Il contributo fa parte degli atti del convegno Giovanni Nencioni a dieci anni dalla scomparsa, svoltosi in Accademia l’11 settembre 2018 per ricordare il grande linguista e Presidente dell’Accademia della Crusca dal 1972 al 2000.
Il ricco materiale documentario, conservato presso l’Archivio accademico e attinente al periodo della presidenza di Giovanni Nencioni (21 luglio 1972 – 11 aprile 2000) [1] è in via di ordinamento e di catalogazione a cura di chi scrive e si presentano qui alcuni dei risultati delle nostre ricerche. Presto, appena sarà concluso il preliminare lavoro di riordino e di opportuno condizionamento in faldoni e buste, come già avvenuto per le carte novecentesche degli anni precedenti [2], la descrizione informatica sarà completata, e tutto il materiale potrà essere disponibile al pubblico nella banca dati di Crusca, Archivio Digitale.
Nella giornata in ricordo di Giovanni Nencioni è sembrato opportuno far parlare le sue carte, depositate in alcuni armadi [3] presso quell’Accademia che Nencioni ha guidato per circa trent’anni. È come far tornare ancora una volta Nencioni nel luogo che è stato la sua casa per molto tempo, una casa molto amata, come si evince facilmente dalla lettura di tante carte.
Dalla documentazione emerge tutta l’attività dell’Accademia nei minimi particolari e passaggi: dalle numerose manifestazioni culturali, ai tanti inviti a convegni e tavole rotonde, ai doni di libri, alle richieste di informazioni sulla storia della Crusca, alle numerosissime, e talvolta curiose, richieste di consulenza linguistica, alle relazioni con le Accademie e le istituzioni o con i singoli studiosi di tutto il mondo, alle ricorrenti crisi finanziarie, ai contatti con i presidenti della Repubblica e con le più alte cariche non solo dello Stato (si può ricordare la corrispondenza con Giovanni Leone e con Giovanni Spadolini), ma anche, ovviamente, della Regione e del Comune, oltre ai molti funzionari statali che Nencioni aveva conosciuto durante il suo incarico al Ministero. Tra i tanti riconoscimenti che Nencioni ha ricevuto, si può menzionare il conferimento del Fiorino d’oro nel settembre 1996 e la corrispondenza coll’allora sindaco di Firenze, Mario Primicerio.
Non abbiamo finora notizia dell’esistenza di carte di Giovanni Nencioni depositate presso la famiglia o presso altre istituzioni. Diventano allora ancor più preziose e uniche queste carte conservate presso l’Archivio dell’Accademia, dove ai documenti istituzionali, spesso dattiloscritti con firma autografa del Presidente, si alternano bozze e minute di lettere manoscritte, dattiloscritti di saggi da pubblicare con postille autografe, ma anche lettere più personali: si può ricordare, per esempio, la lettera che il 16 luglio 1987 Nencioni scrive al Presidente della Repubblica Francesco Cossiga per ringraziarlo di essersi complimentato con lui della nomina a professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa [4]. Oppure si può ricordare l’affettuosa lettera che Nencioni scrive a Cesare Segre il 21 maggio 1988 per accompagnare il dattiloscritto Ricapitolazione, un resoconto molto importante di tutta la sua carriera di studioso e docente, pronunciato come discorso al Collegio Ghisleri di Pavia, subito dopo la dismissione in ruolo alla Scuola Normale nel 1989, e poi pubblicato (Nencioni 1989) [5].
Per illustrare l’attività di Nencioni Presidente dell’Accademia abbiamo scelto alcuni esempi che ci sono sembrati particolarmente significativi: l’inizio della sua presidenza, i primi atti, il trasloco della sede, le celebrazioni per il quarto centenario della fondazione dell’Accademia, la continuazione dei lavori per un vocabolario e l’istituzione dell’OVI (ossia la trasformazione dell’Opera del Vocabolario in Centro di Studio del CNR “Opera del vocabolario della lingua italiana”), i rapporti con le istituzioni e gli studiosi all’estero, le crisi finanziarie, la nascita della «Crusca per voi», la svolta rosa con l’ingresso di tante studiose in Accademia, anche in ruoli direttivi, e infine l’apertura ai progetti multimediali, come le biblioteche speciali.
Il verbale del 21 luglio 1972, conservato presso l’Archivio della Crusca, restituisce l’elezione di Nencioni, all’epoca già vicepresidente dell’Accademia:
Alle ore 11 di venerdì 21 luglio 1972 si riunisce nella sala delle Pale del Palazzo dei Giudici, sede dell’Accademia, il Collegio accademico. Sono presenti gli accademici Devoto, presidente, Migliorini, presidente onorario, Nencioni, vicepresidente, Mastrelli, segretario, Bosco, Spongano, Folena, De Robertis. Assenti giustificati gli accademici Bacchelli, Contini, Battisti e Fubini.
Giacomo Devoto comunica le sue dimissioni per questioni di salute e Nencioni viene eletto all’unanimità. Nencioni prende subito la parola esponendo le priorità del nuovo consiglio: sollecitare l’approvazione del disegno di legge per il risanamento finanziario dell’Accademia (legge che sarà approvata il 12 marzo 1973 e che garantirà una nuova dotazione annua), e portare a compimento l’iniziato e non compiuto trasloco dell’Accademia nella nuova sede, la villa di Castello.
