Presentazione:
Alla vigilia dell’anno in cui ricorre il centocinquantenario della morte di Manzoni si è tenuto a Parma (in data 7 dicembre 2022), nell’ambito delle attività della scuola di Dottorato di ricerca in Scienze filologico-letterarie, storico-filosofiche e artistiche, una giornata di studio dal titolo La lingua dei «Promessi sposi»: lavori in corso. Era l’occasione per mettere a confronto ricerche linguistiche condotte su fronti diversi, e con differenti metodologie, da giovani impegnati nella tesi di dottorato, o da poco dottori, nella convinzione che il confronto potesse rappresentare, specie negli anni fecondi della formazione, un lievito prezioso di riflessioni. I saggi qui raccolti sono excerpta di lavori in corso di più ampio respiro: li offriamo ad Angelo Stella, che aveva incoraggiato l’iniziativa e attendeva di valutarne i risultati, in memoria di riconoscenza e di affetto, con l’auspicio che l’anniversario manzoniano, giunto ormai al termine, possa promuovere una nuova leva di valenti studiosi.
Abstract:
Tra le postille che Alessandro Manzoni ha apposto all’esemplare di seconda edizione del Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini di sua proprietà, se ne leggono due che contengono rimandi molto puntuali alla Parte seconda del Prontuario di vocaboli di Giacinto Carena. Oltre a dare prova di una datazione – valida almeno per queste postille – successiva al 1853, anno di pubblicazione dell’opera, queste note dimostrano come, al di là delle note critiche al modus operandi adottato da Carena, il Prontuario sia stato studiato a lungo e attentamente da Manzoni, al punto da considerarlo un testo di riferimento per le sue correzioni alla parte italiana del Cherubini. Il rapporto tra Manzoni e Carena, dunque, va letto anche alla luce di questi materiali privati che, forse più del loro scambio epistolare, dicono del reale interesse provato dallo scrittore milanese verso l’opera del lessicografo torinese. Il contributo presenta queste postille, ancora inedite, e intende dare avvio ad una rilettura, ancora parziale e in via di sviluppo, del dialogo silenzioso e “non ufficiale” tra Manzoni e Carena, con nuovi spunti derivati dalle carte private di entrambi.
Tra i postillati cherubiniani appartenuti ad Alessandro Manzoni oggi noti, c’è un esemplare di seconda edizione del Vocabolario milanese-italiano, conservato presso la Sala Manzoniana della Biblioteca Nazionale Braidense con segnatura Manz. XV 16 B/1-4, che presenta numerose postille apposte da Emilia Luti, a matita, e dallo stesso Manzoni, con l’inchiostro, che ha ricalcato anche alcune delle Luti[1]. Le postille mute – cancellature, sottolineature, segni di lettura a margine – sono numerosissime, così come quelle verbali, che riguardano oltre 600 entrate del Vocabolario e sono distribuite in maniera non omogenea sui 4 tomi, essendo più fitte nei primi due. La trascrizione integrale e lo studio delle postille parlanti è stata oggetto della mia tesi di laurea (a.a. 2015/2016; relatrice Prof. Gabriella Cartago) e di due articoli successivi[2]; in questa occasione mi limiterò solamente a sottolineare che l’attività postillatoria della Luti è significativa per più aspetti. In primo luogo, l’incarico affidatole prova gli scopi perseguiti dal Manzoni, non più interessato a cogliere riscontri in “libri toscani d’ogni secolo”[3]: il possesso naturale del fiorentino basta perché Luti sia riconosciuta come autorità in fatto di lingua. Emilia cancella parole, frasi, espressioni percepite come obsolete; decresce la letterarietà della parte italiana del vocabolario (“fatto un po’ troppo sui libri”, secondo il noto giudizio del Manzoni[4]); sostituisce parte di ciò che elimina con voci e locuzioni vive e vere, fiorentine. Inoltre, le sue postille dicono qualcosa sulla datazione delle stesse: i rapporti tra Emilia e Manzoni cominciarono nel settembre del 1839, quando era istitutrice in casa d’Azeglio, e si intensificarono dal maggio del ‘41 al maggio del ‘42, durante la sua permanenza a casa Manzoni. Negli stessi anni, tra il 1839 e il 1843, Francesco Cherubini dava alle stampe i quattro tomi della seconda edizione del suo Vocabolario milanese-italiano e gli interventi correttori richiesti alla Luti sembrano quindi dare conferma dell’attenzione immediata del Manzoni per questa seconda edizione.
