I manoscritti secretati di Giovanni Verga

di Gabriella Alfieri

L'accademica Gabriella Alfieri, docente presso l'Università di Catania e presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Verga, propone una riflessione sulle vicende storico-filologiche dei manoscritti secretati verghiani.


Dall’osservatorio privilegiato della Fondazione Verga e del Comitato per l’Edizione Nazionale dello scrittore, vorrei riproporre un caso storico-critico e filologico, protrattosi per novant’anni, e riguardante un autore che, per il rivoluzionario italiano etnificato dei Malavoglia e di Vita dei campi, Bruno Migliorini aveva inserito nella sua Cronologia della lingua italiana (1975). I manoscritti di Giovanni Verga, a lungo secretati, poi per metà riscattati e per metà creduti dispersi ma fortunosamente recuperati, costituiscono infatti un caso tuttora per certi aspetti aperto.

Tutto ebbe inizio nel gennaio 1922 quando lo scrittore ottantaduenne si spegneva a Catania, mentre era intento a catalogare con acribia filologica gli autografi delle proprie opere narrative e teatrali. Con la parsimonia tipica di quelle generazioni, da alcuni anni andava riponendo i suoi manoscritti nelle cartelline di cartone con l’intestazione “Senato del Regno”, gratuitamente disponibili dopo la sua nomina a senatore a vita nel 1920. Nel caso di stesure plurime di un’opera Verga identificava ogni redazione con il titolo provvisorio, aggiungendo tra parentesi quello definitivo in un’ideale seriazione delle varianti. Così le tre versioni del romanzo Eros sono tuttora conservate nel Fondo Verga della Biblioteca Regionale Universitaria di Catania in tre cartelline senatoriali, etichettate Aporeo (Eros). Per l’intera casistica si rinvia a Lo scrittoio del verista di Francesco Branciforti (in I tempi e le opere di Giovanni Verga, Firenze, Le Monnier 1987).

Ad affiancarlo nell’oneroso lavoro, che - se compiuto - sarebbe risultato di capitale importanza per i futuri studiosi, Verga aveva chiamato l’amico e sodale Federico De Roberto, che, dopo la morte del Maestro, proseguì l’archiviazione con amorevole cura e con analogo rigore filologico. Purtroppo però anche De Roberto morì improvvisamente nel 1927, lasciando incompleta la sua ricognizione storico-critica.

Al contrario delle carte manzoniane, provvidenzialmente rimaste sotto il tetto natio e, grazie alle cure dei più autorevoli filologi italiani passate definitivamente alla Biblioteca Nazionale di Brera, i manoscritti e le lettere dell’autore dei Malavoglia avrebbero affrontato un’odissea, passando dall’amorevole e competente cura di De Roberto alle possessive e dilettantesche attenzioni di filologi improvvisati.

Inizia da qui la fortunosa vicenda dei manoscritti verghiani: il nipote ed erede Giovannino Verga Patriarca, fin troppo accogliente verso gli estimatori dello zio, apriva la casa di Via Sant’Anna a tutti i potenziali studiosi, senza verificarne la qualificazione e gli intenti. Fu così che, grazie all’intervento del Ministro Giuseppe Bottai, di cui erano amici, i fratelli Lina e Vito Perroni ottennero ‘in prestito’ tutti i manoscritti verghiani, col mandato di pubblicare l’Opera Omnia dello scrittore. Dopo la rinuncia di Bemporad, il contratto fu stipulato da Mondadori. Dalla stazione ferroviaria di Catania partivano così nel 1929, con destinazione il domicilio romano dei Perroni, parecchie casse in cui erano stipate tutte le carte verghiane.

Nonostante i ripetuti annunci, i Perroni non editarono nessuna opera, limitandosi a pubblicare stralci di testi narrativi ed epistolari i cui autografi erano di immediata lettura e il cui interesse era più aneddotico che filologico-critico: frammenti del romanzo giovanile Amore e Patria; lettere confidenziali alla madre; schematici abbozzi dei capolavori. L’operazione editoriale presentata come Opera Omnia consisteva in stampe “emendate” sull’autografo o sulle edizioni originali, con l’introduzione di errori ascrivibili a maldestra lettura.

