Ci sono pervenute numerose domande di lettori che chiedono informazioni sull’appartenenza di alcune parole alla categoria dei nomi collettivi.
Tentiamo di rispondere illustrando brevemente alcune delle principali caratteristiche semantiche, morfologiche e sintattiche di questa categoria dai confini più o meno netti. Va premesso che, con l’eccezione degli studi sulla loro struttura morfologica, mancano tuttora delle descrizioni dettagliate dei tratti distintivi dei nomi collettivi in italiano e degli insiemi di test per individuarli.
Prima di procedere adottiamo la seguente definizione: i nomi collettivi formano una classe di unità lessicali che designano al singolare insiemi di entità, in altri sensi isolabili, percepite come una nuova entità costituita da una pluralità di elementi che condividono qualche caratteristica. Ricordiamo però che il termine “collettivo” ha avuto diverse definizioni e la categoria è stata oggetto di dibattito teorico nella letteratura scientifica (si consulti, tra numerosi altri, Acquaviva 2013, Joosten 2010, Kleineberg 2022). Le divergenze sono dovute sia a differenze teorico-metodologiche tra gli studi (per es. maggiore o minore attenzione alle proprietà semantiche, alle caratteristiche morfologiche o al comportamento sintattico dei collettivi), sia alla diversità delle manifestazioni della categoria nelle varie lingue (per es. capello – capelli in italiano e cheveu – cheveux in francese sono individuali, a differenza dell’inglese hair che è collettivo come lo sono anche it. capigliatura e fr. chevelure). La terminologia utilizzata è di conseguenza piuttosto eterogenea e, in funzione dei criteri usati per la delimitazione della categoria, ci sono delle interpretazioni più strette e più larghe rispetto all’appartenenza delle singole parole ad essa.
Dal punto di vista semantico e referenziale sono considerate rilevanti le proprietà dell’insieme designato da un nome collettivo e quelle dei suoi membri costitutivi nonché le relazioni intercorrenti tra i membri dell’insieme da una parte e tra i membri e l’insieme stesso dall’altra. A titolo di esempio: gli insiemi possono essere costituiti da un numero di membri indeterminato (per es. argenteria) o determinato (per es. quintetto), possono ereditare alcune proprietà dei membri (una mobilia antica implica che sia costituita da sedie, tavoli, ecc. antichi) o non ereditarle (un grande arcipelago non implica che sia costituito solo da isole grandi); i membri possono essere individuabili (per es. clientela) o non individuabili (per es. collezione; essi richiedono un complemento di specificazione per individuarli: collezione di libri, di dischi, ecc.), omogenei (per es. faggeto) o eterogenei (per es. mobilia), autonomi (per es. fogliame) o interdipendenti (per es. ossatura), contigui nello spazio o nel tempo (per es. chioma) o non contigui (per es. elettorato), possono avere in comune delle proprietà (per es. gregge) o delle funzioni (per es. governo). I nomi collettivi possono riferirsi a insiemi di persone (per es. avvocatura, equipaggio, folla, gente, giuria, personale, soldatesca), animali (per es. branco, cacciagione, cucciolata, mandria, sciame, selvaggina, stormo), parti del corpo animale e/o umano (per es. capigliatura, dentatura, mollame, ossame, pelame), vegetali o parti di essi (per es. bosco [parola su cui ci è pervenuta una domanda], cedreto, fogliame, pioppeto, ramaglia, sterpiccio), oggetti (per es. abbigliamento, arredamento, attrezzatura, biancheria, bigiotteria, corredo, segnaletica, utensileria) o entità astratte non esperibili sensorialmente (per es. problematica, sciocchezzaio, tematica). Non vengono ascritti alla classe dei collettivi i nomi che designano delle sostanze granulari (per es. neve [parola su cui ci è pervenuta una domanda], riso, sabbia). Anche se, in linea di principio, sono sostanze suddivisibili in elementi discreti individuabili (un fiocco di neve, un chicco di riso, un granello di sabbia), esse sono concettualizzate come un’unica massa indistinta e non come una pluralità di individui. Diversi studiosi hanno approfondito anche le somiglianze e le differenze tra le relazioni che intercorrono tra un insieme e i suoi membri rispetto alle relazioni semantiche di “meronimia” e di “iponimia” (su cui si può consultare Cruse 1986). Ricordiamo che la meronimia è la relazione tra un’unità lessicale che designa una parte di un tutto indicato da un’altra unità lessicale, per es. braccio che denota una parte del corpo (questo è il tipo di relazione che sussiste tra ferrovia, che il GRADIT definisce come “linea di comunicazione costituita da uno o più binari sui quali viaggiano i treni”, libro, treno [parole su cui ci sono pervenute delle domande], e, rispettivamente, binario, pagina, vagone). Nel caso dell’iponimia, invece, si tratta di una relazione di inclusione tra un’unità lessicale sovraordinata di significato più ampio e un’altra, subordinata, di significato più ristretto (per es. fiore rispetto a rosa che designa un tipo di fiore).