Il 15 febbraio 1974 ha inizio il trasferimento degli uffici della Crusca ancora rimasti nella sede di piazza dei Giudici, compresa la biblioteca che verrà riaperta agli studiosi il successivo 30 marzo, nella la Villa di Castello [6]:
Gentile Signora, da vecchio e (mi permetto di dire) buon coinquilino vengo ad avvisarLa che col 15 prossimo, cominciando il nostro trasferimento alla villa di Castello, Le daremo del disturbo; e a chiederGliene al tempo stesso scusa,
scrive Giovanni Nencioni il 7 febbraio alla direttrice del Museo Maria Luisa Righini Bonelli. L’11 aprile egli le invia una calorosa lettera di ringraziamento, a testimoniare il definitivo congedo dell’Accademia dal Palazzo dei Giudici. Ma le sale a disposizione dell’Accademia a Castello sono ancora incomplete e la corrispondenza fra il 1974 e il 1976, conservata in Archivio, narra la graduale consegna degli ambienti da parte dell’impresa edile e le fasi del loro arredamento, al quale dispensa una particolare dedizione il presidente Giovanni Nencioni [7].
L’accordo per la cessione della Villa di Castello all’Accademia della Crusca da parte del Demanio dello Stato era stato stipulato 10 anni prima, e sottoscritto, per la parte della Crusca, dall’allora presidente Giacomo Devoto. Il Demanio concedeva l’edificio a patto che l’Accademia ne compisse il completo restauro, con mezzi propri. Nell’ampio stabile, la Crusca e la neonata Opera del Vocabolario (la firma della convenzione risaliva al 31 dicembre 1964 anche se da alcuni anni se ne parlava) avrebbero trovato spazi adeguati per le loro collezioni librarie e ambienti adatti al deposito della schedatura lessicografica che già da alcuni anni era stata avviata. Le condizioni dello stabile non erano buone e al suo interno, oltre alle aule della scuola elementare Cadorna, lì insediate sin dal 1924, si trovavano gli appartamenti di alcune famiglie dei giardinieri che vi dimoravano. La precaria situazione è descritta in un quaderno di appunti dell’allora studente di architettura Abdul Latif, presi per il Corso di rilevo dei monumenti del prof. Gamberini, nell’anno accademico 1964-1965 [8]. Per liberare l’edificio dai suoi abitanti, i lavori iniziano dalla ristrutturazione dei tre edifici costruiti all’interno del recinto del giardino della Villa (denominati Ortaccio, Casa trecentesca e S. Antonio), ove si sarebbero potute trasferire le famiglie. Solo nel 1972, anche la parte a ovest della Villa, occupata fino ad allora dalla scuola, viene liberata e predisposta per la ristrutturazione degli ambienti.
Poco prima dell’inizio dei lavori, il 27 ottobre 1967, era stata convocata una seduta pubblica in Villa, con l’allestimento e la presentazione del progetto complessivo [9]. A questo aveva lavorato l’architetto Cirano Fei che poi dirigerà i lavori e diventerà interlocutore privilegiato di Nencioni negli anni a venire. Il giorno 16 ottobre Fei aveva inviato a Devoto il programma per la mattinata: alle 11,30 è fissata la convocazione della seduta, dopo aver visto i disegni del progetto disposti nel vano dell’atrio liberato dalle “superfetazioni” moderne, come si diceva allora, per terminare poi con un rinfresco. L’anno successivo, viene stampato un volumetto sulla Villa dell’architetto Fei nella collana dell’Accademia Colombaria (Fei 1968) unico testimone a oggi delle condizioni dell’edificio all’epoca, dei lavori e dei saggi poi eseguiti [10].
In Archivio è invece conservata la documentazione tecnica e quella interlocutoria, attore principale Giovanni Nencioni che tesse negli anni una complicata opera di mediazione fra l’Intendenza di Finanza, la Soprintendenza ai Monumenti con i direttori Guido Morozzi, Nello Bemporad, Angelo Calvani, Domenico Valentino, il CNR, l’architetto Fei, le imprese costruttrici e i fornitori. A lui spetta inoltre la scelta della destinazione d’uso dei vari locali e il loro arredo che porta a termine con l’apporto di Severina Parodi, poi accademica segretaria della Crusca (Benucci 2011, pp. 28-29) e di Paola Barocchi (ivi, p. 34), insigne storica dell’arte e normalista che non fa mancare i propri consigli, come Nencioni ricorda in una lettera inviatale nel 1991, al momento di intraprendere lavori di riarredo della biblioteca:
Cara Collega, grato della Sua disponibilità e conscio della Sua grande competenza e del Suo gusto, oltre che memore del grande aiuto che ci venne da Lei per l’ammobiliamento e l’arredo della Villa Medicea di Castello, nostra sede, La incarico di studiare, in collaborazione col personale della biblioteca, il più opportuno e il più decoroso ampliamento delle attuali scaffalature [...].
Un episodio narrato dalle carte è quello dell’acquisto dei grandi armadi lignei che ancora oggi arredano gli ambienti a terreno della Villa. Erano 15, provenivano dal Convento di San Marco e giacevano smontati nei depositi della Soprintendenza [11]. Nencioni riuscì a portarli a Castello, dove tuttora troneggiano. Altro episodio è quello del 1992 relativo al ricollocamento nella sala a terreno della Villa, verso ovest, dell’affresco staccato negli anni Quaranta dalla Villa Il Pozzino di Castello con l’Allegoria dell’Estate, e restaurato dalla Soprintendenza.
