Olga I. da Bologna ci chiede se sia corretto "usare melograno oltre che melagrana per indicare il nome del frutto del melograno." E aggiunge: "so per certo che dire melagrana è corretto, ma ho sentito anche al nord dire melograno indicando il frutto". Altri hanno l'identico dubbio, mentre Elvira P., da Berlino, pone la scelta tra le due forme femminili melagrana o melograna? Per altri il problema è il plurale: melagrane o melegrane? Melograni o meligrani? Gennaro B., da Prato, riassume infine i quesiti: "qual è l'esatto nome del frutto della pianta del melograno e qual è il suo plurale?"
Melagrana, melograno, mela granata, melo granato, pomo granato...:
il frutto dell'abbondanza sovrabbonda di nomi
Simbolo di abbondanza, fertilità e fortuna, raffigurato spesso nelle mani di dee o in quelle della madre di Cristo, il frutto del melograno era conosciuto fin dall'antichità. Il suo nome scientifico Punica granatum deriva dal latino punicus perché così lo chiamò Plinio ritenendolo originario dell'Africa Settentrionale. Le radici della pianta, ogni parte del frutto e i fiori erano usati nella farmacopea tradizionale, come illustra Pietro Andrea Mattioli "medico sanese" nei cinquecenteschi Discorsi nei sei libri della materia medicinale di Pedacio Dioscoride Anazarbeo; il Mattioli, che usa melagrano per indicare sia il frutto sia la pianta, nota che "i Melagrani si chiamano in più luoghi d'Italia Pomi granati". Tenendo conto anche delle forme suggerite dai nostri utenti siamo già a cinque nomi diversi per lo stesso frutto, ma non finisce qui.
Sul fronte delle varietà locali, grazie alla testimonianza della carta 1275 dell'AIS integrata con repertori dialettali, sappiamo che l'area settentrionale della penisola presenta per il frutto del melograno forme maschili e prevalentemente composte con pomo: i tipi lessicali sono pomo granato in Piemonte e Lombardia, pomoingranato o meloingranato nel nord-est, gramagno e magragno nel veronese (magragnar è l’albero), pomo granero o melagrano tra la Lombardia e l’Emilia, mentre in Romagna troviamo il femminile melaingranata o melagranara o mela garnera. Per la Toscana è testimoniata l'affermazione di melagrana e, specie in area occidentale, di melaingrana e melangrana; per la pianta vale il corrispondente maschile. In Umbria ritroviamo melagrana al confine con la Toscana e melagranella condiviso con le Marche, ma su tutti prevale melagranata, come in Abruzzo e nel Lazio settentrionale, mentre nella porzione meridionale abbiamo il maschile melogranato che si impone in Molise e in Puglia fino al Gargano. Nel resto della Puglia, prevalentemente in Salento, si usa sita/seta e all'estremità della regione, come anche in Calabria, appare rodi, nome greco del frutto. In tutto il sud, inoltre, a partire dal Lazio meridionale e poi in Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia, abbiamo per pianta e frutto granato (per Sicilia e Calabria anche granatara per la pianta), mentre in Sardegna si chiamano entrambi melagranata o granata (arenada nella forma tradizionale) al sud dell'isola. Al di là della molteplicità è evidente la partizione della penisola in base al genere, che vede nord e sud d'Italia uniti nella scelta del maschile, mentre a partire dalla Romagna fino in Abruzzo e Lazio settentrionale e in Sardegna prevale il femminile, con la parziale riproposizione di quanto accade per arancio e arancia.
Questa "sovrabbondanza " di nomi – amplificata anche dalla possibilità di scrivere unite o separate alcune varianti, su cui sorvoliamo per non appesantire la trattazione – è antica e riscontrabile anche nella tradizione scritta: il TLIO testimonia, per il frutto, melagrana in testi toscani del XIII e XIV secolo, melgrano in un testo toscano del XIV secolo, melagranata in testi pisani, bolognesi, aretini e umbri, mentre melograno e melogranato sono riferiti solo alla pianta e compaiono in testi toscani (lucchesi, fiorentini, aretini) del XIV secolo. Troviamo pomo granato solo per il frutto in un volgarizzamento toscano della Bibbia del XIV-XV secolo e in un testo padovano del XIV secolo, e granato per il frutto in testi toscani, padovani e siciliani e per la pianta in Jacopone e Boccaccio. Infine granata è il frutto in napoletano (XIII sec.), catanese e toscano (XIV sec.).
Per i secoli successivi le testimonianze scritte a nostra disposizione mostrano, per il frutto, la persistenza di melagrana, melagranata, pomo granato e granato fino al XX secolo, pur distinguendosi la scelta in base alla provenienza degli autori: la prima forma è la scelta dei toscani, melagranata è attribuibile per lo più ad autori centromeridionali, pomo granato a quelli settentrionali, mentre granato è nell'uso sia di veneti sia di meridionali. Soltanto granata parrebbe arrestarsi nel XVII secolo, mentre, dal XVI secolo sembra affermarsi, nell'uso di autori emiliani o settentrionali, un maschile non composto con pomo, ma con mela o melo, melagrano e poi melograno, melagranato e melogranato. Raramente affiora anche pomo punico.
