In giro vs a giro

I signori D. F. (Massa e Cozzile, Pistoia), G. P. (Firenze), P. A. (Pontasserchio, Pisa), E. M. (Certaldo, Firenze), A. C. (Lucca) e, infine, M. F. (La Spezia) – quasi tutti toscani – chiedono se, a proposito delle due espressioni avverbiali in giro o a giro, sia meglio dire/scrivere andare in giro, lasciare in giro e esserci in giro oppure andare a giro, lasciare a giro, esserci a giro; Z. G. (che si definisce quale toscano “espatriato … a Milano”) riferisce che, a Milano appunto, gli viene fatto notare come “toscanismo” il suo dire vado a giro; così pure L. M. (Firenze) segnala che un suo amico bolognese la rimprovera, amabilmente, per il fatto che lei dice vado a giro con amici invece che vado in giro con amici essendo che, a orecchio felsineo, a giro suona come troppo “toscano” e poco “italiano”.

Risposta

Per entrare nel merito dei dubbi, tutti interessanti, rappresentati dai summenzionati/e lettori/lettrici, mi pare opportuno tratteggiare, in primo luogo e per sommi capi, il retroterra storico-linguistico delle due espressioni avverbiali muovendo da ciò che sta alla base dell’italiano giro: chiarirò quindi, in primo luogo (§ 1.), la vicenda dell’italiano giro; segnalerò poi (§ 1.1.) alcuni tra i principali usi. Successivamente (§ 1.2.) mi soffermerò sull’origine delle due forme avverbiali.

Tratterò quindi (§ 2.) dell’alternarsi delle due espressioni avverbiali in giro e a giro tenendo conto (§§ 2.1. e 2.2.) delle preposizioni italiane in vs. a quali esiti delle rispettive preposizioni latine in vs. ad e della parziale coincidenza dei loro semantismi (§ 2.3.). Delle due espressioni avverbiali in giro e a giro segnalerò poi (§§ 2.4., 2.4.1. e 2.4.2.) la loro vicenda storico-linguistica nell’italiano.
Concluderò (§ 3.) puntualizzando come l’espressione avverbiale a giro sia senz’altro da considerarsi come “minoritaria” e, parimenti, senz’altro marcata, arealmente, come tipicamente toscana.

1. Alla base dell’italiano giro sta il latino gȳrus (anche gīrus) ‘giro, circolo, cerchio, spira’ e anche, nel lessico dell’astronomia, ‘orbita’: il termine è prestito diretto dal greco γῦρος / gȳros, voce di origine indeuropea [< radice *gew- / *gu-] indicante la nozione di ‘curvo/curvato > tondo’: cfr. armeno kor ‘curvo, storto’, kuṙn ‘la schiena’; lettone gurni ‘le anche’; svedese kula ‘la caviglia’.

Il latino gȳrus era termine proprio del lessico settoriale dell’equitazione: indicava il volteggio, la corsa di cavalli in tondo; come tale, lo ritroviamo nel latino classico, ad esempio in Ovidio (Ars amatoria III, 384: in gyro ire coactus equus ‘cavallo costretto ad andare in tondo’); in Virgilio (Georgicon 3, 115: frena Lapithae gyrosque dedere impositi dorso ‘i Lapiti [sc. inventarono] i freni e, a cavalcioni sul dorso [sc. di cavalli], fecero evoluzioni’); in Tacito (Germania 6.3: nec [equi] variare gyros in morem nostrum docentur ‘né i cavalli [sc. tra i germani] vengono addestrati, come è nostro costume, a compiere evoluzioni’); e, per un uso traslato, proprio del lessico della retorica, gȳrus lo si ritrova anche in Cicerone (De Oratore 3, 70): ex ingenti oratorem campo in exiguum sane gyrum compellitis ‘costringete l’oratore da una vasta pianura in un maneggio davvero ristretto’. In ambito romanzo, il latino gȳrus continua, isolatamente, oltre che in italiano, anche in provenzale gir, spagnolo e portoghese giro, e in romeno gĭur.