Dopo il trasferimento, Nencioni continua a coordinare la risoluzione degli inconvenienti che a mano a mano i dipendenti e i ricercatori rilevano, e non solo all’interno della Villa. All’esterno, una “tenebra fitta” nel 1975 avvolge l’edificio: “Approfittando di tale tenebra i ladri si danno raduno nel piazzale antistante la villa e saccheggiano o addirittura rubano le macchine in sosta”. La mattina del 4 ottobre 1976, invece, i primi arrivati si accorgono che il busto di Umberto I di Savoia, fino ad allora sistemato su un alto piedistallo al centro del prato antistante la villa, era stato abbattuto [12]. È cura di Nencioni ricoverare il busto all’interno della Villa, dove tuttora giace dimenticato, e i frammenti di marmo rosso di Verona del piedistallo, con l’iscrizione dedicatoria, nel cortile settentrionale. Anche negli anni Ottanta sono molteplici le doglianze per i convegni notturni presso le scale di accesso all’edificio di «gruppi di giovani che mi si dice siano dediti alla droga, e c’è chi sospetta che ne facciano spaccio» (da una lettera al questore di Firenze Umberto Catalano del 1984). I più volte auspicati lavori nel piazzale antistante la Villa vengono poi realizzati negli anni Novanta.
Accanto al trasferimento, ci sono altre due questioni che stanno tanto a cuore al neo Presidente e che emergono subito fin dal suo primo discorso di insediamento nel 1972: l’attuazione dei primi due articoli del nuovo statuto approvato nel 1969 sotto la guida di Giacomo Devoto. L’Art. 1 riguarda la preparazione e la pubblicazione sia di un vocabolario storico (già avviato) sia di una grammatica storica della lingua nazionale (opera alla quale l’Accademia ufficialmente non si era mai dedicata); l’Art. 2 riguarda invece i tre centri, rispettivamente il Centro di Filologia (fondato nel 1937) e quelli di Lessicografia e di Grammatica (fondati nel 1969), attraverso i quali si svolgeva principalmente l’attività di ricerca dell’Accademia (per il testo dello statuto cfr. Parodi 1983a, pp. 234-237).
A tal proposito, Nencioni rende pubbliche le linee principali del suo programma, consegnando alle stampe nel 1973 uno scritto dal titolo La Nuova Crusca apparso negli «Annali della Pubblica Istruzione», poi pubblicato anche come opuscolo autonomo [13], dove il Presidente ripercorre con grande chiarezza la storia lessicografica dell’Accademia, dall’interruzione forzata della sua principale attività nel 1923, alla ripresa dei lavori per un vocabolario storico, con l’ausilio dei calcolatori elettronici, e la pubblicazione di tanti testi antichi filologicamente corretti: una “nuova Crusca”, dice Nencioni, mutata rispetto alla “vecchia Crusca”, “in un pulsante centro di ricerca collettiva e interdisciplinare”, stimolata a moltiplicare i suoi contatti con le biblioteche e con gli archivi e ad adeguare a tali compiti le proprie strutture interne”. Una “nuova Crusca” che si avvale della “vitale integrazione tecnologica e produttiva del CNUCE (Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico), la stretta cooperazione con l’Opera del Vocabolario Giuridico prima, e poi con l’Istituto di Documentazione Giuridica che lo ha assorbito” (Nencioni 1973, pp. 18-19). Un “nuova Crusca” che riscopre i propri documenti più antichi e importanti, come le carte preparatorie del primo Vocabolario che, grazie alle cure di Severina Parodi, vengono stampati (Parodi 1974; 1993). E Nencioni conclude:
L’Accademia della Crusca, risorta intera e maggiore dalle sue ceneri, non rimpiange il suo antico monolitismo. Più incline all’impegno disimpegnato e futurante dell’Ascoli che alla temperanza toscana del Capponi, essa sta consapevolmente divenendo […] un grande centro di ricerca, un’alacre officina aperta a tutti gli operai (ascolianamente parlando) dell’intelligenza e della civiltà che vogliono occuparsi di lingua in modo positivo e scientifico, indipendentemente da particolari restrizioni o confessioni (Nencioni 1973, p. 23).
Un programma ambizioso che troverà negli anni il compimento nei suoi punti fondamentali, ma costellato, lo sappiamo bene, da tante difficoltà, soprattutto di carattere finanziario. Lo mostrano le varie lettere inviate negli anni a destinatari importanti, come la lettera del 21 gennaio 1975 a Giovanni Spadolini, allora Ministro per i Beni Culturali e per l’Ambiente [14], dove Nencioni chiede un incontro per discutere i problemi dell’Accademia circa lo stato del personale (e gli manda le pubblicazioni di Crusca stampate nel 1974 come alcuni volumi degli Studi di Filologia Italiana e degli Studi di Grammatica Italiana, le edizioni critiche del Quaresimale fiorentino di Fra Giordano a cura di Carlo Delcorno e delle Myricae di Giovanni Pascoli a cura di Giovanni Nava, gli Atti del primo Vocabolario, oltre la ristampa anastatica della prima Crusca del 1612); oppure la lettera del primo febbraio 1978 destinata a Giorgio Spitella, Sottosegretario di Stato per i Beni culturali e ambientali [15], al quale Nencioni chiede un incontro per avere un fondo straordinario da destinare tutto alla produzione scientifica; o, infine, la lettera del 13 luglio 1981 destinata da Nencioni a Francesco Sisinni, Direttore generale dell’Ufficio Centrale per i Beni librari e gli Istituti culturali e ambientali [16], al quale scrive per ricordargli la legge speciale per l’Accademia della Crusca.