Va notato, sempre dal punto di vista semantico, che per alcuni nomi il significato collettivo è primario (per es. arcipelago ‘gruppo di isole vicine tra loro’, clero ‘il complesso degli appartenenti a un ordine sacerdotale’, mandria ‘gruppo di grandi animali domestici o selvaggi’), mentre per molti altri è secondario, nel senso che è il risultato di un mutamento semantico di tipo metonimico o metaforico (per es. amministrazione ‘azione di amministrare’ o gioventù ‘età compresa tra la tarda adolescenza e la maturità’ possono essere usati in determinati contesti con significato collettivo, vale a dire, ‘insieme di organi o di persone che svolgono mansioni amministrative’, ‘i giovani nel loro complesso’; questo è il caso anche di grappolo ‘infiorescenza o infruttescenza con fiori o frutti’ e di raduno ‘l’azione e il risultato di radunarsi’ [due parole su cui ci sono pervenute delle domande], che possono avere una lettura collettiva, cioè, rispettivamente, ‘raggruppamento di oggetti, animali o persone la cui forma ricorda quella di un grappolo’ e ‘l’insieme delle persone radunate’).
Dal punto di vista sintattico è rilevante la questione dell’accordo. I nomi collettivi al singolare si accordano di solito con verbi e aggettivi al singolare, mentre con i pronomi coreferenti, secondo Bernardini (2010), prevale l’accordo al plurale. Dato che la forma singolare si riferisce a una pluralità di entità, sono abbastanza diffusi, soprattutto nel parlato informale, i casi di accordo al plurale (il cosiddetto “accordo a senso”). Bernardini mostra che l’accordo al plurale è più frequente se il nome collettivo si riferisce a un insieme di persone con ruolo di agente, se è seguito dalla preposizione di e un complemento al plurale che indica i membri dell’insieme, se il verbo precede il nome e se la distanza sintattica tra il nome e i bersagli dell’accordo è elevata. Vari esempi, anche letterari, dal Medioevo alla fine del Settecento, sono riportati nel capitolo intitolato “La concordanza a senso”, in D’Achille (1990: pp. 277-294); cito infine alcuni esempi, per lo più substandard, trovati in rete mediante una ricerca con Google fatta il 15 settembre 2022: un centinaio di ragazzi protestano, sono tutti brava gente, la gente vanno via contenti, la gioventù di oggi sanno fare solo danni, arrivano un gruppo di pellegrini, uno sciame di api volavano sul prato.
Sono stati osservati anche dei comportamenti sintattici che possono costituire indizi utili per l’identificazione per lo meno di alcuni nomi collettivi. Per esempio, se un nome al singolare può essere modificato da numeroso (per es. una flotta numerosa) oppure unanime (per es. l’assemblea unanime ha respinto la proposta), se può occorrere in un sintagma con preposizioni o locuzioni preposizionali che indicano la collocazione in mezzo a elementi di un insieme come tra, fra, in mezzo a (per es. tra l’elettorato c’è malumore), se può costituire il soggetto di verbi come radunarsi, raggrupparsi, riunirsi, disperdersi, sparpagliarsi (per es. l’equipaggio si è riunito), se può costituire il soggetto di un verbo modificabile da avverbi o locuzioni avverbiali come unanimemente, all’unanimità (per es. il parentado ha deciso unanimemente), esso potrebbe appartenere alla classe dei collettivi. Da notare anche che alcuni collettivi possono essere preceduti da nomi che individuano singoli membri dell’insieme (per es. un capo di abbigliamento, un membro dell’azienda [parola su cui ci è arrivata una domanda], un pezzo di artiglieria, un’unità di personale).