1.1. L’italiano giro può indicare molte cose, ad esempio: la linea che limita uno spazio circolare (il giro delle mura); il movimento di un corpo intorno a un asse (il giro della Terra intorno al Sole; un giro di manovella; il giro del velodromo); il passeggiare, l’andare a zonzo (fare un giro in campagna; un giro turistico), una successione di azioni (un giro di telefonate); una corsa ciclistica su strada (il giro di Francia; il giro dei passi dolomitici); la cerchia di persone che appartengono a un determinato ambiente (il giro dei nostri amici; essere nel giro del cinema; quel ragazzo è in un brutto giro).

1.2. Alla base dell’espressione avverbiale italiana in giro stanno le antecedenti espressioni del latino in gȳrō e in gȳrum, altro essendo il destino della più rara espressione per gȳrum che sembra non continuare nelle lingue romanze.

Così, quanto a in gȳrō / in gȳrum, cfr. Virgilio, Aeneidos 7.379: [sc. turbo] / quem pueri magno in gȳrō vacua atria circum / intenti ludo exercent ‘una trottola, che i bambini, presi dal gioco, in gran giro sferzano’; quanto a in gȳrum, cfr. Cicerone, De Officiis 1.90: homines secundis rebus ecfrenatos […] tamquam in gȳrum rationis et doctrinae duci oportet ‘occorre che gli uomini resi arroganti da loro buona sorte siano ricondotti nel recinto della ragione e dell’educazione’; quanto a per gȳrum, cfr. Vulg. Interpr. Iosue, 10, 31 exercitu per gȳrum disposito ‘disposto l’esercito tutt’intorno’.

1.2.1. Alla base dell’espressione avverbiale a giro – toscanamente /aˈʤ:iro/ con raddoppiamento fonosintattico – va posta la forma *ad gȳrum, non attestata e quindi necessariamente ricostruita e da cui dipendono anche i verbi aggirare / aggirarsi.

2. In merito all’alternarsi tra le espressioni avverbiali in giro e a giro, è utile tenere presente la complessa vicenda dei semantismi delle preposizioni latine in (§ 2.1.) vs. ad (§ 2.2.) basi delle rispettive preposizioni italiane in (§ 2.1.2.) vs. a/ad (§ 2.2.1.)

2.1. La preposizione latina in + accusativo o ablativo appare caratterizzata da diversi valori semantici. Con accusativo: moto a luogo (meus introitus in urbem qui fuit?, Cicerone, Pro domo sua 75: ‘qual fu il mio ingresso in città?’; con ablativo: stato in luogo (quae in foro Syracusis gesta sunt, Cicerone, In Verrem 2.81: “gli avvenimenti che ebbero luogo nel foro, a Siracusa”); con accusativo: direzione (castra movet in Avernos versus, Cesare, De bello gallico 7.8.5: “muove gli accampamenti contro gli Avernii”); con ablativo: stato in luogo (in iugero Leontini agri, Cicerone, In Verrem, 3.112: “in un iugero, nel territorio di Lentini”); con accusativo: generica estensione temporale (vinum servare in vetustatem, Catone, De agri cultura 114.2: “conservare il vino fino a che non è invecchiato”); con ablativo: puntuale durata temporale (in consulatu tuo, Cicerone, Epistulae ad Familiares 4.1.1. ‘durante il tuo consolato’); con accusativo: dimensione (partem ultimam pontis in longitudimem pedum ducentorum rescindit, Cesare, De bello gallico 6, 29: “spezza l’ultima parte del ponte per una lunghezza di duecento piedi”); con ablativo: partitivo, per indicare ‘tra’ in un gruppo (Caesaris erat nomen in barbaris obscurius, Cesare, De bello civili 1.61.3: “il nome di Cesare era meno noto tra i barbari”); con accusativo: passaggio di stato (terra in aquam se vertit, Cicerone, De natura deorum, 3.31: “la terra si mutò in acqua”); con ablativo: circostanza o stato in cui si trova qualcuno o qualcosa. (in maximis meis doloribus, Cicerone, Epistulae ad Familiares 14.19: ‘nei miei estremi dolori’); con accusativo: il fine di un’azione (milites in praesidium missi, Livio 27.3.39 ‘soldati inviati a presidiare’); con ablativo: un dato, considerato causale (si tumultus in graviore annona metueretur, Svetonio, De vita duodecim Caesarum. Divus Augustus 25.2: ‘se si temevano disordini per una carestia’); con accusativo: l’effetto di una azione (in familiae luctum nupsit, Cicerone, pro Cluentio, 188 ‘si sposò gettando nel lutto una famiglia’); con ablativo: una sfumatura concessiva (paucissima in tam numerosa gente adulteria, Tacito, Germania 19.1: ‘pochissimi, pur trattandosi di una popolazione così numerosa, gli adulteri); con accusativo: modo (ornata lepide in peregrinum modum, Plauto, Persa 158: ‘vestita elegantemente alla moda esotica’; Sponsio quae in verba facta est?, Fest, 266L ‘in che termini è stata formulata la promessa?’; con ablativo introduceva una sfumatura limitativa (in salute communi maluit, Cicerone, Pro lege Manilia 56: ‘trattandosi di salute pubblica preferì’) o modale (non in ioco exprobanda est, Quintiliano, Institutiones oratoriae 6.3.29: ‘[l’oscenità] non deve essere rimproverata quando è sotto forma di scherzo)’.