A questi dati ricavati implicitamente dalle postille della Luti (la cui attività si interrompe bruscamente alla voce Frànza, tomo II, p. 172), che lasciano intendere, “sulla base dei rapporti allora intercorsi tra i postillatori”, che la postillatura sia databile “almeno nella sua massima parte, al 1840-1842” (Gaspari 1993, p. 253), è possibile aggiungere alcune prove esplicite di una datazione più tarda, grazie alle fonti cui Manzoni rinvia in annotazioni certamente successive ai primi anni Quaranta.
Due note contengono, infatti, rimandi molto puntuali al Prontuario di Giacinto Carena, e più precisamente alla Parte seconda (Vocabolario metodico d’arti e mestieri), pubblicata a Torino, presso la Stamperia Reale, nel 1853. La prima si trova alla voce Compònn (tomo I, p. 319), dove Cherubini riporta l’espressione Componn a la longa, indicandola come T. di Stamp., termine degli stampatori, di cui non dà un corrispettivo italiano, ma piuttosto una definizione (“Il comporre gran quantità di righe per uno stampato senza impaginare”) e una traduzione in francese (“ciò che presso gli stampatori francesi viene detto Aller en galée o en paquet”). Manzoni inserisce un rimando a fianco dell’espressione (una sorta di cancelletto: #), ripreso nel lato apposto della pagina, dove appunta: “Componn a la longa. Comporre a dilungo. Car. arti e mest. pag. 139” (fig. 1).
Fig. 1: postilla manzoniana alla voce Componn a la longa del Vocabolario milanese-italiano di seconda edizione da lui posseduto (BNB Manz. XV. 16.B).
La seconda parte del Prontuario di Carena è divisa in Articoli e a pagina 139 siamo all’Articolo V, intitolato Stampatore, che contiene appunto i termini relativi alla stampa e agli stampatori. L’espressione Comporre a dilungo occupa un lemma a sé rispetto a Comporre e vi si legge la seguente definizione:
significa riunir righe in assai maggior numero che non comporta la voluta Giustezza delle pagine; ciò fassi specialmente per non avere a impaginare più volte le bozze, sulle quali si prevedono molte le correzioni, frequenti le posizioni, e lunghe le giunte che l’autore sia per farvi nel rivederle. (Carena 1853, p. 139)
L’altra nota contenente un rinvio al Prontuario è alla voce Seggèlla (tomo IV, p. 181), che Cherubini descrive come “Sp.[specie] di secchiuolo che va somministrando acqua alle cote dell’arrotino”. A fianco Manzoni annota: “Botticello = Carena” (fig. 2), riferendosi di nuovo al Vocabolario metodico d’arti e mestieri, in cui poteva leggere la lunga descrizione del Botticello proposta da Carena, nell’Articolo XXII, dedicato all’Arrotino.
Fig. 2: postilla manzoniana alla voce Seggèlla del Vocabolario milanese-italiano di seconda edizione da lui posseduto (BNB Manz. XV. 16.B)
Entrambe le postille sono prova di una datazione, senz’altro valida almeno per queste, successiva al 1853 e dimostrano non solo l’attenzione riposta da Manzoni al Prontuario del Carena, ma anche lo studio incrociato, il dialogo a distanza, avvenuto sulla sua scrivania, tra Prontuario careniano e Vocabolario cherubiniano: Manzoni, infatti, per cercare una corrispondenza fiorentina per il milanese Componn a la longa, espressione degli stampatori trovata nel Cherubini, controlla nell’articolo sugli stampatori del Carena; per il milanese Seggella, nella cui definizione trova l’attinenza con il lessico dell’arrotino, verifica nel relativo articolo del Prontuario.