Per ciò che riguarda il comportamento dei nomi collettivi in relazione alla categoria morfologica del numero, alcuni di essi sono numerabili e ammettono il plurale indicando una molteplicità di insiemi (per es. le squadre italiane). Altri sono non-numerabili, cioè sono dei “nomi di massa” non pluralizzabili (per es. la biancheria ma non *le biancherie); se occorrono al plurale essi possono subire un mutamento semantico (per es. genti ‘stirpe, popolo’). Questa distinzione si riflette anche in alcuni comportamenti diversi dei due tipi. Per esempio, i collettivi numerabili, a differenza dei non-numerabili, possono essere modificati da un numerale cardinale (per es. due orchestre ma non *due personali) o da quantificatori al plurale (per es. molte giurie ma non *molte selvaggine). I collettivi non-numerabili possono essere modificati da quantificatori al singolare (molto personale è a rischio ma non *molta giuria è a rischio) e prendono l’articolo partitivo (per es. ho comprato della biancheria nuova). L’etichetta di collettivo è associata spesso anche alle forme di plurale in ‑a che denotano non solo una pluralità di entità omogenee ma anche una pluralità organica tale da costituire un’entità complessa (v. Acquaviva 2008, 2013). Per esempio, mura, a differenza di muri, designa la cinta muraria di una città o di una fortezza oppure l’insieme delle strutture murarie di un edificio o di una casa. Significato collettivo si può attribuire anche ad alcuni nomi femminili invariabili in ‑a come, per es., frutta, che si riferisce all’insieme dei frutti commestibili, diversamente da frutto, che ne indica uno singolo. Si tratta comunque di paradigmi non produttivi, nel senso che non sono disponibili per creare nuove forme su questi modelli.
Dal punto di vista della loro struttura morfologica i nomi collettivi possono essere semplici oppure complessi, cioè ottenuti mediante l’aggiunta di suffissi o di elementi formativi ad altre unità lessicali. Questo meccanismo permette un continuo arricchimento del lessico dei collettivi. Solo per pochi suffissi la formazione di collettivi è funzione primaria; la maggioranza di essi forma nomi d’azione, nomi di qualità, nomi di status, nomi di luogo ecc. che per metonimia acquisiscono un significato collettivo. Per quanto riguarda la categoria lessicale delle basi da cui sono derivati i nomi collettivi, essi sono soprattutto nomi (per es. pollo → pollame ‘insieme di volatili da cortile’), ma possono essere anche aggettivi (risultati dell’ellissi di un nome, per es. trito → tritume ‘insieme di cose trite’), verbi (per es. accozzare → accozzaglia ‘mucchio di persone o cose accozzate’) e numerali (per es. terzo → terzetto ‘insieme di tre persone o cose accomunate da una caratteristica’). Dal punto di vista semantico, le basi di derivazione possono designare entità concrete o astratte, animate o inanimate; possono occorrere con significato metaforico (per es. pecora → pecorume ‘insieme di persone dal comportamento servile’), metonimico (per es. argento → argenteria ‘insieme di oggetti d’argento’) o generico (per es. valigia → valigeria ‘insieme di valigie, borse e simili’). Come vedremo, diversi collettivi derivati, in particolare quelli che denotano insiemi di persone, implicano un giudizio negativo da parte del parlante. La connotazione peggiorativa può essere già presente nel significato della base (per es. canaglia → canagliume) oppure può essere apportata dal suffisso (per es. impiegato → impiegatume).
I suffissi tipicamente collettivi sono ‑ame, ‑ume, ‑aglia, ‑ime, ‑uglio, ‑iglia e ‑iglio. Sono i primi tre, cioè ‑ame, ‑ume e ‑aglia, che troviamo nel maggior numero di derivati e ai quali i parlanti ricorrono più frequentemente per coniare dei neologismi.