Difficoltà e decisioni importanti, anche sofferte, che lo stesso Nencioni sintetizzerà nel 1991 in un testo dattiloscritto, conservato in Archivio e da cui si cita, dal titolo Sul progetto di un Vocabolario storico dell’italiano dell’Accademia della Crusca, testo che successivamente sarà presentato come comunicazione all’incontro-seminario di Viterbo nel settembre 1990 e poi dato alle stampe nel 1995, nel volume Il testo e la ricerca d’équipe. Esperienze di lavoro di gruppo nelle discipline umanistiche (Nencioni 1995).
Nello scritto, dopo aver dato notizia, “come il superstite di quel gruppo di temerari che la vararono nel ‘64”, dell’“impresa della Crusca”, “un vocabolario storico e filologico, come quello del 1612, abbracciante però tutto il fronte della lingua italiana, non soltanto quello letterario, e condotto con criteri e tecniche moderni”, Nencioni ne ripercorre la storia, le fasi e i criteri adottati:
Fu perciò deciso di adottare lo spoglio non manuale ma elettronico dei testi, mettendosi in rapporto di consulenza sia col padre Busa in Italia, sia col Trésor de la Langue Française, che già aveva iniziato i lavori con nuove tecniche. Si pensò in un primo momento di affrontare simultaneamente lo spoglio di tutto il fronte storico della lingua italiana, ma la cosa si rivelò subito impossibile, perché la dotazione ordinaria dell’accademia era del tutto impari al bisogno; si ricorse allora al soccorso del C.N.R. che fino al 1982 ci sovvenzionò largamente.
Ben presto però fu chiaro che le risorse finanziarie, anche con l’aiuto del C.N.R., non erano sufficienti a coprire le spese per un progetto così ambizioso, cioè di lavorare su tutto il corso storico della lingua. Si decide allora di restringere gli spogli lessicografici e la compilazione al periodo medievale partendo dal Mille, ossia dalle prime testimonianze della nostra lingua, fino al 1375, anno della morte del Boccaccio. L’impresa, benché ridotta, riesce in diciotto anni a costituire un imponente e prezioso archivio lessicografico del Medioevo di circa 16 milioni di occorrenze a disposizione degli studiosi. Tutto questo lavoro si svolge sotto la direzione del Vocabolario tenuta prima da Aldo Duro e poi da D’Arco Silvio Avalle e, per la parte filologica, sotto la direzione di Domenico De Robertis; ai due uffici, lessicografico e filologico, viene affiancato un Ufficio di documentazione, retto da Carlo Alberto Mastrelli. Ma gravissime difficoltà sul fronte economico paralizzano sia questo lavoro sia la stessa Crusca, che ha problemi a garantire con i propri fondi anche le spese ordinarie. È sempre Nencioni a riassumere così il momento decisivo di tutta la vicenda:
Quando, nel 1981, il C.N.R. comunicò alla Crusca che la Corte dei Conti gli vietava la continuazione a tempo indefinito di un contributo convenzionale all’accademia per la prosecuzione dell’impresa lessicografica, giunta ormai alla svolta della redazione delle voci, si aprì una crisi gravissima. L’accademia aveva assunto, per i lavori del Vocabolario, 25 persone tra lessicografi e tecnici, non contemplati dal proprio esiguo organico e quindi non assumibili in ruolo, né, d’altra parte, imputabili all’esigua dotazione statale. S’imponeva il dilemma: liquidarli e interrompere l’impresa, o promuovere una legge speciale che li inserisse nei ruoli, opportunamente ampliati, dell’accademia o del C.N.R. Fu scelta e conseguita l’ultima soluzione, soprattutto perché, disponendo il C.N.R. di ampi ruoli di personale […] fu la più praticabile. La legge 6 gennaio 1983 n. 6 costituì presso l’Accademia della Crusca un Centro C.N.R. per l’Opera del Vocabolario Italiano e trasferì gli addetti ai lavori nei ruoli del C.N.R., assicurando la continuazione e il finanziamento dell’impresa.
Una scelta difficile resa ancor più dolorosa quando lentezze burocratiche e mancanza di fondi economici “indussero il Consiglio Scientifico a ridurre ulteriormente il fronte del Vocabolario, accantonando la redazione delle voci non toscane, cioè tornando all’impostazione tradizionale del Vocabolario della Crusca”. “Confesso”, scrive ancora Nencioni, “che la grave decisione mi ferì, perché colpiva una delle innovazioni più congrue a un lessico volgare del nostro medioevo eseguito alla luce della moderna storia linguistica dell’Italia, e perché obliterava una decisione presa dagli illustri e compianti fondatori del nuovo Vocabolario storico […]. Tuttavia, rispettando l’autonomia del C.N.R., io non feci sondaggi per appurare le cause e i limiti della decisione né la sottoposi alla discussione dell’accademia” (Nencioni 1995, pp. 105-107).