Le prime due parti del Prontuario di Giacinto Carena, la citata seconda parte d’arti e mestieri, e la prima costituita dal Vocabolario domestico, sono state possedute dal Manzoni (ora conservate al Centro Nazionale Studi Manzoniani con segnatura CS.M 426-427). Non fanno parte della collezione manzoniana, invece, né la Parte Terza, uscita postuma nel 1860, un anno dopo la morte di Carena, curata da Amedeo Peyron e contenente il vocabolario dei veicoli su terra e dei veicoli su acqua, e di frammenti relativi ai vocaboli mercantili, alla zecca, ed al cavalcare (Carena 1860), né le precedenti Osservazioni intorno ai vocabolarj della lingua italiana, specialmente per quella parte che ragguarda alle definizioni delle cose concernenti alle scienze naturali (Carena 1831). Anzi, come ha scritto Carla Marello che le ha approfonditamente studiate, “non risulta che Manzoni fosse a conoscenza delle Osservazioni”, poiché «qualora le avesse lette, trovandovi registrati “travagli” linguistici simili a quelli da lui provati, ne avrebbe certamente fatto accenno in occasione della successiva corrispondenza» (Marello 1981, pp. 91-92). Queste Osservazioni derivano, infatti, da un lavoro di studio e postillatura svolto da Carena nel periodo 1829-1831 sul Dizionario della lingua italiana “della Minerva”, dunque su un vocabolario assolutamente cruscante, proprio come fece Manzoni, pochi anni prima, seppur con intenti e modalità del tutto differenti, con la sua Crusca.
Nemmeno dei primi frutti delle inchieste onomasiologiche condotte da Carena in Toscana a partire dal 1837, pubblicati già nel 1840 in un volumetto che Carena stesso definì “specie di prodromo” al Prontuario vero e proprio[5], sembra esserci traccia nell’intero corpus di scritti manzoniani (epistolario incluso), mentre ne erano ben a conoscenza altri dotti milanesi attivi in ambito lessicografico come Giovanni Gherardini o lo stesso Francesco Cherubini. All’indomani dell’uscita del fascicolo, infatti, Carena ne inviò copia a Cherubini, che lo ringraziò con una lettera spedita da Milano in data 4 novembre 1840, in cui dice anche di averne consegnata una al Gherardini, che però se l’era già procurata per altre vie, e aggiunge:
desidero vivamente di veder l’opera così per la buona aspettanza che io ne ho con ogni altro dei nostri, conoscendo la penna che la scrive, come per giovarmene nella prosecuzione del mio Vocabolario mil. italiano di cui uscì fin da aprile scorso il primo volume.[6]
Cherubini fa naturalmente riferimento alla seconda edizione del suo Vocabolario milanese-italiano, in cui, nella Premessa al primo volume, accenna all’“idioma preferito”, ovvero la lingua di Firenze, citando proprio il lavoro del Carena:
preferito con quella non ingiusta predilezione per cui tanti dotti italiani si recano a Firenze e non altrove a raccorre que’ vocaboli tecnici de’ quali è difetto ne’ vocabolarj; fra i quali dotti merita special menzione l’esimio caval. Carena che pel Vocabolario tecnico onde siamo da lui speranzati raccolse pure le voci nella deliziosa Firenze. (Cherubini 1839: p. XIV)
La successiva lettera di Cherubini a Carena è datata 10 gennaio 1847, questa volta all’indomani dell’invio da parte di Carena della Parte prima del Prontuario. Cherubini, oltre ad elogiare i meriti del “pregiato lavoro”, opera d’uomo che “seppe vincere buona parte delle difficoltà che insorgono nella stesura de’ Vocabolarj metodici”, sottolinea il valore aggiunto derivato dell’essersi recato di persona in Toscana: “Lei felice che poté raccogliere dalla Toscana tanta dovizia di lingua parlata”[7].
