Severina Parodi storica dell'Accademia della Crusca

di Bice Mortara Garavelli

Il 3 marzo di quest'anno ricorrono cinque anni dalla scomparsa di Severina Parodi (1925-2003) e gli accademici, i dipendenti e i collaboratori dell'Accademia della Crusca insieme a tutti gli studiosi che l'hanno incontrata nelle stanze dell'Accademia desiderano ricordare, in questa occasione, i suoi studi e la sua opera preziosa. Con tale intenzione si propone questo scritto in cui Bice Mortara Garavelli ripercorre, con grande precisione e partecipazione, la storia e l'attività di Severina Parodi. Il testo era stato letto nel dicembre 2005 nell'ambito dell'evento Navigare fra le parole, in occasione dell'inaugurazione ufficiale del nuovo Archivio Storico dell'Accademia e della sua intitolazione alla studiosa e accademica, per mantenere sempre vivo il ricordo di una vita dedicata alla scoperta e alla valorizzazione del patrimonio dell'Accademia.

Per quasi quarant'anni Severina Parodi è stata in Crusca una presenza straordinariamente attiva e costante. Era ammirevole per la discrezione del comportamento che univa fermezza di carattere e amabilità del tratto; e per la disponibilità inalterabile, sia che si trattasse di dare a uno studioso (o studiosa - credete a chi ne ha fatto esperimento) aiuti e consigli sulle materie di cui, lei, aveva una competenza invidiabile, sia che occorresse illustrare ai visitatori il patrimonio del sapere, degli oggetti e delle rarità bibliografiche custoditi nei locali dell'Accademia.
     Severina era l'anima dell'Archivio.
     Era entrata in Accademia il 22 ottobre del 1964 come coadiutrice di Giovanni Nencioni, allora Accademico Segretario, e con il compito di dedicarsi al riassetto dell'Archivio storico. Questo compito lei seppe assolverlo con tenace sagacia, e con il fiuto investigativo della scopritrice di beni nascosti: di tutto ciò che poteva servire a mettere insieme i tasselli della storia di un'Istituzione pluricentenaria. È stato proprio Nencioni a siglare il primo e più autorevole riconoscimento di Severina quale storica della Crusca quando, ricordandone la mirabile dedizione nell'esplorare, riordinare e studiare il tesoro imponente dei documenti d'archivio, scriveva nella presentazione del volume Quattro secoli di Crusca 1583-1983:


Annose infaticate sagaci ricerche l'hanno portata a riscoprire gli atti del primo vocabolario e i manoscritti delle altre edizioni, che si davano perduti, a rivalutare i verbali delle tornate accademiche come fonti di storia culturale e testimonianze di costume, a ricostruire l'evoluzione della lessicografia di Crusca illuminando episodi del tutto sconosciuti, quale l'iniziativa del cardinale Leopoldo de' Medici per raccogliere il lessico tecnico delle arti e dei mestieri e per allargare l'orizzonte letterario del Vocabolario. L'intensa esplorazione del prezioso archivio, da lei razionalmente riordinato, ha consentito alla Parodi di tracciare una nuova storia dell'Accademia dalle origini ad oggi.
     

Nencioni poneva giustamente l'accento sulla novità di questa trattazione storica: «nuova», aggiungeva, 

 

perché tratta dai documenti, che vi parlano direttamente per larghe e intelligenti citazioni, e condotta sul filo di una rigorosa verifica dei dati tradizionali, con un sapido apprezzamento dei fatti culturali e soprattutto con una competentissima attenzione alla problematica linguistica e lessicografica degli accademici lungo quattro secoli sullo sfondo della corrispondente problematica europea.

 

