Alcuni lettori ci segnalano con fastidio l’attuale espansione dell’avverbio assolutissimamente, superlativo di assolutamente: non trovandolo registrato nei dizionari, ne mettono in dubbio non solo la legittimità, ma la stessa esistenza.
Ci siamo già occupati in questa rubrica dell’uso di assolutamente (con valore affermativo o negativo a seconda del contesto oppure precisato dall’aggiunta di sì o no), uso biasimato da molti e richiamato anche da uno dei nostri lettori. Ora le domande riguardano assolutissimamente, che viene anch’esso, e a maggior ragione, censurato (al pari di benissimamente).
È vero, assolutissimamente è assente dai dizionari dell’uso oggi in circolazione, ma questo di per sé non basta a decretarne l’inesistenza. Nessun dizionario, infatti, può raccogliere l’intero patrimonio lessicale di una lingua e ci sono parole che non hanno (ancora) trovato spazio nella lessicografia, pur essendo ben formate e in uso da tempo (nel parlato o in certi àmbiti settoriali). Aggiungo che la presenza dei superlativi e degli alterati, a meno che non si siano lessicalizzati (e non costituiscano quindi entrate autonome) non è mai sistematica sui dizionari. Nel caso in questione, una ricerca in Internet con Google (effettuata il 9 febbraio 2021) restituisce per assolutissimamente 112.000 risultati, quantità tutto sommato contenuta, ma certo non proprio irrilevante, sufficiente comunque per assicurarci che la parola esiste e che non si tratta di un occasionalismo da accostare a forme come bravissimissimo, benissimissimo (che ogni tanto usiamo o sentiamo usare) o a formazioni scherzose che aggiungono -errimo a superlativi in -issimo.
Se poi guardiamo ai dizionari storici, troviamo assolutissimamente lemmatizzato addirittura nella 5a edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (d’ora in avanti Crusca5) e nel Tommaseo-Bellini (d’ora in avanti TB), uno dei testi fondamentali della lessicografia italiana, entrambi disponibili in rete, tra i nostri scaffali digitali. Riportiamo la voce del TB, che è importante non solo perché segnala due esempi letterari – il Magnificat di Paolo Segneri (sec. XVII) e le Prose di Giovan Battista Fagiuoli (sec. XVIII) – ma anche e soprattutto perché, pur riconoscendo la “illogicità” del superlativo dell’avverbio, lo ammette nel linguaggio familiare.
ASSOLUTISSIMAMENTE.
[T.] Superl. d’ASSOLUTAMENTE. Essendo l’idea di questo vocabolo assoluta, non porta propriam. il superl., nè il più nè il meno; onde non cadrebbe che nel ling. fam. [Val.] Fag. Pros. 203. Io direi assolutissimamente che non solo fosse meglio l’essere biasimato, ma che gran disgrazia fosse l’essere lodato da essi.
T. Così ha a essere assolutissimamente. – No, assolutissimamente no.
Ma in senso più grave. Segner. Mann. Ottob. 7. 4. (C) Non solo ci dá il poter fare dell’opere meritorie di vita eterna, ma… ci dá assolutissimamente lo stesso farle.
L’esempio di Segneri è citato anche in Crusca5, che ne riporta inoltre uno di Galileo Galilei, in cui l’avverbio modifica un aggettivo:
Hanno sin qui la maggior parte de’ filosofi creduto che la superficie [della luna] fosse pulita, tersa, ed assolutissimamente sferica.
Anche il Grande dizionario della lingua italiana di S. Battaglia (GDLI), pur non dedicando ad assolutissimamente un’entrata autonoma, lo registra come superlativo s.v. assolutamente e ne offre cinque esempi, uno reperibile sotto questa voce, gli altri recuperabili grazie alla possibilità di effettuare ricerche su tutta l’opera, che è in rete nei nostri scaffali digitali. Riportiamo i passi in ordine cronologico (dal Seicento alla fine dell’Ottocento):
non solo ci dà il poter fare delle opere meritorie di vita eterna, ma... ci dà assolutissimamente l’istesso farle. (Carlo R. Dati, citato s.v. assolutamente);
‘io lo rovino di strafinefatto’ cioè assolutissimamente... ‘Strafine’ significa ‘traperfetto’, di là da perfetto. (Anton M. Salvini, citato s.vv. strafinefatto e traperfetto; l’esempio è riportato anche in Crusca5);
per non esser la vittima di tutti... (anche col più grande ingegno e valore e coraggio e coltura, e capacità naturale o acquisita di superar gli altri), è assolutissimamente necessario d’esser birbo (Giacomo Leopardi, citato s.v. acquisito);
quello che non si può sopportare assolutissimamente è quella sturma d’accattoni (Idelfonso Nieri, citato s.v. sturma).