Come testimonia il fitto carteggio tra Mondadori, Giovannino Verga e i Perroni che attraversa il trentennio 1940-1970, l’editore consigliò ripetutamente all’erede di Verga di farsi restituire i manoscritti, sperando di poter affidare l’edizione a curatori più capaci e affidabili. Non ottenendo risultati, finanziò la microfilmatura del prezioso corpus. A tutt’oggi il “Fondo Mondadori” è l’unica testimonianza organica degli autografi verghiani prima dell’improvvido smembramento di cui diremo.

Intanto si era mobilitato il mondo delle istituzioni. Nel 1957 l’onorevole catanese Matteo Gaudioso promosse un’interrogazione parlamentare sollecitando il Ministero dell’Istruzione a recuperare un bene culturale così prezioso. Si provvide presso casa Perroni alla prima “notifica di notevole interesse”, che avrebbe dovuto preludere a interventi risolutivi delle autorità. Le notifiche si replicarono fino al 1973, ma gli elenchi riportano sempre gli stessi titoli, che non rispecchiano la consistenza degli autografi testimoniata dal Fondo di microfilm Mondadori. Effettivamente le istituzioni sembravano anestetizzate rispetto a una questione filologico-critica di capitale importanza per la cultura nazionale, che avrebbe richiesto interventi energici e radicali. Per una serie di ragioni difficili oggi da ricostruire, nessun intervento risolutivo si ebbe da parte delle autorità.

Già dagli anni Sessanta si era levata, trovando ampia eco nella stampa nazionale, la protesta di intellettuali sulla “cattività” dei manoscritti verghiani. Poeti come Montale e Quasimodo, scrittori come Bonaviri e critici come Luigi Russo, biasimarono Vito Perroni (la sorella aveva rinunciato all’incarico) perché non solo non produceva nessuna edizione critica delle opere verghiane, come aveva promesso da decenni, ma soprattutto impediva la libera consultazione dei manoscritti, continuando a detenerli abusivamente. Nella campagna di stampa intervennero anche arguti vignettisti, che raffiguravano la vicenda in chiave di rapina o estorsione, ma non si ebbero effetti di sorta.

Fu invece la famiglia Verga a sbloccare la situazione, ottenendo, dopo una battaglia legale col Perroni, la restituzione dei manoscritti. Nel 1975 il Tribunale di Catania attribuì a Pietro Verga, figlio ed erede di Giovannino, la proprietà legale di tutti i manoscritti, compresi quelli non notificati, ingiungendone la restituzione. Nel corso del 1977 effettivamente il Perroni consegnò all’erede Verga dei manoscritti, che costituiscono il Fondo Verga acquistato dalla Regione Siciliana nell’ottobre del 1977 e attualmente conservato presso la Biblioteca Regionale Universitaria di Catania. Ma tratteneva presso di sé una cospicua parte di autografi, avanzando la necessità di un più adeguato studio descrittivo. Si concludeva così, seppur con un recupero lacunoso, il mezzo secolo di “cattività” delle carte verghiane, e si avviava finalmente l’Edizione Nazionale, affidata a veri e accreditati filologi. Tuttavia all’appello mancavano quasi metà delle carte e un consistente numero di lettere tuttora disperse ma sicuramente sopravvissute, come testimonia la periodica ricomparsa di gruppi più o meno consistenti di carteggi nel mercato antiquario. Nel 2012 sono stati acquisiti dalla Regione Siciliana nuclei importanti di lettere di Verga ai principali intellettuali contemporanei come Giacosa e alla famiglia. Nel 2016 un autografo di Cavalleria rusticana e un cospicuo numero di lettere verghiane emergeva a Parigi in una vendita all’asta poi precipitosamente annullata.

