Concluso il conclave, chiariamo alcuni dubbi sulla parola

Un lettore ci chiede quale sia la pronuncia di conclave, perché l’Intelligenza Artificiale da lui interrogata gli ha indicato come corretta quella con la ritrazione dell’accento sulla terz’ultima sillaba, cioè cònclave; altri tre lettori ci chiedono se il plurale del sostantivo sia conclave o conclavi.

Risposta

Tra le tendenze dell’italiano contemporaneo si segnalano sia la ritrazione dell’accento sulla terz’ultima sillaba invece che sulla penultima (con pronunce come àmaca per amàca, èdile per edìle, ecc.), sia l’invariabilità al plurale di nomi, specie maschili, terminanti al singolare in -o, -a, -e, che vanno così ad ampliare la classe degli invariabili, in cui rientrano già i nomi che terminano in -i (basti in questa sede il rinvio a Paolo D’Achille, L’italiano contemporaneo, 5a ed., Bologna, Il Mulino, 2025, pp. 101, 109-110). In questo quadro si potrebbero spiegare i dubbi espressi dai nostri lettori sulla parola conclàve, che negli ultimi mesi si è sentita e letta spesso, prima con riferimento al film Il Conclave diretto da Edward Berger (2024), ispirato all’omonimo romanzo di Robert Harris (2016), poi (e soprattutto) nelle settimane tra la scomparsa di Papa Francesco e l’elezione del nuovo papa Leone XIV. In realtà, però, le due questioni si pongono in termini un po’ diversi l’una dall’altra.

Diciamo subito che è da considerare certamente erronea la pronuncia cònclave, pur se indicata come corretta dall’Intelligenza Artificiale. L’indebita ritrazione dell’accento è forse spiegabile per analogia con parole come còncavo, còniuge, cònsole, cònsono.

Quanto al plurale, tutti i dizionari che, nelle edizioni cartacee o in rete, lo riportano (dal GRADIT al Sabatini-Coletti, dallo Zingarelli al Devoto-Oli) indicano esclusivamente la forma conclavi, che è poi quella “normale” per i nomi maschili e femminili che hanno al singolare la desinenza in -e. Questa è anche la forma più diffusa nel corpus testuale di Google libri: le occorrenze della stringa “i conclavi” sono costantemente e sensibilmente più numerose rispetto a “i conclave” dal 1800 ai nostri giorni, come risulta dal grafico di Ngram Viewer riportato qui sotto:


Se aggiungessimo che di conclave – che peraltro ricorre prevalentemente nell’espressione in conclave, in dipendenza da verbi come entrare, (rin)chiudere, ecc. – nella versione aggiornata e in rete del PTLLIN abbiamo 9 attestazioni tutte al singolare, e che lo stesso vale per le 11 attestazioni del DiaCORIS (a cui se ne affiancano 3 del plurale conclavi), il discorso potrebbe chiudersi qui. È vero, però, che non mancano esempi dell’uso di conclave come plurale in epoca contemporanea, né sulla stampa né in rete. Se nell’archivio del “Corriere sella Sera” si trovano solo 7 risultati della stringa “i conclave” rispetto ai ben 103 casi di “i conclavi”, nell’archivio della “Repubblica” la sequenza “i conclave” ha 12 attestazioni contro le 34 di “i conclavi”. La forma plurale conclave non sembra, effettivamente, troppo rara, come documentano queste recenti occorrenze in rete:

Tutti i conclave del ventesimo secolo si sono chiusi entro cinque giorni e, al massimo, quattordici scrutini. La più rapida fu l’elezione di Pio XII, in meno di 20 ore e al terzo scrutinio: era il 1939. (Davide Orsato, Conclave, alle 16 il nuovo scrutinio, attorno alle 19 la fumata (bianca o nera) e obbligatoria. E se manca il Papa, continuerà la reclusione, ilquotidiano.it, 8/5/2025)

