e in quanto tale si è fissato mettendo insieme elementi di provenienza eterogenea. Basti pensare alla sua origine, che risale a Francesco d’Assisi in una data ormai lontana dall’evento: anno di grazia 1223 nella località di Greccio, oggi in provincia di Rieti. A San Francesco dobbiamo la presenza del bue e dell’asinello, come a Giotto abbiamo attribuita la cometa, e altri elementi anacronistici si possono aggiungere alla stalla di Betlemme, alle figure dei pastori, al corredo dei Re Magi senza correre il rischio di commettere un’eresia o di compromettere l’autenticità della Natività.


Alberto Nocentini

23 dicembre 2022


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