La lingua degli altri. L'italiano degli scrittori non madrelingua

di Gabriella Cartago, Marco Biffi

Con questo tema Gabriella Cartago e Marco Biffi pongono all’attenzione dei lettori la letteratura di stranieri in lingua italiana, che presto troverà spazio anche in una banca dati degli “Scaffali digitali” del sito. 

Con questo tema l’Accademia della Crusca pone all’attenzione dei lettori la letteratura di stranieri in lingua italiana, che presto troverà spazio anche in una banca dati degli “Scaffali digitali” del sito. 


«Qualcuno mi chiamò negro ghignante per la strada, parlando da un’altra epoca»
Sulla riva del mare, Abdulrazak Gurnah Premio Nobel della Letteratura 2021 “per la sua intransigente e profonda analisi degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato tra culture e continenti”


La linea dell'italiano

Il pane lievitava dalla sera prima, in attesa di essere infornato. Ma appena è l’alba sfondano la porta di casa due militari che fanno evacuare tutta la famiglia.

La mente della mamma si invade del pensiero del pane, come per concentrarsi su qualcosa di diverso dalla tragedia della deportazione. Per giorni sospira il pane perduto, ancora anche quando la bambina, che si chiama Ditke ma è Edith, compie 13 anni, nel maggio del ’44. All’ingresso a Birkenau le loro mani verranno separate a forza, la madre a sinistra verso il crematorio, Edith a destra verso le baracche senza più nome e con il numero 11152 appeso al collo.

Con Il pane perduto (La nave di Teseo) Edith Bruck, nata a Tiszakarád, in Ungheria, ha vinto il Premio Strega Giovani 2021.

Il Premio Matilde Serao di questo stesso anno è stato assegnato a Igiaba Scego, nata a Roma da genitori somali nel 1974, che con La linea del colore dentro la collana dei Narratori Italiani di Bompiani aveva vinto il Premio Napoli nel 2020.

La linea del colore è concetto storiografico applicato, a partire da William E. B. Du Bois, alle riflessioni sulla realtà visibile della razza. L’eroina di Igiaba Scego, figlia di un haitiano e un’indiana Chippewa, artista e viaggiatrice, abbandona Salem, Massachusetts diretta in Europa. Finisce per stabilirsi nella Roma ottocentesca intorno al periodo dell’Unità, e trova nel suo talento di interprete della complessità di ciò che si vede, sostanza apparenza e loro commistioni, la chiave per ribaltare la questione del colore della pelle. A tal punto che nel romanzo fiorisce questa domanda: Gli italiani sono bianchi?

Così diverse per età, origini ed esperienze, le due scrittrici contribuiscono a costruire la storia dell’italiano come lingua letteraria dell’accoglienza e i loro prestigiosi riconoscimenti concorrono a darle lustro. 

Edith Bruck, capostipite della letteratura di stranieri in lingua italiana sulla Shoah, ha variamente raccontato il senso della sua scelta dell’italiano. Sopravvissuta ai campi di concentramento, vivere in Italia e imparare l’italiano ha significato per lei la possibilità di esprimersi, propriamente di rinascere, di allontanarsi dall’orrore che ha vissuto, attraverso una lingua acquisita, che le dà voce libertà e rifugio. Una vicenda interiore tanto intensa non sempre percepita dal pubblico: “la gente spesso non sa ancora che io scrivo in italiano, molti pensano che i miei libri siano tradotti” ha dichiarato Bruck una decina d’anni fa. Questa indifferenza dei lettori è un tratto comune anche all’esperienza molto contrastante di Helga Schneider, berlinese, venuta in Italia nei primi anni Sessanta, in fuga da un tragico rapporto con la madre, ausiliaria delle SS condannata dal Tribunale di Norimberga a sei anni di carcere per crimini di guerra. La Schneider vive un drammatico rifiuto della sua madrelingua, e l’approdo all’italiano è nel suo caso propriamente un’operazione di sostituzione del codice, tanto radicale da provocarle stupore quando non viene percepita: “Io scrivo in italiano i miei libri, eppure agli incontri alcuni lettori mi chiedono perché non c’è il nome del traduttore”. Considerazioni analoghe ritroviamo in Helena Janeczek, a sua volta scrittrice e vincitrice del Premio Strega del 2018 con La ragazza con la Leica, figlia di ebrei polacchi deportati, appartenente, quindi, alla generazione successiva: “Qualcuno sistema ancora i miei libri nello scaffale della letteratura straniera, qualcun altro s’è lamentato (giuro) che gli editori lavorano così male oggigiorno da omettere l’edizione originale e il nome del traduttore” scriveva nel 2017, soltanto un anno prima di vincere lo Strega.

