È indubbio il fatto che empatia sia termine oggi adoperato (abusato, forse) nel linguaggio comune per indicare una generica compartecipazione emotiva alle vicissitudini altrui, oppure, laddove se ne rimarchi l’assenza, una tendenziale freddezza, un’anaffettività mista a indifferenza. Una più piena coscienza del vero significato del sostantivo, tuttavia, è senz’altro assicurata, come sempre, dalla prospettiva diacronica, vale a dire dalla ricostruzione della sua storia, nonché del periodo e delle modalità del suo ingresso nella nostra lingua, oggetto del presente lavoro[1].
Empatia nella lessicografia italiana
Può esser utile partire dalla consultazione delle principali opere lessicografiche relative alla lingua italiana. Tanto il GRADIT, quanto il Nuovo De Mauro, il Vocabolario Treccani, il Sabatini-Coletti 2006, il Devoto-Oli 2022 e lo Zingarelli 2022 concordano nel distinguere due principali accezioni del termine: una, quella oggi più diffusa, relativa all’àmbito psicologico, coincidente con la «capacità di immedesimarsi nelle condizioni di un altro e condividerne pensieri ed emozioni», da cui, per estensione, il significato di «capacità o condizione di profonda intesa con qualcuno»; l’altra, più tecnica, afferente alla sfera dell’estetica, spiegabile come il «coinvolgimento emotivo nell’opera d’arte» (traggo le citazioni dallo Zingarelli 2022). Una definizione globale, che tiene conto delle due sfumature, si rinviene, invece, all’interno del GDLI, nella cui voce si legge che empatia è termine filosofico designante un «fenomeno per il quale il soggetto tende a proiettare se stesso nella struttura osservata e a identificarsi con un altro essere (vivente o no) in una sorta di comunione affettiva». Quanto all’etimologia della parola, tutti i dizionari sopra riportati, con l’aggiunta del DELIn e dell’Etimologico, parlano di una voce dotta, prestito moderno dal greco empátheia ‘affezione’ (forma derivata da empathés ‘appassionato, emozionato’, a sua volta dall’unione di en- ‘dentro’ e páthos ‘emozione, passione’), che il GI presenta come attestata, ad esempio, all’interno degli Apotelesmatikà (Degli effetti delle configurazioni astronomiche) o Tetràbiblos (Opera in quattro libri) di Claudio Tolomeo e negli scritti medici di Galeno. Se questo è indubbio, un’importante informazione in più circa la recente ripresa del termine classico viene fornita dal Vocabolario Treccani, dal Sabatini-Coletti 2006 e dal Devoto-Oli 2022, secondo i quali si tratta di un calco sul tedesco Einfühlung ‘immedesimazione’, deverbale da einfühlen ‘immedesimarsi’. Circa i tempi di tale ripresa, limitandosi ai repertori in cui si rinvengono indicazioni cronologiche, il Sabatini-Coletti 2006 data empatia «ante 1968», lo Zingarelli 2022 rinvia al 1900, mentre l’Etimologico, assieme al GRADIT, al Nuovo De Mauro e al Devoto-Oli 2022, risale, pur in assenza di una precisa attestazione, alla seconda metà del XIX secolo. Un caso a sé è costituito dal DELIn, giacché Cortelazzo e Zolli rimandano in prima battuta alla terza edizione (1960) di un’altra opera lessicografica, di Giuseppe L. Messina, la cui voce empatia merita di essere qui riportata nella sua interezza:
empatía (neol.): capacità di valutare i sentimenti altrui senza provarne un turbamento né lasciarsi sviare nei giudizi, ma trasformandola in uno stato d’animo che chiunque può sviluppare e che serve ad acuire la percezione in qualsiasi circostanza della vita quotidiana. L’orribile voce è stata foggiata dagli psicologi amer., accozzando senza il minimo criterio «emozione» e patia (dal gr. pathos = commozione, sofferenza), sul modello di simpatia[2].