Carena aveva inviato copia del Prontuario anche a Manzoni, preannunciandolo con una lettera spedita da Torino in data 9 novembre 1846[8], ottenendo, come ben noto, diversa accoglienza. Grazie al libro di Ezio Flori, Alessandro Manzoni e Teresa Stampa. Dal carteggio inedito di Donna Teresa, possiamo quasi ‘vedere’ la scena della ricezione in casa Manzoni del vocabolario del Carena. È il 24 novembre 1846, un martedì, “giorno di Rossari”, che ogni martedì si recava a pranzo in casa Manzoni, e, scrive Teresa al figlio Stefano,
ho mandato a prendere quel vocabolario di G. Carena: peccato che per molti vocaboli cita il Redi, il Salviati ecc. e poi mette due o tre parole della stessa cosa che saranno p. es. di Pisa, Siena, Firenze: senza indicare qual sia quella di Firenze; chè egli non indovina che abbia ad esser proprio fiorentina la parola. Peccato, peccato, peccataccio! Andar a Firenze apposta, e poi non star lì. Se Alessandro non glielo dice con lettera, è finita – dice Rossari; m’ha promesso di sì, papà, che scriverebbe… (Flori 1930, p. 221) [9]
E ancora, pochi giorni dopo, ribadisce con insistenza:
Il vocabolario del signor G. Carena (è egli chiaro abbastanza?) gli è un volumetto fatto come al solito, benchè sia andato più volte a Firenze per compilarlo. Parole del Redi, del Salviati, ecc. ecc. poi Firenze, Pisa, Siena ecc., poi non dice almeno queste tali sono di Fir., codeste di Siena, codeste di Pisa ecc. ecc. adunque guazzabuglio. Papà gli scrive perché gli può fare e ci può fare bene. Io credo che (capisci? come credo) credo d’un 800 parole del Carena, 200 saranno fiorentine dunque bone e che nel Cherubini d’un 10 mila vocaboli 2 mila soli per un modo di dire siano boni. (Flori 1930, p. 222) [10]
Dunque, la risposta di Manzoni, che avverrà solo l’anno successivo con la lettera del 26 febbraio[11], “prodromo” del futuro saggio Sulla lingua italiana, primo scritto linguistico edito (nelle Opere varie, fascicolo VI, pp. 585-608, Milano, Redaelli, ottobre 1850), era caldeggiata dalla moglie Teresa e dall’amico Rossari, che ne condividevano le critiche poi distesamente argomentate da Manzoni nella lettera.
Il carteggio Manzoni-Carena è proseguito con la risposta di quest’ultimo (Torino, 16/03/1847)[12], con la quale chiedeva la possibilità di pubblicare la lettera ricevuta, e il successivo, provvisorio diniego manzoniano (Milano, 29/03/1847)[13]. Dopo tre anni di silenzio, Manzoni annuncia finalmente a Carena (Lesa, 1/08/1850)[14] la prossima pubblicazione della lettera nelle sue Opere Varie e dà il benestare per la contemporanea pubblicazione da parte di Carena su una rivista a sua scelta. Ma il lessicografo torinese rifiuta, rispondendogli da Firenze, dove si trovava al lavoro per completare la seconda parte del suo Prontuario (Firenze, 8/08/1850)[15].
Non ci furono successivi scambi epistolari fra i due e, guardando all’insieme dei carteggi familiari e letterari manzoniani, Carena non sarà citato che in un’unica occasione, in una lettera al genero Giorgini, speditagli da Milano il 31 dicembre 1857[16]. La lettera si apre con un riferimento al Vocabolario del Cherubini (“la bona volontà che mi fai vedere col fatto, di continuare lo spoglio del Cherubini”), perché gli aveva chiesto qualche giorno prima, sempre via lettera, di riprendere in mano il Vocabolario milanese-italiano e di concentrarsi sulle locuzioni comuni tra fiorentino e milanese. Manzoni racconta poi che Lorenzo Litta, “consigliere comunale e membro d’una commissione istituita per la riforma delle iscrizioni delle botteghe della città”, aveva “proposto e ottenuto che i vocaboli di queste siano presi dalla lingua attualmente parlata in Firenze, servendosi dei due vocabolari del Carena, fin dove arrivano, e ricorrendo per il di più a Firenze, cioè dov’è andato a farli il Carena medesimo”. Felice nel raccontare questa notizia a Giorgini, Manzoni parla di un “gran salto dalla lingua scritta alla lingua parlata”.
