In occasione dell’apertura della XXXIII Olimpiade di Parigi pubblichiamo la risposta alle molte domande intorno al termine: è giusto usare Olimpiade, come sostiene anche il referente per le attività culturali, storiche e di ricerca dell’Unione Nazionale Veterani dello Sport della sezione di Firenze (“il plurale di Olimpiade è solo ed esclusivamente giochi olimpici”) o è più corretto il plurale Olimpiadi?; altri invece domandano se per indicare i giochi olimpici si debba usare necessariamente la maiuscola; infine ci viene chiesto se l’aggettivo olimpionico possa riferirsi a tutti gli atleti partecipanti oppure soltanto ai vincitori.
Prima di tutto una premessa sulla grafia: se olimpiade/i si debba scrivere con l’iniziale maiuscola o minuscola. La precisazione è utile non solo a rispondere ad alcune domande, ma a chiarire le scelte grafiche presenti nel testo che segue. Ci riferiamo al DOP che offre queste indicazioni: “Con O maiuscola le Olimpiadi, le maggiori tra le antiche feste greche, e le loro imitazioni internazionali moderne (dal 1896); con O maiuscola e o minuscola nel sing. o nel plur., le singole celebrazioni quadriennali; perlopiù con o minuscola i periodi di quattro anni riferiti alle O. della Grecia classica”. Dunque, per riferirsi ai giochi olimpici, se si utilizza la maiuscola non si rischia di sbagliare.
Olimpiade in italiano arriva dalla voce dotta latina Olympiade(m), a sua volta derivata dall’aggettivo olimpiacu(m) dal greco olympiakós, tutti formati sulla base del nome della città sacra di Olimpia costruita alle pendici del monte Olimpo, nei pressi della quale, ogni quattro anni (la prima volta nel 776 a.C., anno con cui si inizia la cronologia della storia dell’antica Grecia), si svolgevano celebrazioni e gare panelleniche (a cui partecipavano, cioè, tutte le città greche) in onore di Zeus ‘olimpico’. Un nome di trafila colta con terminazione in -iade, suffisso che ritroviamo in italiano in pochi derivati femminili e ha il valore semantico di ‘insieme di’, come ad esempio in Iliade e Orestiade ‘insieme delle vicende di una città o di un eroe’ e Universiade ‘insieme dei giochi olimpici per studenti universitari’. Se il nome è arrivato in italiano essenzialmente invariato rispetto a quello latino con la sola caduta della consonante finale, il suo significato e poi la configurazione dell’evento designato si sono notevolmente trasformati nei secoli e ciò che oggi chiamiamo Olimpiade, pur mantenendo il richiamo all’antica città di Olimpia, è qualcosa di profondamente diverso.
L’Olimpiade era originariamente, come si è detto, un insieme di gare e spettacoli che aveva cadenza quadriennale; per questa sua regolarità, lo storico Eratostene (vissuto tra il 276 e il 194 a.C. circa), introdusse proprio l’olimpiade come base per il computo cronologico degli eventi storici, che venivano collocati nel tempo in riferimento a quei periodi di quattro anni compresi tra due celebrazioni con giochi olimpici, di cui iniziarono a essere redatte liste sistematiche e coerenti di tutti i vincitori delle singole specialità e delle diverse categorie (adulti, fanciulli, gare ippiche). Con questo significato di ‘periodo di quattro anni compreso tra due gare olimpiche’ è attestato in italiano fin dal Trecento: Boccaccio, nelle Esposizioni sopra la Comedia di Dante, assume come riferimento le Olimpiadi per collocare cronologicamente Omero: “Archiloco dice che egli [Omero] fu corrente la ventitreesima Olimpiade, cioè cinquecento anni dopo il disfacimento di Troia”. Più recenti sono invece le attestazioni in italiano del secondo (in realtà l’originario) significato di ‘serie di gare atletiche’: il primo riferimento registrato nel GDLI è in un trattato secentesco (Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino) di Giovanni Maria de’ Bardi, che fa un parallelo tra il prestigio degli atleti ammessi agli antichi giochi olimpici, intendendo quindi olimpiade nel senso di ‘serie di gare atletiche’, e quello degli uomini selezionati per il calcio fiorentino: “Siccome l’olimpiade non ammetteva ogni sorta d’uomini, ma i padri delle loro patrie e regni, così nel calcio non è da comportare ogni gentame”.