Dal Medioevo alla contemporaneità: i conclave più emblematici (Miriam De Santis, Il Conclave, un’analisi della scelta del successore di Pietro, inpressmagazine.com, 7/5/2025)

I conclave fuori Roma raccontano una Chiesa in continua attività, adattabile alle difficoltà e alle instabili circostanze politiche e sociali. (alle instabili circostanze politiche e sociali. (Sara Boccolini, I luoghi del conclave fuori Roma: viaggio nei silenzi dove nasceva il Papa, siviaggia.it, 7/5/2015)

E le calunnie si erano rincorse e affastellate tra le navate, gli altari e persino i conclave, seminando oscure e raccapriccianti perplessità sulla moralità dei due religiosi. (Giacomo Toma, I razza strana, Firenze, GoWare, 2015, e-book)

Trattandosi di esempi recenti e recentissimi, questi plurali in -e si possono dunque far rientrare in quella tendenza all’invariabilità dei nomi ricordata all’inizio? Probabilmente no. Ci troviamo infatti di fronte a un termine cόlto, non adoperato con frequenza da persone di istruzione medio-bassa e per di più usato al plurale solo raramente (le citazioni sopra riportate riguardano infatti rapide ricostruzioni storiche).

Ora, dal punto di vista etimologico, conclave è un latinismo, come indica, per esempio, l’Etimologico: “dal lat. conclāve -is ‘luogo chiuso, stanza che si chiude a chiave’, der. di clāvis -is ‘chiave’ col pref. co(n)-”. È possibile però (come mi suggerisce l’amica Rita Librandi) che il nome – che in latino è di genere neutro e che quindi avrebbe il plurale conclavia, come viene ricordato da un nostro lettore, a cui corrisponde in italiano conclavi, così come animali e mari corrispondono ai plurali neutri latini animalia e maria – non sia percepito come un latinismo, ma venga interpretato come l’univerbazione, parzialmente adattata, dell’espressione latina cum clave ‘con la chiave’, in cui clave è l’ablativo di clave; ciò spiegherebbe l’invariabilità di conclave al plurale.

Se si esamina il termine sul piano storico, la situazione risulta ancora più curiosa. Il termine conclave fu usato in latino a partire dal 1216, con papa Onorio III, con riferimento alla modalità di elezione del nuovo pontefice da parte dei cardinali rinchiusi in un ambiente inaccessibile (dal Quattrocento nella Cappella Sistina); nelle prime tre attestazioni in volgare, che risalgono al Trecento e sono riportate nel TLIO, il nome ha la terminazione in -i, anche se è usato sempre al singolare, e probabilmente la -i si spiega a partire dal latino cum clavi (ThLL), sintagma che è documentato accanto al più corretto cum clave:

[1] Giovanni Villani, Nuova cronica (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. XII, cap. 21, vol. 3, pag. 64.5: Dopo la morte e sepoltura di papa Giovanni i cardinali, ch’erano allora XXIIII, e tutti ritrovandosi in Vignone, per lo siniscalco di Proenza del re Ruberto furo messi nel conclavi per bene guardati e distretti, a ciò che tosto facessono lezione di papa.

[2] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 3, cap. 44, vol. 1, pag. 378.12: Dopo la morte di papa Clemento sesto i cardinali rinchiusi in conclavi sentendo che · rre di Francia s’afrettava di venire a Vignone per avere papa a ssua volontà...

[3] Antonio Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 86, terz. 33, vol. 4, pag. 125: E poi appresso, dopo la suo morte, / dal Siniscalco dello Re Uberto, / che stringer li dovea a quella sorte, / di subito rinchiusi fur per certo / in Conclavi, per far nuova lezione / di Papa, il quale fosse savio, e sperto.

