L'articolo è la versione cartacea della relazione presentata nel corso del convegno del gruppo di ricerca nazionale dal titolo La lingua degli scienziati italiani e il VoDIM. La situazione e le proposte per il Vocabolario dinamico rispetto ai linguaggi settoriali, che si è tenuto il 16 luglio 2018 nella sede l’Accademia. Il convegno era dedicato a uno dei grandi progetti strategici dell’Accademia della Crusca: il Vocabolario Dinamico dell’Italiano Moderno (VoDIM). Il VoDIM rappresenta il ritorno dell’Accademia alla diretta attività lessicografica dopo la sospensione dei lavori della quinta impressione nel 1923, e si collega a due PRIN diretti a livello nazionale dal Presidente Claudio Marazzini: il PRIN 2012 Corpus di riferimento per un Nuovo Vocabolario dell’Italiano moderno e contemporaneo. Fonti documentarie, retrodatazioni, innovazioni, a cui hanno partecipato numerose Università italiane (Piemonte Orientale, Milano, Genova, Firenze, Viterbo, Napoli, Catania) e il CNR (in particolare l’ITTIG); e il PRIN 2015 Vocabolario dinamico dell’italiano post-unitario, ancora in corso, a cui partecipano le stesse Università con l’aggiunta di quella di Torino.
Nell’ambito del progetto PRIN 2015 “Vocabolario dinamico dell’italiano moderno (VoDIM)” coordinato da Claudio Marazzini, l’unità di ricerca dell’Orientale di Napoli si occupa del sottocorpus costituito dalla trattatistica economico-politica del Cattolicesimo sociale a cavallo tra Otto e Novecento[1].
Ad oggi, a seguito di diversi tavoli di confronto con i rappresentanti delle altre unità operative, abbiamo orientato la nostra ricerca in due direzioni: da un lato stiamo implementando il corpus, fin qui costituito dai testi di Romolo Murri (tra cui gli scritti che Murri scrisse sotto lo pseudonimo di Paolo Averri), Luigi Sturzo e Giuseppe Toniolo[2], con i discorsi che Alcide De Gasperi pronunciò tra gli anni della Rerum Novarum e l’avvento del fascismo[3], dall’altro abbiamo cominciato ad elaborare le prime voci di interesse politico.
Per la costruzione del glossario abbiamo seguito i criteri che Patrizia Bertini Malgarini, Marzia Caria e Ugo Vignuzzi hanno elaborato nell’ambito del Voscip (Vocabolario Storico della Cucina Italiana Post-unitaria)[4] e abbiamo ovviamente fatto ricorso all’ausilio dei dizionari etimologici, storici, sincronici e dell’uso. In questa sede, tuttavia, il nostro intento non è proporre una struttura di voce per l’allestimento del VoDIM, quanto quello di offrire materiale lessicale utile per il vocabolario, riflettendo anche sull’apporto che un’opera di questo tipo può dare sia agli studi di lessicografia italiana sia alla ricerca e alla documentazione storica.
Il lavoro lessicografico sul corpus si è concentrato sulle vie seguite per la coniazione di tecnicismi politici, che comprende, in particolare, parole che non cambiano forma, ma che, all’altezza di un dato momento storico, mutano il loro significato e termini o, più frequentemente, polirematiche di nuovo conio che rinviano a particolari concetti economico-politici, ma che non hanno avuto continuità nella seconda metà del Novecento. Lo studio consente anche di retrodatare alcuni termini ed espressioni. Ci si limita qui a fornire un solo esempio per ciascun caso.
Corporazione
La parola corporazione, come in parte ha descritto Rita Librandi[5], subisce un cambiamento semantico proprio negli anni in cui si elaborano le teorie del cosiddetto cattolicesimo sociale. Corporazione è una parola che secondo alcune interpretazioni giunge in italiano dal francese corporation, secondo altre dall’inglese corporation[6]; viene utilizzata per la prima volta da Antonio Genovesi nella seconda redazione di Della diceosina o sia della filosofia del giusto e dell’onesto, opera pubblicata postuma nel 1777 e nella quale l’autore adopera corporazione per riferirsi alle antiche organizzazioni delle arti e dei mestieri:
[…] dove non è diritto nessuno, non vi è pur legge, né obbligazione, e non ve ne può essere: la legge eterna è l’ordinatrice delle cose di questo mondo secondo le loro essenze […]. Le leggi civili suppongono uomini e famiglie e proprietà, o jussi di persone, di famiglie, di corporazioni, ec.; le quali cose tolte, non resta loro più luogo alcuno[7].
