Libri, biblioteche e civiltà

di Rosario Coluccia

L'accademico Rosario Coluccia parla di libri, censura e biblioteche, invitando a confrontarsi sul tema del valore della lettura.


Novembre 2023

Si intitola Fahrenheit 451 un romanzo di Ray Bradbury del 1953 (edito in Italia anche con il titolo Gli anni della fenice) che François Truffaut portò al cinema nel 1966. Ambientato in un imprecisato futuro, vi si rappresenta una società in cui leggere o possedere libri è considerato reato, per contrastare il quale un apposito corpo di vigili del fuoco si impegna a bruciare ogni tipo di scritto. Strani vigili del fuoco, appiccano gli incendi, non li spengono. In particolare danno fuoco alle case di coloro che hanno violato la legge perché detengono e nascondono libri, assolutamente illegali. Uno dei motti di questo corpo di vigili del fuoco dichiara: “Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce”. Il loro capitano così si rivolge a un milite modello, quando lo vede assalito da dubbi: “Stammi a sentire, Montag: a tutti noi, una volta nella carriera, viene la curiosità di sapere cosa c'è in questi libri; ci viene come una specie di smania, vero? Beh, dai retta a me, Montag, non c'è niente lì, i libri non hanno niente da dire!”.

La resistenza, nella orribile società di Fahrenheit 451, consiste nel mandare a memoria i libri: ciascun resistente legge più e più volte un intero volume, lo manda a memoria, lo ripete ad alta voce per non dimenticare neppure una parola. Così i libri, distrutti dalle fiamme, restano in vita nel cervello degli uomini, che trovano altri uomini a cui trasmetterli, perché la memoria non scompaia. Contro i libri si accaniscono le dittature e i regimi intolleranti. Negli anni Trenta, la Germania conobbe i roghi dei libri perpetrati dal regime nazista. Negli stessi anni e dopo in Unione Sovietica si sviluppò la campagna di repressione messa in atto da Stalin contro chiunque osasse manifestare il dissenso: spiriti indipendenti, intellettuali, poeti e scrittori, furono arrestati, imprigionati nei gulag, spesso giustiziati. Non ne siamo rimasti esenti neppure in Italia, durante il fascismo: esistono i filmati che documentano gli assalti delle camicie nere, le pile di libri rovesciati in strada e dati alle fiamme. In molte parti del mondo, ancor oggi, la censura si accanisce contro i libri e i loro autori, se esprimono idee contrarie a quelle dominanti.

La Biblioteca reale di Alessandria in Egitto fu la più grande e ricca biblioteca del mondo antico. Radunava libri scritti in varie lingue, moltissimi testi greci. Era gestita da un sovrintendente nominato direttamente dal re, un bibliotecario autorevole e coltissimo, in possesso di grandi conoscenze filologiche. Quel bibliotecario filologo dirigeva gruppi di grammatici esperti che avevano il compito di annotare e correggere i testi delle opere custodite. Qualcuno ha calcolato che i rotoli (i volumina) lì conservati fossero tra i 490.000 e i 700 000. Quella biblioteca subì danni gravissimi per cause diverse, in molte circostanze. Ma la distruzione non fu totale, alcuni libri bruciarono o si dispersero, altri si salvarono. Non sappiamo cosa si perse per sempre. Qualcuno ha osservato che se si fossero conservate settori diversi della biblioteca rispetto a quelli andati distrutti, probabilmente avremmo un’idea molto differente della cultura greca, conosceremmo altri nomi rispetto a quelli ora noti, e forse ignoreremmo (in tutto o in parte) quelli che oggi rappresentano per noi punti di riferimento ineliminabili e perenni. In ricordo di quella biblioteca antica è stata edificata, ed è in funzione dal 2002, la moderna Bibliotheca Alexandrina. Gesto apprezzabile. Che tuttavia non ci impedisce di ricordare le nefandezze del regime al potere (con cui le democrazie occidentali intrattengono intensi rapporti economici e commerciali), che assassina Giulio Regeni, incarcera, condanna e poi grazia Patrick Zaki, rinchiude nelle carceri migliaia di persone senza nome, colpevoli solo di dissentire.