Ma il vero colpo di scena riguardava i manoscritti dispersi dal 1977. Nel febbraio 2013 una nota casa d’aste metteva in vendita a Milano un cospicuo corpus di autografi e lettere di Giovanni Verga, presentato come “Fondo Vito Perroni”, che comprendeva opere letterarie, teatrali e documenti di varia natura e di vario interesse, insieme a volumi della Biblioteca di Verga. Il convergente impegno di enti culturali e scientifici (Fondazione Verga e Comitato per l’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Verga), di istituzioni nazionali e regionali (Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d'autore del MIBAC; Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia; Soprintendenza ai Beni archivistici e librari del Lazio) e del Nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, avrebbe portato al tempestivo recupero del prezioso corpus, attivando le normali procedure di legge per evitarne la vendita impropria. Il fondo, ridenominato “Fondo ex Vito Perroni”, veniva sottoposto a notifica e poi per ordine dell’autorità giudiziaria a sequestro cautelativo presso il Centro per la Tradizione manoscritta fondato da Maria Corti all’Università di Pavia, dove, su iniziativa di Carla Riccardi e delle Presidenti via via avvicendatesi (Maria Antonietta Grignani, Clelia Martignoni, Gianfranca Lavezzi), i manoscritti sono stati restaurati e conservati in adeguate condizioni di protezione e sicurezza. Nel 2016 il Comitato per l’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Verga ne ha predisposto, con l’autorizzazione della magistratura, la riproduzione digitale, in modo che i manoscritti attualmente sequestrati vengano preservati, indipendentemente dall’assegnazione agli aventi diritto, tuttora da individuare. Sono stati digitalizzati anche i microfilm Mondadori, ricomponendo idealmente, seppur in riproduzione, un corpus che costituisce un inestimabile bene culturale per l’Italia e non solo.

Nell’attesa che si definisca giuridicamente e giudiziariamente la vicenda, il risultato fondamentale è l’insperato recupero di un patrimonio testuale sopravvissuto solo nella provvidenziale riproduzione dei microfilm Mondadori, in cui tuttavia mancano cospicui nuclei di lettere e i manoscritti di romanzi giovanili come Amore e Patria, che figurano nella nostra riproduzione. La complementarità delle riproduzioni sembra prefigurare la complementarità tra il Fondo Verga della Biblioteca Regionale Universitaria di Catania e il così detto “Fondo ex Vito Perroni”, facendo desiderare che la "paziente intraprendenza" auspicata da Francesco Branciforti nel 1987, quando inaugurava l’Edizione Nazionale verghiana, possa spingere le autorità preposte alla tutela dei beni culturali, ad assumere le iniziative più idonee per la definitiva soluzione del caso. Il centenario della morte dello scrittore, che cade l’anno prossimo, potrebbe essere una bella occasione per liberare le carte verghiane da una secretazione quasi secolare.

Gabriella Alfieri
15 maggio 2021 - 00:00
Commento finale di Gabriella Alfieri
Vorrei chiudere questo mese di dialogo con tutti i lettori del tema del mese da me proposto con un "grazie" e con un "arrivederci a presto".
Ringrazio innanzitutto l’Accademia per aver dato voce a una vicenda complessa e delicata che, diffusa da una fonte così autorevole e famosa, ha avuto la possibilità di essere condivisa da un pubblico esteso. I commenti, inviati da studiosi accreditati e da giovani promesse della ricerca verghiana, confermano quanta attesa e quanto rammarico ci sia per la persistente inaccessibilità di un patrimonio testuale che appartiene davvero all’umanità. E purtroppo, come ha ricordato Ilaria Bonomi, quello di Verga non è l’unico caso di autografi e cimeli sottratti alla comunità scientifica e alla cultura nazionale e internazionale. Ringrazio anche tutti coloro che hanno scritto questi commenti, generosi per la mia persona e soprattutto unanimi nell’auspicio che le carte verghiane siano presto e definitivamente desecretate. Continuerò a lavorare per questo con la consueta passione, dedizione e tenacia, e con la fiducia che prima possibile si arrivi a una soluzione. Da quest’auspicio discende il mio "arrivederci a presto" per tutti: nel 2022, come ho segnalato nel mio intervento, sarà celebrato il Centenario della morte di Giovanni Verga, e la Fondazione Verga organizzerà, con il prestigioso coinvolgimento dell’Accademia della Crusca e con la partecipazione di altrettanto prestigiose Istituzioni e Università italiane e straniere, numerose iniziative (convegni, mostre, letture recitate) tra Catania, Firenze, Milano e Parigi. Speriamo che, in una di quelle occasioni, si possa annunciare che le carte verghiane sono state restituite alla comunità scientifica e all’umanità, e che questo sia il presupposto per la loro fruizione e condivisione universale attraverso il libero accesso in rete.