La fortuna del Prontuario di Carena, e la sua utilità pratica, non fanno dimenticare a Manzoni i limiti dell’opera – che prontamente sottolinea con quel “fin dove arrivano” – tanto che la notizia sembra sia stata accolta positivamente più per il riferimento alla lingua parlata che per l’accenno al Carena. D’altronde, che Manzoni abbia conservato immutate le proprie riserve sul Prontuario sembra provarlo il silenzio stesso che riserva all’opera e all’autore, nonché un episodio, anche questo risalente alla metà degli anni Cinquanta, e anche questo avvenuto in ambito domestico e privato, riportato dal Tommaseo nei suoi Colloqui col Manzoni, avvenuti a Lesa nei primi giorni del novembre 1855:
Del Carena si duole che, ito in Toscana per raccogliere il linguaggio famigliare e delle arti, a quel che attinse dall’uso di lì, mescolasse gli usi d’altri dialetti e fin d’altre lingue e le proposte sue proprie, senza distinguere cosa da cosa, senza dare le differenze de’ vocaboli affini, nè additare quelli che dicono per l’appunto il medesimo, nè dichiarare i men noti, ne’ quali i non Toscani risicano di prendere strani abbagli. (Tommaseo 1928, pp. 105-106)
Ma anche Carena, da parte sua, rimase fermo sulle sue posizioni iniziali. La sua risposta alla lettera manzoniana che diverrà il saggio Sulla lingua italiana conferma, al di là delle gentili frasi di rito e delle dichiarazioni di stima, la divergenza tra la visione manzoniana e la sua. Questa lettera confluirà poi nella ben più ricca e argomentata Giunta alla Prefazione della seconda edizione del Vocabolario Domestico del 1851 (Carena 1851), in cui Carena controbatte ufficialmente le critiche mossegli da Manzoni[17]. Si confrontino due passaggi significativi, il primo tratto dalla lettera del 16 marzo 1847, il secondo dalla Giunta del 1851, che palesemente si richiamano e quasi si ricalcano, a conferma delle non mutate riflessioni e intenzioni da parte di Carena:
io mi fermai nell’idea, che il mio Prontuario sarebbe bell’e fatto, sol coll’ordinare le parole del Vocabolario della Crusca, di certo toscane, e per lo più fiorentine, e alle mancanze di esso, che son pur molte, supplire col raccogliere, come feci, i vocaboli dalla viva voce della gente toscana, e spezialmente fiorentina. Attignere unicamente a quest’ultima fonte, cioè alla lingua parlata oggidì a Firenze, sarebbemi paruta troppo gretta cosa, e anche ingiusta, perché nella lingua scritta, cioè nel Vocabolario, son di molte parole, che furono certamente viventi in Firenze, e forse lo sono tuttora, a mia insaputa, o possono esser fatte rivivere nelle scritture, e forse anche nella favella. (Manzoni/Arieti 1970, pp. 879-880)
quelle altre parole poi, le quali sono meno tecniche, e che chiamerò andanti o comuni, credei, per accelerare un po’ il lavoro, poterle prendere con maggiore sicurità da un preesistente repertorio dove si trovano autenticamente registrate, cioè dal Vocabolario della Crusca. E ciò ho fatto perché l’attaccarle tutte dalla bocca dei Fiorentini parlanti sarebbe stata opera inutilmente e stucchevolmente lunga, e tale, in alcuni casi, da non venirne a capo giammai. (Carena 1851, p. XX)
