In questa scheda si risponde a domande che riguardano l’aggettivo esigenziale e il verbo possibilitare e l’aggettivo possibilitato non registrati dalla lessicografia sincronica contemporanea.
Alcuni lettori chiedono lumi sull’aggettivo esigenziale, reperito in àmbito filosofico e introvabile sui dizionari. Effettivamente questo aggettivo appare ancora quasi del tutto privo di attestazioni lessicografiche, nei dizionari storici e dell’uso, se si eccettua la sua registrazione in Zingarelli 2025 “che riflette un’esigenza, una necessità”, come termine burocratico, datato al 1985, e nella sezione Neologismi della Treccani “relativo a un’esigenza, a una necessità”, con la data del 2018 e un’attestazione giornalistica (del 2013) in ambito burocratico. Ma una ricerca in rete ci offre qualche elemento sulla sua storia. L’archivio del “Corriere della Sera” riporta 8 occorrenze, a partire dal 1975, tutte in ambito burocratico in specifico riferimento alla normativa, nel significato appena citato, con l’eccezione di un caso in cui l’aggettivo esigenziale appare invece usato in luogo del più semplice esigente, caricato di una sfumatura semantica di compiaciuto quanto inopportuno accrescimento: “la destra è diventata, come la sinistra di una volta, esigenziale, declamatoria, ideologica” (Francesco Merlo, “Caro Martinazzoli, governa con noi”, “Corriere della Sera”, 15/1/1994). Ma la voce trova ampia attestazione in rete, sia nel corpus Coliweb (consultato attraverso la Stazione lessicografica dell’Accademia della Crusca), sia in Google libri attraverso la ricerca avanzata, che presenta risultati sicuramente interessanti sulla datazione della voce e la sua evoluzione semantica e di impiego. L’aggettivo esigenziale compare già ai primi del ’900, e fino a metà secolo conta qualche decina di esempi, prevalentemente tratti da testi di ambito filosofico (manualistica, o autori minori) o, meno, di ambito giuridico o vario. Il suo uso conosce un’impennata da metà secolo, passando a qualche migliaia di occorrenze, e restando ancora per qualche tempo proprio degli stessi ambiti, fino a quando, dal 1980 circa, acquisisce una specializzazione d’uso nel settore dell’edilizia, dell’architettura e dell’urbanistica, con particolare riferimento alla normativa degli appalti, quindi con forte risvolto burocratico, ricorrendo soprattutto nella polirematica quadro esigenziale. Si veda in particolare la sua presenza in un testo ufficiale del 2023, “Il nuovo codice degli appalti, d.lgs. 36/2023”, che introduce il “Quadro Esigenziale (QE), un documento che rappresenta le esigenze, gli obiettivi e i fabbisogni del committente nel suo contesto sociale ed economico. Il quadro esigenziale, abbreviato QE, è un documento che viene redatto e approvato nella fase che precede la programmazione dell'intervento oggetto dell’appalto ed evidenzia gli obiettivi generali da perseguire attraverso la realizzazione dell'intervento” (Quadro esigenziale nel nuovo codice degli appalti: cosa c’è da sapere, studiocapparelli.it, 27/2/2024).
Esigenziale appartiene agli aggettivi, come emergenziale, consulenziale, derivati da sostantivi attraverso il suffisso -iale, variante del più consueto -ale, (si vedano le schede di Anna M. Thornton, e, per -ale, di Paolo D’Achille su questo sito). Il sostantivo emergenza, alla sua base, risale al XVII secolo. La fortuna del suffisso aggettivale -ale/-iale nell’italiano contemporaneo è certamente dovuta anche all’influsso della lingua inglese, che possiede molti aggettivi in -al, ma non nel nostro caso.
Le modalità di formazione dell’aggettivo esigenziale e anche la sua storia, documentata soprattutto nel web, inducono a considerarne del tutto legittimo l’uso, e a prevederne una maggiore attenzione lessicografica in un prossimo futuro.
La seconda voce su cui diversi lettori ci hanno scritto, chiedendo un intervento dell’Accademia sulla sua ammissibilità, è possibilitare/possibilitato, di cui un lettore si spinge a proporre la piena legittimazione, in forza della sua utilità. Chiariamo subito che non si tratta di un neologismo, ma di una parola documentata dal XIX secolo: non registrata dai dizionari dell’uso, la troviamo sul GDLI, il Grande dizionario della lingua italiana, che lemmatizza possibilitare (“1. Fare sì che qualcosa possa essere o avvenire; 2. Rendere fattibile, attuabile, praticabile; 3. Mettere in condizione di fare qualcosa”) come parola disusata, portando le attestazioni ottocentesche di Silvio Spaventa e Vincenzo Gioberti. A questa importante documentazione possiamo aggiungere i risultati di una breve verifica in rete con la funzione di ricerca in Google, che attesta possibilitare come parola di modestissima diffusione sia nell’Ottocento, sia nel Novecento, sia negli ultimi decenni (che non mostrano un incremento) in contesti diversi, forse con una prevalenza nell’ambito filosofico, secondo una tendenza rilevata dal lettore che ne sostiene la legittimazione. Scarsissima, inoltre, la documentazione giornalistica: il “Corriere della Sera” presenta due occorrenze di possibilitare (1906 e 1981) e qualche esempio in più di possibilitato, ma, si noti la curiosità linguistica e testuale, in telegrammi, come p. es. “Nessuno di noi possibilitato essere presente” (“Corriere d’Informazione” 17/1/1966).
Con possibilitare siamo dunque di fronte a una parola non nuova, che ha avuto e ha tuttora un uso limitato, come conferma la sua scarsissima documentazione, ma non veramente disusata, dato che è tuttora viva. Avremmo però dei dubbi su una sua effettiva utilità e sull’opportunità di sostenerne l’uso, data la sua storia e la sua stentata vitalità e soprattutto considerando che il suo significato è lo stesso della più comune locuzione verbale rendere possibile. Forse, qualche possibilità in più di affermazione, in alternativa a rendere possibile, potrà avere, con lo stesso significato, possibilizzare, formata con il suffisso verbale -izzare di grande produttività nell’italiano contemporaneo. Possibilizzare e possibilizzato sono documentati dal 1989 nel secondo supplemento del GRADIT Nuove parole (2007). Riteniamo comunque che, rispetto a esigenziale dotato di una certa fortuna in ambito settoriale, possibilizzare e ancora più possibilitare come parole della lingua comune, prive di specializzazione semantica, abbiano una debole forza propulsiva rispetto all’equivalente rendere possibile.
Ilaria Bonomi
5 maggio 2025
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