Oltre che sul piccato giudizio del Messina circa empatia («orribile voce») e sulla fantasiosa proposta etimologica da lui avanzata, occorre porre l’accento sulla presenza, già nelle parole del lessicografo, di un elemento che, a uno studio più approfondito del termine, risulta effettivamente vero ed anche molto importante ai fini dell’esatta ricostruzione delle modalità di ingresso della parola nel lessico della lingua italiana, con allusione, nello specifico, al fatto che si sia di fronte a una forma coniata nell’àmbito della psicologia statunitense.
Dall’Einfühlung tedesca all’empathy inglese
Sebbene se ne siano, a quanto pare, rintracciate attestazioni già in Herder (Vom Erkennen und Empfinden [Dal riconoscimento e dal sentimento]) e in Novalis (Die Lehrlinge zu Sais [I discepoli di Sais])[3], il tedesco Einfühlung deve certo la sua fortuna allo storico dell’arte Robert Vischer, padre di una teoria estetica per cui «l’arte è l’immedesimarsi del sentimento nelle forme naturali, a causa di una profonda consonanza o simpatia tra soggetto e oggetto» (Enciclopedia Treccani on line, s.v. Einfühlung)[4]. È in Über das optische Formgefühl (Sul senso ottico della forma) (1873) dello stesso Vischer, infatti, che si riesce a rinvenire l’occorrenza cui si deve il rilancio del termine, là dove questi scrive:
Hier wird nachgewiesen, wie der Leib im Traum auf gewisse Reize hin an räumlichen Formen sich selber objektivirt. Es ist also ein unbewusstes Versetzen der eigenen Liebform und hiemit auch der Seele in die Objektsform. Hieraus ergab sich mir der Begriff, den ich Einfühlung nenne[5] [Qui viene mostrato come il corpo nei sogni si oggettivizzi in risposta a determinati stimoli in forme spaziali. Quindi è un trasferimento inconscio della propria forma d’amore e quindi anche dell’anima nella forma oggetto. Da questo mi è venuto in mente il concetto che chiamo “immedesimazione”].
Come rimarcato da Susan Lanzoni[6], le ricerche scientifiche in àmbito psicologico nella Germania di secondo Ottocento hanno notevolmente influenzato, per la presenza nei laboratori tedeschi anche di studiosi americani, le posteriori indagini sulla psiche negli Stati Uniti, e, si sa, i contatti tra culture hanno sempre avuto riflessi anche sul piano linguistico. Ecco che, nato (o piuttosto rilanciato) nell’alveo dell’estetica tedesca di secondo Ottocento, il termine Einfühlung è andato incontro, pochi decenni dopo, a una svolta importante: è divenuto, infatti, la base su cui lo psicologo Edward Bradford Titchener, britannico ma attivo presso la Cornell University, ha ricalcato, nel 1909, empathy, con evidente recupero del greco classico empátheia di cui si è detto. La voce empathy ha così acquisito una sua specializzazione semantica come termine tecnico psicanalitico (forse anche per influsso di una forma omografa, di cui si dirà meglio più avanti, ricalcata sul tedesco Empathie e che l’OED registra come attestata in inglese almeno sin dal 1895). Scrive Titchener, nelle sue Lectures on the Experimental Psychology of the Thought-Processes (Lezioni sulla psicologia sperimentale dei processi di pensieri) (1909):
All that I have to remark now is that the various visual images, which I have referred to as possible vehicles of logical meaning, oftentimes share their task with kinaesthesis. Not only do I see gravity and modesty and pride and courtesy and stateliness, but I feel or act them in the mind’s muscles. This is, I suppose, a simple case of empathy, if we may coin that term as a rendering of Einfühlung; there is nothing curious or idiosyncratic about it; but it is a fact that must be mentioned[7] [Tutto quello che devo ora notare è che le varie immagini visive, che ho indicato come possibili veicoli di significato logico, spesso condividono il loro compito con la cinestesi. Non solo vedo gravità, modestia, orgoglio, cortesia e imponenza, ma li sento o li metto in pratica nei muscoli della mente. Questo è, suppongo, un semplice caso di empatia, se possiamo coniare questo termine per rendere il sostantivo Einfühlung; non c’è nulla di curioso o idiosincratico in esso, ma è un fatto che va menzionato].