Un gruppo di derivati con ‑ame, ‑ume e ‑aglia designa insiemi di persone valutate spregiativamente (per es. servitore → servitorame; letterato → letteratume; prete → pretaglia). Nella stampa e nella rete troviamo diversi neologismi effimeri di questo tipo (per es. benpensante → benpensantume, coatto → coattume, piccolo borghese → piccoloborghesume, vip → vippame e vippume), tra i quali alcuni coniati da nomi propri, in genere di politici, che indicano l’insieme di persone, ragionamenti, atteggiamenti ad essi associati e connotati negativamente (per es. Berlusconi → berlusconame; Bersani → bersanume; Renzi → renzaglia). Privi di valutazione negativa sono invece i derivati che si riferiscono a gruppi formati da animali (per es. bestia → bestiame; porco → porcume) o che designano insiemi di parti del corpo animale e/o umano (per es. budello → budellame, osso → ossame) oppure di parti di vegetali (per es. foglia → fogliame; frasca → frascume). Per quanto riguarda gli insiemi di entità inanimate, ci sono diversi collettivi formati con questi suffissi che indicano assortimenti o ammassi di oggetti (per es. pentola → pentolame; mollica → mollicume; ferro → ferraglia). I derivati da aggettivi (per es. minuto → minutame ‘insieme di cose ridotte a piccoli pezzi’; fritto → frittume ‘insieme di cibi fritti’) e soprattutto da verbi (per es. brulicare → brulicame ‘insieme di insetti brulicanti’; sfasciare → sfasciume ‘mucchio di rovine, di macerie’; spruzzare → spruzzaglia ‘insieme di piccoli spruzzi’) sono meno numerosi. Si noti che, se la base è non-numerabile, i derivati hanno un significato più di tipo accrescitivo che non collettivo (per es. cenere → cenerume ‘mucchio di cenere’).
Gli altri suffissi, cioè ‑ime, ‑uglio, ‑iglia e ‑iglio, li troviamo solo in un numero limitato di collettivi derivati da nomi (per es. saetta → saettime [obsoleto] ‘insieme di saette’; grano → graniglia ‘materiale da costruzione formato da frammenti di pietre o marmo’), aggettivi (per es. marcio → marcime ‘insieme di rifiuti marciti’; rimaso → rimasuglio ‘insieme di cose rimaste’), verbi (per es. mangiare → mangime ‘insieme di prodotti e sostanze utilizzato per nutrire il bestiame’; mischiare → miscuglio ‘insieme, mescolanza di elementi o persone o concetti, ecc.’) e numerali (per es. terzo → terziglio ‘gioco di carte giocato da tre giocatori’).
Vediamo ora i collettivi morfologicamente complessi che presentano dei suffissi la cui funzione primaria è la formazione di nomi che appartengono ad altre categorie semantiche ma che possono essere usati metonimicamente con un significato collettivo.
Numerosi nomi d’azione, per esempio, possono designare, oltre che l’evento stesso indicato dalla base verbale, anche un insieme di entità che svolgono il ruolo di agente (per es. immigrare → immigrazione ‘insieme di persone che immigrano’), di strumento (per es. arredare → arredamento ‘insieme di ciò che serve per arredare’), di paziente (per es. allevare → allevamento ‘insieme di animali allevati’ [parola su cui ci è pervenuta una domanda], spedire → spedizione ‘insieme di ciò che viene spedito’) o di risultato (per es. sminuzzare → sminuzzatura ‘insieme di frammenti ottenuti sminuzzando qualcosa’). Si potrebbe considerare collettivo anche il significato di alcuni nomi d’azione, derivati da verbi reiterativi con il suffisso ‑io, che indicano una serie di azioni ripetute o prolungate (per es. borbottare → borbottio ‘un borbottare continuo e prolungato’, pettegolare → pettegolio ‘un pettegolare continuo e incessante’, tremolare → tremolio ‘un tremolare continuo’, vociare → vocio ‘insieme confuso di voci prodotto da persone che gridano o parlano a voce alta’ [sinonimo dell’infinito nominalizzato del verbo, cioè il vociare, parola su cui ci è arrivata una domanda]).