Ogni volta che una biblioteca scompare è un danno per l’umanità. Nei primi secoli dello scorso millennio era fiorente la biblioteca di Càsole, vicino Otranto. Monaci colti erano impegnati nella raccolta e nella ricopiatura di codici greci, di epoca classica e di epoca bizantina. Grazie a quei monaci, che parlavano, scrivevano e leggevano il greco, una sezione imponente della cultura ellenistica è transitata dall’Oriente verso l’Occidente. La biblioteca di Càsole fu assaltata dai Turchi nel 1480-1481, durante i mesi del famoso sacco di Otranto. L’assalto turco a quella biblioteca accelerò in maniera drammatica il processo di decadenza della cultura greca scritta nel Salento. Oggi nulla di quello straordinario patrimonio librario è rimasto in sede. Per la distruzione operata dagli assaltanti, certo; ma anche per incuria dei locali, come tante volte è accaduto nella storia dei popoli meridionali, indifferenti alla sorte di quello che è loro. Quello che è sopravvissuto dei codici di Càsole si conserva altrove, in biblioteche italiane e anche all’estero. In massima parte nella romana Biblioteca Apostolica Vaticana e nella fiorentina Biblioteca Medicea Laurenziana, dove quei codici arrivarono a séguito di un viaggio in Salento e in Grecia fatto nel 1491 dal Lascaris, bibliotecario di Lorenzo il Magnifico, alla ricerca di codici per conto dei Medici.

Anche oggi assistiamo a fatti che inquietano. In alcune università si comprano pochi libri, “perché mancano i soldi”. E ci si chiede: come studieranno i disgraziati studenti di quelle università? E i professori, che per mestiere dovrebbero leggere di continuo? Per fortuna non mancano episodi di segno contrario, segni di dinamismo operante che lasciano ben sperare. Per citare solo episodi degli ultimi mesi, si moltiplicano in tutt’Italia i “Festival della lettura” (a volte anche “della lettura e dell’ascolto”): a Ivrea, a Mantova, a Empoli, a Napoli, e in decine di altre località, nei contesti più diversi. A Foggia, città che non è solo criminalità diffusa, si svolge un “Festival di letteratura per ragazzi” intitolato “Buck Festival” (si, proprio così, “Buck”, non “Book”). A Cerignola, località per certi versi difficile, si organizza un “Premio Letterario Nazionale Nicola Zingarelli”, in cui si premiano linguisti e filologi e si coinvolgono i ragazzi delle scuole in gare di scrittura. Segnali, forse, di un’inversione di tendenza in grado di combattere la grave malattia che affligge l’Italia intera: livelli di lettura troppo bassi rispetto ai quali occorre mettere in campo ogni sforzo di miglioramento. Ogni anno a ottobre si svolge la Fiera del Libro di Francoforte, la più grande del mondo. Nel 2024 l'Ehrengast (‘ospite d'onore’) della Fiera sarà l’Italia. Sarà l’occasione per far conoscere al mondo i dati oggettivi che documentano la vitalità della cultura editoriale del nostro paese, in grado di far defluite mille rivoli da quel centro mondiale.  A partire, magari, da uno stand specifico dedicato ai libri delle prestigiose Accademie italiane, la Crusca, i Lincei e altre di primo piano.

Non siamo nati per scrivere e leggere, ma siamo dotati di un cervello che è capace di formidabili adattamenti. L’uomo ha imparato a parlare forse da 150-180.000 anni. Da un periodo molto più limitato, più o meno da 5.500 o 6.000 anni, ha inventato la scrittura, quasi contemporaneamente e indipendentemente in due territori diversi, in Egitto e in Mesopotamia, la terra tra i fiumi Tigri ed Eufrate, corrispondente a parte di Siria e di Iraq, un tempo culla della civiltà a cui facciamo riferimento, oggi teatro di guerre e di atrocità di ogni genere che ci lasciano quasi sempre indifferenti. Invenzione geniale. Qualcuno riesce a inventare il sistema per tracciare con strumenti pratici (una pietra appuntita o altro oggetto adatto allo scopo) dei segni su un supporto in grado di fissarli (argilla, coccio, la parete di una grotta, ecc.). Qualcun altro è in grado di interpretare quei segni e di capirne il significato. Con questa invenzione meravigliosa vengono superati i limiti di spazio e di tempo connaturati alla fragilità umana: non più solo hic et nunc ‘qui e adesso’, come succede alla lingua orale.