Apparentemente per pura poligenesi, tuttavia, come ha sottolineato Lanzoni, un’identica proposta sembrerebbe esser stata avanzata, negli stessi mesi, sul versante opposto dell’Oceano Atlantico, dal filosofo e psicologo britannico James Ward, docente presso l’Università di Cambridge. A proposito del rinnovamento del concetto di Einfühlung elaborato da Theodor Lipps, che per primo avrebbe fuso la nozione puramente estetica di ‘immedesimazione’ con l’idea illuministica di sympathy (in modo particolare nella sua versione humiana), scrive infatti Charles S. Myers, collega di Ward inquadrato all’interno del King’s College di Londra, in un suo Text-book of Experimental Psychology (Libro di testo di psicologia sperimentale), sempre del 1909:
Aesthetic effects have been obtained even with very short exposures, during which, it may perhaps be assumed, the subject has no opportunity of, so to speak, “living into” the experience. Doubtless with longer exposures, this factor of “empathy”, as Lipps insists, plays an important part[8] [Effetti estetici sono stati ottenuti anche con esposizioni molto brevi, durante le quali, si può forse ipotizzare, il soggetto non ha alcuna possibilità, per così dire, di “vivere dentro” l’esperienza. Senza dubbio, con esposizioni più lunghe, questo fattore di “empatia”, come insiste Lipps, gioca un ruolo importante].
La prima occorrenza del termine empathy (non a caso virgolettato) per descrivere il processo di contemplazione dell’opera d’arte come rappresentazione dei nostri sentimenti, è accompagnata dalla seguente nota: «Professor James Ward suggests to me this convenient translation of the German Einfühlung [il Professor James Ward mi suggerisce questa efficace traduzione per il tedesco Einfühlung]». Tuttavia, un’ulteriore retrodatazione di empathy, seppur di un solo anno, risulta possibile, e ne dà già conto sempre Lanzoni, che l’ha rinvenuta nel volume XVII, del 1908, della rivista “Mind. A quarterly review of psychology and philosophy”, nella sezione finale, riservata a segnalazioni da periodici filosofici, nel sunto anonimo di un articolo di Frl. Von Renauld dal titolo Ueber reflexive Sympathie, mit besonderer Berücksichtigung der Verpflichtungsfrage (Sulla simpatia riflessiva, con particolare riferimento alla questione dell’obbligazione). Vi si legge, infatti:
We attain to consciousness of the existence of beings analogous to ourselves by way of empathy, which is based mainly upon the impulse of imitation; we communicate and understand ideas by the gradual growth of the speech-function. But communication may be of three kinds: of thoughts (judgments, concepts), of will, and of desire[9] [Raggiungiamo la coscienza dell’esistenza di esseri analoghi a noi stessi attraverso l’empatia, che si basa principalmente sull’impulso dell’imitazione; comunichiamo e capiamo le idee attraverso la crescita graduale della funzione linguistica. Ma la comunicazione può essere di tre tipi: di pensieri (giudizi, concetti), di volontà e di desiderio].