2.1.2. In italiano la preposizione in (anche seguita eventualmente da articolo determinativo) indica molti e diversi valori: stato in luogo (io abito in Sicilia / lui risiede da anni nel quartiere); quantità/misura (siamo in cinque, danaro in quantità); moto a luogo (vado in centro città); modo/maniera (stare in ginocchio, essere in cattive condizioni); stima (avere in grande considerazione); mezzo/strumento (andare in motorino, scrivere in codice segreto / esprimersi nel dialetto locale); limitazione (laureato in matematica / ferrato nelle discipline umanistiche); materia (vaso in porcellana, tavolo in radica); complemento predicativo con riferimento alla funzione che qualcosa svolge (documento in originale, in copia conforme); tempo determinato (in ottobre / nell’anno 1985); tempo continuato (in pochi anni ha superato tutti, nei mesi invernali qui nevica molto); moto a luogo (scendere in pista, entrare nello studio); moto a luogo circoscritto (in città arrivano molti turisti, immergersi nelle acque del golfo); fine o scopo (attribuire in premio una medaglia d’oro).

2.2. La preposizione latina ad + accusativo era caratterizzata dai seguenti, principali valori: direzione/moto a luogo (aspice ad me, Plauto, Captivi 3,4,38: ‘guardami!’; ad Veios exercitus ductus est, Livio, Ab Urbe condita 5,19: ‘l’esercito fu condotto a Veio’); vicinanza (pugna ad Cannas, Livio, Ab Urbe condita 7,11: ‘la battaglia presso Canne’); stato in luogo (ad aedem ‘nel tempio’, ad me ‘a casa mia’); tempo (ad summam senectutem ‘fino all’estrema vecchiaia’; ad vesperum ‘alla sera’); destinazione, fine, scopo (ad praesidium relictus est, Livio, Ab Urbe condita 3,290: ‘fu lasciato a difesa’); conformità (ad hunc modum ‘in questo modo’); mezzo (ad unum gladii ictum, Orosio, 5,2: ‘con un sol colpo di spada’); approssimazione (ad viginti matronis accitis, Livio, Ab Urbe condita 8,18: ‘convocate circa venti matrone’).

2.2.1. Analoga ricchezza di valori è attestata in italiano sia nella preposizione semplice a/ad sia delle relative preposizioni articolate: stato in luogo (abito a Torino; sto ad Ascoli Piceno); nei toponimi a/ad: vicinanza/prossimità (Francavilla a mare, San Vito al Tagliamento; già in Dante Inf. IX 113-114: Sì come ad Arli, ove Rodano stagna, / sì come a Pola presso del Carnaro …); moto a luogo (torno a scuola; andò al capolinea); termine (portalo a lui, dallo al tuo amico); tempo (a mezzanotte, a giugno; al venire dell’estate); destinazione (abituato a grandi battaglie; pronto al gioco); scopo o fine (posto a guardia del ponte; attento allo scorrere del fiume); vantaggio o danno (a tuo merito, alla salute tua); attitudine (disposto a tutto, interessato alla causa); mezzo o strumento (andare a piedi, combattere all’arma bianca); causa (riconoscibile al movimento); modo o maniera (a occhi bassi, pantaloni a righe, acquistare a credito; spaghetti allo scoglio, bistecca ai ferri); peso o misura (correre a 100 Km all’ora, vendere al chilo); prezzo (l’ho venduto a 10 Euro; 50 Euro al quintale); limitazione (a mio vedere; alla prima impressione); pena (fu condannato a tre anni di carcere; rimase tre anni al 41bis).

