Siamo in un’epoca di bambini-adulti e adulti-bambini

Rispondiamo alla domanda di un nostro lettore che ci chiede il significato dell’anglismo non adattato kidult e se esista un traducente in italiano.

Risposta

La domanda che ci è stata rivolta da un lettore circa la parola kidult si è rivelata un’ottima occasione per nominare quello che, prima sociologicamente e poi comunemente, è stato individuato come un referente che necessita di un significante sintetico ed efficace: l’adulto che non vuole crescere, anche detto, in ambito psicologico, puer aeternus ossia l’eterno bambino (si parla anche di “sindrome di Peter Pan”). In questa risposta ci limiteremo a delineare una breve storia della parola in inglese, chiarire come e quando è entrata in italiano e vedere se esistano traducenti nella nostra lingua.

Anzitutto a livello morfologico, l’anglismo integrale kidult è una parola macedonia, cioè formata con pezzi di altre parole, secondo la definizione che ne ha dato Bruno Migliorini: “una o più parole maciullate sono state messe insieme con una parola intatta” (Bruno Migliorini, Uso ed abuso delle sigle, in Id., Conversazioni sulla lingua, Firenze, Le Monnier, 1949, p. 89). Si tratta di un procedimento particolarmente vitale in molte lingue (tra cui, in particolare, l’inglese da cui preleviamo un numero cospicuo di prestiti: cfr. gli anglismi maskne, phygital, infodemia, spork, a cui corrisponde l’italiano forchiaio) messo in atto per formare nuovi termini, proprio in virtù del fatto che il significato complessivo è dato dalla somma dei significati delle parti componenti. In questo caso la parola kidult, entrata nel 1997 nel terzo volume dell’Additions Series dell’OED, non lemmatizzata nella terza edizione cartacea e incorporata in quella online soltanto a partire dal 2019, è formata dall’incrocio (anche detto blend ‘tamponamento’) delle parole kid ‘bambino’, ‘ragazzo’ e adult ‘adulto’ (l’OED riconduce ad adult soltanto la parte finale -ult ma bisogna constatare che la formazione della parola risulta efficace perché a unificare i due componenti c’è la lettera -d-, che può appartenere sia a kid che ad adult). In inglese, kidult può essere usato sia come sostantivo sia come aggettivo; nel primo caso i significati registrati dall’OED sono due: a. “a television programme, film, or other entertainment intended to appeal to both children and adults”; b. “a habitual viewer of this, spec. an adult with juvenile tastes” [a. “un programma televisivo, film o altro intrattenimento destinato ad attrarre sia i bambini che gli adulti”; b. “un abituale spettatore di questo, spec. un adulto con gusti giovanili”, traduz. mia]; nella funzione aggettivale l’OED riporta il significato di “designating or pertaining to entertainment of this kind” [“che designa o riguarda intrattenimenti di questo tipo”; traduz. mia]. Stando alle prime attestazioni riportate dall’OED, risalenti agli anni Sessanta, il termine si sarebbe diffuso prima nell’inglese americano, poi in quello australiano fino a penetrare in quello britannico.

Considerando il significato con cui però viene comunemente usato il termine in inglese e come ci è arrivato in italiano, le definizioni dell’OED risultano incomplete o, per lo meno, non più attuali, riferibili alla fase incipiente della formazione e dell’ingresso della parola. Più aggiornato risulta il Collins Dictionary, che definisce il nome kidult come “an adult who is interested in forms of entertaiment such as computer games, television programmes, etc, that are intended for children” [“un adulto interessato a forme di intrattenimento come giochi per computer, programmi televisivi ecc., destinati ai bambini”, traduz. mia]. Dunque l’aggettivo kidult ha il significato di “aimed at or suitable for kidults, or both children and adult” [“rivolto o adatto ai kidult, oppure sia a bambini sia ad adulti”, traduz. mia]. Un’ulteriore estensione di significato è rilevabile nel Cambridge Dictionary, che non attribuisce al kidult il solo interesse per forme di intrattenimento infantili o adolescenziali, ma il vero e proprio atteggiamento, se non addirittura l’identità: “an adult who likes doing or buying things that are intended for children” ossia “un adulto a cui piace fare o comprare cose che sono adatte a bambini o ragazzi” [traduz. mia].

