Una classe liceale di Verona ci chiede il significato e l’origine della parola catfish nell’ambito dei social network.
Catfish significa letteralmente ‘pesce gatto’ (c’è anche la meno comune grafia univerbata pescegatto; il plurale più diffuso e corretto è pesci gatto o pescigatto). Abbiamo dunque una corrispondenza precisa tra inglese e italiano, con l’unica differenza che in inglese la testa del composto nome + nome occupa la seconda posizione (come avviene nelle altre lingue germaniche e anche in quelle classiche), mentre in italiano (come nelle altre lingue romanze) occupa la prima. Si tratta comunque di un pesce e non di un gatto; anzi, per la precisione, del pesce d’acqua dolce del genere Ittaluro (Ictalurus melas) diffuso in Europa, così chiamato perché presenta lunghi bargigli intorno alla bocca che ricordano i baffi dei gatti (la definizione è del GRADIT). In realtà, sembra che il pesce gatto sia stato importato in Europa dall’America solo all’inizio del Novecento e comunque esiste un pesce gatto americano distinto da quello “nostrano”.
Nel mondo dei social con catfish si indica una persona che costruisce in rete un proprio profilo fingendo di essere un’altra persona, prendendo un nome falso per burlare o truffare qualcuno o assumendo il nome di un altro utente e pubblicando come proprie le fotografie di questo, al fine di instaurare in rete rapporti amicali (a volte anche sentimentali) con una falsa identità. Nei dizionari italiani il termine ancora non è registrato; invece in inglese, oltre al nome catfish, esiste anche il verbo to catfish e il fenomeno è definito catfishing; sono documentate anche, se pure raramente, grafie come cat phishing e catphishing, che avvicinano la forma alla voce phishing, non troppo lontana sul piano semantico, presente anche in un dizionario italiano come lo Zingarelli 2019:
phishing [vc. ingl., che sta per fishing ‘pesca’, con sostituzione non insolita per i pirati elettronici, di f- con ph- ☼ 2004] tentativo di carpire, soprattutto attraverso messaggi di posta elettronica, dati e informazioni personali (codici di sicurezza, numeri di carta di credito, ecc.) da usare in truffe telematiche.
Alla diffusione del termine catfish ha certamente contribuito l’omonimo programma televisivo statunitense, che ha avuto in America sei edizioni dal 2012 al 2017 e che viene trasmesso da vari anni anche in Italia, con il sottotitolo False identità (l’edizione italiana è doppiata, non sottotitolata, e inserisce direttamente in italiano i messaggi in rete che nell’edizione originale americana sono ovviamente in inglese). I due conduttori del programma, su esplicita richiesta d’aiuto, vanno alla ricerca del catfish e, dopo averlo smascherato, cercano di consolare la persona delusa, di farle ottenere le scuse di chi l’ha ingannata e di favorire una riappacificazione. Alla base del programma c’è (come si legge nella apposita voce di Wikipedia) un docufilm del 2010, diretto da Henry Joosth, intitolato anch’esso Catfish, che affronta lo stesso tema. All’interno del film viene esplicitata la motivazione della scelta del nome, che chiama in causa l’ambiente statunitense della pesca. Riporto il testo che si legge appunto in Wikipedia (ripreso spesso in rete):
All’inizio si era soliti trasportare in nave i merluzzi direttamente dall’Alaska fino alla Cina. Li tenevano nelle vasche all’interno delle navi. Ma una volta raggiunta la Cina, la carne era insapore e ridotta in poltiglia. Così a un tipo venne l’idea di mettere nelle vasche dei merluzzi alcuni pesci gatto, così avrebbero tenuto i merluzzi agili. E ci sono quelle persone che nella vita reale sono pesci gatto, e riescono a tenerti sulle spine. Ti fanno fare delle domande, ti fanno riflettere, ti tengono sveglio. E io ringrazio Dio per il pesce gatto, perché sarebbe strano, noioso e deprimente se non ci fosse qualcuno che ci “mordesse le pinne”.