Nella risposta privata così come nella Giunta, Carena ribadisce il proprio particolare intento, quello cioè di “ordinare le parole” secondo una metodologia diversa rispetto al tradizionale ordine alfabetico. Quel che gli importa maggiormente non è la viva fiorentinità della parola, ma la possibilità “di trovare in un Vocabolario il nome ignorato di una cosa non ignorata” (Carena 1851, XXV). Inoltre, Carena è fermamente convinto che, se le parole sono registrate nel Vocabolario della Crusca, allora sono “di certo toscane, e per lo più fiorentine”, quindi sarebbe uno sforzo inutile riprenderle “tutte dalla bocca dei Fiorentini parlanti”. E se si togliesse dal Prontuario quel nucleo di voci non fiorentine, quel che si otterrebbe sarebbe un vocabolario fiorentino, “come se ne hanno di quasi tutti i dialetti d’Italia, Lombardo, Veneziano, Piemontese, Genovese, Napoletano, Siciliano, ecc.” e non se ne vedrebbe né la novità né l’utilità. C’è, poi, tanto nella lettera quanto nella Giunta, un’insistenza significativa sul verbo fare (nella lettera: “come feci”, “io non abbia saputo far meglio”, “io farò quel di più e quel meglio che potrò […] io non possa fare tutto quel che vorrei”; nella Giunta: “ciò ho fatto”, “a S. Marcello io feci la nomenclatura della Cartiera”, “feci ampia raccolta di termini della Marineria”, “io mi feci a consultare”), che vuole probabilmente essere una rivendicazione del proprio operato, di essere cioè riuscito a portare a compimento un’opera che da più parti (Manzoni compreso) è additata come utile e necessaria, ma forse anche una velata difesa dalle osservazioni provenienti da chi, invece, non “fa”, perché teorizza sistemi “da non venirne a capo giammai”:
vedo benissimo la disparità tra le sottili stringenti sue ragioni teoriche sulla lingua, astrattamente verissime, e le mie diffuse parole, dettatemi dalla persuasione di non poter altramente soddisfare al particolare assuntomi impegno anzidetto, e dare così agli Italiani ciò che mi parve esser loro di un più pronto e pratico vantaggio. (Carena 1851, pp. XXV-XXVI)
Malgrado il vizio di troppa toscanità e di non esclusiva fiorentinità che Manzoni additò più volte nel tempo all’opera di Carena, le postille riportate all’inizio (quelle a comporre a dilungo e a botticello) dimostrano tuttavia come il Prontuario sia stato studiato e considerato attentamente da Manzoni, che lo cita nelle sue correzioni e aggiunte al Cherubini, quando questo pecchi nella resa italiana del termine o dell’espressione milanese. E non solo, poiché, oltre agli espliciti riferimenti, vi sono almeno un’altra quindicina di casi in cui le correzioni manzoniane al Vocabolario del Cherubini sono consonanti con altrettante definizioni del Prontuario del Carena, quasi delle citazioni letterali senza dichiarazione della fonte. Ma di queste note, così come di altre rilevanti al fine di determinare quali siano state le auctoritates di lingua cui Manzoni si è affidato per queste sue postille, si promette di dar notizia in future occasioni.
Nota bibliografica
Note:
[1] Il postillato in questione è giunto a Brera per volere di Pietro Brambilla, con il lascito dei manoscritti e dei libri manzoniani (cfr. Ghisalberti 1951, pp. XV-XXIV). L’esemplare, assieme agli altri postillati cherubiniani, è sinteticamente presentato in Gaspari 1993, pp. 231-254.
[2] Cfr. Ferrari 2017 e Ferrari 2022.
[3] La celebre citazione è tratta dall’Appendice alla Relazione intorno all’unità della lingua e ai mezzi di diffonderla, in cui Manzoni racconta i travagli provati da “uno scrittore non toscano” che, alla ricerca di una lingua “viva e vera”, “s’ingegnava a ricavar dalla sua memoria le locuzioni toscane che ci fossero rimaste dal leggere libri toscani d’ogni secolo, e principalmente quelli che si chiamano di lingua”: cfr. Manzoni/Stella-Vitale 2000, p. 233. Sulle postille manzoniane ai testi “di lingua” si veda Cartago 2013.