Alcuni nomi di qualità indicano, oltre alla qualità designata dalla base aggettivale, anche l’insieme delle persone o delle cose che la presentano (per es. criminale → criminalità ‘l’insieme dei criminali’; lordo → lordura ‘insieme di cose lorde’).
Sono abbastanza numerosi i nomi di status che, oltre a indicare una carica, una funzione, una dignità o una condizione sociale e, in alcuni casi, l’ambito, il territorio, la sede, il periodo in cui tale carica è esercitata, denotano anche la classe o il gruppo sociale dei referenti del nome che costituisce la base (per es. borghese → borghesia ‘l’insieme dei borghesi’; cittadino → cittadinanza ‘l’insieme dei cittadini’; magistrato → magistratura ‘l’insieme dei magistrati’; marchese → marchesato ‘l’insieme dei marchesi’).
A metà strada tra nomi di luogo e collettivi si collocano numerosi derivati da fitonimi e da zoonimi, tra cui alcuni già menzionati sopra. I primi indicano la presenza di organismi vegetali (o parti di essi) in grande quantità e, in genere, anche i luoghi in cui essi di norma si trovano, vivono, crescono o sono coltivati (per es. abete → abetaia ‘bosco di abeti’; castagno → castagneto ‘bosco di castagni’; felce → felceta ‘moltitudine di felci’; sterpe → sterpiccio ‘moltitudine di sterpi’). L’italiano possiede un discreto numero di suffissi con questa funzione che non di rado sono in competizione tra loro in quanto applicabili alle stesse basi (per es. sterpe → sterpaglia, sterpaia, sterpaio, sterpame, sterpeto, sterpiccio). I derivati da zoonimi indicano in genere piccoli fabbricati, recinti e impianti adibiti all’allevamento oppure tane, nidi o cavità naturali che servono come rifugio, ma possono riferirsi anche a una moltitudine di animali (per es. formica → formicaio ‘schiera di formiche’, pollo → pollaio ‘insieme di polli e altri volatili allevati’).
Un altro folto gruppo di collettivi è formato con il suffisso ‑eria. Alcuni derivati che indicano insiemi di persone possono avere anche altri significati metonimicamente collegati riferendosi a azioni, atteggiamenti, modi di pensare o di comportarsi (per es. avvocato → avvocateria ‘categoria degli avvocati; artificio da avvocato’). A insiemi di entità di vario tipo, collezioni, raccolte, assortimenti, si riferiscono i derivati da nomi che designano oggetti (per es. rubinetto → rubinetteria ‘insieme di rubinetti e simili’). Talvolta essi indicano anche il luogo dove gli oggetti in questione vengono realizzati e/o riparati, conservati, venduti (per es. cristallo → cristalleria ‘assortimento di oggetti di cristallo; fabbrica di cristalli; negozio di oggetti di cristallo’).
Molte formazioni in ‑istica indicano sia un insieme di oggetti sia il complesso di attività nel campo dell’industria, della tecnica e, in genere, della produzione e del commercio, a essi connessi (per es. accessorio → accessoristica ‘settore dell’industria che si occupa di produrre accessori; il complesso degli accessori prodotti’). Altre si riferiscono per lo più ad ambiti di studio e all’insieme degli oggetti di studio oppure ad attività di scrittura o artistiche e all’insieme dei prodotti delle attività stesse (per es. cronaca → cronachistica ‘studio delle antiche cronache; il complesso delle cronache di un periodo’, vignetta → vignettistica ‘l’arte di disegnare vignette; l’insieme delle vignette di un autore o di un’epoca, ecc.’).
Insiemi di documenti scritti come repertori, collezioni, raccolte, liste, elenchi nonché i contenitori che li contengono, racchiudono o raccolgono, possono essere indicati con derivati in ‑ario (per es. scheda → schedario ‘insieme di schede raccolte; mobile o altro tipo di contenitore adibito alla loro raccolta’) e in ‑iere (per es. medaglia → medagliere ‘insieme di medaglie; mobile predisposto per una collezione di medaglie’).