Nei decenni successivi il termine si registra in diverse opere di prosa da Monti a Boine, oltre che in un articolo di trattatistica letteraria del 1819[8], con l’accezione più generica, e ancor oggi in uso, di ‘ordine, associazione, gruppo legato da interessi comuni’. Il sondaggio si limita ai testi contenuti nella BIZ, da cui si ricavano solo 14 attestazioni, la più antica delle quali si trova nelle lettere di Vincenzo Monti:
Italiano adunque, e non toscano, non della Crusca deesi intitolare il Vocabolario, a cui la saggezza del Governo comanda che l’Istituto metta le mani. Or questo titolo piacerà egli ai moderni Accademici della Crusca? Vorranno essi concorrere coll’Istituto a dispossessarsi dell’usurpato loro dominio? Siamo noi certi che lo spirito da cui oggi è animata quell’Accademia, sia diverso da quello de’ suoi fondatori? V’è egli a sperare che sia fatto più discreto, più ragionevole, più conforme ai diritti di tutta la letteraria corporazione, di cui gli onorandi Accademici non sono che una porzione, e ancor la minore?[9]
Più specificamente, il termine ricorre in contesti di argomentazione politica o in riferimento alle corporazioni di mestieri in Manzoni, D’Annunzio e nella novella Scialle nero di Pirandello:
L’uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d’essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni. Quindi era, in que’ tempi, portata al massimo punto la tendenza degl’individui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione[10];
All’aperto, poco discosto dal primo intercolunnio, è messo in guisa di sedile su due càprie navali il timone ricurvo su cui nella sera di gloria la corporazione dei timonieri sollevò il Tribuno eletto[11];
Tutti i suoi compagni di lavoro, come tante pecore, s’erano messi dietro ai nuovi caporioni; e stretti ora in corporazione, spadroneggiavano[12];
o in riferimento a strati sociali in Rovani, D’Azeglio, Fogazzaro e Boine:
Sebbene la maggior parte de’ senatori, per la vertigine provocata dall’orgoglio di corporazione, giudicassero quella colpa gravissima, e, smarrito ogni lume di ragione, non sapessero tener conto menomamente dell’inesperienza inconscia e non responsabile di quegli adolescenti, e però non credessero di derogare alla proposta del Capitano di Giustizia; pure non mancò in quel consesso di giudici iracondi qualche voce pietosa; e forse quella voce avrebbe potuto stornare la carneficina; poiché, essendosi letti a quel consesso i nomi de’ giovinetti, fece senso a tutti quello di don Giovanni Pietra, figlio del conte Francesco BrunonPietra, e fece senso non per altro che perché era il nome di un nobile[13];
Mi volgo, m’alzo in punta di piedi (precauzione superflua col mio grado di longitudine), cerco con lo sguardo sulle teste, e vedo di fatti non lontani tra gente e gente i cappelli a pizzo inghirlandati di nastri a svolazzo, distintivo della rispettabile corporazione[14];
Non si meravigli di nulla, sa! Pensi ch’io sia il penitente e Lei il confessore. Prima di tutto Le domando questo: secondo le leggi della Chiesa, è mai possibile, in nessun caso, che un uomo coniugato, il quale ha la moglie viva ma demente da più anni, proprio affatto e senza speranza, ottenga il permesso di entrare in una corporazione religiosa[15];
[…]i borghesi corporazione ab antico ben stretta e d’accordo, reagirono tutt’insieme secondo un unico tono[16].
