Raffaellino del Garbo (attr.), Annunciazione
Le Stagioni. Un altro bene artistico inserito solo recentemente negli ambienti di rappresentanza della Villa di Castello è l'affresco staccato proveniente dalla vicinissima Villa Grazzini, denominata Il Pozzino per la presenza di un bel pozzo all'interno del cortile. L'affresco fu probabilmente commissionato da uno dei figli della facoltosa famiglia, Giovan Francesco o Lionardo. Il pittore fiorentino che eseguì il soffitto del Pozzino certamente dovette formarsi su Giovanni da San Giovanni e sul Volterrano e sembra appartenere alla seconda metà del Seicento ed essere partecipe delle esperienze fiorentine dei pittori operanti all'epoca degli Ultimi Medici, circa negli anni Ottanta, con aperture verso il Gherardini, a cui molte figure di angioletti sembrano strettamente connesse; il pittore affrescò un soggetto ispirato ai diletti della campagna, con la veduta della Villa come luogo di piacere e di tranquillo riposo in tutte le stagioni, raffigurata in basso in tutti i suoi particolari. Le "Stagioni" sono direttamente ispirate al testo iconografico principale del periodo, quello di Cesare Ripa, dedotto dalle fonti classiche e, nel caso specifico, dall'Orazio dell'Odi e dall'Ovidio dei Fasti e delle Metamorfosi. La Primavera è infatti raffigurata come una fanciulla con le mani piene di fiori, sotto di lei si trova invece l'Estate, raffigurata come "una giovane dall'aspetto robusto, coronata di spighe di grano, vestita di color giallo". Segue l'Autunno, esattamente raffigurato secondo l'indicazione ovidiana o anche come Bacco. L'Inverno doveva concludere il ciclo delle Stagioni, ma la sua figura è andata irrimediabilmente perduta durante lo sciagurato stacco dell'affresco, avvenuto intorno agli anni Cinquanta del nostro secolo.
La vigilanza e il sonno. Baldassarre Franceschini, detto il Volterrano, fu uno tra i migliori pittori del Seicento fiorentino. L'affresco si trova in un salone di passo ovvero l'anticamera del piano nobile. La destinazione originaria dell'ambiente, detto "stanza del guardia" ad uso degli staffieri, dà conto del soggetto prescelto, ovvero l'antinomia tra la veglia solerte della Vigilanza, affiancata dal simbolo consueto della gru col sasso nella zampa levata (pronta a destare le compagne in caso di pericolo lasciandolo cadere), e la smemorata incoscienza del Sonno, alimentata dai fumi oppiacei del papavero, suo attributo fin dall'antichità. Il Baldinucci, moralizzando ulteriormente il contrasto, ritenne che il Sonno venisse "risvegliato per ordine di quella [Vigilanza], da alcuni fanciulli, i quali con papaveri accesi ad una lucerna, gli affumicano le narici".
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