Igiaba Scego, “somala d’origine e italiana per vocazione” come si autodefinisce, lascia cadere nei suoi racconti e romanzi molti spunti di autobiografia linguistica in bilico tra le due identità, ma la sua scelta di dare forma al proprio io letterario in italiano è sempre stata univoca e non ha conosciuto esitazioni.

Emblematico è il neologismo da lei coniato, dismatria, che la Scego immette nel suo caleidoscopico e plurilingue strumento espressivo.

Nasce da un procedimento piuttosto complesso, costruito com’è sopra espatrio, mettendo insieme uno scambio di prefisso a un’azione che investe violentemente la base, cambiandole genere, non solo grammaticale (da patria a matria).

Eravamo in continua attesa di un ritorno alla madrepatria che probabilmente non ci sarebbe mai stato. Il nostro incubo si chiamava dismatria. Qualcuno a volte ci correggeva e ci diceva: ‘In Italiano si dice espatriare, espatrio, voi quindi siete degli espatriati’. Scuotevamo la testa, un sogghigno amaro e ripetevamo il dismatria appena pronunciato. Eravamo dei dismatriati, qualcuno aveva tagliato il cordone ombelicale che ci legava alla nostra matria, la Somalia.

Matria è dagli iniziali anni Settanta del ’900 parola della storia del mondo femminile e del movimento femminista; ed è contemporaneamente anche voce della linguistica con riferimento alla crisi di identità tra “nazionalità” e “patria”.

Nemmeno lo scambio di prefisso, di per sé, è nuovo: Il dispatrio è notoriamente il titolo di un raffinatissimo libro di Luigi Meneghello. Insomma, Scego non crea dal nulla, o forse lo fa indipendentemente dalle storie delle parole che assembla (nell’ambito del multiculturalismo la poligenesi va, naturalmente, considerata con particolare attenzione). L’originalità del montaggio dei suoi ready made però le appartiene di diritto, come le riconosce il volume dei Neologismi 2008 Treccani, che registra dismatriato.

In parallelo si fa più intensa da parte degli osservatori del panorama delle varietà l’attenzione per lo strumento espressivo d’adozione dei non madrelingua e dei nuovi italiani, che Claudio Nobili, autore insieme a Sergio Lubello di L’italiano e le sue varietà (2018), considera "un indicatore molto positivo della riuscita del percorso di apprendimento".

Nel manuale di linguistica italiana curato da Rita Librandi nel 2019, Rosa Piro definisce le scritture dei migranti “vere e proprie feste delle lingue”, frutto del più disparato contatto tra realtà native e acquisite (dialetti e regionalità inclusi) e della commutazione dei rispettivi codici, mostrandone una significativa a tratti spericolata casistica. Indica anche gli elementi con cui queste pagine arricchiscono il lessico tradizionale, movimentandolo verso espressioni di concetti culturospecifici.

Massimo Palermo, che se ne era occupato per tempo, nel suo manuale del 2020 distingue con precisione tra gli scrittori stranieri del passato coinvolti nell’eteroglossia che ha come base la nostra lingua, e gli attuali portatori di identità multiculturale che vivono immersi nella realtà italiana quando non siano addirittura nati in Italia (le cosiddette seconde generazioni). Mette a fuoco la struttura della loro lingua strettamente imparentata con la tendenza prevalente nella narrativa italiana contemporanea all’uso del neostandard nel narrato e alle aperture al substandard nei dialoghi. E ne individua l’originalità in un “diverso sguardo sul mondo” che induce all’introduzione di nuovi referenti, nel quadro di un esercizio costante di riflessione sulla lingua, sul rapporto tra oralità e scrittura, e sui problemi identitari.

E fa piacere in questa sede ricordare quanto precocemente l’Accademia della Crusca si sia concentrata su questi temi, dedicandogli la Piazza delle Lingue 2010 e il volume della Settimana della lingua italiana nel mondo 2010 Una lingua amica: l’italiano nostro e degli altri dal titolo L’italiano degli altri.