In qualche caso, come si vede, affiora una connotazione negativa, che talvolta si intensifica come nell’articolata argomentazione di Leopardi:
E riguardo all’altro capo, cioè la poca utilità delle virtù che si rapportano al bene o agl’interessi qualunque di pochi, o poco importanti ec. questa è la ragione per cui non sono lodevoli, anzi spesso dannosi i piccoli corpi, società, ordini, partiti, corporazioni, e l’amore e spirito di questi negl’individui. Giacchè le virtù e i sacrifizi a cui questi amori conducono l’individuo, sono piccoli, ristretti, bassi, umili, e di poca importanza, vantaggio, ed entità. In oltre nuocono alla società maggiore, perchè siccome l’amor di patria produce il desiderio e la cura di soverchiare lo straniero, così l’amore de’ piccoli corpi, essendo parimente di preferenza, produce la cattiva disposizione degl’individui verso quelli che non appartengono a quella tal corporazione, e il desiderio di superarli in qualunque modo. Così che nasce la solita disunione d’interessi, e quindi di scopo, e così queste piccole società, distruggono le grandi, e dividono i cittadini dai cittadini, e i nazionali dai nazionali, restando tra loro la società sola di nome[17].
Un’ultima attestazione si ha ancora in Pirandello, in cui corporazione è utilizzata con specifico rinvio ai Fasci:
Aspetta, ti voglio dir questo soltanto: chi entra nel Fascio, entra a far parte d’una corporazione che abbraccia, puoi calcolare, i quattro quinti dell’umanità, capisci? i quattro quinti, non ti dico altro[18].
Una specializzazione del significato si avrà con la nascita del socialismo italiano: è Filippo Turati, infatti, che in uno scritto del 1891 adopera ‘corporazioni lavoratrici’, con riferimento a organizzazioni simili agli attuali sindacati[19]. La maggior parte dei repertori lessicografici attesta anche l’accezione acquisita dal termine nel ventennio fascista, quando con corporazione si indica un ‘organo di diritto pubblico che riunisce i sindacati fascisti dei lavoratori e dei datori di lavoro, cui sono attribuite funzioni normative, consultive e conciliative’[20]. Dallo spoglio del nostro corpus emerge, tuttavia, un’accezione diversa del termine: nelle 77 occorrenze registrate[21], infatti, corporazione è utilizzata dai teorici del Cattolicesimo sociale per indicare le unioni professionali realizzate allo scopo di evitare lo scontro sociale, garantire la cooperazione solidale e rafforzare l’educazione etico-religiosa. A seguito dell’unità d’Italia, capitalismo, industrializzazione e movimento operaio spingono il mondo cattolico da un lato a una rielaborazione teorica del pensiero politico, dall’altro a ripensare la propria organizzazione sul territorio. Con l’intento di sottrarre la classe operaia e contadina al socialismo e nella convinzione che la differenza di classe torni a vantaggio del ‘civile consorzio’, i cattolici auspicano una conciliazione tra le classi sociali, basata sull’istituzione di associazioni miste di imprenditori e di lavoratori, realizzate con lo scopo di impedire la lotta di classe e garantire una convivenza armonica tra i gruppi sociali. Da qui, la corporazione come organizzazione solidale, garante dell’armonia e dell’equilibrio civile. Si riportano di seguito, a titolo esemplificativo, le occorrenze in Murri e in Toniolo:
Ciò che essi debbono fare per essere veramente fratelli, per compiere quel precetto del Cristo, ha una storia ed, in ogni epoca di questa, un nome; oggi questo nome è: camere di lavoro, corporazioni di mestiere o sindacati, cooperative, società di mutuo soccorso e via dicendo[22];
La individualità affrancata, d’allora in poi si guarentisce e consolida nelle associazioni di ogni specie, familiari, religiose, civili, economiche; le quali successivamente sollevano, sul fulcro del merito personale, la gerarchia delle classi ecclesiastiche, politiche, laboriose, munite alla loro volta di potenti organismi collettivi giuridici (fondazioni, università, corporazioni), intermedi fra l’individuo e lo Stato, immensa forza di equilibrio e di elevazione, dapprima ignorata[23].