Con questo significato la parola è penetrata nella lingua italiana, registrando alla fine degli anni Novanta un numero di occorrenze tale da essere inserita nel repertorio dei neologismi tratti dai quotidiani di Adamo e Della Valle pubblicato nel 2003 (Giovanni Adamo, Valeria Della Valle, Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio 1998-2003, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2003; la voce è consultabile sul sito dell’ONLI-Osservatorio neologico della lingua italiana) e poi come neologismo 2008 nel Vocabolario Treccani (anche questo consultabile online); risulta invece assente in tutti i dizionari generali, anche negli ultimi aggiornamenti. Riportiamo di seguito la definizione proposta da Adamo e Della Valle, che, rispetto alla definizione dei repertori inglesi, presenta uno spettro di significati più ampio: “bambino adulto; bambino educato a vivere da adulto; adulto che non vuole assumersi fino in fondo le proprie responsabilità; genere letterario che si rivolge a lettori giovani e adulti” (il Vocabolario Treccani riporta la stessa definizione omettendo la parte relativa al genere letterario). Da una ricerca condotta sui quotidiani e sui testi di Google libri ci accorgiamo subito che il primo significato, seppur presente in sporadiche occorrenze, risulta senz’altro poco usuale:

Kidult Behaviour [titoletto]. I bambini dai 6 ai 12 anni hanno oggi a disposizione una enorme varietà di prodotti e riferimenti «adulti» per vivere il loro sogno di essere «grandi». (Future Concept Lab, Consum-Autori, le generazioni come imprese creative, Milano, Libri Scheiwiller, 2008, p. 42)

Le rare attestazioni con questa accezione compaiono in testi specialistici afferenti a discipline come le scienze umane, la psicologia, la sociologia e il nuovo filone di ricerca interdisciplinare americano chiamato Youth Studies. La necessità di inaugurare quella che potrebbe diventare in futuro una nuova branca degli studi psicologici nasce da una oramai radicata e diffusa “fluidificazione dell’intero corso della vita”:

Viviamo infatti in un’epoca in cui i bambini hanno modelli di consumo che in passato erano tipici dell’adolescenza, gli adolescenti godono di livelli di libertà che un tempo erano appannaggio dei giovani, gli anziani, anche grazie all’allungamento della durata media della vita, hanno stili di vita che fino ad ora erano riservati ai giovani. Trasformazioni fisiche e ruoli sociali, insomma, sembrano non andare più di pari passo: la maturazione biologica degli adolescenti risulta essere anticipata, l’invecchiamento degli adulti ritardato, la maturità sociale dei giovani posticipata. [...] ne sono testimonianza i termini comparsi di recente negli Youth Studies: kidult, adultescent, young adult. (Antonella Spanò, Studiare i giovani nel mondo che cambia. Concetti, temi e prospettive negli Youth Studies, Milano, Franco Angeli, 2018, s.p. [versione digitalizzata])

Conseguenza di questa “fluidificazione del corso della vita” è senz’altro la difficoltà a collocare anagraficamente la fase della vita descritta dal nome kidult; infatti in alcuni casi ci si riferisce, in maniera impropria, ma comunque indicativa di questa difficoltà, a una fase pre-adolescenziale, se non adolescenziale stricto sensu:

A sancirlo il concorso “Gioco per sempre award”, indetto da Assiogiocattoli. I dati raccolti da Npd sulla popolarità del biliardino confermano un forte ritorno a questo tipo di attività da parte dei “kidult” (dai 12 anni d’età in su). (Salvo Cagnazzo, Il calciobalilla è il gioco preferito dagli italiani, repubblica.it, 10/11/2022)

L’accezione qui riportata, ossia del ragazzo dai 12 anni in su, è di certo minoritaria (e, potremmo anche dire, impropria) rispetto a quella del bambino reso adulto e consapevole più di quanto la sua età anagrafica necessiterebbe; la diffusione di questa nuova figura si riflette nel conio non soltanto della parola kidult ma anche del verbo adultizzare ‘rendere precocemente adulto un bambino’, registrato nel repertorio di neologismi di Adamo e Della Valle del 2006 (Giovanni Adamo, Valeria Della Valle, 2006 parole nuove. Un dizionario di neologismi dai giornali, Milano, Sperling & Kupfer, 2005), inserito nell’edizione 2007 del GRADIT nonché, come neologismo 2008, nel Vocabolario Treccani. Già attestato a partire dal 1985 e formato con tutto materiale autoctono (dalla base adult(o) + il suffisso verbale -izzare), il verbo ha avuto una fortuna tale alla fine degli anni Novanta, da costituire la base di derivazione di un nuovo sostantivo, adultizzazione, che descrive “il processo di acquisizione delle caratteristiche e delle condizioni psicologiche che caratterizzano l’età adulta”; questa la definizione del Devoto-Oli online (consultato l’8/3/2023), che peraltro fornisce come prima attestazione della voce il 1964, oltre trent’anni prima del 1999, data di adultizzare, che quindi andrebbe considerato una retroformazione a partire dal sostantivo. Tuttavia Google libri consente di ridurre la distanza cronologica perché presenta anche un esempio del 1968 di adultizzare:

Onde per essi il problema consiste non nello elementarizzare la scuola media, né nell’adultizzare la scuola elementare. (“Rivista di studi salernitani”, 2, 1968, p. 197)

Non è quindi impossibile che ci sia qualche attestazione del verbo anteriore a quella del sostantivo, che renda plausibile il normale processo derivativo.

Torniamo all’anglismo kidult: come dicevamo, l’accezione con cui viene utilizzato usualmente è quella che Adamo e Della Valle descrivono come “adulto che non vuole assumersi fino in fondo le proprie responsabilità”. Da una ricerca condotta sui manuali specialistici delle discipline sopra citate, ci accorgiamo che si tratta di una condizione sociologica e psicologica più complessa del rifiuto dell’“assunzione delle proprie responsabilità” e che può investire l’adulto sotto diverse forme e per diversi gradi: kidult, infatti, può indicare l’adulto che non vuole crescere e fa scelte lavorative, sociali, familiari che lo orientano verso l’adolescenza; ma può indicare anche l’adulto che non può crescere economicamente ed emanciparsi dalla propria famiglia d’origine perché le condizioni lavorative che propone la società contemporanea sono insoddisfacenti e precarie; infine, può indicare anche chi dal punto di vista lavorativo, familiare, relazionale è un adulto a tutti gli effetti ma continua ad avere atteggiamenti propri dell’adolescente (abbigliamento, culto del corpo, interessi) senza per questo venir necessariamente meno al suo ruolo di adulto nelle varie manifestazioni sociali:

Non hai più l’età della Lolita? Non importa, accessorizzati come se lo fossi. Un fermacapelli là, una pochette qua, un paio di pon-pon, il colore rosa come Credo – benvenuta nella generazione Kidult, età mobile che rimanda l’ingresso in quella adulta a suon di mini-borsettate e accessori presi in prestito alla nipotina. E se tra i padiglioni stagionali di MilanoVendeModa nei giorni scorsi si sono visti pon pon e spillette da Peter Pan in gonnella (la linea Princess di Camomilla è in pelliccia di volpe: materiale insolito per l’infanzia), nei negozi milanesi il ‘kidult pride’ dura tutto l’anno. (Carlotta Magnanini, La moda ti fa bambina, pupazzetti e cartoni animati per fermare il tempo, repubblica.it, 8/3/2008)

La parola: Kidult [titolo]. Composto dei termini inglesi kid e adult, indica quegli adulti che continuano ad avere atteggiamenti, gusti e interessi tipici degli adolescenti. (Paolo Conti, 50enni irriducibili, “Corriere della Sera”, 16/2/2016, p. 22)

Il fenomeno dei “kidult”, gli adulti che amano e spendono molti soldi in giochi per ragazzi, certo non nuovo ma oggi prorompente in termini di giro d’affari, che oltre ai gadget per l’infanzia continua ad alimentare la nostalgia e la riproposizione di console e altri oggetti del passato in chiave contemporanea. (Simone Cosimi, Dalla cabina telefonica al Game Boy: gli oggetti hi-tech del passato che ci mancano di più, repubblica.it, 27/11/2022)

Con l’ultima accezione che abbiamo descritto, kidult spesso può essere usato anche con valore aggettivale:

La generazione Kidult (adolescenti per sempre) ama giocare con il gioiello che diventa qualcos’altro. (Maria Teresa Veneziani, Lusso «democratico». E il gioiello ibrido seduce anche l’uomo, “Corriere della Sera”, 21/5/2010, pp. 56-57: 57)