Va poi ricordato che a/ad, dal punto di vista sintattico, può introdurre proposizioni aventi valore finale (corro a darti una mano), condizionale (ad essere onesti, questa cosa non va bene), temporale (al sentirlo parlare, si mise a ridere), causale (a rifletterci molto, perdi tempo), relativa con valore consecutivo (era rimasto solo lui a crederci); inoltre, a/ad e le relative forme articolate ricorrono in numerose locuzioni preposizionali (davanti a, al di là) e avverbiali (a poco a poco, a caso, a tamburo battente) e con valore distributivo (a tre a tre, sette alla volta).

2.3. A proposito delle preposizioni latine in e ad va segnalato come numerosi siano i casi di sovrapposizione dei loro semantismi: nell’indicare stato in luogo, moto a luogo, relazioni temporali, modo, fine: e come, parimenti, tale circostanza si ripresenti anche nel caso dei semantismi delle preposizioni italiane in e a/ad, che possono indicare stato in luogo, moto a luogo, modo/maniera, relazioni temporali, destinazione, limitazione.

2.4. Quanto all’espressione avverbiale in giro, essa è soprattutto frequente con i verbi (più o meno latamente) indicanti un moto o una relazione spaziale: andare in giro; essere in giro ‘girare, andare qua e là con o senza una meta o uno scopo determinati’: i miei amici vanno in giro per affari; non puoi andare in giro vestito così male. Analogamente: mandare, condurre, portare in giro; anche lasciare in giro; l’ho mandato in giro a cercare aiuto; Antonio mi ha portato in giro per negozi; i ragazzi hanno lasciato in giro tutti i loro giocattoli, ecc.

2.4.1. In tutta la vicenda storico-linguistica dell’italiano l’espressione avverbiale in giro ricorre in varie accezioni: per indicare un movimento rotatorio o circolare, in giro è già dell’italiano antico (Dante, Purg. 29, 121: “Tre donne in giro dalla destra rota / venian danzando”); con valore avverbiale indicante ‘alternativamente, a turno’ (Francesco Serdonati, Delle istorie di Genova, libri dodici d’Uberto Foglietta, tradotti, Genova, Bartoli, 1597, p. 335: “Mandarono tredici galèe in soccorso dell’armata; e perché non fu fato loro verun capitano, quel carico era amministrato da’ capitani delle galèe in giro”); con valore avverbiale indicante ‘torno torno, lungo il perimetro; in circolo, circolarmente’ (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, IV, 37: “A piè del monte han ritrovato il fesso, / e li scaglioni onde si monta in giro, / fin ch’alla porta del castel saliro”); nel valore di ‘nello spazio circostante, intorno; nei dintorni; qua e là’ (Melchiorre Cesarotti, Carritura, in Poesie di Ossian, in Opere scelte, a cura di Giuseppe Ortolani, Firenze, Le Monnier, 1946, II vol., p. 185: “Di Carritura ormai le porte schiudonsi, / la festa della conca in giro spargesi”; Giovanni Verga, Vagabondaggio [1887], in Tutte le novelle, Milano, Mondadori, 1943, vol. II, p. 26: “Si diceva che avesse più di un omicidio sulla sua coscienza, e a venti miglia in giro gli portavano rispetto”); nell’espressione ‘menare, mettere, portare in giro’ (Francesco Petrarca, Rime, CLXIV, v. 3: “Notte il carro stellato in giro mena”; Giuseppe Baretti, “La frusta letteraria”, p. 72 dell’ed. a cura di Luigi Piccioni, 2 voll., Bari, Laterza, 1932: “Meniamogli buono che vi sia un cielo che meni in giro le stelle fisse”); nella accezione di ‘accompagnare, inviare qua e là’ (Gino Capponi, Sulla dominazione dei Longobardi in Italia. Lettera al prof. Piero Capei, in Scritti editi ed inediti, a cura di Marco Tabarrini, Firenze, G. Barbera, 1877, p. 87: “I fiscali del re, mandati in giro per le provincie a raccogliere moneta”); nella accezione di ‘propagare, diffondere, divulgare’ (Dino Buzzati, Barnabo delle montagne - Il segreto del bosco vecchio, Milano, Garzanti, 1957 [I ed., 1933], p.155: “Era stato forse qualche boscaiolo […] a mettere in giro la voce”); nella accezione di ‘ostentare’ (Aldo Palazzeschi, Sorelle Materassi, Firenze, s. d. [I ed., 1934], p. 56: “Portavano in giro la straripante orgogliosità dei bei vent’anni”); nella accezione di ‘prendere in giro, canzonare, prendersi gioco, burlare’ (Bruno Cicognani, Il figurinaio, Firenze, Vallecchi, 1942 [I ed., 1920], p. 176: “Anche la mamma fin da principio lo aveva preso in giro”; Alberto Moravia, La noia, Milano, Bompiani, 1960, p. 43: “Non mi piace che tu prenda in giro le cose sacre”; Vasco Pratolini, Le ragazze di San Frediano, Firenze, Vallecchi, 1957 [I ed., 1949], p. 132: “È arrivato il momento in cui gli dovrò dire tutto, che non lo voglio e che l’ho preso in giro”); nella accezione di ‘andare intorno, a spasso; andare o essere lontano, fuori; visitare; mostrarsi in pubblico, farsi vedere dalla gente’ (Alessandro Manzoni, I Promessi sposi, cap. XXXIV: “Pigliatelo, pigliatelo; che dev’essere uno di que’ birboni che vanno in giro a unger le porte de’ galantuomini”; Dino Buzzati, op. cit., p. 68: “Dovrebbe salutare i compagni ma essi sono tutti in giro”; Elio Vittorini, Erica e i suoi fratelli - La garibaldina, Milano, Bompiani, 1968, p. 223: “Non voleva restare in giro con lui fino all’alba”).