Cassa rurale
Per quanto riguarda i concetti espressi, tra Otto e Novecento, con polirematiche di nuovo conio che non hanno avuto continuità, si segnala l’esempio di cassa rurale. Nel nostro corpus si registrano 36 occorrenze della polirematica, con la quale ci si riferisce a una società cooperativa fondata allo scopo di sovvenzionare, attraverso il credito e il risparmio, gli investimenti di agricoltori e piccoli artigiani al fine di migliorarne le condizioni di vita. Cassa rurale è una formazione nuova del secondo Ottocento; non se ne ha traccia, infatti, né nelle edizioni del Vocabolario della Crusca né nel Tommaseo Bellini. Il movimento del Cattolicesimo popolare se ne impadronisce e la diffonde piuttosto rapidamente.
Un’unica attestazione del sintagma è riportata dal GDLI[24], secondo il quale compare nel 1957 in Viaggio in Italia di Guido Piovène:
Si hanno qui dunque le condizioni migliori della piccola proprietà, che infatti qui funziona bene, ancorata com’è con disciplina a casse rurali, consorzi, cooperative e cantine sociali[25].
Lo spoglio del corpus dimostra che il termine è adoperato da Luigi Sturzo, in uno dei suoi discorsi, già nel 1896:
Non posso non ricordare a proposito il tirannico atto del conte Paolo Camerini in Piazzola sul Brenta, che giorni or sono, alla fine del secolo detto della libertà vieta ai suoi dipendenti, colla minaccia di dar loro disdetta, di ascriversi alla Cassa Rurale cattolica. Però bisogna confessare che questa intolleranza liberale va producendo la riscossa del popolo che si è diviso in due forti schiere, cattolici e socialisti[26].
L’assenza dai più antichi dizionari storici è motivata dal fatto che la prima cassa rurale fu fondata in effetti solo nel 1849 in Prussia da F.W. Raiffeisen, che dedicò gran parte della sua attività politica alla diffusione e all’organizzazione del movimento cooperativo, inteso non solo come strumento per fronteggiare le necessità economiche, ma anche come mezzo di rinnovamento morale della popolazione. A partire dall’esempio prussiano, l’istituto della cassa si diffuse in tutta l’Europa ottocentesca ed anche in Italia, dove Leone Wollemborg fondò la prima cassa rurale nel 1883 a Loreggia, in provincia di Padova[27]. Pochi anni dopo, nel 1892, fu fondata, per opera del monsignor Luigi Cerutti, la prima “Cassa rurale cattolica italiana”[28].
Corporazioni, casse rurali, società di mutuo soccorso, associazioni giovanili e universitarie nacquero dalla spinta che la Rerum Novarum del 1891 aveva profuso tra i giovani cattolici italiani, i quali tentarono di organizzare un movimento di ispirazione cristiana che, sotto la direzione della Chiesa, avrebbe dovuto rinnovare la società ed eliminare lo sfruttamento, operando in una direzione né liberale né socialista:
Gli orientamenti ideali espressi nell’enciclica rafforzarono l’impegno di animazione cristiana della vita sociale, che si manifestò nella nascita e nel consolidamento di numerose iniziative di alto profilo civile: unioni e centri di studi sociali, associazioni, società operaie, sindacati, cooperative, banche rurali, assicurazioni, opere di assistenza. Tutto ciò diede un notevole impulso alla legislazione del lavoro per la protezione degli operai, soprattutto dei fanciulli e delle donne; all’istruzione e al miglioramento dei salari e dell’igiene[29].
Sebbene molti storici vedano nell’interesse dei cattolici verso i problemi sociali una matrice tattica e opportunistica, di fatto essi riuscirono a intercettare disagi reali di una parte delle masse popolari.
Nel 1897, le casse rurali erano nel numero di 900, di cui 775 cattoliche; nel 1922, giunsero al numero di 3540[30] e sarebbero divenute casse rurali e artigiane nel 1937, con l’estensione della loro attività di credito anche al piccolo artigianato[31]. Nel 1993, con la riforma della legge bancaria attuata con il decreto legge n. 385/93[32], le casse rurali hanno assunto il nome di ‘banche di credito cooperativo’, dicitura che ha soppiantato la denominazione originaria. È plausibile che sia questo il motivo per cui la polirematica non è attestata nei principali dizionari sincronici e dell’uso.
