Gli accademici Rita Librandi, Claudio Giovanardi e Francesco Sabatini invitano a riflettere e discutere sul problemi connessi all'insegnamento a distanza e alla riapetura delle scuole.
24 Aprile 2020
di Rita Librandi, Claudio Giovanardi, Francesco Sabatini
In una fase così delicata e difficile per il sistema scolastico italiano l’Accademia della Crusca, con la Sezione Crusca Scuola, e l’Associazione per la Storia della Lingua Italiana, Sezione Scuola, sentono il dovere di intervenire sui rischi di una cattiva interpretazione delle nuove modalità d’urgenza connesse soprattutto con l’insegnamento a distanza.
Il nostro corpo docente nel suo insieme ha reagito in modo esemplare davanti all’emergenza della pandemia, dimostrando piena consapevolezza del proprio ruolo e dell’alto valore che la formazione assume nella società: rimodulando procedure, forme di comunicazione, interazione con bambini e adolescenti, potenziando al massimo l’uso degli strumenti telematici o talvolta impadronendosene per la prima volta. È un merito che gli va prontamente riconosciuto. La risposta straordinaria, tuttavia, non deve far confondere tale capacità di intervenire in urgenza con la soluzione di un processo educativo che non può esaurirsi nella trasmissione di contenuti attraverso il web: la scuola è un’aula e non un video. Si tratta di un principio fondamentale tanto per la scuola quanto per l’università, che non vive con minore disagio l’impossibilità di tenere lezioni ed esami in presenza.
Gli stessi insegnanti, molto meglio di chiunque altro, stanno denunciando i limiti dell’insegnamento a distanza, limiti peraltro già da tempo sottolineati dagli esperti di pedagogia e didattica. I difetti riscontrati da più parti sono tanti e non è inutile ricordarli.
I limiti della distanza non sono, però, soltanto di natura strettamente didattica. Un sistema di insegnamento, infatti, per il quale è indispensabile possedere strumentazioni adeguate, buone connessioni e stanze in cui potersi concentrare, discrimina vistosamente i più svantaggiati, né può servire una sia pur meritevole distribuzione di tablet alle famiglie più povere: senza genitori in grado di affiancare lo sforzo dei discenti, senza libri nelle case, senza spazi adeguati il problema non si risolve.
Gli aspetti negativi di una didattica a distanza non riguardano ovviamente l’uso sapiente delle tecnologie informatiche nell’istruzione, la possibilità di integrare l’insegnamento con le risorse del web, che hanno dato e continueranno a dare un contributo di grandissima efficacia.
Il nostro appello va a coloro che devono, appena possibile, garantire un ritorno migliorato all’attività educativa ordinaria, in analogia a quanto si cerca di fare nel settore sanitario. I fatti presenti confermano che la salute è il bene primario, ma confermano altresì che tutti gli aspetti della vita di ciascun Paese, compreso quello ora nominato, dipendono dagli investimenti nell’istruzione, nella ricerca, nel diritto allo studio, beni da assicurare alle generazioni crescenti, energie indispensabili anche da trattenere il più possibile nella terra di origine.
Gli sforzi encomiabili per far fronte alla pandemia sono stati tanti: pensiamone tanti anche per la riapertura delle scuole. Come si è riconosciuta inadeguata la forza numerica umana nel campo della sanità, per effetto delle restrizioni improprie e di spirito elitaristico, così si riconosca che l’affollamento nelle classi è stato un provvedimento ministeriale sconsiderato; si provveda con l’occasione a rendere accettabile il rapporto numerico discenti – docenti. E non si assecondi la convinzione – forse gradita in ambienti solo commercialmente interessati – che la scuola possa essere un video e non un’aula: sarebbe, non solo nella battaglia contro la Covid-19, una sconfitta irreparabile.
L'Accademico Vittorio Coletti invita a riflettere e discutere su due tendenze dell'italiano contemporaneo.
La vicepresidente Rita Librandi fa il punto sul tema dei neologismi.