Il fatto che io adori oggettini kidult significa che mia figlia avrà molte cose con cui giocare, nonché una perfetta scema con cui farlo. (Chiara Cecilia Santamaria, Quello che le mamme non dicono, Milano, Rizzoli, 2010, s.p. [versione digitalizzata])

Sempre Adamo e Della Valle registrano per kidult il significato di “genere letterario che si rivolge a lettori giovani e adulti”; le occorrenze con quest’accezione sono sporadiche, e sembrano arrestarsi ai primi anni del Duemila:

The Man With the Dancing Eyes (Bloomsbury, pagg. 80, sterline 9.99) è un perfetto esempio di “kidult”, un nuovo genere letterario che riconcilia grandi e piccoli, l’amore romantico per quello erotico, l’età adulta con quella infantile. (Pico Floridi, E la nipote di Dahl scrive cult per bambini, repubblica.it, 7/2/2003)

Nel repertorio del 2006 di Adamo e Della Valle e poi nell’edizione 2007 del GRADIT è stato registrato anche il composto kidultgame (composto da kidult e game ‘gioco’) la cui prima attestazione, in entrambi i repertori, viene ricondotta al 2005:

Adamo – Della Valle (2006): Kidultgame s. m. inv. Gioco per bambini, anche un po’ cresciuti – Grande interesse, nel mondo dei kidultgame, anche per i giochi da tavolo. Over 18 non significa più proibito, semplicemente consigliato. Per le prossime fredde serate a casa si preparano Waz Baraz, Coyote e Fab Fib. (Doriana Torriero, Corriere della Sera, 23 gennaio 2005, p. 54, Tempo libero) - Prestito dall’inglese formato dai s. kidult (per tamponamento di kid e adult) e game (gioco).

GRADIT: kidultgame s. m. inv. ingl. TS giochi [2005; nome commerciale, ingl. kidultgame, pl. kidultgames, comp. di kid ‘ragazzo’, adult ‘adulto’ e game ‘gioco’]; gioco spec. da tavolo, adatto a tutti, anche agli adulti.

Come mette in evidenza il GRADIT, kidultgame è un nome commerciale, ossia un marchionimo (non sappiamo esattamente se italiano, inglese o addirittura spagnolo), divenuto poi nome comune e usato per indicare una linea di giochi indirizzati sia ad adulti sia a ragazzi. Anche in questo caso le occorrenze sono sporadiche, tanto che le nuove edizioni 2023 dello Zingarelli e del Devoto-Oli non registrano il lemma. Negli ultimi decenni, poi, si assiste a una diminuzione delle occorrenze del sostantivo kidult: il motivo è da ricondurre alla nascita della marca di gioielli omonima, che ha scalzato l’uso del termine quale nome comune e ha determinato la progressiva affermazione dell’anglismo concorrente adultescente, più trasparente perché adattato alla fono-morfologia italiana.

La parola adultescente deriva infatti dall’inglese adultescent, entrato come lemma nella terza edizione dell’OED (2009), aggiornato nel 2011 e poi nel dicembre del 2021. Il Collins Dictionary registra anch’esso il termine mentre non lo lemmatizzano né il Merriam-Webster né il Cambridge Dictionary. L’OED ne riconduce l’origine all’ambito del marketing e poi a quello del giornalismo. Si tratta anche in questo caso di una parola macedonia nata dal tamponamento delle parole inglesi adult e (adol)escent ossia due termini la cui base è tutta latina: dal latino adultus ‘cresciuto, divenuto grande’ e adolēscēns ‘giovane’, rispettivamente participio passato e presente del verbo adolēre/adolēscĕre ‘crescere’ (LEI I-862-XLIX; I-776-I). In questo caso è la sequenza iniziale ad- che va considerata l’elemento di raccordo tra i due componenti. L’OED riporta il significato di “an adult who has retained the interests, behavior, or lifestyle of adolescence” [‘un adulto che ha mantenuto gli interessi, il comportamento e lo stile di vita di un adolescente’, traduz. mia], la cui prima attestazione risalirebbe al 1996 all’interno di una rivista di marketing. Il Collins Dictionary inserisce anche la funzione di aggettivo con il significato di “aimed at or suitable for adultescents” (‘rivolto o adatto agli adultescenti’, traduz. mia).