I primi uomini in grado di scrivere e di leggere si saranno sentiti simili agli dei. Oggi pochi ci badano, scrivere e leggere non pare così importante. Nell’indifferenza generale, una sottosegretaria alla cultura (sì, alla cultura) può dichiarare: “Non leggo un libro da tre anni”. Aggiungendo candidamente: “Ora che mi dedicherò alla cultura magari andrò più al cinema e a teatro” (è in rete, basta cercare). Non tutti la pensano così, per fortuna. Non vogliamo rivivere l’ossessione che settant'anni fa generò Fahrenheit 451. I libri sono simbolo di civiltà, un popolo che si istruisce, che legge (e riflette) non sarà preda di miraggi e di false promesse. L'incubo di Bradbury non si realizzerà, finché saremo vigili.

Redazione
02 gennaio 2024 - 00:00

Commento di chiusura di Rosario Coluccia

Ringrazio gli intervenuti per la qualità dei commenti riservati al Tema novembre-dicembre 2023. In essi mi sembra che si possano individuare alcuni nuclei tematici fondamentali, sui quali mi soffermerò brevemente.

Thomas Honerlein ci ricorda che la censura si abbatte sui libri non solo nei regimi dittatoriali, di qualsiasi orientamento politico. Anche nel mondo occidentale, che pure si richiama ai valori di tolleranza scaturiti dalla matrice illuminista, non mancano episodi per certi versi analoghi, pur se meno violenti nelle manifestazioni esterne (non si arriva a bruciare in pubblico i libri, per fortuna). E segnala il caso della scrittrice palestinese Adania Shibli, in un primo tempo premiata con il LiBeraturpreis 2023 e poi silentemente esclusa da tale riconoscimento. Honerlein fa bene a ricordare questo episodio di discriminazione. Ma continuo a pensare: noi possiamo alzare la voce e batterci contro le discriminazioni; in molte parti del mondo chi dissente è imprigionato e spesso messo a morte. Non è differenza da poco. La libertà di espressione è un bene irrinunciabile.

Di largo spettro gli interventi di Luca Fiocchi Nicolai, che affronta da diverse angolazioni (con esempi specifici) questioni che anche a me paiono centrali: quale è oggi il ruolo delle biblioteche, quale pubblico le frequenta, come si configura il rapporto tra testo a stampa ed e-book (e universo digitale in genere), ecc. Siamo in una fase di enormi trasformazioni sociali, questo è evidente. Viviamo un salto epocale che, per restare negli ambiti trattati dal Tema, è paragonabile all’invenzione della scrittura e alla scoperta della stampa. La testualità elettronica ha impresso profondi mutamenti alle pratiche tradizionali di lettura e di studio. Ma non è detto che i due ambiti siano in conflitto. L’aumento dei formati digitali nel mercato editoriale e di conseguenza il numero crescente di e-book che progressivamente si affiancano ai libri a stampa potrebbe favorire un aumento complessivo della domanda di lettura; pur se restano vincenti, a mio parere (e con mio compiacimento), la ricchezza dell’esperienza tradizionale della lettura, il rassicurante rapporto tattile con la pagina cartacea, la maggiore memorabilità della stampa rispetto al supporto elettronico. La cultura scritta, anche in forme variate, resta uno degli assi su cui si impernia la storia dell’uomo. E le biblioteche ne costituiscono l’emblema fisico. Mi viene in mente quanto ne scrisse Marguerite Yourcenar: "Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito".

