Esiste l’aggettivo muccato? I derivati in -ato da nomi di animali.

I nostri lettori si chiedono se, tra i vari aggettivi derivati da nomi di animali, sia corretto utilizzare anche muccato.

Risposta

Muccato è un aggettivo di somiglianza: si riferisce, cioè, al nome a cui si accompagna, che possiede una qualità specifica, tipica del nome da cui l’aggettivo stesso deriva (il referente: Ulrich Wandruszka, Aggettivi di relazione, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 382-402: p. 394). In questo caso specifico, il referente dell’aggettivo è il mantello dell’animale dal cui nome deriva, mucca, e può determinare, quindi, un’entità che possegga ampie macchie di colori contrastanti simili a quelle del mantello bovino. Tra gli aggettivi di somiglianza figurano, in generale, molti cromonimi, che nascono spesso in relazione a un colore attribuito per antonomasia a un ente inanimato o a un animale. Per la costruzione di questi aggettivi derivati da nomi sono disponibili in italiano diversi suffissi, come -eo (ferreo), -ino (corvino), -astro (olivastro) e lo stesso -ato, che forma cromonimi come ambrato, ramato, rosato, violato, perlato e tutta una serie di aggettivi derivati da nomi di animali, come leopardato, ghepardato, zebrato, tigrato, pitonato, tartarugato, tutti registrati nelle fonti lessicografiche dell’uso contemporaneo (GRADIT, Zingarelli 2024, Devoto-Oli 2024). Si ricordino, infine, anche l’ormai obsoleto leonato/lionato (che nel Cinquecento è stato uno dei termini più usati per indicare il marrone, quando ancora questo cromonimo, derivato dal francese nel Settecento, non era presente in italiano: cfr. Paolo D’Achille, Maria Grossmann, I termini di colore nell’area BRUNO-MARRONE in italiano: sincronia e diacronia, “Lingua e stile” LII/2017, pp. 87-115) e il letterario tortorato. Diversamente da questi ultimi due aggettivi, che indicano propriamente una sfumatura di colore specifica (il primo un marrone rossiccio, il secondo un beige grigiastro), tutti i termini citati che fanno riferimento a mantelli di animali indicano piuttosto un disegno ricorrente, tipico del pelame, che certo può essere del colore caratteristico, ma che può assumere, nelle riproduzioni artificiali in tessuti o stampe, anche altri colori. Infatti, i derivati in -ato possono formare, insieme a un altro cromonimo, anteposto o anche posposto, composti non univerbati aggettivo + aggettivo, nei quali l’aggettivo in -ato indica la trama, il disegno che caratterizza l’oggetto, mentre il cromonimo definisce il colore assunto dal disegno:

X me era perfetto: Total black sotto con sopra chiodo pitonato giallo, capello lungo selvaggio, barba incolta...ok ora mi butto (Post su X del 4 luglio 2019)

«Siamo venuti il prima possibile» si affretta a dire l’ultima donna che, con il suo imponente cappotto viola leopardato, sovrasta tutti gli altri (Chaira Buccelli, Amor vincit omnia, Roma, Albatros, 2021)

Così mi consegnarono un morbido batuffolo grigio tigrato dalle unghiette affilate che chiamai Minou (Maria Cristina Bellini, I miracoli dei gatti, Lecce, Youcanprint, 2023)

Ciò detto, va notato che, tra i vari termini che definiscono il disegno di una decorazione stampata ispirata al mantello di un animale, nei dizionari non si trova muccato, cosa di cui i nostri lettori si stupiscono: l’aggettivo è formato, come abbiamo sottolineato, attraverso un corretto e produttivo tipo di suffissazione italiano e rientra in una lista piuttosto nutrita di aggettivi simili. Infatti, sebbene le fonti lessicografiche non lo registrino, l’aggettivo risulta oggi piuttosto diffuso. La prima attestazione reperibile si trova nel quotidiano “La Stampa” e risale al 2002:

Tutt’uno con la sua giacca muccata sale sul palco insieme al suo gruppo […]. (Tiziana Platzer, Pioggia e cavoli su Sanscemo, “La Stampa”, 12/5/2002, p. 49)

Da allora in poi si trovano attestazioni anche in romanzi contemporanei presenti in Google libri (“Poi scoppia in una risata e lo prende di nuovo per mano, accompagnandolo sul divano muccato che prende metà del salone”; Nicolò Favaro, Fame, Milano, Delos Digital, 2024), ma la maggior diffusione del termine si riscontra in rete (Google restituisce 31.900 r. solo per il maschile singolare) soprattutto a partire dagli anni Dieci del Duemila. Riportiamo alcuni esempi, da siti di vendita, blog o social network:

Cappotto muccato, chiusura sul davanti, maniche lunghe, tasche laterali, lunghezza regolare, vestibilità comoda (dal sito commerciale del marchio Subdued)

Buongiorno da me e dal mio cappello muccato (Post su X del 27/8/2021)

Saluti da un Mahmood tutto muccato (Post su X del 7 febbraio 2024 – l’aggettivo è riferito alla pelliccia indossata dal cantante)