Tale attestazione (sulla cui datazione si potrebbe nutrire qualche dubbio, dato che l’uscita effettiva di un periodico annuale è spesso posteriore di qualche mese rispetto all’anno indicato) non pare del tutto estranea alle due del 1909 di cui si è detto, e anzi sembrerebbe metterle in relazione. Qualora non ci si volesse fermare all’ipotesi poligenetica per la resa del tedesco Einfühlung con empathy da parte di Titchener e Ward, infatti, Lanzoni ha ben notato come, giacché il primo era responsabile editoriale americano di “Mind”, dopo aver ricoperto per anni l’incarico di autore proprio della sezione della rivista destinata alle segnalazioni di periodici filosofici, mentre il secondo aveva un posto nel comitato consultivo del foglio, non solo non si possa escludere, ma si debba anzi considerare oltremodo probabile, la possibilità che i due avessero discusso e condiviso il calco già all’altezza del 1908, essendone, dunque, entrambi onomaturghi. Da non tenere in considerazione, invece, sarebbe l’ulteriore retrodatazione proposta dall’OED sino alla sua seconda edizione (1989), che riportava, s.v. empathy, uno stralcio tratto da Beauty and Ugliness. And other studies in psychological aesthetics (Bellezza e Bruttezza. E altri studi di estetica psicologica) di Vernon Lee, pseudonimo di Violet Paget. In effetti, per quanto l’autrice trascriva, nel suo lavoro del 1912, il brano sottostante, dicendolo tratto da un appunto personale del 20 febbraio 1904 (e a questa data rinviava l’opera lessicografica inglese), Lanzoni, in assenza delle carte in questione all’interno del Fondo Vernon Lee della Miller Library del Colby College, nel Maine, rimarcando la cospicua presenza della figura di Titchener nello studio, ha invitato a considerare quanto meno plausibile l’ipotesi di una «traduzione a posteriori» («retrospective translation») operata in occasione dell’uscita del volume.
The child, for instance, recognizes in a curtain tassel a shape similar to that of a woman (I speak from personal recollection). But, instead of attributing to this shape merely the act of erecting body and head and spreading out skirts, and then passing on to the aesthetic empathy (Einfühlung), or more properly the aesthetic sympathetic feeling of that act of erecting and spreading, the child at once flies to the acts of which that shape is susceptible actively and passively: dancing, walking, being nursed, dressed, etc., in fact the child thinks of that object as a doll[10] [Il bambino, ad esempio, riconosce in una nappa di una tenda una forma simile a quella di una donna (parlo sulla base di un mio personale ricordo). Ma, invece di attribuire a questa forma semplicemente l’atto di erigere corpo e testa e di far volteggiare le gonne, per poi passare all’empatia estetica (Einfühlung), o più propriamente al sentimento estetico simpatico di quell’atto di erigere e far volteggiare, il bambino subito vola agli atti di cui quella forma è suscettibile attivamente e passivamente: ballare, camminare, essere allattato, vestito, ecc.; in realtà, il bambino pensa quell’oggetto come una bambola].
Per una nuova datazione di empatia (e della sua famiglia lessicale)
Quanto sin qui scritto potrebbe portare a considerare l’italiano empatia addirittura anteriore rispetto all’inglese empathy: come già rimarcato, infatti, l’Etimologico, il GRADIT, il Nuovo De Mauro e il Devoto-Oli 2022 rinviano genericamente alla seconda metà del XIX secolo, mentre lo Zingarelli 2022, quello che suggerisce la più lontana datazione ad annum della parola, si ferma al 1900. Nessuna di queste opere lessicografiche, tuttavia, documenta o segnala concretamente attestazioni del termine per il periodo 1850-1900 (e anche la voce del GDLI è priva di esempi). Quanto allo Zingarelli 2022, un controllo gentilmente effettuato dal dott. Mario Cannella ha permesso di constatare come il rinvio al 1900 si sia generato per errore (forse, si potrebbe postulare, a partire dal 1960 cui rimanda il DELIn). La generica datazione del primo gruppo di dizionari, invece, appare con ogni evidenza solo supposta (probabilmente sulla base della datazione del tedesco Einfühlung, citato peraltro solo nel Devoto-Oli 2022). Non vengono in aiuto corpora testuali come la BIZ, il MIDia e il DiaCORIS, e Google Libri non permette di risalire oltre il 1918 per la forma empatia e di scavallare il 1912 per la variante enpatia (graficamente più conservativa, essendo en-, come detto, l’affisso anteposto a páthos per dar vita al greco empátheia):
enpatia, sensibilità per impressioni esteriori[11];
E l’imitazione ci appare appunto mezzo a un accrescimento e ad una specificazione qualitativamente adeguata, per simpatia ed empatia, dell’attività. Come la sensazione allarga il senso di sé a senso del mondo, così la simpatia, che riproietta in ogni essere e cosa, si farà empatia, amplifica l’individuo ad unanimità e alla più intima «cosmicità». Né l’individuo autocosciente altro vuole, fuori d’una sempre più comprensiva superazione dei suoi limiti empirici, d’una azione che per far suoi i più universali motivi faccia di lui davvero in moralità e in estetica celebrazione il centro del mondo[12].