     Il lungo studio e il grande amore con cui Severina si è prodigata nella sua incessante attività archivistica e scientifica ha sortito risultati ed effetti duraturi. Provo a elencarne qualcuno: una catalogazione che ancora oggi vale come punto di riferimento imprescindibile per le ulteriori nuove ricatalogazioni; la conservazione, provvida e scrupolosa, degli oggetti; la scoperta e il recupero di documenti prima ignoti o passati inosservati. Alla sua capacità di dare un assetto storiografico chiaro e preciso agli esiti delle sue indagini meticolose mettendo a frutto la sua paziente perizia nel registrare, schedare e rubricare si deve l'altro imponente volume Catalogo degli Accademici dalla fondazione, uscito in gemellaggio quanto mai opportuno (nel 1983) con il già ricordato Quattro secoli di Crusca. Le accuratissime schede biobibliografiche di ciascuno degli accademici italiani e stranieri costituiscono un corredo indispensabile per le indagini storiche su questa nostra Istituzione.
     La produttività di un lavoro si misura dalla tenuta dei suoi risultati: dalla forza che questi hanno di porsi come base per ulteriori prosecuzioni con strumenti nuovi. Ne sono esempi eccellenti, nell'archivio digitale consultabile in rete «La Fabbrica dell'italiano», le sezioni di cui Severina Parodi è stata responsabile scientifico: l'Archivio storico dei personaggi degli eventi e degli atti di Crusca dalla fondazione al 2001; il Lessico tecnico, banca dati dei novemila termini tecnici di arti e mestieri raccolti a partire dal 1650 dal cardinale Leopoldo de' Medici in vista della terza impressione del Vocabolario, scoperti da Severina nel cumulo delle carte archiviate e da lei pubblicati nel 1975 in trascrizione diplomatica nell'Inventario delle carte leopoldiane. Questa fondamentale opera ha ora nuova vita informatica che ne garantisce una diffusione universale. La ricerca, la lemmatizzazione e l'immissione dei dati è opera di una delle collaboratrici di Severina, Raffaella Setti, a cui devo informazioni preziose sulla rimpianta Collega accademica, sul suo inesauribile interesse per la diffusione del sapere accumulato in Crusca, e sul suo stile di lavoro. Chi ha avuto la fortuna di frequentarla ha potuto apprezzare in lei la totale mancanza di ostentazione, la serietà e la costanza di un'operosità sostenuta da saldi fondamenti conoscitivi. Si rimaneva colpiti da quel suo abito mentale di composta severità (possiamo dire «nomen omen»?) verso il proprio operare messo responsabilmente a confronto con la complessità di argomenti e problemi che erano o dovevano diventare oggetto di ricerca. Conservo nella memoria come una sentenza memorabile le parole di Severina che Raffaella Setti mi ha riferito: «Ho fatto solo lo scasso; il lavoro di studio resta aperto». Uno scasso, mi permetto di chiosare, che ha portato alla luce reperti importanti per la storia della lingua e dei contributi a questa offerti dall'Accademia; è stato uno scavo in profondità, effetto e occasione di uno studio fecondo per le molte aperture a cui ha dato origine.
     Nencioni, giustamente, richiamava l'attenzione sulla scelta della studiosa di far parlare direttamente i documenti «per larghe e intelligenti citazioni». È ciò che rende così avvincente la lettura delle vicende dei quattro secoli di vita cruscante messe in scena e in azione, più che narrate. La narratio, quando occorre, prende l'andamento di un rendiconto rigoroso suffragato dai puntuali riscontri documentaristici; su questi si basano giudizi e apprezzamenti, attenta come sempre l'Autrice a non personalizzare indebitamente interpretazioni e valutazioni dei fatti indagati. Metodo storiografico ineccepibile, di chi è capace di non travalicare, di non sovrapporre arbitrariamente all'evidenza dei dati prese di posizioni non sufficientemente motivate. Ne abbiamo prove lampanti nell'importante edizione degli Atti del primo vocabolario, apparsa nel 1974 e ristampata, con l'aggiunta di indici, nel 1993, ottimamente introdotta dalla Curatrice stessa con un profilo di storia dell'Istituzione, con la descrizione dello stato dei materiali da lei ritrovati nel mare magnum delle carte d'archivio e con il resoconto preciso dei criteri adottati nel riordinarli e nel commentarli. Una prova di sapienza storico-filologica è stata l'accortezza di affiancare all'esame dei verbali e delle carte attestanti i lavori dei vocabolaristi l'esame del Diario di Bastiano de' Rossi, detto l'Inferigno, primo segretario dell'Accademia della Crusca dal 1582 al 1613. Dal Diario dell'Inferigno sono ricavate le note esplicative di commento ai testi inediti, con un procedimento che riesce a mostrare come le due serie di documenti (atti e diario) si integrino reciprocamente.