Negli ultimi due esempi il termine si trova dopo la preposizione in e altre 5 occorrenze di in conclavi si rinvengono nel corpus MIDia, in tre autori del primo Cinquecento come Baldassar Castiglione, Francesco Berni e Pietro Aretino (il quale, all’interno della Cortigiana del 1534, impiega il sintagma in senso esteso); invece, le 5 occorrenze di in conclave nel medesimo corpus sono tratte dal Ragionamento della Nanna e della Antonia (1534) dello stesso Pietro Aretino, da una lettera di Claudio Achillini del primo Seicento e dall’ottocentesco Il tempo del papa-re. Diario del principe don Agostino Chigi dall’anno 1830 al 1855. Che la forma conclavi sia stata anticamente usata anche come singolare è confermato da altri 2 esempi sempre di Castiglione e Berni:

io sto tutto il giorno alla guardia del conclavi, il che è un fastidio estremo (Baldassar Castiglione, Lettere)

per questo non volevan levar l’asse di quel conclavi (Francesco Berni, Rime)

Per il resto, il corpus MIDia raccoglie altre 8 occorrenze, variamente distribuite nel tempo, di conclave al singolare e una di conclavi al plurale.

La voce conclave del GDLI presenta numerosi esempi del singolare conclave e due di conclavi (uno di in conclavi, in Paolo Sarpi, e un altro, al plurale, in Manzoni), a cui va aggiunto un conchiavi singolare in Aretino (che probabilmente spiega la registrazione, subito dopo il lemma, di conchiave, indicata come variante antica, ma di fatto non documentata all’interno della voce e isolata nell’intero GDLI). Negli esempi riportati nelle altre entrate del dizionario, infatti, a parte pochi altri casi di in conclavi, troviamo sempre conclavi al plurale e conclave al singolare. Solo per queste due attestazioni, entrambe novecentesche, di conclave si potrebbe nutrire qualche dubbio:

‘Fumata’. Il ‘fumo’ scuro delle schede, bruciate con paglia umida, nelle elezioni dei pontefici (Conclave), è indice della non avvenuta elezione; invece il fumo bianco indica che l’elezione è avvenuta. (Alfredo Panzini, Dizionario moderno, Milano, Hoepli, 1950 [19051], p. 280)

Articoli per conclave, elezioni, crisi ministeriali e morte di regnanti. (Emilio Cecchi, L’osteria del cattivo tempo, Milano, Corbaccio, 1927, p. 17)

Solo a titolo di curiosità si può citare l’unico esempio di conclavi come femminile plurale che è stato reperito in Google libri grazie alla ricerca della stringa “le conclavi”, documentata in un passo di una lettera del 1564 scritta in italiano da un famoso banchiere e mercante tedesco:

Ogn’uno aspetta di viver tanto che possia vedere […] tanto desidiata promotione di cardinali novi. Io asp[etto] il concilio con la confirmatione in stampa, comme ancora le conclavi con le altre cose degne. (Wilhelm Maasen, Hans Jakob Fugger, 1516-1575. Ein Beitrag zur Geschichte des des XVI. Jahrhunderts, München-Freising, Datterer, 1922, p. 111)

In conclusione, si direbbe che anticamente l’italiano avesse adattato il nome neutro latino conclave come conclavi (maschile invariabile, in cui la -i al singolare è stata forse originata dall’uso in latino di cum clavi invece di cum clave). Tale forma ha resistito fino al Seicento; ma già dal Quattrocento era stata affiancata, al singolare, da conclave (forse inizialmente usata come un latinismo crudo, specie nell’espressione in conclave), che si è rapidamente imposta come unica forma di singolare; l’uso di conclave come plurale sembra invece un fatto recente, non documentato con certezza prima del 2000. Per secoli, infatti, stando alla documentazione disponibile, è stato usato unicamente il plurale conclavi, che è indicato concordemente come forma corretta dalla lessicografia e che è largamente prevalente anche nell’uso attuale.

Paolo D'Achille

12 maggio 2025


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