Soluzionista
Abbiamo visto di quanti decenni sia retrodatabile l’espressione cassa rurale; una situazione analoga si ha per soluzionista, datato intorno al 1961 dal GRADIT[33] e in un’opera di Einaudi del 1972 dal GDLI:
Troppi avvocati, troppi politicanti, troppi uomini abili, accomodanti, soluzionisti hanno rovinato il movimento operaio italiano[34].
Lo spoglio del nostro corpus mostra che esso può essere retrodatato al 1905, anno di uno dei discorsi di Sturzo, dove appare tuttavia con il significato di ‘colui che cerca sempre una soluzione’, mentre in seguito acquisterà una connotazione negativa passando a indicare ‘colui che cerca l’accordo in ogni modo senza timore di scendere a compromessi’:
Ci fu un tempo che sottovoce, e come di contrabbando, serpeggiava nelle file dei cattolici una simpatia, non più che una simpatia, per una repubblica italiana, anzi per una federazione repubblicana: anche questo sogno, di che i facili soluzionisti dei problemi storici si sono sempre pasciuti nelle lunghe discussioni politiche ricreative[35].
Note:
1. Per una panoramica sul progetto, cfr. C. Marazzini, L. Maconi (a cura di), L’italiano elettronico. Vocabolari, corpora, archivi testuali e sonori, Firenze 6-8 novembre 2014, Firenze, Accademia della Crusca, 2016.
2. P. Averri, I cattolici e la questione politica in Italia, Torino-Roma, Giacinto Marietti, 1897; P. Averri, La stampa quotidiana e la cultura generale, Roma, Società Italiana Cattolica di Cultura, 1900; R. Murri, La vita religiosa nel Cristianesimo. Discorsi, 2a ed., Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907; R. Murri, I problemi dell’Italia contemporanea. I. La politica Clericale e la Democrazia, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908; R. Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920; L. Sturzo, Costituzione, finalità e funzionamento del Partito Popolare Italiano, 1919, Relazione al primo congresso nazionale del Partito Popolare Italino, Bologna, 14 giugno 1919; L. Sturzo, I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani (Caltagirone, 24 dicembre 1905), in G. De Rosa, Introduzione a Luigi Sturzo, «La croce di Costantino». Primi scritti politici e pagine inedite sull’azione cattolica e sulle autonomie comunali, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1958, pp. VII-XLII: XXVIII; L. Sturzo, Scritti inediti, vol. I. 1890-1924, F. Piva (a cura di), pref. di G. De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974; L. Sturzo, Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. III. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003; G. Toniolo, Trattato di economia sociale: I. Introduzione, 1906, dall’Opera omnia di G. Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949; G. Toniolo, Trattato di economia sociale: II. La produzione della ricchezza, 1909, dall’Opera omnia di G. Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951.
3. A. De Gasperi, Scritti e discorsi politici, edizione critica, Bologna, Il Mulino, 2006, voll. I-II.
4. P. Bertini Malgarini, M. Caria, U. Vignuzzi, Per un “Vocabolario Storico della Cucina Italiana Post-unitaria”: il progetto dell’Accademia della Crusca, in S. Morgana, D. De Martino, G. Stanchina (a cura di), L’italiano del cibo, Firenze, Accademia della Crusca, 2016, pp. 57-72.
5. R. Librandi, Il corpus dell’unità di Napoli “L’Orientale”: scritti dei fondatori del Cattolicesimo sociale. Un vocabolario documenta la storia, in C. Marazzini, L. Maconi (a cura di), L’italiano elettronico, cit., pp. 251-58.
6. M. Cortelazzo, M.A. Cortelazzo, Il Nuovo Etimologico. Dizionario etimologico della lingua italiana, 2a ed., Bologna, Zanichelli, 2009, s.v. corporazione.
7. A. Genovesi, Della diceosina o sia della filosofia del giusto e dell’onesto [1766 – 1777], Milano, dalla Società tipografica de’ classici italiani, 1835, pp. 270-71.