La linea dell’italiano dell’uso letterario non è certamente divisiva, la sua ferma dolcezza capace da secoli di conquistare la sospinge più che mai verso l’inclusione, oggi che si sono appena chiuse le celebrazioni del trentennale della letteratura della migrazione dentro un orizzonte di varietà e ampiezza, autorevolmente premiate e studiate, inimmaginabili fino a ieri.

A un censimento articolato di questa preziosa letteratura ha lavorato per molti anni Armando Gnisci, prima fondando nel 1997 BASILI (Banca dati degli scrittori immigrati di lingua italiana) – che raccoglieva informazioni sulle opere in italiano di autori immigrati che vivevano o avevano vissuto in Italia – e successivamente affiancandovi e fondendovi la LIMM (Letteratura Italiana della Migrazione Mondiale). BASILI&LIMM è ospitata nel sito della rivista “El Ghibli” (all’indirizzo https://basili-limm.el-ghibli.it/) e rende disponibile in rete una ricca base di dati su scrittrici e scrittori migranti translingui e di nuova generazione (autori, opere letterarie, critici, opere critiche e tesi di laurea e di dottorato sui temi della letteratura migrante in lingua italiana).

Nel corso del 2020/2021 la banca dati è stata rivista e strutturata in una nuova architettura per cura del Centro Informatico dell’Accademia della Crusca ed entrerà presto a far parte degli “Scaffali digitali” del sito, con le sue attuali 2005 opere letterarie, 989 opere critiche, 119 tesi e 993 autori complessivi. Non si tratta di uno strumento chiuso, ma predisposto per essere arricchito e alimentato continuamente per cura di una redazione nazionale e una internazionale. I dati saranno consultabili attraverso vari tipi di ricerche, semplici e avanzate, e potranno essere implementati – secondo uno spirito che ha sempre contraddistinto il progetto nelle sue varie fasi – anche attraverso libere segnalazioni raccolte all’interno di un’apposita sezione della nuova piattaforma, che si spera possa diventare un centro di aggregazione di contenuti di varia natura, aprendosi a collaborazioni nazionali e internazionali.

La nuova nata nella galassia web dell’Accademia va ad aggiungersi a Vivit Vivi italiano, il portale dell’italiano nel mondo, e all’OIM Osservatorio degli Italianismi nel Mondo. La promozione della lingua italiana, uno degli obiettivi fondamentali dell’Accademia della Crusca, si proietta così anche nella nuova dimensione dell’italiano dal mondo.

 

Redazione
07 marzo 2022 - 00:00
Commento di chiusura

Come chiusura di questo tema ci piace annunciare la pubblicazione della nuova banca dati Basili & LIMM negli Scaffali digitali del sito web dell'Accademia (https://www.basili-limm.it/).
Gabriella Cartago e Marco Biffi

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Salvatore Claudio Sgroi
16 gennaio 2022 - 00:00

Decisamente un bel "Tema" -- da 9 -- "La linea dell'italiano" di G. Cartago e M. Biffi  su "la lingua degli altri: l'italiano degli scrittori non madrelingua": un invito a leggere testi creativi di non-nativo-italografi/italofoni, e ad aprirsi alle tematiche delle varietà dell'italiano, superando ogni remora neo-puristica, con suggerimenti di eccellenti studi critici, in primo luogo "L'italiano degli altri" della Crusca (2011), la "Linguistica italiana" di M. Palermo (il Mulino 20202), e poi "L'italiano, strutture, usi, varietà", a c. di R. Librandi (Carocci 2019), C. Nobili-S. Lubello (Cesati 2018). E ancora l'indicazione di fonti e banche a cui attingere testi e studi in continua espansione, con la notizia del potenziamento degli "Scaffali digitali" della Crusca e ulteriore proiezione dell'italiano nel mondo. En passant, un'osservazione marginale. Il bel neologismo "DISMATRIA", glottoplaste la somala Algiada Scego, autrice dell'omonimo racconto nel volume "Pecore nereRacconti" (Laterza), del 2005, strutturalmente non nasce da "uno scambio di prefisso" (di "es-patrio") e contemporaneo "violento" cambiamento di genere della base ("-patrio < matri-a"), ma più semplicemente si configura come prefissazione del s.f. "matria" s.f. 'terra natia, patria' (De Mauro 2000) col prefisso "dis-" che "davanti a sostantivo esprime mancanza, contrario" (ibid.), i "dismatriati" (s.m.) essendo invece 'gli espatriati', composto parasintetico con prefisso "dis-" e suffisso "-ato".

 

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