La forma verbale fa in locuzioni avverbiali come venti anni fa

Diversi lettori chiedono se sia corretto usare espressioni come “Fanno venti anni” o “Fa venti anni” anziché “Venti anni fa”.

Risposta

Per collocare un evento nel passato l’italiano dispone di vari avverbi e locuzioni avverbiali (Ramaglia 2010). L’avverbio oggi serve a situare un evento nella giornata in corso; l’avverbio ieri si riferisce al giorno che precede immediatamente l’oggi; le locuzioni avverbiali l’altro ieri o, meno comunemente, ieri l’altro, ier l’altro, avant’ieri si riferiscono al giorno precedente a ieri. Ma se vogliamo superare nel passato il limite dei due giorni a partire dall’oggi, dobbiamo ricorrere a espressioni avverbiali come tre giorni fa, quattro giorni fa oppure, nel registro più formale, tre giorni or sono, quattro giorni or sono.

Se consideriamo come unità di misura temporale l’arco di un anno, usiamo l’espressione quest’anno per l’anno in corso, l’anno scorso o l’anno passato o l’altr’anno o un anno fa per l’anno precedente a quello in corso, due, tre, x anni fa oppure due, tre, x anni or sono per più anni precedenti. Lo schema è identico per le espressioni che si riferiscono alla settimana e al mese. Si noti che l’espressione l’altr’anno significa ‘l’anno scorso’, mentre l’espressione l’altro giorno non equivale a ‘ieri’, ma vuol dire ‘qualche giorno fa’ (Serianni 1988, p. 419).

Alla base delle locuzioni avverbiali con fa c’è una struttura frasale con il verbo fare, impiegato alla terza persona singolare del presente indicativo nel significato di ‘compiersi, essere trascorso’ con riferimento a un periodo di tempo (GDLI s.v. fare n. 59): “Fa una settimana che è arrivato” = “È arrivato una settimana fa”. La costruzione con “fa + quantificatore (uno, due, tre, ecc.) + nome indicante l’unità di tempo + che + verbo” è desueta nell’italiano contemporaneo, ma era molto comune nell’italiano antico. Già nel primo Duecento Cielo d’Alcamo, uno degli esponenti più rappresentativi della scuola poetica siciliana, ne fa uso nel famoso componimento Rosa fresca aulentissima (v. 113; TLIO s.v. anno n. 2.1.14): “Or fa un anno, vìtama, che ’ntrata mi se’ [’n] mente” (‘Ormai è passato un anno, vita mia, da quando mi sei entrata in mente’). Anche Dante nella Vita Nuova (circa 1292-1293) ricorre allo stesso costrutto, ma sostituisce il quantificatore con l’articolo determinativo, cosa possibile solo nel caso in cui il quantificatore sia l’unità: “oggi fa l’anno che nel ciel salisti” (XXXIV 14; TLIO, ibid.). Il verbo può rimanere alla terza persona singolare anche se il nome è plurale secondo la norma toscana per cui il verbo può non essere accordato nel numero se il soggetto è posposto (Renzi-Salvi-Cardinaletti 1995, pp. 289-290): “fa trent’anni o più che io sono stato qui” (Domenico Cavalca, Vite dei Santi Padri, 2a metà sec. XIV). La congiunzione che può anche essere sottintesa: “fa ora di questo mese anni sette ti partisti di Firenze” (Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi, 1407-1471). Naturalmente il verbo fare può anche essere accordato al soggetto plurale: “Ha’ tu a memoria ch’or fan sedici anni, / ch’e’ mi fu tolto?” (Giovanni Maria Cecchi, La stiava, 1585, atto 5, scena 6).

Come si può vedere dagli esempi, il costrutto fa + sintagma nominale + che è spesso accompagnato da avverbi come oggi o ora che hanno un valore deittico, cioè fanno riferimento al momento dell’enunciazione (De Cesare 2010).

Il passaggio dalla struttura frasale con il verbo fare alla locuzione avverbiale odierna avviene già nell’italiano antico in contesti in cui fa appare a destra del sintagma di tempo e non viene più percepito come forma flessa di fare: “In Roma […] fu un giovane, poco tempo fa, chiamato Pietro Boccamazza, di famiglia tra le Romane assai onorevole” (Boccaccio, Decameron, giornata V, novella III).

Il fa posposto all’indicazione di tempo può essere sostituito dal più letterario or sono esclusivamente con sintagmi di tempo plurali: “È accaduto venti anni or sono” (ma non: “*È accaduto un anno or sono”). Questo perché in or sono, pur essendo l’espressione ormai lessicalizzata, si avverte ancora la presenza del verbo plurale sono.

Nota bibliografica:

  • Anna-Maria De Cesare, Deittici, in Enciclopedia dell’italiano, diretta da Raffaele Simone, con la collaborazione di Gaetano Berruto e Paolo D’Achille, 2 voll., Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. I (A-L), 2010, pp. 345-347.
  • Francesca Ramaglia, Avverbi, Locuzioni avverbiali, in Enciclopedia dell’italiano, diretta da Raffaele Simone, con la collaborazione di Gaetano Berruto e Paolo D’Achille, 2 voll., Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. I (A-L), 2010, pp. 131-135.


Maurizio Trifone

5 settembre 2025


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