Segnali confortanti, in questo senso, vengono dal mondo della scuola, dove operano Giordana Conversano, Stefania Ignazzi, Mariagrazia Perrone. Tre professoresse mostrano, con esempi concreti, che molto si muove positivamente in quel mondo, dove con impegno e costanza è possibile ottenere ottimi risultati, anche se a volte le Istituzioni si mostrano indifferenti o disinteressate. Ci sono molti bravi professori; e ci sono molti bravi studenti, se sappiamo interessarli e coinvolgerli. Non è piaggeria. Da anni ho maturato la convinzione che andare nelle scuole, parlare con professori e studenti, vedere cosa succede lì ogni giorno dovrebbe essere pratica non effimera di chiunque sia interessato al miglioramento della nostra società e abbia qualcosa di positivo da dire. La scuola è attraversata da mille fermenti positivi, al di là dei diffusi pregiudizi sullo scarso prestigio sociale della professione docente (e invece maestri e professori costituiscono il nerbo della società) e della constatazione sugli stipendi troppo bassi percepiti da chi insegna (purtroppo è vero, la politica trascura chi lavora nella scuola). Dal miscuglio perverso di pregiudizi immotivati e di constatazioni effettive nascono le querimonie sull’inutilità dello studio, le facilonerie di chi pensa di trovare nella rete le risposte al bisogno di conoscenza seria, i miraggi mediatici subiti da chi aspira unicamente a diventare velina o calciatore (niente di male, naturalmente, ma esiste anche altro) o immagina scorciatoie per guadagni facili. Nessuno può sottrarsi alle sfide imposte dagli anni difficili che stiamo vivendo, non esistono luoghi edenici nei quali l’umanità possa rifugiarsi. Spetta alla fetta più avvertita della società, spetta a coloro che (in ben diverso contesto ma anche in quel caso con evidenti implicazioni sociali) Graziadio Isaia Ascoli definiva "operai dell’intelligenza", fare la propria parte con tenacia, senza cedere alla rassegnazione. Nella scuola seriamente vissuta si gioca il nostro futuro.

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LUCA FIOCCHI NICOLAI
06 dicembre 2023 - 00:00
P. S. Un ultima considerazione, questa meno riluttante della lamentazione. Se lo scopo della lettura fosse solo quello di aumentare la conoscenza del mondo (impresa illusoria) o magari di evadere dalla grigia realtà per rifugiarsi nel sogno o semplicemente di godere di una narrazione dall'avvincente trama, allora, soprattutto in quest'ultimo caso, la "favola" potrebbe fare a meno della" favella", oggi meno potente e efficace della "vista". Se il classico è, come dice Eco, da sempre un best-seller, allora l'arte e le preferenze del pubblico si sono trasferiti altrove, prendendo la forma di altri mezzi espressivi ritenuti più moderni. I ritmi della vita di oggi richiedono, oltre alla velocità eretta a valore positivo a prescindere, la distruzione del silenzio e della concentrazione, l'abolizione dell'isolamento pur momentaneo e la reperibilità continua, la connessione e l'aggiornamento frenetico del nulla, tutte cose che ostano a una sana lenta prolungata lettura solitaria. Meglio una fiction, una serie, una sit-com, che, come certi sport in auge negli u. s. a., consentono l'inserzione di pubblicità, richiedono un ascolto e una visione meno attenti ad altri livelli di comprensione e godimento estetico che solo la lettura funzionale può offrire. E allora dico che, perché la gioventù studiosa torni ad amare il libro come amico inseparabile e fedele, occorre restituire alla lettura un valore diverso, una finalità di acquisizione di tecniche, da applicare alla produzione di testi scritti a fini d'arte. Cioè fa mestieri di pensare al testo come qualcosa in grado a chi lo produce di esprimere in sommo grado e secondo uno stile personale i propri pensieri e trasmettere così diletto in chi legge. Lo studio della forma, l'apprendimento della lingua, del bello o almeno corretto scrivere, la formazione del gusto, l'acquisizione strumentale di regole retoriche vecchie come il cucco per poter operare persuasione attraverso all'uso della favella, servono di rimando alla comprensione estetica di un testo letterario, alla decifrazione delle più squisite sottigliezze di quello, infine, alla più rapida immersione nel contesto storico nel quale un'opera è maturata. Riunire le figure del lettore e dello scrittore, legare la lettura attiva, strumentale e senza riguardi e la scrittura prima imitativa poi personale. E la Biblioteca? se fosse solo un deposito potrebbe lasciare il posto all'e-book, almeno per le ricerche bibliografiche, che persino uno sfaticato dilettante illetterato qual io sono ha potuto compiere con discreto successo, se mi è riuscito di ricostruire, a partire dal possesso di una minuta autografa di Giuseppe Brambilla, e standomene comodamente a casuccia, tutta o quasi la storia di un idillio dato a lungo per opera del Parini, Il primo bacio, in realtà composto per burla dal filologo lombardo. Se invece si pensasse alla biblioteca come a una raccolta di scelte opere che l'istituzione ritenga degne di essere nonché salvate studiate dalla gioventù, futura classe dirigente, per la loro esemplarita', allora, nel suo simbolico, plastico valore di canone, ottempererebbe anche ad un fine educativo e nobile, quello che non nasconde l'esistenza di alto e basso, bello e brutto, perenne e effimero. Nei tempi attuali ciò pare un'urgenza, se non si vuole che il disorientamento dilaghi.