Quelle a cui assistiamo noi ogni quattro anni e a cui si riferiscono anche le domande dei nostri interlocutori sono le Olimpiadi moderne, ovvero il grande evento internazionale di gare atletiche che dal 1896, ad Atene, riprese a svolgersi regolarmente (tranne che negli anni delle due guerre mondiali) grazie alla volontà del barone francese Pierre de Coubertin. Alla passione per lo sport egli unì l’intento di rilanciare gli ideali olimpici in chiave contemporanea, con la valorizzazione di un leale e sano agonismo e dello sport come strumento di pace e fratellanza tra i popoli (valori già insiti nello spirito delle Olimpiadi antiche, durante le quali si interrompevano tutte le guerre). L’istituzione che regola e organizza i giochi olimpici è il C.I.O. (Comité International Olympique, con sede a Losanna), la cui lingua ufficiale, proprio in onore del fondatore, è il francese: non solo nelle cerimonie olimpiche si parla prima in francese (poi in inglese e poi nella lingua del paese ospitante), ma i documenti fondativi, quelli che poi confluiranno nella Carta olimpica, sono scritti in francese. La Carta è stata pubblicata per la prima volta nel 1908, ma alcuni principi erano stati già pronunciati e scritti da de Coubertin negli anni ’90 dell’Ottocento. In particolare, nel 1894 alla Sorbonne si svolse il primo Congrès Olympique, in cui si decise all’unanimità la ripresa dei giochi olimpici con cadenza regolare quadriennale, a rotazione in tutte le capitali del mondo, con queste parole: “le Jeux Olympiques rétablis saraient célébrés successivement dans toutes les capitales du monde à quatre années d’intervalle [...] et que leur inauguration aurait lieu à Athènes, au printemps de 1896” (Coubertain, Souvenir d’Amérique et de Grèce, Paris, Hachette, 1897, p. 103). Questo passaggio, che volutamente ho riportato nell’originale francese, ci svela una prima questione relativa alla denominazione delle moderne Olimpiadi: in francese, quindi nella lingua in cui le antiche celebrazioni sono “rinate” e sono state denominate, si utilizza solo l’espressione Jeux Olympiques, che ha il suo corrispondente in italiano nella traduzione letterale di Giochi Olimpici.
Se andiamo però un po’ più a fondo, consultando l’Atilf alla voce Olympiade, si scopre un passaggio importante: nell’accezione moderna, per il plurale, è indicata l’espressione jeux olimpiques, ma tra gli esempi citati si trova anche un testo del 1967 (Jeux et sport) in cui ricorre la forma olympiades al plurale (“Le règlement des Olympiades interdit aux professionnels de participer aux Jeux”); tale citazione è seguita da una nota evidenziata in grassetto che avverte della condanna di quest’uso: “Cet emploi, bien que correspondant au sens premier du gr. a été condamné par l’Académie dans un communiqué du 5 nov. 1964” (‘quest’uso, benché corrispondente al primo significato del greco è stato condannato dall’Académie [de France] in un comunicato del 5 novembre 1964’). L’istituzione che detta la norma sulla lingua francese ha dunque indicato come unica forma plurale corretta di Olympiade l’espressione Jeux Olimpiques, che troviamo nei testi olimpici ufficiali e che, anche nelle traduzioni in italiano, viene molto spesso riprodotta nel corrispondente Giochi olimpici. Solo per dare un’idea di massima, nel sito ufficiale del CIO (versione italiana), il plurale olimpiadi ricorre 607 volte a fronte degli 8127 risultati di giochi olimpici (ricerche al 23/2/2024): un evidente effetto dell’influenza della forma francese che sta alla base delle traduzioni.