Di fronte a questa indicazione “ufficiale”, sarebbe forse azzardato nutrire dubbi e avanzare proposte diverse, anche se l’accostamento in una stessa vasca di un pesce d’acqua dolce come il pesce gatto e di un pesce d’acqua salata come il merluzzo suscita in me qualche perplessità. Ma confesso che non sono esperto di ittiologia, anche se mi sono occupato talvolta di ittionimia.
Tuttavia, si può rilevare anzitutto che catfish nel mondo angloamericano ha avuto varie onimizzazioni (cioè utilizzazioni come nome proprio) sconosciute al pesce gatto italiano: la voce di Wikipedia segnala, oltre al film e al programma televisivo appena ricordati, l’etichetta discografica britannica Catfish Records, i brani musicali così intitolati dei Four Tops (1976) e di Bob Dylan (1991), il fatto che un musicista e un giocatore di baseball statunitensi si chiamino rispettivamente Catfish Collins e Catfish Hunter, che Catfish sia anche il soprannome di un allenatore di calcio e pallacanestro (Milburn A. “Catfish” Smith) e, infine, che abbiano questo nome una montagna del New Jersey e un sottomarino americano, l’USS Catfish (SS-339). Non escluderei del tutto che ci sia un nesso tra l’uso figurato di catfish nei social network e uno o più di questi nomi propri.
Ciò premesso, una pista alternativa percorribile per spiegare la scelta del termine catfish nei social mi è stata offerta dalla lettura di un articolo di Mauro Chiatti, La pesca professionale nel lago di Bolsena e l’associazionismo cooperativo: il caso particolare della comunità martana, in Laghi e fiumi: nel folklore, nel lavoro, nella storia. Atti del XVII incontro, Museo delle tradizioni popolari di Canepina, 14-16 settembre 2018, a cura di Raffaela Manganiello, Roma, GB EditoriA [“Tra Arno e Tevere”, a cura del Gruppo interdisciplinare per lo studio della cultura tradizionale dell’Alto Lazio, 17], 2019, pp. 211-225, in cui a p. 212 si afferma, a proposito dei pesci del lago di Bolsena:
La presenza di molte specie, nel corso degli anni o dei secoli, si è fatta sempre più rara e alcune sono andate via via scomparendo [...]. Sul finire del XIX secolo e agli inizi del XX sono state immesse nuove specie: il coregone (Coregonus lavaretus) e il persico reale (Perca fluviatilis). Forse per errore o per casualità sono stati poi introdotti il carassio (Carassius carassius), il cosiddetto “boccalone” ovvero il persico trota (Micropterus salmoides), il persico sole (Lepomis gibbosus) e il pesce gatto (Ictalurus melas); specie queste ultime due che sono considerate infestanti poiché predano uova e avannotti di altri pesci limitando così la diffusione delle specie più pregiate.
Il pesce gatto è un predatore e la sua immissione “artificiale” (non solo nel lago laziale, ma anche in altri bacini d’acqua dolce italiani) ha provocato un’alterazione dell’equilibrio ecologico. Se la stessa cosa fosse avvenuta anche in America, questo sarebbe già un motivo sufficiente a spiegare perché nei social si indichi come catfish chi si impadronisce dell’identità di un altro e turba così i rapporti interpersonali nella rete, senza bisogno di ricorrere a una spiegazione “in positivo” (mi verrebbe da dire “buonista”) come quella offerta nel film.
Altrimenti, si potrebbe chiamare in causa semplicemente la “duplicità” semantica insita in composti nominali del genere (in cui il secondo elemento fa da apposizione al primo): il pesce gatto è un pesce che somiglia a un gatto, quindi potrebbe anche essere un pesce che si finge un gatto. Allora catfish potrebbe alludere all’esistenza di un’identità personale diversa da quella, più affascinante ma fasulla, che viene indicata nel profilo social.
24 dicembre 2019
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