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Stephanie Cerruto
09 maggio 2021 - 00:00
Ripercorrere la travagliata vicenda delle carte verghiane ha messo in luce quanto sia necessaria l’azione congiunta degli studiosi, delle autorità competenti e dei cittadini. Ci tengo a ringraziare la professoressa Alfieri per questa puntuale ricostruzione, ma soprattutto per la dedizione e per l’impegno profuso fino ad ora nel recupero di un patrimonio culturale di inestimabile valore. La consultazione dei manoscritti verghiani secretati consentirebbe di avere accesso, oltre che agli autografi delle opere letterarie, anche a numerose lettere. Ci sono ancora vari tasselli mancanti dell’epistolario verghiano, il cui ritrovamento permetterebbe edizioni filologicamente attendibili. Mi unisco alla speranza, che è di tutti, di poter ricordare Verga nel centenario della sua morte con le sue carte ‘liberate’ per completare l’Edizione nazionale dei romanzi e delle novelle, ormai quasi compiuta, con "Amore e Patria" e con l’edizione critica dell’epistolario.

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Laura Lupo
05 maggio 2021 - 00:00
Il "caso" degli autografi verghiani, in cui si intrecciano filologia e diritto, pone importanti questioni etiche e metodologiche che questo intervento della professoressa Alfieri ha sapientemente messo in luce e ha sottoposto all’attenzione di noi tutti, studiosi e cittadini. Nella speranza che le carte possano essere restituite quanto prima non soltanto alla comunità scientifica, ma a tutti coloro che hanno a cuore il patrimonio culturale italiano, trovo questo contributo un bellissimo augurio alle future generazioni di studiosi delle opere di Giovanni Verga!

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Rosaria Sardo
28 aprile 2021 - 00:00
La ricostruzione attenta e appassionata della vicenda dei manoscritti verghiani, condotta con impegno attivo e dedizione da Gabriella Alfieri, ci ricorda l'altra vicenda - complessa e non ancora conclusa - delle carte derobertiane. L'acquisizione dei manoscritti di De Roberto ancora in possesso della famiglia consentirebbe di restituire agli studiosi un quadro completo dei lavori dell'officina verista. Si completerebbe così l'azione di salvaguardia di un prezioso tassello del patrimonio culturale italiano, un'azione già avviata vari decenni fa dal compianto prof. Francesco Branciforti. A tutti coloro che sono impegnati nel condurre verso un lieto fine le azioni intraprese va il nostro sostegno solidale.

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Milena Giuffrida
21 aprile 2021 - 00:00
Grazie professoressa Alfieri per aver ricostruito con tanta precisione e chiarezza la dolorosa vicenda dei manoscritti verghiani. Non posso che condividere con Lei la speranza che il caso si concluda nel migliore dei modi e in tempi brevi. La divulgazione delle opere di uno dei più grandi autori della nostra letteratura in una versione filologicamente validata – che unicamente lo studio degli autografi può garantire – dovrebbe essere considerata un’azione prioritaria non solo dagli studiosi, ma anche dalle istituzioni politiche competenti.