2.4.2. Quanto all’espressione avverbiale a giro, tipicamente toscana, essa sembra variare dal punto di vista semantico in base al contesto in cui è inserita: con il verbo essere può significare ‘andare intorno, a spasso; andare fuori; visitare, farsi vedere dalla gente’ (Giosue Carducci, Lettere, 21 voll., Bologna, Zanichelli, 1944 e seguenti, vol. I, p. 116: “Fra qualche tempo sarò a giro per Firenze in cerca di pane e di occupazioni”).

Ma nel caso delle due possibili domande ‘sei in giro?’ vs. ‘sei a giro?’, nel primo caso – a detta di alcuni parlanti toscani da me interrogati – sembra debba intendersi ‘sei da queste parti, sei qui vicino?’, nel secondo caso, invece, ‘sei andato da qualche parte, sei lontano da qui?’; ma per un non toscano essere in giro significa semplicemente ‘girovagare, andare da qualche parte’ senza che sia precisato se ‘da queste parti’ o ‘lontano da qui’: tant’è che si può dire benissimo “già che sei in giro a New York, approfittane per andare a fare compere!”.

Da segnalare anche le espressioni portare a giro, nel significato di ‘propagare, diffondere, divulgare’ (Enrico Pea, Solaio, Milano, Mondadori,1951 [I ed., 1941], p. 75: “Perfino le cose intime vengono portate a giro e deformate”); e lasciare a giro nel significato di ‘lasciare, abbandonare in modo disordinato qc.’ (ho lasciato a giro le mie carte).

3. In merito alla maggiore fortuna dell’espressione avverbiale in giro vs. la parallela a giro è interessante segnalare che, consultato Google libri (ItTenTen20 su sketchengine.eu) e richiesti exempla sia di andare in giro che di andare a giro, risultano documentati in misura schiacciante solo exempla di andare in giro, diacronicamente distribuiti dal XVIII secolo a oggi; di contro a un’unica attestazione di andare a giro.

