Sul genere e sul plurale di aspirapolvere

Molti lettori ci hanno scritto per sapere quale sia la corretta forma di plurale di aspirapolvere e per quale ragione il sostantivo sia di genere maschile, nonostante contenga al suo interno una parola che è invece di genere femminile (polvere) e di genere femminili siano anche i nomi di altri due elettrodomestici di uso comune, lavatrice e lavastoviglie.

Risposta

Rispondiamo ai dubbi dei nostri lettori sul sostantivo aspirapolvere cominciando da quelli relativi al suo genere grammaticale, per alcuni non del tutto trasparente, in quanto non immediatamente deducibile dall’articolo determinativo che spesso lo accompagna (nella variante elisa l’). Come indicato dalla quasi totalità dei dizionari dell’uso (tra cui il GRADIT, il Sabatini-Coletti, il Devoto-Oli, lo Zingarelli e il Vocabolario Treccani online), la parola aspirapolvere, composta dal verbo aspira(re) e dal sostantivo polvere, è un sostantivo di genere maschile; gli strumenti lessicografici non ci spiegano tuttavia la ragione per cui al sostantivo sia stato assegnato proprio tale genere: proviamo allora a formulare alcune ipotesi in merito. In primo luogo possiamo escludere l’ipotesi avanzata da alcuni lettori secondo cui il genere di un composto Verbo + Nome verrebbe assegnato sulla base del genere del sostantivo che funge da secondo elemento componente: la grande maggioranza di tali composti è infatti di genere maschile, indipendentemente dal genere dell’elemento nominale posto al suo interno (per esempio, composto da sostantivo femminile singolare, abbiamo lo scolapasta, il tritacarne, il posacenere; con sostantivo femminile plurale il tagliaunghie, il fermacarte, il reggicalze; con sostantivo maschile singolare il tostapane, il trinciapollo, lo scaldabagno; con sostantivo maschile plurale il parafulmini, il portapacchi, il cavatappi). Come chiarito soprattutto dagli studi di Anna M. Thornton (tra cui citiamo almeno Thornton 2003), nell’italiano contemporaneo i criteri di assegnazione del genere dipendono da regole di tipo fonologico o da regole di tipo semantico: secondo le prime, l’assegnazione avviene in base ad aspetti formali del nome (quali per esempio la desinenza -a, che porta ad attribuire il genere femminile al sostantivo che la presenta), mentre per le seconde l’assegnazione avviene in base al significato del nome (il cui genere può essere stabilito, per esempio, sulla base del genere dell’iperonimo del nome stesso, di un sostantivo semanticamente affine, o di un traducente, nel caso di un prestito da un’altra lingua). Per il nostro sostantivo, così come per gli altri composti Verbo + Nome che designano un oggetto o uno strumento, possiamo ipotizzare un criterio di assegnazione del genere di tipo semantico, in particolare quello che prevede l’attribuzione del genere dell’iperonimo, rappresentato per i nostri composti da forme quali oggetto, strumento, apparecchio e simili, tutti appunto di genere maschile, o da un sostantivo come elettrodomestico, ugualmente maschile (valido però solo per alcuni dei nostri composti). All’attribuzione del genere maschile al nostro sostantivo potrebbe inoltre aver contribuito il suo frequente impiego anche come aggettivo, a specificare soprattutto il significato della forma maschile motore: in rete il 17/1/2022 si contano infatti ben 40.600 risultati della stringa di ricerca “motore aspirapolvere”, a cui vanno aggiunti i 14.500 del plurale “motori aspirapolvere” e i 1.460 di “apparecchio aspirapolvere”, sempre con accostamento dell’aggettivo a un sostantivo maschile, contro gli appena 2.660 di “macchina aspirapolvere”, con accordo al femminile.

Resta a questo punto da chiarire per quale ragione, se i composti indicanti uno strumento o un apparecchio sono di norma maschili, i nomi di altri apparecchi o elettrodomestici siano invece di genere femminile: alcuni dei nostri lettori citano il caso di lavastoviglie, appartenente alla stessa categoria di composti Verbo + Nome di aspirapolvere (ma a differenza di quest’ultimo femminile), o ancora quello di forme quali lavatrice, lucidatrice, asciugatrice e simili. Per quanto riguarda queste ultime, l’assegnazione del femminile si spiega con la stessa struttura morfologica delle voci: si tratta infatti di aggettivi deverbali sostantivati formati a partire da una base verbale (lavare, lucidare, asciugare) con l’aggiunta del suffisso agentivo femminile -trice. A sua volta, la selezione del suffisso femminile in luogo del maschile -tore è probabilmente dovuta al fatto che, in origine, tali forme erano usate come aggettivi, accostate al sostantivo femminile macchina di cui specificavano il significato (e quindi la macchina lavatrice, la macchina lucidatrice, ecc.), come del resto dimostrano le prime attestazioni delle forme in questione (cfr. Maria G. Lo Duca in Grossmann-Rainer 2004, pp. 364-69). Quanto invece a lavastoviglie, il genere femminile si potrebbe spiegare con il criterio di assegnazione del genere dell’iperonimo, rappresentato in questo caso non da apparecchio o elettrodomestico (come per gli altri composti), bensì da macchina: e in effetti, nelle prime attestazioni riscontrate in Google libri si parla proprio di “macchina/-e lavastoviglie”. In alternativa, il femminile si potrebbe anche motivare con la vicinanza della forma alla parola lavatrice, appunto di genere femminile, o con ragioni di distinzione semantica, ossia per distinguere la persona che lava i piatti, indicata al maschile quando di sesso maschile (il lavastoviglie), dalla macchina per il lavaggio automatico delle stoviglie, indicata invece al femminile (la lavastoviglie), secondo un criterio di differenziazione applicato d’altra parte anche al sostantivo semanticamente affine lavapiatti (il lavapiatti ‘addetto alla lavatura delle stoviglie’ e la lavapiatti ‘lavastoviglie’).

