Alcuni lettori siciliani, tre daPalermo, due da Agrigento, uno da Ragusa, Messina e Caltanissetta, ci scrivono sottoponendoci l'uso del verbo stranizzare / stranizzarsi: si può dire? È soltanto un regionalismo siciliano o può essere classificato fra i neologismi? Esiste in lingua italiana come sinonimo di stranire? È possibile considerarlo un termine dell'italiano "popolare"?
Il dubbio su stranizzare/stranizzarsi nel senso di ‘meravigliarsi, stupirsi’, emerse parecchi anni fa quando usai questa parola in occasione di una riunione di linguisti italiani. La curiosità e il garbato stupore dei colleghi mi indusse ad approfondire la questione che, a volerci ben pensare, è di lineare semplicità. Riassumendo:
Per essere più precisi, occorre dire che stranizzare/stranizzarsi vanno considerate neoformazioni su base morfologica (suffissale), più che regionalismi lessicali. Infatti, nelle varietà dialettali siciliane la parola è assente, e semmai stranïari (forma dialettale che può ritenersi corrispondente) presenta ben altro significato: non ‘stupirsi’, ma ‘allontanare q. che si ritiene estraneo; non riconoscere q. (detto particolarmente di un bambino che, al cospetto di una persona mai vista prima, si agita e piange)’.
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A questo punto, per chi desideri focalizzare meglio il problema, può essere utile allargare il discorso a) alla prospettiva storico-grammaticale, b) alle effettive condizioni dell’uso.
a) Abbiamo prima usato il verbo “focalizzare”, che presenta il medesimo suffisso verbale di stranizzare. In entrambi i casi si tratta di verbi formati su base aggettivale:
focale → focalizzare,
strano → stranizzare.
In altri casi, come vedremo, la base è costituita da un sostantivo.
Altri suffissi con i quali si formano verbi denominali o deaggettivali di analogo valore, sono:
-eggiare →rivaleggiare
-ezzare →olezzare
-ificare → vanificare
-are →freddare
-ire → stranire (su cui torneremo).
Nel caso particolare che qui interessa, -izzare può essere considerato un suffisso parallelo all’altra forma suffissale -eggiare, che rappresenta la evoluzione popolare dal latino –idiare, sicché può configurarsi il seguente schema:
Alternanze analoghe sono presenti nel francese (-oyer → flamboyer, nettoyer/-iser → brutaliser, moraliser) e nello spagnolo (-ear → falsear/-izar → moralizar).
b) Entrambi i suffissi (-eggiare/-izzare) sono assai produttivi.
Occorre anche osservare che, dei due suffissi -eggiare/-izzare, il secondo sembra oggi dotato di maggiore vitalità, ed è preferito nella formazione di non pochi neologismi (talvolta prestiti dal francese o dall’inglese): traumatizzare, volumizzare, atomizzare, magnetizzare, spettacolarizzare, banalizzare, colpevolizzare, antologizzare, assolutizzare, teatralizzare, gambizzare, scannerizzare, informatizzare, ottimizzare, privatizzare, pubblicizzare, inizializzare, responsabilizzare, tabuizzare, antichizzare, aziendalizzare, somatizzare, indicizzare. Inoltre, a ulteriore conferma della sua vitalità, il suffisso è utilizzato in verbi formati da nomi propri: galvanizzare, coventrizzare (da un toponimo).
Un’ultima osservazione: le due modalità si rivelano alternative, nel senso che i verbi in -izzare escludono una suffissazione in -eggiare, ad eccezione di pochissimi casi nei quali il diverso suffisso determina una differenziazione semantica: temporizzare/temporeggiare, antichizzare/anticheggiare, italianizzare/italianeggiare, teatralizzare/teatraleggiare, moralizzare/moraleggiare.
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Spostando ora l’attenzione dagli usi attuali alla cronologia delle attestazioni, la più antica testimonianza di straneggiare è del sec. XVI (Aretino) col sign. di ‘affliggere’, successivamente (vocabolari ottocenteschi) col sign. di ‘trattare con stranezza’; per stranizzare è documentata una isolata testimonianza ottocentesca (Pisacane): un intransitivo pronom. («L’autore si stranizza di tutto …») col sign. di ‘dichiararsi estraneo a qc.’. Siamo dunque distanti dal significato attuale di ‘stupirsi’.
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Ritornando al nostro quesito, verifichiamo quali altre indicazioni si possono ricavare dalla semplice consultazione dei repertori del lessico italiano. Sia in quelli storici (GDLI) che nei repertori dell’uso, stranire (mai stranizzare), è testimoniato a partire dal sec. XIX con valore tr., intr. e intr. pronom., e col sign. di ‘inebetire; stupire’; così come il deriv. stranito che in Capuana, Faldella e Bacchelli presenta il sign. di ‘stupito, sbigottito’.
Sulla base di tali testimonianze, la marca regionale di stranizzare sembrerebbe confermata. Ma in verità, la formazione mediante il suffisso -izzare appare non soltanto legittima, ma anche in linea con una opzione morfologica oggi assai robusta e diffusa nella lingua italiana contemporanea.
D’altra parte, stranire, stranirsi, stranito – pur con significati diversi (‘smarrirsi, turbarsi, agitarsi’) – sono universalmente considerati di origine romanesca (stranisse è già in Belli), dunque un uso anch’esso regionale con una terminazione -ire non infrequente in verbi indicanti atteggiamenti o stati d’animo (incretinire, istupidire, intontire).
Per concludere, anche nel nostro caso pare dunque legittima la duplice opzione: stranire/stranizzare così come sveltire/sveltizzare, bandire/bandizzare.
È dunque probabile che i nuovi vocabolari dell’uso finiscano con l’accogliere anche questa controversa forma “regionale siciliana”.
Piazza delle lingue: La variazione linguistica
4 agosto 2015
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