Quanto ad exempla di andare in giro:

una seconda guardia, la quale si è veduta tra le figure semplice di spada, è pugnale, nella quale cominciando l'huomo compassi naturali in giro ... andare in giro non era per altro, che per salutare quella ... (Salvato Fabris, Della vera practica & Scienza d’armi. Libri due, Padova, Tozzi, 1624, [s.i.p.])

andare a dare un’occhiata a Giuseppe. Quei sacripanti di alcolizzati non li stende mai nessuno. Sono capaci di rialzarsi dal letto e andare in giro a fare danni o disturbare. Poi, una volta tornato in portineria, inclinerà la poltrona … (Aldo Manfredonia, Camilla, Villanova di Guidonia (RM), Aletti, 2015, [s.i.p.])

andare in giro e non pensare alla scuola, alle tipe che non te la danno neanche a pagarla. Avere il motorino per andare in giro nella campagna che c’è subito uscito fuori dal mio paese. E questo voleva dire avere 14 magici anni tra le ... (Emiliano Michelini, La Gioia, [s. l.], Youcanprint, 2015, p. 76)

... andare in giro senza problemi, perché qui alla fine sono tutti abituati a vedermi così nonostante io sia piccola, ci conoscono tutti, sia me che Andrew. Mangiamo il gelato e ci avviamo nel parco dove solitamente andiamo quando Matteo ... (Nicole Pasinelli, Perché tu mi hai salvata, [Lecce], Lettere animate, 2016, [s.i.p.])

Si è giovani una volta soltanto – disse Art Marsile monotono. – Lasciamo che si diverta... Dovresti andare in giro anche tu, invece di restare in casa a lamentarti degli altri. – Non mi sto lamentando. Sto dicendo la verità ... (Jack Vance, Parapsiche, traduzione di Marco Riva, [s.l.], Delos Digital, 2021, [s.i.p.])

“... andare in giro con una delle ragazze”. Lui odia quella confidenza, quelle raccomandazioni. “E che problema c’è? Lei ha bisogno di un vestito per una faccenda importante. Le ho detto io che deve farlo ... E questo non ti riguarda, capito ... (Arson Cole, El Urracão. Lo chiamavano Paradiso, [s.l.], Arson Cole, 2022, p. 55)

andare al Manhattan devo vedere se c'è ancora un negozio dove andavo sempre, voglio prendere qualcosa per cambiarmi, non posso più andare in giro vestita così... e neanche tu! Il negozio c'è ancora, e vende anche abiti da uomo ... (Luciano Federico, The Thunderbird, [s.l.], Youcanprint, 2022, [s.i.p.])

Quanto all’espressione avverbiale andare a giro, oltre all’exemplum carducciano segnalato precedentemente (§ 2.4.2.), ricorre solo il seguente:

... andare a giro per il mondo … «In giro» la corresse Blair come un automa. Oz aveva portato sua figlia in barca senza chiederle il permesso. Aveva tradito la sua fiducia. Come aveva potuto essere tanto irresponsabile? (Janyce Lynn, Playboy in corsia, Milano, Harlequin Mondadori, 2011, p. 228)

E si tratta di una attestazione che, per altro, ricorre in un contesto in cui andare a giro è oggetto di immediata correzione.

Nota bibliografica:

  • Francesco Arnaldi, Pasquale Smiraglia, Latinitatis Italicae Medii Aevii Lexicon (saec. V ex. - saec. XI in.), Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2001.
  • Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana. Dizionario etimologico, Firenze, Le Monnier, 1967.
  • Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, il Devoto-Oli minore. Vocabolario della lingua italiana con DVD Rom, Firenze, Le Monnier, 2013.
  • Alfred Ernout, Antoine Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine histoire des mots, Paris, Librairie C. Klincksieck, 1959-1960, voll.
  • Egidio Forcellini, (et al.), Lexicon totius Latinitatis, Bologna, Forni/Padova, Gregoriana, 1965, voll. XI.
  • Aldo Gabrielli, Grande dizionario Hoepli italiano, Milano, Editore Ulrico Hoepli, 2019.
  • GEDEA – Grande Dizionario della Lingua Italiana, Milano, De Agostini Editore, 2004.
  • Peter Geoffrey William Glare, P.G.W., Oxford Latin Dictionary, Oxford, The Clarendon Press, 1994.
  • Luca Serianni, Sulla sovraestensione dell’uso di a rispetto a in: andare a studio, “La Crusca per voi”, 29, 2004 [pubblicato anche su questo sito].
  • Michiel de Vaan, Etymological Dictionary of Latin and other Italic Languages, Leiden-Boston, Brill, 2008.
  • Alois Walde, Johannes B. Hoffmann, Lateinisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg, Winter, 1930-1954.

Emanuele Banfi

17 maggio 2024


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