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Mariagrazia Perrone
05 dicembre 2023 - 00:00
Professore amatissimo, noi siamo vigili e attive ma a volte sembra di rimbalzare contro un muro di gomma. Nella nostra provincia di Lecce, una città come Casarano soffre dell’assenza di una biblioteca pubblica: ricordo le lezioni del caro professore Pisanò sulla biblioteca di Alessandria, Tolomèo II Filadelfo re d'Egitto e i vari capo-bibliotecari. Ebbene, finché il professore è stato in vita, nella sua Casarano la biblioteca esisteva, era viva e attiva sotto le sue cure; dopo il 2013, anno della morte, è morto anche il resto. E sono ormai dieci anni. Con enormi sforzi noi docenti dei due istituti comprensivi della città abbiamo attivato delle bellissime e fornite biblioteche scolastiche, ma ovviamente non basta… così sempre noi da qualche anno abbiamo avviato gruppi di lettura, serate di Book speed-date, presentazioni con autori in collaborazione con le librerie locali, insomma tutto ciò che può ruotare intorno ai libri è stato messo in moto, con una richiesta pubblica e continua: vogliamo la Biblioteca comunale! Nonostante gli sforzi però… tutto è fermo e tutto tace. Manca un Tolomeo II, ma basterebbe un semplice amministratore, illuminato quanto basta per capire che dai libri si costruisce la base di una comunità e della sua cultura. La lascio. Con un po’ di amarezza per la triste realtà con cui ci scontriamo ogni giorno e con la nostalgia dolcissima che pensare agli anni dell’Università mi provoca. Un abbraccio

