Riuniamo in un'unica scheda le risposte alle domande di Franco Di L., di Torino, che ci chiede se non sia meglio impiegare migliorabile in luogo di perfettibile, e a quelle di altri utenti sul rapporto che intercorre tra perfezionabile e perfettibile e le risposte alle richieste di Luisa Di M., che ci scrive dall'Austria e di Mario P., della provincia di Bari, intorno a quale si la differenza tra difettoso e difettato.
Se presenta qualche difetto si può sempre perfezionare
Difettoso o difettato?
L’aggettivo difettoso nella lingua italiana di oggi e dei secoli passati vale genericamente ‘che presenta dei difetti, delle imperfezioni, delle carenze’, in senso sia pratico (meccanismo difettoso), sia più generale, anche in riferimento, per esempio, a un organo o una funzione del corpo umano (vista difettosa), a una teoria, a un’affermazione, ecc. Può quindi essere impiegato per oggetti diversi che abbiano uno o più difetti. Difettato, participio passato del verbo difettare, che alcuni dizionari indicano come antiquato o raro, viene usato, in senso concreto, per un oggetto o un meccanismo che presenti imperfezioni; ne va sottolineata anche la presenza in alcuni dialetti (p.es. milanese difettàa).
Perfettibile o perfezionabile?
Mentre l’aggettivo migliorabile significa genericamente ‘che può essere migliorato’, perfettibile si riferisce alla possibilità di raggiungere la perfezione, in senso non tanto pratico quanto morale, politico, umano, ed è definibile come ‘atto a essere perfezionato’, ma anche ‘capace di attuare compiutamente le proprie possibilità di perfezione’. Non è quindi del tutto sovrapponibile a perfezionabile, che indica più genericamente ‘che può essere perfezionato’, ed è riferibile anche a una cosa o un oggetto, mentre perfettibile è più adatto per un’entità, un’istituzione o per l’uomo ("Sostengono come indubitato che l’uomo è perfettibile", Leopardi). Perfettibile esiste dal Cinquecento in funzione di sostantivo nel senso di ‘entità suscettibile di perfezionamento’, ed è passato alla funzione aggettivale tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento, nella scia del pensiero illuminista.
Oggi il termine è usato con una certa frequenza in ambito politico e giornalistico, con particolare riferimento a leggi e istituzioni.
11 dicembre 2015
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