La convenzione fra C.N.R. e Crusca viene sottoscritta quasi due anni dopo l’evento legislativo – la legge del 6 gennaio 1983 era entrata in vigore dopo poco tempo, il 27 gennaio (Vaccaro 2013, pp. 368 e ss.) –, per la precisione il 6 settembre 1984, come mostra il comunicato di Nencioni spedito il giorno successivo all’ANSA di Firenze [17]. Tuttavia le formalità e le lentezze burocratiche procrastinano ancora di quasi due anni l’attuazione della legge: la Crusca continua a pagare tutte le spese di gestione, ritrovandosi così gravata di un peso sempre più faticoso da sostenere e che erode le sue già magre sostanze.
Nel 1983 si tengono in Accademia le Celebrazioni del IV Centenario della fondazione e molte sono le iniziative importanti programmate e realizzate, principalmente convegni e pubblicazioni. Celebrazioni che hanno una lunga preparazione, come mostrano le carte e la corrispondenza conservata in Archivio. Il primo collegio accademico per discutere le iniziative sull’evento si riunisce il primo febbraio 1981, di domenica alle ore 11, circa due anni prima l’inizio delle manifestazioni.
A Firenze viene organizzato un congresso internazionale, che si svolge fra il 29 settembre e il 2 ottobre 1983. Il convegno, del quale esiste ricca documentazione preparatoria – molta, per esempio, la corrispondenza in entrata e in uscita (come mostra anche la lettera con la risposta di padre Giovanni Pozzi [18]) –, si proponeva di ripensare l’opera lessicografica e filologica dell’Accademia e il significato che essa aveva avuto per la storia linguistica dell’Italia; in particolare si intendevano analizzare i vari aspetti del suo famoso vocabolario divenuto modello di tecnica lessicografica e di lavoro scientifico in gruppo per le successive simili imprese europee.
Accanto al Convegno, i cui Atti vengono pubblicati nel 1985 con il titolo La Crusca nella tradizione letteraria e linguistica italiana, nel 1983 vedono la luce tre opere: Quattro secoli di Crusca e il Catalogo degli Accademici italiani e stranieri, entrambe le opere a cura di Severina Parodi [19]; Le pale della Crusca a cura di Roberto Paolo Ciardi e Lucia Tongiorgi Tomasi.
Sono opere fondamentali per la storia dell’Accademia, ancora oggi punto di partenza per approfondimenti sull’istituzione: il volume Quattro secoli di Crusca traccia infatti una nuova storia dell’Accademia dalle origini, mentre il Catalogo degli Accademici raccoglie per la prima volta i nomi degli accademici dalla fondazione al 1980. Il catalogo cartaceo rimane ancora oggi uno strumento indispensabile di consultazione: proprio da questo testo si è partiti per quel Catalogo degli Accademici in rete che si può consultare nel sito della Crusca; catalogo in rete che è stato notevolmente implementato e che viene continuamente aggiornato, ma che senza il percorso indicato e tracciato nel 1983 sarebbe stato molto difficile ricomporre, soprattutto per i secoli più antichi. Anche il catalogo delle pale, l’unico finora realizzato, permette di avere notizie su ogni singola pala, a partire dallo pseudonimo, dal motto e dall’impresa.
Per la ricorrenza dei quattrocento anni dalla fondazione viene emesso anche un francobollo celebrativo, con l’immagine del frullone e l’intestazione “Accademia della Crusca 1953-1983”; viene inoltre realizzata una medaglia celebrativa.
Il convegno di Firenze in occasione del quattrocentenario ha un seguito due mesi dopo, con il convegno “correlato” di Los Angeles, organizzato da Fredi Chiappelli, accademico corrispondente estero, e dedicato al Fiore più bello, dove – sono parole di Nencioni – il nome della Crusca era risuonato «come mai prima fuori d’Italia». [20] Gli atti di questo congresso, per esplicito volere di Nencioni, fanno parte delle pubblicazioni nate per le celebrazioni cui ci si riferiva prima.
Nencioni aveva da sempre prediletto il rapporto con i colleghi all’estero e non è un segreto che la proposta per la riapertura dei lavori al vocabolario italiano si sia consolidata anche a seguito della rinascita dell’esperienza francese del Trésor de la langue française di Nancy avviata nel 1955 da Paul Imbs e portata a compimento da Bernard Quemada (Nencioni 1995). Proprio con Nencioni, il gruppo dei soci corrispondenti esteri cresce in maniera costante e la Crusca trova in loro validi collaboratori. Dal 1974 al 1999 sono chiamati nelle file dei soci esteri 17 studiosi provenienti da Mosca (Tatiana Alisova 1974), dalle due Germanie (Harald Weinrich 1977, Max Pfister 1987, Harro Stammerjohann 1999), dalla Svizzera (Giovanni Pozzi 1978), dalla Francia (Bernard Quemada 1985, Jaqueline Brunet 1995), dalla Finlandia (Tauno Nurmela 1985), dalla ex Jugoslavia (Josip Jernej 1987, Zarko Muljačić 1989), dagli Stati Uniti (Edward Fowler Tuttle 1989), dalla Danimarca (Jørgen Schmitt Jensen 1989), dall’Ungheria (Gyula Herczeg 1991), dall’Inghilterra (Giulio Ciro Lepschy e John R. Woodhouse 1991), dal Belgio (Serge Vanvolsem 1995), dall’Austria (Wolfgang Dressler 1995).