Va sottolineato che il pedagogista Giuseppe Luigi Ferretti, che per primo usa la forma enpatia, si era formato tra Italia e Germania, ma fu in contatto, per lavoro, anche con il mondo statunitense[13]. Sembra plausibile arrivare ad affermare, dunque, che proprio l’ambiente dei centri di studio sulla psiche americani sia stato l’alveo in seno al quale si sarebbero verificati i contatti che avrebbero condotto all’ingresso del tecnicismo nel vocabolario della lingua italiana; direttamente sull’inglese empathy, allora, si sarebbe ricalcato l’italiano empatia, impostosi anche per il tramite di simpatia, ormai pienamente acclimatato (lo Zingarelli 2022 ne fa risalire la prima occorrenza già al 1521). E proprio sul modello di membri della famiglia di simpatia quali simpatizzare (a sua volta calco sul francese sympathiser) e simpatico, si sarebbero coniati empatizzare [1961 per il Devoto-Oli 2022 e lo Zingarelli 2022; 1985 per il GRADIT] ed empatico [XX secolo per il Devoto-Oli 2022; 1986 per il GRADIT; 1987 per lo Zingarelli 2022; ma retrodatato da Coletti[14] al 1947], da cui empaticamente, cui andrà aggiunto il ben più raro empatetico, rifatto su simpatetico, donde empateticamente. Ora, se per empatetico il GDLI, nel suo Supplemento del 2004, riporta come unica attestazione un passo tratto da Il feticcio quotidiano di Gillo Dorfles, del 1988, retrodatandolo rispetto al GRADIT [1999], tramite Google Libri si è in grado di risalire sino al 1918 (prima della comparsa di empatico, dunque!), potendosene rintracciare un’occorrenza nello stesso articolo di Giuseppe Luigi Ferretti che, come si è visto, restituirebbe anche la più antica apparizione di empatia nella lingua italiana:
Ma intanto anche il cavallo, l’automobile, il treno, commovono a rifarli il bambino. Mentre, dunque, si perfezionerà dal punto di vista tecnico, la sua attività imitativa si farà, anche, sempre più intimamente interpretativa della condotta degli altri e drammatizzante ed empatetica[15].
Su altre ipotesi di mediazione allotria tra Einfühlung ed empatia
Quanto alla possibile intermediazione di lingue altre, sembrerebbe potersi escludere, per empatia, un tramite del francese, essendo empathie ‘immedesimazione’ forma attestata nella lingua d’Oltralpe solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento. A livello lessicografico, non la si ritrova a lemma né nel Dictionnaire de la langue française di Émile Littré, né nel Grand Larousse de la langue française, mentre compare all’interno del Dictionnaire de l’Académie française solo a partire dalla nona edizione [1992-in corso], accompagnata dalla nota etimologica «XXe siècle. Composé du préfixe grec em-, de en, ‘dans’, et de -pathie, d’après sympathie [XX secolo. Composto dal prefisso greco em-, da en, ‘in’, e da -pathie, sul modello di simpatia]», e definita come «capacité de s’identifier à autrui, d’éprouver ce qu’il éprouve [capacità di identificarsi con gli altri, di sentire ciò che provano]». Un ingresso tanto tardivo, tuttavia, non sarebbe legato a un’assenza della nozione di empatia in Francia in tutta la prima metà del XX secolo, bensì a un’iniziale resa del tedesco Einfühlung non con empathie ma, tramite un cambio di prefisso, con entropathie, la cui più alta attestazione sembrerebbe esser restituita da Google Libri nel terzo numero del 1921 della “Bibliothèque universelle et revue suisse”, in cui si legge, ancora a proposito della teoria estetica di Lipps:
En esthétique, Lipps est le promoteur de cette compréhension de l’oeuvre d’art par la sympathie, l’«entropathie», l’introspection, l’«Einfühlung»[16] [In estetica, Lipps è il promotore di questa comprensione dell’opera d’arte per simpatia, «entropatia», introspezione, «Einfühlung»].