L’aggettivo sembra peraltro aver fatto breccia anche nel lessico tecnico della moda, vista la sua presenza in riviste di settore pubblicate online:

Ci sono il leopardato, il muccato e lo zebrato, le stampe fotografiche, tanti, tantissimi toni neutri, la doppia vita che svela un dettaglio sartoriale, la scritta why they killed Bambi (un remind alla scelta fur free del marchio). (Federica Salto, Il nuovo Burberry firmato Riccardo Tisci chiude la London Fashion Week, «Io donna», 17/9/2018)

Vi abbiamo già raccontato del grande ritorno del maculato (zebrato, o muccato che sia) per quanto riguarda capi statement del guardaroba invernale come il cappotto. (Lucrezia Malavolta, Collant animalier, non sono difficili da abbinare e questi look dell’inverno 2024 lo dimostrano, Vogue.it, 23/10/2024)

Come si può notare, muccato è spesso usato per determinare tessuti, capi di abbigliamento o accessori, ma si trova occasionalmente usato anche per altre categorie e all’interno di composti aggettivo in -ato + termine di colore (già notati sopra):

L’avreste mai detto? Quest’anno spopolano le Cow Nails, alternativa “muccata” alle classiche unghie animalier maculate e tartarugate che abbiamo sfoggiato nelle ultime stagioni. (Clio Zammatteo, Cow nails. Le unghie animalier autunno 2020 sono muccate, Cliomakeup blog, 20/10/2020)

Scrivendo scene angst [angoscianti] con la penna muccata rosa e pelosina. (Post su X del 1/2/2022)

Va inoltre ricordato che nel 2008 fece la sua prima apparizione, sul palco della nota trasmissione Zelig Off, il personaggio di fantasia Jonny Groove, interpretato da Giovanni Vernia. Tra le caratteristiche del personaggio, “tamarro” e amante della discoteca, c’erano degli appariscenti pantaloni muccati bianchi e neri, che (visto il successo che il personaggio ebbe all’epoca) potrebbero aver contribuito alla diffusione del termine utile a definirne la stampa.

Tra gli aggettivi di somiglianza derivati da nomi di animali, se ne trovano altri, oltre a muccato, non registrati dalla lessicografia, ma usati più o meno occasionalmente: giraffato ‘simile al manto della giraffa’ ha la sua prima attestazione, premesso a tre nomi di colore, nel 2000 (“Mise da zebra, minigonne in pelle e camiciole maculate, abitucci in giraffato rosa, giallo e verde”; Giovanna Cavalli, Il rosso di Valentino conquista Roma, “Corriere della Sera”, 20/7/2000, p. 20) e si ritrova tuttora nel linguaggio della moda e nei negozi in rete:

@supermercato...Cappotto leopardato. Stivali giraffati. Quando lo stile è un optional 0_0 (Post su X del 29/11/2010)

Un pezzo maculato, tigrato, zebrato o anche giraffato, aggiungerà ai vostri look street style un allure grintoso e riuscirà a rendere più interessante anche un outfit total black. (Italo Pantano, 6 lezioni di street style da Tokyo, Vogue.it, 27/10/2020)

Segnaliamo anche i due aggettivi derivati da rettili coccodrillato e serpentato (meno diffusi, però, dei precedenti muccato e giraffato): entrambi sono usati per determinare un oggetto su cui sia riprodotta per aspetto e/o per consistenza (nel caso di borse e accessori) la pelle di coccodrilli e serpenti:

Vorrei tanto qualcosa di serpentato/leopardato ma non si trova praticamente niente (Post su X del 4/9/2018)

Ho appena comprato un bucket hat coccodrillato? Sì (Post su X del 26/9/2020)

Laddove, invece, l’oggetto cui si fa riferimento sia costituito dalla pelle autentica di questi rettili, si utilizza il sintagma preposizionale di coccodrillo (borsa di coccodrillo) o di serpente (scarpe di serpente; cfr. GRADIT).

Un po’ diverso è, infine, il caso di agnellato, che, sebbene formato grazie allo stesso meccanismo derivativo da uno zoonimo, non indica, come i precedenti, il disegno tipico di un manto, ma piuttosto la sua tipologia e consistenza, in quanto riferito generalmente a tessuti sintetici che riproducono la pelliccia dell’agnello o animali simili.

Per rispondere ai nostri lettori, possiamo quindi affermare che l’aggettivo muccato si inserisce in un gruppo di termini derivati da zoonimi, che fanno riferimento alle macchie (ma non sempre al colore, che infatti nelle riproduzioni artificiali può variare) presenti per antonomasia sul manto degli animali dal cui nome derivano. Tali aggettivi sono costruiti secondo un meccanismo derivativo del tutto normale in italiano e, pertanto, non possono essere considerati errati. Sarà poi l’uso da parte dei parlanti a determinare la loro stabilizzazione nel corso del tempo (come sembra stia avvenendo almeno per muccato) e, conseguentemente, l’eventuale accoglimento nella lessicografia.



Elisa Altissimi

2 maggio 2025


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