L’adattamento italiano adultescente è registrato, oltre che nel già citato repertorio del 2005 di Adamo e Della Valle, nella raccolta di neologismi 2008 del Vocabolario Treccani, nel Devoto-Oli a partire dall’edizione 2010 (stampa 2009) e nello Zingarelli dal 2014 (stampa 2013). Le definizioni dei repertori di Adamo e Della Valle coincidono con quella del Vocabolario Treccani, mentre differenti sono quelle proposte dallo Zingarelli e dal Devoto-Oli, che riportiamo di seguito:

ONLI - 2006 Parole nuove - Neologismo 2008 Vocabolario Treccani: Adultescente s. m. e f. Persona adulta che si comporta con modi giovanili, talvolta compiacendosi di ostentare interessi e stili di vita da adolescente.

Zingarelli (ediz. 2022): Adultescente: [com. di adult(o) e (adol)escente, sul modello dell’ingl. adultescent 1997] s. m. e f. nel linguaggio della sociologia, persona tra i venti e trent’anni le cui condizioni di vita (studio, lavoro, reddito, casa, ecc.) e la cui mentalità sono considerate simili a quelle di un adolescente.

Devoto-Oli (ediz. 2022) Adultescente: s. m. e f. ETIMO Comp. di ault(o) e (adol)escente DATA 2002 adulto immaturo che mantiene indefinitamente gli atteggiamenti e le abitudini propri dell’adolescenza. Esempi: gli adultescenti sono i destinatari privilegiati del mercato dell’intrattenimento.

La prima attestazione rinvenuta dall’ONLI, ripresa dal Vocabolario Treccani (rimandiamo alla versione online) e confermata da ArchiDATA, ossia l’Archivio delle (retro)datazioni lessicali, risalirebbe a un anno dopo la prima occorrenza in lingua inglese, in un articolo della “Stampa” (Maria Chiara Bonazzi, E il ministro Blair diventa un verbo. “To gordonbrown”, per i patiti dell’informale, in “La Stampa”, 29/12/1997, p. 16; la parola adultescente è stata trattata da Federica Mercuri, Neologismi datati dal 2000 in poi in DO–2020 (lettere A–D), in Archivio per il Vocabolario storico italiano, vol. III, 2020, p. 97). Per inciso, la prima attestazione di adultescent in francese risale al 1998: cfr. lalanguefrancaise.com; la parola è attestata adattata anche in spagnolo, adultescente, nelle varietà parlate in Spagna e in Colombia, e in portoghese), a dimostrazione del successo internazionale della parola (e della diffusione del concetto a cui si riferisce). In questo caso abbiamo un termine nato nel linguaggio giornalistico e penetrato in quello specialistico della sociologia, della psicologia, delle scienze umane: numerosi saggi si sono occupati della figura dell’adultescente come riflesso di una società che cambia, perdendo le tappe fondamentali dello sviluppo umano (cfr. Elena Marescotti, “Adultescente”, sostantivo maschile (e femminile?): tratti identitari tra rappresentazioni di genere e questioni educative, in Giuseppa Cappuccio, Giuseppa Compagno, Simonetta Polenghi (a cura di), 30 anni dopo la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, Lecce, Pensa, 2020, pp. 1675-1684).

A livello grammaticale dobbiamo specificare che la parola può essere usata anche come aggettivo (funzione che non viene registrata nei vari repertori lessicografici), come vedremo in un paio di esempi riportati più oltre. A livello semantico, la figura dell’adultescente viene collocata anagraficamente tra i venti e i trent’anni ma in realtà il termine viene usato per indicare anche persone di quaranta e perfino cinquant’anni, con figli già adolescenti, con i quali condividono capi d’abbigliamento, giochi, letture, interessi vari. Come kidult, anche adultescente si può riferire a due manifestazioni sociologicamente e psicologicamente differenti: a chi prolunga l’adolescenza nell’età adulta e a chi semplicemente assume atteggiamenti, ha interessi e usa capi d’abbigliamento giovanili. Le definizioni che ne danno l’ONLI, il Vocabolario Treccani e il Devoto-Oli sono dunque quelle più calzanti perché ben descrivono entrambe le condizioni proprie dell’adultescente. Sulla difficoltà di collocare anagraficamente la figura dell’adultescente, proponiamo alcuni brani tratti da articoli di giornale:

Specie se adultescenti [sic], la classe consumatrice sui quaranta su per giù, che usa zuche, blu mezzanotte-rosa malibu-rosso chili, segnalando il proprio spostamento anche di notte coi leds intermittenti applicati alle rotelle, che sono quattro più due posteriori per salire le scale. (Laura Piccinini, Scegliere la zuca come nuova valigia-feticcio, “Corriere della Sera”, 22/1/2005, p. 43)

ADULTESCENTI [titolo]. Le possiamo chiamare così quelle persone che, passati i trent’anni, continuano a vivere sotto il tetto dei genitori. Uno di questi adulti-bambini che fa tanto indagine sociologica è Tripp, il protagonista di “A casa con i suoi”, il film di Tom Dey [...]. (Alessandro Dall’Olio, Il mammone di A casa con i suoi in anteprima al Chaplin, repubblica.it, 11/3/2006)

Ma con Bégaudeau siamo in Francia, e nella terra di nessuno che li separa dai ventenni, i giovani sui trent’anni, marchiati acutamente come «adultescenti», qualche passetto avanti sembrano averlo fatto: reggendosi comunque a malapena, ebbri delle carezze che ormai sembrano diventate tema di moda. (Alberto Bevilacqua, Bégaudeau, gli «adultescenti» vogliono dolcezza, “Corriere della Sera”, 13/2/2010, p. 52)

La sorpresa dell’esordio ufficiale della coppia, 26 anni lei, 46 lui, sono le effusioni da adultescenti. (Candida Morvillo, Coccole tra Francesca e Matteo. La serata di gala alla Scala, “Corriere della Sera”, 10/4/2019, p. 5)

Ma esercitare la propria autorità con i figli è diventato pericoloso. Chi prova a mettere regole in casa si trova di fronte alla contestazione classica: ma gli altri lo fanno. Se resisti all’acquisto del telefonino ti mostrano i compagni che ce l’hanno. Abbiamo paura di essere odiati dai figli, di non essere buoni genitori... «E invece i genitori questo devono fare, se sono adulti e non adultescenti» (Antonio Polito, «Violenze, social Ecco una società senza genitori» i libri, “Corriere della Sera”, 2/6/2019, pp. 23-24, p. 24)

Come dicevamo, molti saggi di ambito specialistico descrivono la figura dell’adultescente, spesso proponendo come alternativa sinonimica il concorrente kidult:

I genitori che narrano della loro adolescenza, non ammantata di nostalgia o di straordinarietà, possono far comprendere al figlio come da un periodo difficile e tormentato si possa uscire, possono far scorgere uno spiraglio dal quale filtra la luce di una soluzione che spetta, sempre e comunque, al giovane trovare. Deve, però, trattarsi di un’adolescenza risolta dagli adulti che invece, sempre più sovente, vivono la maturità in una sorta di “adultescenza”. La crisi del modello genitoriale autorevole: genitori “adultescenti”. Il termine “adultescente”, inserito nell’edizione 2014 del dizionario Zingarelli della lingua italiana e derivato dalla parola “kidult” coniata dagli americani indica “una persona adulta le cui condizioni di vita e la cui mentalità sono considerate simili a quelle di un adolescente”, insomma un eterno Peter Pan che si rifiuta di crescere e di assumersi le responsabilità che l’età matura comporta [...]. (Ilaria Caprioglio, Adolescenza. Genitori e figli in trasformazione, Torino, Il Leone verde, 2015)

I cosiddetti adultescenti nascono dalla diffusione di una cultura consumistica che è aumentata negli ultimi anni. Essi sono gli adulti di oggi che hanno un’età compresa tra i 30 e i 45 anni. Nati nell’età del boom economico hanno seguito valori e modelli di vita del tutto sbagliati.
Una mancata guida nella loro crescita li ha resi eterni bambini. [...] L’adultescente è legato a un modo di vivere tutto suo in cui la complessità dei valori morali e della famiglia ha un senso astratto. A soffrirne maggiormente sono i bambini che hanno genitori adultescenti perché sono costretti a cercare al di fuori i modelli da seguire. Il male dell’adultescente è quello di creare i propri modelli da seguire sulla base del narcisismo nella forma più pura. (Chiara Vulcan, Silvia Toniolo, Alice Siviero, Di necessità virtù: educare in tempi ibridi, Pistoia, La Gazza Edizioni, 2020, pp. 100-101, nota 68)