Come risulta chiaramente da questi esempi, dunque, assolutissimamente non costituisce affatto una novità dell’italiano di oggi, né, per la verità, risulta usato solo in àmbito familiare, bensì anche in contesti elevati, come mostrano soprattutto gli esempi nel Segneri e nel Dati, nei quali la sua presenza si può giustificare, sul piano retorico, con la figura dell’iperbole.
Il GDLI non fornisce attestazioni novecentesche (e neppure due corpora testuali come il DiaCORIS e il PTLLIN), ma il corpus MIDIA ce ne offre un esempio, in un testo di Gilio Tanini, La vita di Giulio Pane scritta da lui medesimo (Genova, Tip. fratelli Waser e C., 1922, p. 40):
io benedico il cielo che mi fece disprezzare la carriera delle armi a cui mio padre assolutissimamente voleva dedicarmi.
Ulteriori attestazioni novecentesche sono reperibili sia negli archivi dei principali quotidiani sia grazie a Google libri: gli esempi raccolti non sono pochissimi e si distendono lungo l’intero secolo.
Si può forse ipotizzare che la sparizione di assolutissimamente dai lemmari lessicografici sia una conseguenza del tentativo di dare un’impronta logicizzante allo standard proprio della scuola postunitaria, che evidentemente lo ha fatto (e lo fa) percepire come “errore”. In effetti le grammatiche scolastiche prescrivono che non si possono formare superlativi assoluti di aggettivi che sono già elativi, cioè valgono come tali, come sarebbero, per es., splendido, perfetto, eccellente, ecc. Ma in realtà eccellentissimo e perfettissimo con particolari accezioni sono persino lemmatizzati nei dizionari e splendidissimo è documentato nel libretto (di Antonio Somma) di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi. Tuttavia, la tradizionale norma scolastica, esplicita o implicita (come in questo caso), si è oggi attenuata e gli affioramenti di assolutissimamente anche nello scritto sono diventati più frequenti.
Certo, se si guarda ai meccanismi di formazione delle parole, bisogna tenere presente l’affermazione di Davide Ricca (in Grossmann-Rainer 2004, p. 481): “Gli avverbi derivati con -mente non ammettono ulteriori derivazioni. [...] il superlativo dell’avverbio è da un punto di vista strutturale un avverbio del superlativo, e non viceversa”. Il dubbio sulla corretta formazione di assolutissimamente potrebbe forse allora derivare dal fatto che non si ammette l’esistenza del superlativo che dovrebbe costituire la base dell’avverbio, assolutissimo, che è effettivamente assente da tutti i dizionari sincronici sopra citati, ma che, di nuovo, è lemmatizzato in Crusca5 e in TB e registrato s.v. assoluto nel GDLI. In questo caso, peraltro, non si può non rilevare come sul piano semantico assolutissimamente si leghi, più che all’aggettivo assolutissimo, all’avverbio assolutamente già lessicalizzato in senso affermativo o negativo.
Possiamo dunque concludere affermando (assolutissimamente, verrebbe voglia di dire!) che assolutissimamente rientra certamente, e da secoli, non solo nel “sistema” della lingua italiana, ma nello stesso uso. Andrebbe tuttavia utilizzato con cautela, nei contesti in cui l’iperbole e l’enfasi sono effettivamente funzionali alla comunicazione. È inutile invece la sua presenza, per esempio, in una risposta quando basterebbe dire certo! o anche, semplicemente, sì.
Paolo D'Achille
10 dicembre 2021
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