Insiemi di persone (per es. tavola → tavolata ‘gruppo di persone sedute alla stessa tavola’), di animali (per es. nidio, variante arcaica di nido → nidiata ‘l’insieme di uccellini di un nido’) o di oggetti di varia natura (per es. scaffale → scaffalata ‘insieme di libri, ecc. contenuto in uno scaffale’) possono essere indicati anche da derivati in ‑ata da nomi di contenitori e, più in generale, di spazi di localizzazione in senso lato. Altre formazioni in ‑ata denominano una serie di elementi di costruzioni (per es. cancello → cancellata ‘insieme di cancelli collegati tra di loro’ [parola su cui ci è pervenuta una domanda], gradino → gradinata ‘serie di gradini di una certa ampiezza; l’insieme di spettatori che vi siedono’) o altri tipi di insiemi (per es. lenzuolo → lenzuolata ‘fila di lenzuola stese’, seracco → seraccata ‘insieme, serie di seracchi’). Si può individuare un valore collettivo anche in alcuni derivati in ‑ato (per es. tovaglia → tovagliato ‘servizio di biancheria da tavola’, vicino → vicinato ‘insieme dei vicini’) e in ‑iera (per es. pedale → pedaliera ‘insieme dei pedali’, tasto → tastiera ‘serie di tasti’).
Oltre a designare una dottrina, un’ideologia, una corrente di opinione, una propensione, taluni nomi astratti in ‑ismo/‑esimo possono indicare anche l’insieme di coloro che si riconoscono in esse (per es. volontario → volontarismo ‘movimento e atteggiamento politico; l’insieme dei volontari’; cattolico → cattolicesimo ‘confessione, dottrina cristiana; l’insieme dei cattolici’). Da notare che i termini linguistici consonantismo e vocalismo, che indicano rispettivamente l’insieme delle consonanti e vocali di una lingua, sono solo collettivi.
Un sottogruppo particolare di nomi è costituito dai derivati da numerali cardinali e ordinali che, a differenza degli altri collettivi che designano insiemi che non possono essere numerati aritmeticamente nei singoli elementi che li compongono, indicano la quantità (esatta o approssimata) delle entità di cui sono composti gli insiemi designati. Le formazioni in ‑etto si riferiscono a piccoli insiemi di persone: complessi musicali costituiti da un determinato numero di strumentisti e/o voci o di brani musicali composti per tali complessi (per es. quarto → quartetto). Il suffisso ‑ina forma dei nomi che denotano una combinazione di n entità: strofe poetiche composte da un determinato numero di versi (per es. terzo → terzina) oppure diversi insiemi di n o di approssimativamente n unità dello stesso genere (per es. cinquanta → cinquantina). Un periodo di n anni designano invece le formazioni in ‑ennio (per es. venti → ventennio).
Dopo aver illustrato il ruolo di numerosi suffissi nella formazione di nomi collettivi, ci rimane ancora da menzionare due elementi formativi di origine greca e trasmessi all’italiano attraverso il latino, ‑ologia e ‑oteca, che in composizione con parole italiane o in prestiti dal latino concorrono anche essi all’arricchimento del lessico dei collettivi (per es. dantologia ‘l’insieme degli studi su Dante’, terminologia ‘l’insieme dei termini propri di una disciplina, di un settore tecnico o di un ambito sociale’; biblioteca ‘raccolta di libri’ [parola su cui ci sono arrivate varie domande], cartoteca ‘raccolta di carte geografiche’, ma non paninoteca [altra parola su cui ci è arrivata una domanda], che non designa un insieme di panini bensì un locale pubblico specializzato nella loro preparazione).
Chi fosse interessato ad approfondire la problematica dei collettivi morfologicamente complessi in italiano può trovare una presentazione dettagliata in Grossmann 2004 e delle analisi di singoli aspetti in Acquaviva 2005, D’Achille-Grossmann 2019, Franco-Baldi-Savoia 2019, Magni 2018, Naddeo 2017, Poletto-Penello 2006; per un confronto, anche dal punto di vista storico, tra alcuni suffissi collettivi dell’italiano e quelli di altre lingue romanze, si possono consultare Kleineberg 2022, Mihatsch 2021, Rainer 2018a, 2018b, 2022.
Nota bibliografica:
Maria Grossmann
14 novembre 2022
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