Ma i termini adultescente e kidult recentemente sono stati contestualizzati anche all’interno di romanzi e racconti (si noti che nella seconda citazione del primo brano e in quella nel terzo, adultescente ha funzione aggettivale):

Fu lì che l’adultescente chiuse gli occhi e sparò un tracciante nella porta che non era affatto diversa da quella del campionato Primavera. Non vide la rete gonfiarsi perché l’urlo del Francioni arrivò prima che avesse avuto l’occasione [...]. [...] era una partita da uomini duri, non certo adatta a un ragazzino in fase adultescente, come lo aveva ribattezzato quel radiocronista simpatico ma un po’ tocco che gli regalava agli allenamenti storie di calcio mai sentite prima. (Andrea Ferrari, Romano De Marco, Leonardo Gori et alii, Giallo di rigore, Milano, Mondadori, 2016, s. p. [edizione digitalizzata])

Vi vedo confusi. Chi non lo sarebbe. Io lo sono spesso. Specialmente in questo periodo di crisi di paternità. Dove tra mammo, adultescente codice paterno, paternalismo e nuovo maschile non ci si capisce più niente. (Girolamo Grammatico, #Esserepadrioggi, Manifesto del papà imperfetto, Roma, Ultra, 2019)

In fondo la stessa milanese è una bambina cresciuta, anzi una kidult, quel genere di donna che vuole apparire sempre un po’ bambina per sentirsi dire «per te il tempo non passa mai!». [...] La fissazione di queste milanesi è il braccio definito, che viene scolpito dal personal trainer con davanti il ritaglio della foto di Michelle Obama, per la sciura l’esempio vivente di tonicità dopo i cinquant’anni. Il risultato è che mamme adultescenti e figlie precoci si ritrovano in fila da Abercrombie e si scambiano felici il guardaroba [...]. (Michela Proietti, La Milanese, Milano, Solferino, 2020, s. p. [edizione digitalizzata])

Dobbiamo infine parlare del termine adultescenza, che abbiamo già incontrato in un esempio del 2015 sopra riportato; a differenza di adultescente (e kidult), è registrato da molti meno repertori: è entrato nel 2013 come neologismo del Vocabolario Treccani (con datazione al 2006), è lemmatizzato solamente nel Devoto-Oli a partire dall’edizione 2009 (Devoto-Oli 2010), con datazione al 2002 anticipata al 2001 in ArchiDATA.

Stando al Treccani, ci troveremmo davanti a un altro anglismo adattato: da adultescence > adultescenza. Ma il termine adultescence in lingua inglese sembra non esistere, o almeno non avere avuto la stessa fortuna di adultescent: non è registrato nell’OED, nel Collins Dictionary, nel Cambridge Dictionary, nel Merriam-Webster. Non convince neppure la proposta etimologica del Devoto-Oli che riconduce adultescenza al tamponamento di (età) adult(a) e (adol)escenza (potremmo se mai partire da adult[ità], termine registrato dallo stesso dizionario con data 1967).

Sebbene attestata già nel 2001, la parola comincia a contare più occorrenze a partire dagli anni 2004-2006, prima in articoli di giornale, poi in testi di ambito specialistico (Elena Marescotti, Adultescenza e dintorni. Il valore dell’adultità, il senso dell’educazione, Milano, Franco Angeli, 2020; Luigi Vittorio, Adultescenza, Giaveno [TO], Echos Edizioni, 2021). Da questa disamina sembrerebbe che la parola sia stata utilizzata soltanto per descrivere o prendere coscienza del fenomeno emergente dell’adultescenza; in realtà, recentemente, abbiamo trovato il termine contestualizzato, infine in romanzi e perfino in un componimento poetico di cui è addirittura titolo:

ADULTESCENZA
Delirio di onnipotenza
in questa stolta adultescenza
che ripudia del tempo il pendolare
che rinnega d’invecchiare. […]
(Roberto Uttaro, Venti di Golconda, Gaeta (LT), Passerino, 2021)

Se è vero che la lingua riflette la percezione che l’uomo ha del mondo, la necessità di introdurre nel lessico italiano parole come kidult, adultescente, adultescenza riflette la consapevolezza che l’uomo ha acquisito, del cambiamento degli equilibri sociali che sta caratterizzando la nostra contemporaneità. Contemporaneità, in cui, sempre più spesso, i punti di riferimento stanno diventando meno solidi e definiti.


Miriam Di Carlo

13 ottobre 2023


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