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Antonio Di Silvestro
16 aprile 2021 - 00:00
La chiarezza con cui Gabriella Alfieri, nel suo impegno infaticabile in qualità di Presidente della Fondazione Verga e del Comitato per l'Edizione Nazionale delle Opere, ha tracciato questa vicenda affascinante e al contempo irta di ferite non ancora rimarginate, ci insegna come il lavoro a servizio delle grandi opere, che parlano a noi tutti e in particolare alle nuove generazioni, debba essere frutto di uno sforzo congiunto di studiosi, istituzioni culturali, e non soltanto appannaggio di una ristretta cerchia di addetti ai lavori. Ci auguriamo, e faremo tutto quanto è necessario a sostenere il lavoro di Gabriella, che alla vigilia del centenario questo affascinante scrittoio del verista (titolo di un saggio ancora illuminante del compianto Francesco Branciforti) possa essere riscoperto, studiato, diffuso, anche attraverso le potenzialità degli strumenti digitali, a un pubblico più ampio possibile. Verga, la sua storia, le sue carte, i suoi libri, hanno ancora tanto da raccontarci.

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Andrea Manganaro
16 aprile 2021 - 00:00
Il “caso” dei manoscritti verghiani ogni tanto viene riproposto dall’informazione giornalistica, con notizie quasi sempre frammentarie e superficiali. Anche fra la maggior parte degli studiosi la “questione”, certamente complessa, non risultava del tutto chiara. Con questo suo contributo Gabriella Alfieri è riuscita a ricostruire limpidamente la storia dei preziosi manoscritti, del loro possesso, della loro fruibilità. Non solo. Ha segnalato la rilevanza, per la cultura e per l’Italia tutta, del “caso” ancora aperto. Anche per questo dobbiamo tutti esserle grati.

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Rossana Melis
10 aprile 2021 - 00:00
Cara Gabriella, hai ben descritto le vicissitudini delle Carte Verghiane. Però la vicenda, così complessa, dimostra anche il rispetto che quelle Carte incutono, direi quasi la loro resistenza alla dispersione, tanto che prima o poi tutte saranno ricomposte. Lo credo fermamente, e vi auguro che questo avvenga per gli studiosi futuri.

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Ilaria Bonomi
06 aprile 2021 - 00:00
Grazie a Gabriella Alfieri per la lucida ed esauriente ricostruzione di una vicenda relativa a documenti privati dall’immenso valore pubblico, tanto importante per la nostra cultura, e per avere con il suo instancabile impegno contribuito a far luce e a portare (si spera presto) a risoluzione questa dolorosa vicenda. Al caso dei documenti verghiani si avvicinano, come è noto solo in parte, casi più o meno analoghi che riguardano grandi personalità della cultura italiana: tra questi mi preme citare quello di Giuseppe Verdi, le cui carte, conservate alla Villa di Sant’Agata e proprietà degli eredi Carrara Verdi, sono state assunte in deposito cautelare dal MIBAC e messe a disposizione degli studiosi solo in misura parziale, in quanto ancora possedute e secretate dagli eredi. Ci auguriamo che, per questo e per altri casi analoghi, le limitazioni alla consultabilità dei documenti possano essere presto superate, consentendo il pieno progresso degli studi.

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Giovanna Alfonzetti
30 marzo 2021 - 00:00
Dobbiamo tutti essere riconsocenti alla prof.ssa Alfieri per l'impegno, la tenacia con cui sta combattendo per ottenere qualcosa che fa parte del patrimonio dell'umanità!

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Lucia Bertolini
28 marzo 2021 - 00:00
Opportunissima e fondamentale ricostruzione della vicenda, che inoltre guarda al futuro e alla necessità di un recupero integrale e aperto agli studiosi.

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Giuseppina Scollo
28 marzo 2021 - 00:00
La ricostruzione della vicenda, da un lato,provoca rammarico per la trascuratezza con cui è stato trattato un patrimonio collettivo, dall'altro fa sperare in un intervento (della politica?) per una restituzione e una ricostituzione di un bene aperto a tutti.

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Rosa Maria Monastra
28 marzo 2021 - 00:00
Grazie per la puntuale ricostruzione di una vicenda che ha dell'incredibile. E grazie per l'impegno con cui stai cercando di venirne a capo.

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