Venendo ai quesiti relativi alla corretta forma di plurale del sostantivo aspirapolvere, chiariamo subito che si tratta di un sostantivo invariabile, ossia una forma che non viene declinata al plurale, come specificato nella maggior parte dei dizionari dell’uso: e dunque l’aspirapolvere > gli aspirapolvere. Ciò si spiega con le norme che regolamentano il passaggio dal singolare al plurale delle parole composte: come illustrato nelle grammatiche dell’italiano contemporaneo, tra cui ricordiamo almeno Serianni 1989 (III 145-47), le parole composte da una base verbale e da un sostantivo (come la nostra voce) formano il proprio plurale in maniera diversa a seconda della natura grammaticale del sostantivo componente. In particolare:

  • se il sostantivo è plurale, il composto resta invariato (per esempio il battipanni > i battipanni, il guastafeste > i guastafeste, il portapenne > i portapenne);
  • se il sostantivo è singolare e di genere maschile, viene declinato al plurale (per esempio il parafango > i parafanghi, il passaporto > i passaporti, il passatempo > i passatempi; seguono inoltre la stessa regola anche i composti con una base verbale unita al sostantivo femminile mano, che per il plurale in -i segue i nomi maschili: per esempio l’asciugamano > gli asciugamani, il corrimano > i corrimani; si veda in proposito anche la scheda Plurale di alcuni nomi composti);
  • se infine il sostantivo è singolare e di genere femminile, come nel caso di polvere in aspirapolvere, il composto resta invariato al plurale (per esempio il cavalcavia > i cavalcavia, il portabandiera > i portabandiera).

Le indicazioni di grammatici e lessicografi sono dunque concordi nel considerare la parola invariabile; tuttavia, nell’uso corrente risulta discretamente attestato anche il plurale aspirapolveri, e ciò potrebbe essere all’origine dei dubbi dei parlanti: nelle pagine italiane di Google si contano infatti 12.700 occorrenze della stringa di ricerca “gli aspirapolveri”, un numero non indifferente pure a fronte dei 78.200 risultati della più corretta “gli aspirapolvere”, a cui vanno peraltro aggiunte anche le 7.710 attestazioni del femminile “le aspirapolveri”. La maggior parte delle occorrenze della variante aspirapolveri si ritrova in siti che pubblicizzano o vendono l’elettrodomestico, ma qualche esempio compare anche in alcuni articoli di approfondimento pubblicati sul portale Treccani, di norma attento alla veste formale dei propri testi, e numerose sono anche le occorrenze nella stampa nazionale: una ricerca del plurale aspirapolveri negli archivi della “Repubblica” e del “Corriere della sera” restituisce infatti rispettivamente 228 e 145 risultati (numeri che si riducono però a 17 e 9 se si restringe la ricerca alle forme precedute dall’articolo gli, operazione necessaria per poterle confrontare con i numeri della variante concorrente, con 40 e 83 occorrenze della stringa “gli aspirapolvere”). L’osservazione delle attestazioni dei giornali ci permette inoltre di rilevare come l’oscillazione tra plurale in -i e forma invariabile non sia in realtà esclusiva dell’uso attuale, ma risalga già ai primi decenni di circolazione della parola, attestata in italiano dalla fine degli anni Venti (come è possibile verificare attraverso una ricerca in Google libri): nell’archivio del “Corriere” il plurale aspirapolveri è infatti attestato a partire dal 1949, mentre in Google libri se ne ritrovano occorrenze già dalla prima metà degli anni Trenta. In ragione della sua discreta circolazione nella lingua corrente, il plurale aspirapolveri è ammesso, accanto alla forma invariabile, dallo Zingarelli (per il momento il solo a farlo tra i dizionari sincronici); tuttavia, finché il suo esempio non sarà seguito da altri lessicografi e non si assisterà a una più decisa affermazione nell’uso del plurale in -i, consigliamo ai nostri lettori di continuare ad attenersi alle attuali norme grammaticali e di optare per il plurale invariabile.


Nota bibliografica: 

  • Maria Silvia Micheli, Sul plurale delle parole composte nell’italiano contemporaneo, “Studi di lessicografia italiana”, XXXIII, 2016, pp. 229-256.
  • Anna M. Thornton, L’assegnazione del genere in italiano, in Fernando Sánchez Miret (a cura di), Actas del XXIII CILFR, Tübingen, Niemeyer, 2003b, vol. I, pp. 467-481.

Sara Giovine

10 giugno 2022


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