[4] La frase è tratta dalla lettera a Giuseppe Borghi del 25 febbraio 1829. Cfr. Manzoni/Arieti 1970, p. 546.
[5] Cfr. De Mauro 1977: «Nel 1840 pubblicò uno smilzo fascicolo, che doveva poi definire “specie di prodromo” alle successive più ampie pubblicazioni in materia, intitolato Prontuario di vocaboli attenenti a parecchie arti, ad alcuni mestieri, a cose domestiche e altre di uso comune, per saggio di un Vocabolario metodico della lingua italiana (Torino 1840)».
[6] La lettera autografa, inedita, si trova nel subfondo Carteggi dell’Archivio Storico dell’Accademia delle Scienze di Torino, con segnatura CART. 19994.
[7] Anche questa lettera è inedita ed è conservata presso l’Archivio Storico dell’Accademia delle Scienze di Torino, con segnatura CART. 19993.
[8] Cfr. Manzoni/Diafani-Gambacorti 2017, pp. 995-997. L’originale è conservata alla Biblioteca Nazionale Braidense (segnatura: Manz. B. XX. 46/1).
[9] La lettera di Teresa Borri Stampa da cui si cita è datata 25 novembre 1846.
[10] La lettera di Teresa Borri Stampa da cui si cita è datata 30 novembre 1846.
[11] Cfr. Manzoni/Arieti 1970, pp. 381-404 e Manzoni/Diafani-Gambacorti 2017, pp. 1009-1030. L’originale è conservata all’Accademia delle Scienze di Torino.
[12] Cfr. Manzoni/Arieti 1970, pp. 879-880 e Manzoni/Diafani-Gambacorti 2017, pp. 1035-1038. L’originale è conservata alla Biblioteca Nazionale Braidense (segnatura: Manz. B. XX. 46/2).
[13] Cfr. Manzoni/Arieti 1970, pp. 406-407 e Manzoni/Diafani-Gambacorti 2017, pp. 1038-1040. L’originale è conservata all’Accademia delle Scienze di Torino.
[14] Cfr. Manzoni/Arieti 1970, pp. 538-539 e Manzoni/Diafani-Gambacorti 2017, pp. 1086-1087. L’originale è conservata all’Accademia delle Scienze di Torino.
[15] Cfr. Manzoni/Arieti 2017, pp. 1087-1090. L’originale è conservata alla Biblioteca Nazionale Braidense (segnatura: Manz. B. XX. 46/3).
[16] Cfr. Manzoni/Arieti 1970, pp. 161-162 e Manzoni/Goffredo-Sartorelli 2019, pp. 537-538.
[17] Cfr. Marello 1984, p. 535: “Chi desidera sapere come Carena rispose a Manzoni non può infatti tener conto solo delle due lettere menzionate, scritture private, vere lettere non destinate ad essere rese di pubblico dominio. Deve anzi lasciarle sullo sfondo e basarsi sulla Giunta alla Prefazione, la vera risposta pubblica, stampata, che segue di un anno la pubblicazione della lettera manzoniana”. Il testo della Giunta si legge anche in Manzoni/Diafani-Gambacorti 2017, pp. 1663-1670.
Christian Ferrari
Maurizio Landini
Dario Missaglia
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Partecipa alla realizzazione del piccolo glossario illustrato della lingua del fumetto!
Tutte le informazioni qui.
Durante il periodo natalizio gli uffici dell'Accademia resteranno chiusi il 24 e il 31 dicembre 2024.
L'Archivio resterà chiuso dal 24 al 31 dicembre 2024 compresi, la Biblioteca dal 24 dicembre 2024 al 3 gennaio 2025 compresi.
Per concomitanza con le Feste, la visita all'Accademia della Crusca dell'ultima domenica del mese di dicembre è stata spostata al 12 gennaio 2025 (ore 11).