Nencioni aveva invitato a collaborare al primo numero degli «Studi di Grammatica Italiana» Tatiana Alisova (1924-2014), prima docente di lingua italiana alla Facoltà di Lettere dell’Università statale Lomonosof di Mosca. Il lavoro proposto dalla Alisova viene pubblicato nel 1972 nel volume che apre la collana del Centro, dal titolo Strutture semantiche e sintattiche della proposizione semplice in italiano [21] (Maraschio 2018, p. 3). Un buon biglietto da visita per colei che si apprestava a essere accolta come prima donna socia corrispondente estera, prima donna fra le file degli accademici nel Novecento (Benucci 2001, p. 31). La sua candidatura viene infatti accolta il 21 febbraio 1974.
Questo è il primo passo per una collaborazione fra l’Accademia della Crusca e l’Università di Mosca che regolarmente invia studiosi e giovani ricercatori in Italia, accolti nelle stanze della Foresteria dell’Accademia e nella fornitissima biblioteca interna, per compiere i loro studi sull’italiano (fra cui Georgij Vladimirovich Stepanov, filologo romanzo e ispanista che partecipò al convegno per il quarto centenario del 1983, Anna Toporova, filologa e italianista, Michail Leonidovic Andreev, Elena Wolf, Nina Arutjunova, Irina Chelysheva, Boris Naroumov, Tamara Cherdantseva). La collaborazione viene poi sancita con una convenzione firmata, dopo una lunga trattativa con le autorità sovietiche, fra la Crusca e l’Istituto di letteratura mondiale Maksim Gorkij e l’Istituto di linguistica dell’Accademia delle scienze dell’Urss, fra luglio e agosto 1988 (per inciso Nencioni chiedeva aiuto a Francesca Fici Giusti per la traduzione della corrispondenza in entrata e in uscita) [22]. Tali accordi sono stati rinnovati nel 2012 da Nicoletta Maraschio, come ricordato nel volume dedicato alla Alisova, L’Accademia della Crusca e gli studi sulla lingua e la letteratura italiana in Russia, finito di stampare nel maggio scorso (2018).
Nel corso della trattativa dell’88 Nencioni ha un valido alleato, l’ambasciatore Sergio Romano. Nencioni e Romano avevano collaborato nel periodo in cui l’ambasciatore aveva rivestito il ruolo di direttore generale per la cooperazione culturale, scientifica e tecnica presso il Ministero degli Affari Esteri (1977-1982). Nel 1980 i due si erano incontrati in occasione dell’accordo culturale italo olandese per la ripubblicazione del Vocabolario italo neerlandese la cui prima versione era ormai superata.
Il 24 febbraio 1987, di ritorno da un viaggio in Spagna, Giovanni Nencioni trova sulla sua scrivania l’invito ufficiale dell’ambasciatore a Mosca, Romano appunto, a un ciclo di conferenze del mese di maggio (che in effetti si concretizzerà nei giorni 7, 12-13) presso l’Università di Mosca. Romano specifica [23]:
Da parte sovietica si auspicherebbe che Lei potesse tenere tre lezioni sui temi:
- L’attività dell’Accademia della Crusca nei nostri giorni;
- La formazione della lingua letteraria italiana nei secoli XV e XVI ed i problemi culturali connessi
- Le relazioni tra dialetto fiorentino e lingua letteraria italiana nell’ottocento e nel novecento.
E Nencioni risponde subito con entusiasmo alla proposta di collaborare con l’Accademia delle Scienze dell’URSS, dapprima con un “telex”, poi con una lunga lettera [24]:
Qui ripeto la mia accettazione in termini più diffusi e più caldi, ringraziando vivamente Lei, che ha tenacemente condotto a buon fine un Suo generoso proposito, e pregandola di ringraziare da parte mia l’Istituto della letteratura universale e gli italianisti dell’Università di Mosca, i quali hanno insieme con Lei voluto una cosa che veramente mi onora.
Più tardi, Tatiana Alisova, poco prima della partenza di Romano, ne sottolinea l’importanza a Mosca, in una lettera scritta a Nencioni l’11 aprile 1989:
La partenza di Sergio Romano è una grave perdita per i nostri italianisti-storici, filologi, politologi. I suoi interventi con varie conferenze nell’Istituto di rapporti internazionali, alla televisione, nell’Istituto di storia moderna si citano e si ammirano. Insomma abbiamo avuto la fortuna di aver conosciuto un ambasciatore scienziato e una cara persona umana (non solo lui, ma anche la moglie).
Gli scambi epistolari fra Nencioni e la Alisova conservati in Archivio fanno trasparire la stima reciproca che ha favorito la collaborazione della Crusca con l’Università di Mosca e i suoi istituti. La Alisova frequentava Firenze per lo meno sin dal 1964 (Fici 2018; Zvonareva-Renzi 2018), come inoltre testimonia una lettera che la studiosa russa spedisce a Maria Corti in quell’anno per ringraziarla del dono di un libro. La lettera reca il luogo di spedizione dalla Casa internazionale degli universitari di Villa Fabbricotti, come la stessa Alisova annota, ed è conservata presso la Fondazione Maria Corti di Pavia che ce ne ha fornito copia. Le lettere personali della Alisova a Nencioni, conservate dell’Archivio della Crusca, rivelano anche aspetti della vita nella Russia sovietica che andava ad aprirsi con i primi venti della Perestrojka.
Una frase di Tatiana Alisova, in una lettera del 26 maggio 1996 diretta a Nencioni, gli riconosce il ruolo avuto nell’accoglienza in Crusca degli studiosi russi:
sono contenta che [...] abbiano avuto la possibilità di studiare alla Crusca sul serio e di conoscere l’ambiente fiorentino. Ma è sempre merito Suo che gli italianisti moscoviti abbiano potuto studiare a Firenze e affezionarsi alla città nella quale tutti desiderano ritornare.