Sembrerebbe si possa scartare, invece, la forma francese empathie ‘abbandono a tutte le nostre inclinazioni’ («abandon à tous nos penchans») riportata nell’Encyclopédie ou Dictionnaire universel raisonné des connoissances humaines, s.v. apathie (1771), chiara ripresa del greco empátheia, ma ancora, ovviamente, con il significato originario di ‘affezione, passione’, il che vale, del resto, anche per il tedesco Empathie, che si ritrova variamente attestato anche ben prima del rilancio di Einfühlung da parte di Vischer (1873) e di cui pure si riportano un paio di occorrenze:
Les Péripatéticiens au contraire, & les disciples de Pythagore disoient que le sage étoit celui, non qui n’avoit aucune passion, mais qui savoit les tenir en regle; et que l’Apathie, étoit une chimere, à laquelle ils opposoient un système modéré qu’ils nommerent métriopathie; tandis que quelques disciples d’Epicure, abusant de la doctrine de leur maître, ou plutôt la défigurant, opposoient à la retenue des Stoïciens, une indulgence entiere pour toutes les passions, & la nommoient en conséquence empathie, ou abandon à tous nos penchans[17] [I Peripatetici, al contrario, e i discepoli di Pitagora dicevano che il saggio non era colui che non aveva passioni, ma colui che sapeva tenerle in ordine; e che l’apatia era una chimera, alla quale opponevano un sistema moderato che chiamavano metriopatia; mentre alcuni discepoli di Epicuro, abusando della dottrina del loro maestro, o piuttosto sfigurandola, opponevano alla moderazione degli stoici un’intera indulgenza per tutte le passioni, e per conseguenza, la chiamavano empatia, o abbandono a tutte le nostre inclinazioni];
Die Enmpathie erzeugt den Trieb der Geselligkeit[18] [L’empatia genera la spinta a socializzare];
Empathie, f. gr., Gemütsaufregung; auch Empfanglichteit für Gemütsstimmungen, entg. Apathie[19] [Empatia, f. gr., eccitazione della mente; anche suscettibilità agli stati d’animo, contr. Apatia].
Il tedesco Empathie ha poi conosciuto, sempre sul finire dell’Ottocento, un’ulteriore specializzazione sul piano semantico, ad opera dello scienziato e filosofo Kurd Laßwitz. In un suo articolo del 1895, si legge, infatti:
Da der Ausdruck “Capacitätsfactor der psychophysischen Energie” äusserst schleppend ist, so will ich denselben kurz als “Empathie” bezeichnen. Empathie ist also eine mathematisch-physikalische Grösse, eine physiologische Function des Gehirns, welche das physische Correlat des Gefühls darstellt und dadurch definirt ist, dass sie das Verhältnis der Gesammtenergie bei einer Zustandsänderung des Centralorgans zu der zugehörigen Intensität (Potential) angiebt; letztere ist das physische Correlat der Empfindung[20] [Poiché l’espressione “fattore di capacità di energia psicofisica” è estremamente farraginosa, la chiamerò brevemente “empatia”. L’empatia è quindi una dimensione matematico-fisica, una funzione fisiologica del cervello, che rappresenta il correlato fisico del sentire ed è definita dal fatto che dà il rapporto tra l’energia totale in un cambiamento di stato dell’organo centrale e quella intensità associata (potenziale); quest’ultimo è il correlato fisico della sensazione].