     Il vantaggio di tale scelta editoriale è stato duplice: si è chiarito l'ordine cronologico delle carte degli atti nel portarle alla luce, e si è potuto vedere come queste (cito dalla p. 14 dell'Introduzione) «vengano a incastrarsi a mosaico nei vuoti del manoscritto dell'Inferigno, a cominciare dalla prima 'scrittura' con le istruzioni dei metodi da seguire per lo spoglio degli autori prescelti, cui il segretario appena accenna nel verbale del marzo 1591 e della quale siamo ora in grado di conoscere il testo integrale». Far parlare il materiale documentario è servito alla studiosa a chiarire la posizione del Salviati sia rispetto ai progetti e alla messa in opera dell'attività lessicografica sia il tenore dei rapporti tra il Salviati e gli altri accademici. Le vicende del Vocabolario si identificano, lo sappiamo bene, con la storia dell'Accademia. Ai cui esordi si inseriscono iniziative di cui la Parodi sottolinea l'importanza per il futuro stesso dell'Istituzione, quando (sono parole sue) «la Crusca corre ad un tratto il rischio di diventare uno sterile doppione dell'Accademia Fiorentina». Il colpo d'ala capace di dissipare il pericolo fu la decisione di dedicarsi a «un'attività diversa e più solida», a cui corrispose inizialmente la proposta di rivedere le «opere in burla» del Lasca per stamparle, seguita a meno di un anno di distanza (nel 1590) dalla «deliberazione ben più impegnativa di rivedere e correggere il testo di Dante» (cfr. Gli Atti..., cit., p. 33). Nel 1595 usciva La Divina Commedia di Dante Alighieri nobile fiorentino, ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca, di cui Severina Parodi nel 2000 ha curato la ristampa anastatica, apponendovi la sobria elegante presentazione «Dante in Accademia».
     La frequentazione assidua e intelligente delle carte d'archivio riguardanti l'attività lessicografica degli Accademici ha messo Severina nelle condizioni ideali per rilevare aspetti fra i più significativi del tesoro lessicale della lingua italiana e per porre in evidenza le carenze delle sistemazioni vocabolaristiche. A partire dalle discussioni - da lei acutamente illustrate dal punto di vista storico - sulle scelte del canone rispetto alle opposizioni, vive fin dalle origini, tra letterarietà e uso popolare, la studiosa ha puntato l'attenzione sul vuoto dizionaristico riguardo alle parole che attestano forme di cultura trascurate perché non passate nel filtro della letteratura. Donde il germogliare delle sue indagini sul lessico tecnico, sui nomi degli oggetti d'uso o comune o speciale di arti e mestieri, sui nomi di cose esotiche, come quelli documentati negli scritti dei viaggiatori. La mente corre al volume da lei pubblicato nel 1987, Cose e parole nei "Viaggi" di Pietro della Valle: alla dottrina che rende preziosa l'Introduzione, al godimento che dà la lettura dei testi scelti dall'epistolario del viaggiatore secentesco, all'utilità delle schede lessicali corredate di un ottimo commento storico e lessicografico.
     Sulle tracce del suo interesse per i lessici specialistici come non risalire alla pertinente «Nota critica» da lei redatta nel 1975 per la ristampa anastatica del Vocabolario toscano delle arti del disegno di Filippo Baldinucci? Mi piace ricordare inoltre, nel primo numero (1990) del periodico La Crusca per voi, - di cui Severina Parodi curò con Ada Braschi la redazione per ben dodici anni (negli ultimi due anni alle due valorose redattrici si aggiunse Raffaella Setti) - l'articolo Dizionari tecnici settoriali nella scuola: dove la Parodi dà una ben documentata dimostrazione di quanto la comprensione dei lessici specialistici possa essere didatticamente utile per conoscere e sperimentare le varietà della lingua.
     All'indomani di quel triste 3 marzo del 2003, Francesco Sabatini, aprendo il N. 26 della Crusca per voi con il ricordo dell'opera di Severina, volle farla «parlare ancora con i suoi lettori» con la ripubblicazione del suo saggio I vocabolari come fonte di ispirazione. Opportuna efficace testimonianza della vocazione dell'Autrice a fare storia della cultura - nel caso specifico, della cultura letteraria - attraverso il vaglio e l'illustrazione del tesoro lessicale delle lingue; e, reciprocamente, a rapportare lo studio del lessico ai fattori culturali della sua formazione in diacronia.