Se però usciamo dagli ambiti ufficiali, la situazione è del tutto diversa e la forma plurale olimpiadi in italiano è molto diffusa e di solida tradizione, oltre ad essere registrata ed esemplificata ampiamente nei principali dizionari. Il GDLI offre come primo esempio novecentesco un passo tratto dal poema Maia (1903) di Gabriele D’Annunzio in cui il sostantivo, riferito alle Olimpiadi dell’antica Grecia, è impiegato nella forma plurale Olimpiadi: “L’ambiguità della morte / e della vita [...] mi fece / immobile innanzi alle accolte / ceneri delle ecatombi / che insanguinato aveano l’ara / di Zeus nelle remote / olimpiadi” (vv. 1786-1796). Lo stesso GDLI cita come prima attestazione lessicografica il Dizionario moderno di Alfredo Panzini (nell’edizione ampliata da Bruno Migliorini, Milano, Hoepli, 1950), in cui è messa a lemma la forma plurale olimpiadi, che viene così illustrata: “si dissero così le gare internazionali rinnovate nel 1896, per ricordo dei famosi giochi olimpici nell’Elide (Grecia) a cui convenivano i popoli di tutta l’Ellade” (p. 464). Con una ricerca più estesa alle varie edizioni dello stesso Dizionario ho potuto verificare che la voce era già registrata in modo analogo nell’edizione del 1942, sempre a cura di Migliorini: nessuna sostanziale differenza, ma il dato significativo è la registrazione, in qualità di parola propria dell’uso e non ancora inserita nei vocabolari, della forma plurale prevalente per indicare i giochi olimpici moderni, anche in ogni sua singola edizione, a metterne in luce la pluralità delle gare (i giochi olimpici, appunto) che vi si svolgono. La lessicografia contemporanea, pur nel rispetto del criterio di lemmatizzazione del singolare olimpiade, ci ripropone una situazione simile, in cui l’uso comune ha come forma prevalente proprio il plurale olimpiadi. Vediamo alcuni dizionari: il GRADIT organizza così la voce:
olimpiade /olim'piade/ (o/lim/pi/a/de) s.f.
1a TS stor. spec. al pl., anche con iniz. maiusc., nell’antica Grecia, insieme di feste e giochi che si tenevano ogni quattro anni nella città di Olimpia, cui partecipavano i cittadini di tutti gli stati greci
1b TS stor. estens., ciascuno degli intervalli di quattro anni che intercorrevano tra due successive celebrazioni, anche adottato come punto di riferimento cronologico: la prima, la seconda, la terza o.
2 CO spec. al pl., anche con iniz. maiusc., manifestazione sportiva mondiale che riguarda quasi tutti gli sport praticati, originariamente riservata ai puri dilettanti, che si tiene ogni quattro anni in un diverso stato: le olimpiadi di Roma, di Tokyo, di Atlanta
L’accezione che ci interessa è la 2, quella marcata come CO (comune), quindi la più diffusa e attuale, in cui si precisa che la parola ricorre specialmente al plurale; l’esempio ci conferma che il plurale tiene anche nei casi in cui ci si riferisca a una precisa e singola edizione dei giochi olimpici.
Un trattamento analogo troviamo anche nel Vocabolario Treccani online, che, introducendo la seconda accezione relativa al significato in età moderna, sottolinea “(per lo più al plur., le olimpiadi, e spesso con iniziale maiuscola)” e aggiunge qualche riga sulla istituzione dell’edizione invernale dell’evento: “Dal 1924 si svolgono inoltre le o. invernali, anch’esse ogni quattro anni, che sono dedicate agli sport della neve e del ghiaccio e hanno luogo in un paese diverso da quello che organizza i giochi olimpici, con uno scarto di due anni rispetto a questi ultimi”; nel contesto, l’aggettivo invernali al plurale presuppone che la forma abbreviata sottenda la forma plurale olimpiadi.
Anche lo Zingarelli 2024 conferma la solidità di quest’uso con la stessa notazione “(spec. al plur.)” premessa alla definizione e con la citazione per esteso della dizione Olimpiadi invernali per indicare le gare internazionali dedicate agli sport invernali.