Questa Empathie tedesca è alla base di una forma inglese omografa rispetto all’empathy ‘immedesimazione’ di cui si è detto, non ricalcata sul tedesco Einfühlung e contrassegnata come oggi estinta dall’OED, che le attribuisce il significato di «a physical property of the nervous system analogous to electrical capacitance, believed to be correlated with feeling [una proprietà fisica del sistema nervoso analoga alla capacità elettrica, ritenuta correlata al sentimento]».
Più tardo del 1912 sarebbe, infine, per concludere il quadro delle grandi lingue di cultura occidentali, lo spagnolo empatía, di cui non danno conto né il Diccionario crítico etimológico castellano e hispánico di Joan Corominas[21] né, fino alla sua 19a edizione [1970], il DRAE (mentre figura nella 23a edizione [2014]).
Conclusioni
Il quadro sin qui tracciato permette – almeno sulla base di tutte le attestazioni attualmente disponibili – di considerare empatia uno dei molti termini del linguaggio psicologico e psicanalitico ricalcati su equivalenti parole tedesche (si veda, su tutti, il caso del sintagma atti mancati per rendere Fehlleistungen, al centro di un recente contributo di Miani[22]), piuttosto che un mero caso di moderna ripresa di una forma del greco antico. È sulla base del tedesco Einfühlung (‘immedesimazione’, messo o rimesso in circolazione da Robert Vischer nel 1873 e non tradotto in italiano da Benedetto Croce) che si sono infatti modellati l’inglese empathy di Titchener e Ward (1909) e, poco più tardi, solo o soprattutto proprio per intermediazione dell’inglese, l’italiano empatia (1918; in precedenza enpatia, 1912). Non si può completamente escludere, tuttavia, la possibilità di un influsso di un empathie ‘passione’, diretta ripresa del greco antico empátheia ‘affezione’, saltuariamente attestato, alla fine del secolo XVIII, in tedesco (lingua in cui il termine ha anche assunto, a fine Ottocento, un significato specifico in àmbito scientifico) e, ancor prima, in francese. Forse proprio in virtù dell’esistenza di empathie nel suo significato etimologico, la lingua d’Oltralpe fece ricorso inizialmente al termine entropathie per rendere il tedesco Einfühlung: il francese empathie nella sua nuova accezione è documentato, infatti, posteriormente rispetto all’italiano.
Nota bibliografica:
Note:
[1] Desidero esprimere un sentito ringraziamento al prof. Paolo D’Achille, che mi ha spinto a occuparmi di empatia (a seguito di una richiesta sulla datazione del termine in italiano da parte del prof. Massimo Giuseppetti, che stava predisponendo uno studio, ora in stampa, sul greco empátheia), e al direttore della rivista, prof. Marco Biffi, per aver accolto questo mio articolo in “Italiano digitale”; sono grato a loro e agli anonimi revisori anche per le preziose osservazioni che mi hanno fornito.
[2] Giuseppe L. Messina, Parole al vaglio. Dizionario dei neologismi, dei barbarismi e delle sigle. Prontuario delle incertezze lessicali e delle difficoltà grammaticali, Roma, Angelo Signorelli, 1960, s.v. empatia. La voce era assente nel lemmario della prima [1954] e della seconda [1957] edizione, e compare identica sino all’ultima [1983].
[3] Cfr. Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Torino, UTET, 1998 (3a edizione, riveduta e ampliata da Giovanni Fornero), s.v. empatia.
[4] Secondo la citata voce Einfühlung (consultabile in rete), il concetto è "solitamente reso con ‘empatia’ o ‘simpatia simbolica’".