In che modo si pone la lessicografia di fronte a tanta varietà? Il Vocabolario degli Accademici della Crusca, dalla prima alla quinta edizione, ha per il frutto melagrana e melagrano per l'albero, ma la quinta edizione (la prima a registrare melograno) aggiunge che il maschile melagrano vale anche per il frutto, con il sostegno del passo di Mattioli citato in apertura. Tutte e cinque le edizioni danno anche melagranata e melogranato, rispettivamente per il frutto e la pianta, e, a partire dalla terza, entra anche granato che "vale Melagrano, sorta di frutto, che anche dicesi Melogranato", con qualche dubbio su cosa si debba intendere; dubbio che viene sciolto dalle citazioni riportate nella quarta edizione, da cui è evidente che si tratta (anche) del frutto; la quinta, infine, si fa esplicita: "Frutto dell'albero chiamato Melagrano, il qual frutto comunemente chiamasi Melagrana; ed altresì L'albero stesso che produce tal frutto". La stessa quinta edizione registra anche granata per il frutto. In nessuna edizione troviamo pomo granato (tenendo naturalmente conto che la quinta si ferma alla lettera O). Cinque possibili opzioni quindi, anche per la "custode della norma".
Analoga situazione troviamo nel Tommaseo-Bellini (1861-1879): il monumentale dizionario, coevo della V Crusca, ha melagrana per il frutto del melagrano, la quale "dicesi anche mela punica", forma presente nel Trattato dell'agricoltura di Piero de' Crescenzi. Sempre per il frutto sono registrati i lemmi melagranata e granata (dato per desueto), mentre granato e melogranato sono riferiti all'albero, e anche pomo granato con la più volte ricordata citazione dal Mattioli.
Pressoché tutte queste voci, con la sola eccezione di mela punica, sono registrate nella lessicografia contemporanea: per il frutto, melagrana è sicuramente considerato il "legittimo" termine di lingua; mentre melagranata è considerato più raro, almeno per alcuni dizionari (GRADIT, Sabatini-Coletti 2007 e ZINGARELLI 2016). Anche granata è attestato, ma GRADIT lo glossa come termine dell'agricoltura, pomogranato è sempre riconosciuto regionalismo e più spesso voce settentrionale, mentre granato è detto obsoleto o antico o arcaico (ZINGARELLI 2016 non lo registra affatto); infine pomo punico è concordemente annotato come letterario. Solo GRADIT e ZINGARELLI 2016 registrano l'uso "improprio" di melograno per il frutto. Anche la pianta conserva pluralità di denominazioni: non solo troviamo melograno, con melagrano, variante di impronta toscana, ma anche granato, melogranato e il regionalismo pomo granato.
Dalle testimonianze lessicografiche sembrerebbero certi sia il perdurare fino ai nostri giorni dell'abbondanza di denominazioni per questo frutto, sia la scarsa capacità di affermazione di melograno come "diretto concorrente" di melagrana a livello di lingua.
Per ciò che riguarda la resistenza all'uniformazione, non è insolito che le varianti locali dei nomi di frutti mostrino una certa resistenza; in particolare ciò accade per i nomi dei frutti di piante come il melograno, o il cachi, presenze familiari in orti e giardini italiani: proprio a questa familiarità si deve che i frutti siano entrati tardivamente nel circuito della grande distribuzione.
La resistenza però comincia a dare segni di indubbia flessione: provando a lanciare in rete la sequenza "succo di" seguita dalle diverse denominazioni del frutto, possiamo rilevare una sostanziale preponderanza di succo di melograno (oltre 70.000 occorrenze), seguito a distanza da succo di melagrana (meno della metà); questo vantaggio del maschile risulta anche da ricerche mirate condotte sui siti della aziende produttrici di succhi di frutta, le quali, è bene notare, sono maggiormente concentrate in area padana. Le altre opzioni, succo di melagrano a parte (634 occorrenze), rimangono addirittura sotto la decina e in alcuni casi si tratta di testimonianze in testi anteriori all'Ottocento.
Una spinta all'omologazione sulla forma maschile "pilotata dall'industria" quindi? In realtà ciò che spinge verso il maschile è molto più probabilmente la preesistenza di un termine tradizionale, pomo granato, melo granato o granato che sia, maschile appunto, un tempo predominante al nord e al sud della penisola. Per meglio valutare può essere utile sondare, tramite il corpus di Google libri, un ambito totalmente diverso che implica un livello "altro" di comunicazione: la storia dell'arte. Come detto in apertura il frutto del melograno per il suo valore simbolico compare nelle opere di molti artisti, anche famosi, come Jacopo della Quercia, Leonardo, Sandro Botticelli, il Pinturicchio, e altri ancora; questo fa sì che Madonna della melagrana, o del melograno in alternativa, sia un sintagma piuttosto ricorrente in testi legati all'arte o alle città d'arte, riferito indifferentemente all'una o all'altra di queste opere: nel corso del XIX secolo è attestato solo il primo, con 73 occorrenze, mentre Madonna del melograno compare nel secolo successivo, mostrandosi già un concorrente di tutto rispetto (399 contro le 464 del femminile), anche se, a tutt'oggi, la forma femminile resta dominante in questo tipo di pubblicazioni (273 contro le 149 del maschile). Nessuna delle altre forme che i dizionari di lingua attestano per il frutto ricorre in rapporto a Madonna, con l'unica eccezione della Madonna del granato che però indica soltanto a una particolare statua lignea conservata nel santuario omonimo sul monte Calpazio nel Cilento.
Vediamo allora che la pressione della commercializzazione ha sicuramente ridimensionato la sovrabbondanza di denominazioni e, in concorso con la spinta delle varietà tradizionali, favorito l'uso del maschile anche per il frutto, ma la forma femminile melagrana, sostenuta anche dall'analogia con mela vs melo, si mostra ancora vitale.
Un'ultima annotazione di carattere morfologico: per il plurale si tende a considerare le forme melagrana e melograno come inscindibili e quindi a non analizzarle nei componenti, cosicché melagrane e melograni sono di gran lunga più frequenti e raccomandabili di melegrane e meligrani. Per pomo granato, mela granata e melo granato, spesso scritti scissi, al contrario, il plurale si applica a entrambi i componenti.
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
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