Dunque nessuna norma impone per l’italiano la forma Giochi olimpici al posto del plurale, del tutto regolare dal punto di vista morfologico, Olimpiadi, nemmeno quando ci si riferisca a una singola edizione con data e luogo di svolgimento; le due forme, come abbiamo visto, coesistono e si distribuiscono nei testi senza particolari differenze, fatto salvo per i testi direttamente tradotti dal francese, lingua ufficiale delle Olimpiadi, come si è detto, in cui prevale Giochi olimpici sulla spinta di jeux olympiques, unica variante ammessa in francese. A parità di correttezza delle due opzioni, l’economia dell’unica parola olimpiadi, rispetto alle due giochi olimpici, insieme all’uscita dall’uso di giochi nell’accezione di ‘gare’ o ‘eventi’ sportivi, devono aver giocato (è proprio il caso di dirlo!) un ruolo determinante nella sua affermazione e attuale prevalenza nell’italiano contemporaneo. Questo non impedisce, naturalmente, di usare la forma singolare olimpiade, altrettanto corretta e di lunghissima tradizione, per indicare una singola edizione, visto che il significato di ‘pluralità delle gare disputate’ è già insito nel sostantivo.
Merita una breve postilla il derivato paralimpiade/i, anche nella variante paraolimpiade, già oggetto di una risposta della consulenza: sull’origine del termine e sulla conseguente alternanza delle forme ha recentemente fatto chiarezza Paolo D’Achille con il suo l’intervento pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca. Si tratta di una parola macedonia formata da para(plegico) e (o)limpiade, sulla base della denominazione originaria dei Giochi internazionali per paraplegici che vide la sua prima edizione nel 1960 alle Olimpiadi di Roma, ed entrata sul modello dell’inglese paralympics (forma documentata fin dal 1955 secondo l’Oxford English Dictionary); una forma su cui troviamo allineati – come ci segnala sempre D’Achille – anche il francese jeux paralympiques, il tedesco Paralympische Spiele e lo spagnolo Juegos paralímpicos. Risulta così chiarita la forma prevalente di paralimpiade (con la a finale di para- mantenuta e non elisa prima di o) su quella integra, comunque ricostruibile e del tutto legittima (si veda anche Rosario Coluccia, Anche nelle paralimpiadi strizziamo l’occhio alla lingua italiana). Benché parola più recente di olimpiade, paralimpiade, per quel che riguarda la formazione del plurale, è soggetta al suo stesso trattamento; il GRADIT la definisce “spec. al pl., olimpiade per atleti portatori di handicap” e la data 1992, anche se negli archivi dei quotidiani se ne trovano attestazioni precedenti di qualche anno (per paraolimpiadi: “Si aprono oggi a Seul le ottave Paraolimpiadi, i Giochi olimpici riservati agli atleti disabili”, “Corriere della Sera”, 15/10/1988, p. 32). La storia dei Giochi paralimpici (questa la denominazione ufficiale riconosciuta nel 1984 dal Comitato olimpico internazionale) segue quella delle moderne olimpiadi già dal 1948 quando, in contemporanea alla cerimonia di apertura della XIV edizione delle Olimpiadi a Londra, si disputano i primi Giochi per disabili di Stoke Mandeville, città alle porte di Londra dove il neurochirurgo Ludwig Guttmann aveva avviato allo sport agonistico un gruppo di reduci della guerra, uomini e donne, paraplegici, unici disabili inizialmente coinvolti nelle gare. Nel 1956 il Comitato olimpico internazionale riconosce ufficialmente i Giochi internazionali per disabili e nel 1960, a Roma, si svolgono di fatto le prime paralimpiadi della storia, seppur ancora denominate come Giochi internazionali per paraplegici di Stoke Mandeville (nona edizione). Nel 1984, appunto, la denominazione ufficiale di Giochi paralimpici, in perfetta analogia con Giochi olimpici; e sempre sulla scia del plurale olimpiadi che scalza nell’uso corrente progressivamente Giochi olimpici anche paralimpiadi diventa prevalente. In questo senso i dati della ricerca in rete delle due forme possono rendere un’idea (Google, pagine in italiano, 17/2/2024): paralimpiadi 1.180.000 r. (paraolimpiadi 16.500) e giochi paralimpici 110.000 r. (giochi paraolimpici 10.100). Anche in questo caso niente vieta di utilizzare l’espressione più articolata, ma teniamo sempre presente che i parlanti, e con loro la lingua, si muovono perlopiù nella direzione maggiormente economica e condivisa.
Raffaella Setti
26 luglio 2024
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