Noto oppositore della teoria estetica dell’Einfühlung in Italia fu Benedetto Croce, che, tuttavia, non parlò mai di empatia. Cfr. almeno Croce, Benedetto, Intorno alla cosiddetta estetica dell’«Einfühlung» [1934] e Roberto Vischer e la contemplazione estetica della natura [1934], in Id., Ultimi saggi, a cura di Massimo Pontesilli, Napoli, Bibliopolis, 2012, pp. 173-80 e 181-91; nel primo dei due saggi, Croce scrive che «Einfühlung […] in italiano si potrebbe tradurre con “consenso” o “simpatia”» (p. 175).
[5] Robert Vischer, Über das optische Formgefühl, Leipzig, Hermann Credner, 1873, p. VII.
[6] Susan Lanzoni, Empathy in Translation. Movement and Image in the Psychological Laboratory, in “Science in Context”, XXV, 2012, 3, pp. 301-27; poi ampliato in Ead., Empathy. A history, New Haven, Yale University Press, 2018.
[7] Edward Bradford Titchener, Lectures on the Experimental Psychology of the Thought-Processes, New York, The Macmillan Company, 1909, pp. 21-22.
[8] Charles S. Myers, Text-book of Experimental Psychology, London, Edward Arnold, 1909, p. 331.
[9] Philosophical Periodicals, in “Mind. A quarterly review of psychology and philosophy”, XVII, 1908, p. 585-99: 593.
[10] Vernon Lee, Beauty and Ugliness. And other studies in psychological aesthetics, London-New York, John Lane, 1912, p. 337.
[11] Palmiro Premoli, Vocabolario nomenclatore illustrato (spiega e suggerisce parole, sinonimi, frasi), Milano, Società Editrice Aldo Manuzio, 1912, s.v. sensibilità.
[12] Giuseppe Luigi Ferretti, L’imitazione e l’infanzia, in “Rivista di Psicologia”, XIV, 2018, 1-2, pp. 243-301: 269.
[13] Cfr. Franco Cambi, Ferretti, Giuseppe Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, XLVII, 1997, pp. 87-89 (consultabile anche in rete).
[14] Cfr. Vittorio Coletti Le parole degli affetti, in “Italiano digitale”, XXI, 2022, 2, pp. 53-55.
[15] Giuseppe Luigi Ferretti, L’imitazione e l’infanzia cit., p. 282.
[16] “Bibliothèque universelle et revue suisse”, CXXVI, 1921, 3, p. 202.
[17] Encyclopédie ou Dictionnaire universel raisonné des connoissances humaines, diretta da Fortunato Bartolomeo De Felice, Yverdon, s.e., tomo III, 1771, s.v. apathie.
[18] Carl Friedrich Bahrdt, System der moralischen Religion zur endlichen Beruhigung für Zweifler und Denker, Berlin, Friedrich Biemeg, 1791, p. 81.
[19] Ludwig Kiesewetter, Neuestes vollständiges Fremdwörterbuch zur Erklärung und Verdeutschung der in der heutigen deutschen Schrift und Umgangssprache gebräuchlichen fremden Wörter. Redensarten, Vornamen und Abkürzungen mit genauer Angabe ihres Ursprungs, ihrer Rechtschreibung, Betonung und Aussprache, Glogan, Carl Flemming, 1896, s.v.
[20] Kurd Laßwitz, Ueber psychophysische Energie und ihre Factoren, in “Archiv für systematische Philosophie”, I, 1895, pp. 46-64: 54.
[21] Joan Corominas, Diccionario crítico etimológico castellano e hispánico, con la collaborazione di José A. Pascual, Madrid, Editor Gredos, 1991-1997.
[22] Stefano Miani, Per uno studio della terminologia della psicanalisi in Italia: atti mancati e lapsus freudiano, in “Lingua Nostra”, LXXXIII, 2022, 3-4, pp. 110-18.
Christian Ferrari
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