C’è una lettera circolare di Nencioni molto bella indirizzata «Ai Colleghi Accademici», in data 11 settembre 1984, proprio il giorno del suo compleanno [25]. Riteniamo che non sia casuale la decisione di spedire questa missiva – intestata tra l’altro con la formula confidenziale di “Caro amico” – in quel preciso giorno, visto il contenuto del testo.
Nella lettera Nencioni, giunto ormai alla scadenza del mandato, esprime il proposito di lasciare la presidenza a un collega più giovane e più energico:
Tutte le mie risorse ed energie – scrive – sono state, negli ultimi anni assorbite dalla lotta per la legge speciale e dalle trattative col CNR. È rimasta pertanto emarginata l’attività scientifica e culturale dell’Accademia […]. Lo stato di crisi è evidente. Gli accademici sono da molto tempo gli stessi, tutti di sessanta o più anni e carichi di impegni universitari […]. I tre centri di studio che l’Accademia ha in statuto sono, per vatrie cause, sempre più sguarniti di ricercatori […]. Io non mi sento dunque più capace di dare alla Crusca (come ho tentato di fare nel passato) quell’impulso creativo e quell’impegno che possano mettere questa grande istituzione nazionale in grado di far fronte alle possibili richieste […] e di inserirsi nel vivo delle correnti di dottrina e di cultura che oggi s’incrociano non soltanto nel campo universitario. Per far ciò, per bene inventare e programmare […] occorre una mente nuova […] e più giovane della mia. Ti prego pertanto seriamente di contribuire a questa necessaria renovatio Academiae provvedendo alla mia sostituzione.
Nonostante ciò, Nencioni viene rieletto all’unanimità nella seduta del 23 novembre 1984. Non sa il Presidente che lo aspetta un’altra dura battaglia, a causa della grave crisi finanziaria nella quale l’Accademia sta via via scivolando. In una lettera confidenziale ad Alberto Chiari – del quale l’Archivio conserva tutta la corrispondenza da lui donata –, che gli propone l’acquisto di alcuni libri scontati, Nencioni risponde il 12 giugno 1987 [26]:
Purtroppo, per il momento, la nostra biblioteca non può acquistare libri, perché la nostra cassa è a secco; la crisi di governo ci ha impedito di avere dallo Stato i contributi che ci spettavano per il 1987 e siamo perciò ridotti alle spese di sopravvivenza.
La crisi finanziaria si fa sempre più forte, aggravata dalle alte spese di gestione di tutti i locali della sede, anche quelli dove è ospitato in forma gratuita l’Istituto del C.N.R. Nencioni denuncia questa situazione nella lettera del 3 novembre 1988 alla Ministra per i Beni Culturali Vincenza Bono Parrino, spiegando che lo stato di ristrettezza economica e di paralisi scientifica dell’Accademia è dovuto all’esiguo contributo ministeriale annuo, che non è proporzionato né alle spese ordinarie di gestione, né alle spese di funzionamento richieste dalla sua intensa attività istituzionale.
Non trovando accoglimento le sue accorate richieste, anche se il nuovo ministro Antonio Ruberti lo aveva rassicurato il 13 febbraio 1989 visitando di persona l’Accademia, Nencioni rende pubblica la grave crisi della Crusca. Moltissima è la documentazione che raccoglie la corrispondenza inviata dal Presidente e i quotidiani che denunciano la situazione, alcuni anche con titoli “forti”.
Il 29 settembre appare il primo articolo su “La Nazione” a firma di Rodolfo Gattai, dal titolo La lingua ha le casse vuote, accompagnato anche da un altro articolo, sempre sullo stesso numero del giornale, di Pier Francesco Listri [27]. La campagna stampa era partita e nei giorni successivi è un susseguirsi di tanti altri articoli. In particolare vogliamo ricordare l’intervento di Geno Pampaloni sul “Giornale” del 2 ottobre 1989 dal titolo La Crusca alla malora, tanto non rende voti. Senza fondi l’Accademia che, nel bene e nel male, rappresenta la continuità della nostra cultura [28]. A Pampaloni, il giorno successivo della pubblicazione, Nencioni scrive un’affettuosa lettera di ringraziamento, dove, tra l’altro, puntualizza:
La questione non è che la Crusca abbia le casse letteralmente vuote, come metaforicamente ha detto l’amico Gattai; ma che le ha vuote rispetto ai suoi compiti istituzionali, cioè l’addestramento di giovani mediante borse di studio, la pubblicazione delle loro ricerche, l’aggiornamento della preziosa biblioteca specializzata nella lingua italiana […]. L’addestramento dei giovani agli studi sulla lingua è il nostro compito più vivo; ma la lievitazione dei costi di gestione c’impedisce di dare decenti borse di studio; di qui il nostro rammarico più cocente. Grazie di cuore, caro Amico, grazie!
Anche “la Repubblica”, nella cronaca fiorentina, pubblica l’articolo: Processo alla Crusca. Si merita la morte? lanciando provocatoriamente un sondaggio se la Crusca debba continuare a esistere oppure debba essere soppressa [29].