8. Il Conciliatore, [FC, L’Economia di Reynier, 3], n. 86, Domenica 27 di giugno 1819.
9. V. Monti, Epistolario, accolto, ordinato e annotato da Alfonso Bertoldi, 6 voll., IV, Firenze, Le Monnier, 1828-1831, p. 197; si tratta della lettera indirizzata il 15 marzo 1816 al governatore di Milano, generale Saurau, pubblicata anche con il titolo Relazione al generale Saurau, governatore di Milano in A. Dardi, Gli scritti di Vincenzo Monti sulla lingua italiana, Firenze, Olschki, 1990, pp. 185-223.
10. A. Manzoni, Promessi Sposi, Cap. 1, 1840, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana Zanichelli. DVD-ROM per la ricerca in testi, biografie, tramee concordanze della Letteratura italiana, di P. Stoppelli (a cura di), Bologna, Zanichelli, 2010, s.v. corporazione.
11. G. D’Annunzio, La nave, Episodio 1, 1907, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
12. L. Pirandello, Scialle nero, Il tabernacolo, 2, 1922, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
13. G. Rovani, Cento anni, Libro 1,9, 1858, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
14. M. D’Azeglio, I miei ricordi, 1866, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
15. A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno, Cap. 1,1, 1901, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
16. G. Boine, Il peccato, Cap. 3, 1914, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
17. G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 30 Mar.-4 Apr. 1821, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
18. L. Pirandello, I vecchi e i giovani, Parte 1,6, 1913, citaz. da BIZ. Biblioteca italiana, cit., s.v. corporazione.
19. D. De Fazio, «Il sole dell’avvenire». Lingua, lessico e testualità del primo socialismo italiano, Galatina, Congedo, 2008, s.v. corporazione.
20. T. De Mauro, Grande dizionario italiano dell’uso, Torino, Utet, 1999, (d’ora in avanti GRADIT), s.v. corporazione.
21. Le occorrenze registrate per le voci di cui si tratta in questo articolo sono al netto dei testi di De Gasperi.
22. R. Murri, La vita religiosa, cit., p. 78.
23. G. Toniolo, Trattato di economia sociale: I, cit., p. 195.
24. S. Battaglia – G. Bàrberi Squarotti, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, Utet, 1961-2002, (d’ora in avanti GDLI), s.v. cassa.
25. G. Piovène, Viaggio in Italia, Milano, 1958, citaz. da GDLI, s.v. cassa.
26. L. Sturzo, Per il 1° anniversario della sezione operai S. Giuseppe, in L. Sturzo, Scritti inediti, cit., p.
27. F. Vietta, La cassa Raiffeisen e la cooperazione di credito, in «Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie», Vol. 104 fasc. 398 (Febbr.-Marzo 1926), pp. 151-69.
28. Per approfondimenti sulla storia delle casse rurali e del credito cooperativo, cfr. P. Cafaro, La solidarietà efficiente. Storia e prospettive del Credito Cooperativo in Italia (1883-2000), Bari, Laterza, 2001; S. Gatti (a cura di), Banche con l’anima. Testimonianze sulle Banche di Credito Cooperativo da Wollemborg a Yunus. 1883-2008, Roma, Ecra, 2008; P. Cafaro, Una lunga giovinezza. Chiavi di lettura per la storia del Credito Cooperativo, Roma, Ecra, 2010; A. Carretta (a cura di), Il credito cooperativo. Storia, diritto, economia, organizzazione, Bologna, Il Mulino, 2011.
29. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 3ed, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2004, par. 268. Consultabile online al link http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html.
30. Dati riportati dal Sito ufficiale del Credito Cooperativo: www.creditocooperativo.it (ultimo accesso: 10/10/2018).
31. Testo unico delle leggi sull’ordinamento delle casse rurali ed artigiane (T.U.C.R.A.), approvato con Regio Decreto 26 agosto 1937, n. 1706.
32. Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, D.Lgs. n. 385 del 01/09/1993, consultabile online sul sito di Banca d’Italia al link https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/intermediari/Testo-Unico-Bancario.pdf (ultimo accesso: 25/09/2018).
33. GRADIT, cit., s.v. soluzionista.
34. L. Einaudi, Le lotte del lavoro, di P. Spriano (a cura di), Torino, Einaudi, 1972, citaz. da GDLI, s.v. soluzionista.
35. L. Sturzo, I problemi della vita nazionale, cit., p. 252.
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