Il Consiglio direttivo dell'Accademia (Paolo D'Achille, Rita Librandi, Annalisa Nesi, Federigo Bambi, Rosario Coluccia), riprendendo la questione del genere nella lingua, più volte e sotto vari aspetti affrontata dalla Crusca, propone come Tema di discussione una riflessione e alcune indicazioni per un uso non discriminatorio della lingua.
Riprendiamo il tema del dialetto, già affrontato in altri temi del mese, trattando questa volta della sua recente ripresa nei media e in particolare nella televisione.
Evento di Crusca
Collaborazione di Crusca
Evento esterno
Non ci sono avvisi da mostrare.
Commento di chiusura
Ringraziamo tutti coloro che sono intervenuti e che hanno contribuito ad ampliare e migliorare il dibattito intorno alle questioni su cui intendevamo sollecitare la riflessione. In questi giorni, purtroppo, i media hanno diffuso prevalentemente le opinioni di chi, pur non avendo mai, neppure per un giorno, né a scuola né all’università, fatto didattica attraverso i collegamenti telematici, ne ha esaltato le possibilità o i difetti solo attraverso astrazioni. A intervenire, invece, sul sito dell’Accademia sono stati gli insegnanti e ciò ci fa ancora più piacere perché sono le testimonianze di chi, avendo vissuto in prima persona l’esperienza della didattica a distanza, è in grado di valutarne e descriverne vantaggi e limiti con efficacia e a pieno diritto.
L’insegnamento, a scuola o all’università, si avvale da tempo di strumenti informatici e di collegamenti attraverso la rete, supporti di cui difficilmente si potrebbe fare a meno. Sarebbe quindi più che necessario, come sottolineano alcuni, non solo dotare tutte le scuole del paese delle attrezzature appropriate, ma anche garantire un aggiornamento adeguato degli insegnanti nell’uso di questi mezzi. La vicenda drammatica (e non ancora conclusa) ha senz’altro spinto i più riluttanti a conquistare queste capacità e condividiamo questa considerazione. Ma tutto ciò certo non basta, e lo sostengono in massa anche i nostri interlocutori, per portarci ad accettare acriticamente, se non proprio ad auspicare, un profondo mutamento del profilo dell’insegnamento, in quanto attività – non soltanto tecnicamente didattica – che si svolge in sedi specificamente deputate all’incontro diretto dell’intera popolazione infantile, adolescenziale e giovanile con il “corpo docente”, volto ufficiale della società adulta, impegnato a responsabilizzare sotto tutti gli aspetti le nuove generazioni. E, si aggiunga, ambiente dove anche l’emozione conduce il singolo a superare le difficoltà personali.
Qual è dunque il passo successivo da compiere o su cui dobbiamo chiedere che i responsabili politici riflettano e intervengano? Qualcuno ci fa notare che gli studenti più disagiati rimangono tali anche nella scuola in presenza, che forse alcuni studenti con problemi di salute hanno potuto seguire le lezioni proprio perché sono rimasti a casa o altri hanno potuto ascoltare lezioni da insegnanti madrelingua che comunicavano direttamente dai propri paesi. D’accordo, ma non sono problemi su cui occorrerebbe fare una riflessione ampia e per i quali cominciare a trovare soluzioni autentiche? Se i più poveri non raggiungono il successo cui hanno diritto né in presenza né a distanza, la risposta è la lezione telematica? Se le persone con disabilità e problemi di salute trovano una soluzione solo nell’isolamento della propria casa, possiamo considerarla una soluzione felice? Se l’insegnamento delle lingue straniere è carente, pensiamo di non dover porre rimedio in modo più incisivo?
Il dibattito più ampio, che si sta svolgendo in questi giorni con riferimento a vari settori della vita sociale organizzata, rivela anche che forze gigantesche sono interessate a indirizzare il corso degli eventi a loro profitto. Rendiamoci pienamente conto di questo e contribuiamo in ogni campo a cercare le mediazioni utili per migliorare la vita di tutti. Di tutti.
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