Si arriva così all’8 novembre 1989, quando Indro Montanelli coll’articolo Salviamo la Crusca apre ufficialmente una sottoscrizione dalle pagine del “Giornale”, da lui fondato e diretto [30]; sottoscrizione che come attestano i verbali dei consigli direttivi dal gennaio 1990 al gennaio 1991, arriverà a più di 700 milioni di lire (600 milioni in soli 60 giorni). A questo si aggiungeranno una immediata cospicua somma dal Ministero (verbale del 2 marzo 1990: 2 miliardi) e l’aumento della dotazione del Ministero (verbale 6 luglio 1990: da 260 a 420 milioni di lire).
Oltre a ringraziare per lettera tutti coloro che avevano in qualche modo partecipato all’operazione, Nencioni vuole soprattutto ringraziare gli italiani; per questo il 17 giugno 1991 scrive a Gianni Raviele, responsabile della Redazione Cultura e Spettacolo del Tg 1 della RAI, per concordare una sua breve apparizione al Telegiornale, dove poter esprimere la propria gratitudine e annunciare “alle scuole e agli amatori della lingua nazionale l’istituzione di un consultorio presso l’accademia” [31].
Non siamo in grado di dire se Nencioni parlò al Tg1, certo è che da questa esperienza nasce “La Crusca per voi” (il primo numero appare nell’ottobre 1990) i cui intenti il Presidente espone nella “giustificazione iniziale” [32].
Un foglio che Nencioni, con l’aiuto di Severina Parodi e con la partecipazione di Ada Braschi, ha voluto e amato e che spedisce subito alle scuole: il verbale del Consiglio direttivo del 9 gennaio 1991 informa che “La Crusca per voi” era stata diffusa in tremila scuole. Pubblicazione che Giovanni Nencioni spedisce alle più diverse personalità, come mostrano le due lettere autografe del 1996, quasi allo scadere della sua lunga presidenza, che accompagnano appunto l’invio del prezioso foglio. La prima del 14 maggio è indirizzata a Folco Quilici [33] e la seconda, sempre il 14 maggio, è destinata a Marella Agnelli [34]: in entrambe le missive si spiega che il giornale raccoglie “i pareri degli accademici, nelle loro risposte, piuttosto che dettar regole, cercano di spiegare le difficoltà della lingua nazionale e insegnare a conoscerla e amarla”. Marella Agnelli risponderà con un biglietto molto elegante, vergato in carta color indaco, esprimendo gratitudine per il dono.
Abbiamo presentato una prima campionatura delle carte di Giovanni Nencioni Presidente. Non possiamo concludere senza almeno accennare al suo impegno costante a favore della scuola e dell’istruzione: si può ricordare a tal proposito la nomina di Nencioni nel 1989, in qualità di Presidente della Crusca, come membro della Commissione Nazionale per la formazione e la ricerca nelle scienze umane; oppure si può menzionare la lettera del 25 settembre 1996 al Ministro Luigi Berlinguer sulla necessità dell’insegnamento della lingua italiana nelle scuole. Ma si deve anche ricordare la “svolta rosa” della presidenza Nencioni, coll’ammettere nel maggio 1995 cinque accademiche donne e costituire nel 1997 un Consiglio direttivo tutto al femminile [35]; né si può concludere senza almeno accennare all’apertura dell’Accademia, con grande lungimiranza, a nuovi progetti multimediali, in particolare il progetto “Biblioteche speciali” realizzato dal 1998 al 2001, che poi è confluito, sotto la presidenza di Francesco Sabatini, nella banca dati la Fabbrica dell’italiano, consultabile ancora oggi sul sito della Crusca.
Nota:
Il contributo è stato elaborato insieme dalle due autrici, tuttavia i paragrafi 1, 2, 4, 5, 7 si devono principalmente a Elisabetta Benucci, i paragrafi 3 e 6 principalmente a Rita Romanelli. La maggior parte dei documenti qui presentati sono inediti. Le autrici ringraziano Nicoletta Maraschio per l’attenta lettura e i preziosi consigli; Silvia Franchini per la cura che a partire dal 1990 ha riservato alle carte dell’Archivio corrente della Crusca; Giuseppe Abbatista, Paolo Belardinelli, Fiammetta Fiorelli e Delia Ragionieri per la continua disponibilità a rispondere alle domande sorte durante l’attuale operazione di riordino dell’Archivio.
La foto di Giovanni Nencioni, ritratto nella Sala delle Pale della villa di Castello [1], è poco conosciuta ed è tratta dall’intervista da lui rilasciata, con il titolo L’arca della lingua, al periodico «Arti e mestieri», 3/4, 1999, p. 16.
Immagini:
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
[9]
[10]
[11]
[12]
[13]
[14]
[15]
[16]
[17]
[18]
[20]
[21]
[22]
[23]
[24]
[25]
[26]
[27]
[28]
[29]
[30]
[31]
[32]
[33]
[34]
[35]
Bibliografia:
Sitografia:
Christian Ferrari
Maurizio Landini
Dario Missaglia
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Partecipa alla realizzazione del piccolo glossario illustrato della lingua del fumetto!
Tutte le informazioni qui.
Durante il periodo natalizio gli uffici dell'Accademia resteranno chiusi il 24 e il 31 dicembre 2024.
L'Archivio resterà chiuso dal 24 al 31 dicembre 2024 compresi, la Biblioteca dal 24 dicembre 2024 al 3 gennaio 2025 compresi.
Per concomitanza con le Feste, la visita all'Accademia della Crusca dell'ultima domenica del mese di dicembre è stata spostata al 12 gennaio 2025 (ore 11).