Giuseppe Arlotta ha interpellato la nostra redazione di consulenza linguistica in quanto gli è stato contestato l'uso della frase "è intenzione del governo di impedire ogni abuso", ripresa dall'edizione del 1990 del Dizionario della Lingua italiana Devoto-Oli. In particolare il problema è sulla reggenza del sostantivo intenzione seguito da infinito: in questo caso richiede o no la preposizione di?
Sulla reggenza di intenzione: intenzione di ...?
Il sostantivo intenzione deriva dal latino intentiōne(m), tratto da intĕndere 'tendere verso, protendere', in senso fig. 'volgere, dirigere' e quindi 'rivolgere (l'animo, la mente, il pensiero o l'attenzione a qualcosa)'. Questa voce verbale è infatti composta da in- 'verso', anteposto a tĕndere 'tendere, volgere, dirigere', in senso fig. 'tendere (a qualcosa)' e quindi 'aspirare, volgersi, sforzarsi, cercare di, far di tutto per'. Il sostantivo intentiōne(m) traduce infatti il greco éntasis 'fatica, sforzo' e, in senso fig., 'sforzo per capire'.
Il termine intenzione può essere impiegato nel costrutto (non) è / era intenzione di qualcuno o (non) è / era mia (sua ecc.) intenzione, seguito da un verbo all'infinito, preceduto o no da di, oppure con il verbo finito introdotto da che oppure avere intenzione seguito da di + infinito. Svolgendo una breve indagine in diacronia e consultando il materiale registrato nell'archivio elettronico LIZ 2001, troviamo che il costrutto con essere può essere introdotto con o senza il di preposizionale:
"E le sue ragioni, che Aristotile dice a rompere costoro ed affermare la veritade, non è mia intenzione qui narrare,..." (D. Alighieri, Convivio - Tratt. 3,5.7);
"Quello che le sante leggi della amicizia vogliono che l'uno amico per l'altro faccia, non è mia intenzione di spiegare al presente, ..." (G. Boccaccio, Decameron - Giorn. 10, nov. 8.17);
"E perché non è mia intenzione occupare i luoghi d'altri, descriverrò particularmente, insino al 1434, solo le cose seguite drento alla città" (N. Machiavelli, Istorie fiorentine - Proemio);
"So che m'ama e so ch'è sua intenzione di guarirmi" (T. Tasso, Lettere - S10.1);
"SERV.\... cosa dite mai? Sono servitore di casa, ed è intenzione del padrone che siate anche voi servita" (C. Goldoni, Le inquietudini di Zelinda - At.3, sc.18.6);
"Non è mia intenzione tracciare, neppure per sommi capi, la storia dell'umorismo presso le genti latine e segnatamente in Italia" (L. Pirandello, L'Umorismo - Parte 1,6.1).
Per quanto riguarda il costrutto con avere è sistematico l'introduzione della dipendente con di in tutti gli autori, dal trecento a oggi.
Questa è la realtà accertata anche per l'italiano contemporaneo dal GRADIT: quando la dipendente è soggettiva è preferibile il costrutto senza preposizione; quando è (di fatto) oggettiva si preferisce il di: "avere i. di fare qsa., non è nelle mie intenzioni, non è mia i. partire" (GRADIT, s.v. intenzione).
Per approfondimenti:
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
17 luglio 2008
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
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