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LUCA FIOCCHI NICOLAI
05 dicembre 2023 - 00:00
E va bene, anch'io mi accodo alle lamentazioni sul disinteresse per i libri che sembra accomunare amministratori... e utenti! diciamolo: le biblioteche comunali abbondano ma paiono un peso inutile a chi deve tirar fuori i soldi. Anche perché, con l'abitudine delle nuove generazioni alla lettura digitale, la concorrenza di nuovi e accattivanti media, che propongono serie TV concepite con un occhio ad Aristotele, la fretta e l'abbassamanto della soglia d'attenzione che favoriscono il piluccamento di spezzoni di testo di qua e di là a capriccio, con rimandi dall'uno all'altro che sembrano ispirati al gioco de Il Bersaglio della Settimana Enigmistica (detto pour cause), la disponibilità gratuita di testi on line di difficile reperimento o troppo costosi e ingombranti per stare in casa, la vulgata che la cultura umanistica è roba inutile e sorpassata, come il matrimonio e relativi marmocchi, l'imperio della "favola" sullo stile e la forma espressiva (sempre Aristotele e la sua Poetica), il prevalere di una scrittura non tanto brachilogica quanto balbettante (Alfieri docet?) e tanto altro, chi legge più un libro di carta per sei ore di seguito se non, come sempre, gli introversi? A Poggio Mirteto esiste una biblioteca comunale sufficientemente fornita, diretta da persone creative, che in uno spirito di servizio alla collettività assecondano la trasformazione del luogo che la ospita in un polo di attrazione di eventi e iniziative culturali come conferenze, concorsi di narrativa e poesia, presentazioni di libri, ma che devono pure mettere a disposizione in giorni e orari determinati alcuni locali per attività che poco c'entrano con la funzione istituzionale di una biblioteca, come palestre e corsi di Italiano per stranieri. E allora ti può capitare, di martedì e giovedì, dalle 9 alle 10, di sentire provenire dalla sala che contiene il grosso dei libri espressioni come "un, due, tre" o "braccia ben distese", e vedere da un'altra uscire ucraini, tunisini e congolesi dopo la lezione, per avviarsi all'uscita senza nemmeno dare un'occhiata agli scaffali. Nei giorni "normali", di quiete, i visitatori si contano sulla punta delle dita, e li vedi, spaesati quasi, aggirarsi senza guida nel corridoio, in attesa che il personale, sovente oberato da rogne amministrative, faccia capolino con grande cortesia e professionalità. Pochissimi o nulli i giovani, molti (si fa per dire) gli "annosi", i soliti, come, vi ricordate, accadeva e forse accade ancora (io da tempo ho preso a disertarli) ai concerti di musica contemporanea, nei quali i posti erano riempiti (sic!)... dagli addetti ai lavori. Insomma, sono matematicamente certo che, tempo 20 anni, la biblioteca di Poggio Mirteto sarà un centro di socializzazione nel quale i libri fisici faranno da arredo (del resto, oltre alla vendita di doppioni e opere giudicate di poco interesse, è stato attuato un certo smaltimento di volumi, molti in voga negli anni '60 e' 70). La loro catalogazione on line, rendendoli disponibili a una comoda fruizione da casa, renderà la pratica antica della silente lettura di un libro in silenti sale un misoneistico ricordo pieno di nostalgia. La cultura, come l'arte, è da sempre di pochi.

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LUCA FIOCCHI NICOLAI
29 novembre 2023 - 00:00
La biblioteca universale divenuta realtà grazie alla rete mi sgomenta: da dove comincio? Per fortuna, di là dalla massa di contributi eruditi di ambito accademico volti ad giustificare la mania dei convegni colla ricerca di minuzie filologiche di cui non frega nulla a nessuno, e in barba all'operazione "inclusiva" delle case editrici che ci rifilano un giorno sì e l'altro pure "capolavori" di letteratura "di genere" che, ovviamente, non lasceranno traccia finendo presto nell'oblio meritato, per fortuna dico esiste una guida per ottimizzare i pochi anni che all'uomo sono concessi per acculturarsi (e magari saper scrivere) : il canone dei classici. Pochi libri e ben studiati, esempi di stile, imperituri, da leggere e rileggere per una vita intera, diciamo 50 opere compresi i volgarizzamenti (Castelvetro, Caro, Bentivoglio, Monti, Pindemonte), qualche Crestomazia per darci l'illusione di avere quanto basta, il Dizionario del Tommaseo o del Battaglia, del Forcellini, le grammatiche italiana e latina, tutta roba da postillare nelle giornate invernali quando piove, dopo aver tolto l'audio al telefono, e succeda quel che succeda, caschi il mondo, si va avanti nello studio, per capire ciò che siamo. Quanto poi alla questione di chi, se il Principe, la scuola, la Civiltà Cattolica (leggete le pagine di critica letteraria dal 1850 ad oggi, resterete sorpresi dall'esattezza dei giudizi), l'editoria, la critica, possa arrogarsi il diritto-dovere di scegliere per noi i testi esemplari, escludendo gli altri, e di quale debba essere il criterio ispiratore della selezione, estetico o contenutistico, o entrambi, io avrei delle idee, che risparmio al lettore per sia pur debole senso del limite.

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Stefania Ignazzi
24 novembre 2023 - 00:00
Analisi profonda, che induce a una riflessione sul ruolo dell’insegnante nel delicato compito di sollecitare l’educazione alla lettura nei giovani: una conquista culturale finalizzata alla promozione del progresso e del benessere civile della comunità. Nasce a questo scopo nel Liceo in cui insegno (IISS “Vincenzo Lilla” di Francavilla Fontana) la partecipazione al Progetto Nazionale sulle Biblioteche Scolastiche che fa leva non solo su un’idea di buon uso del digitale nella riqualificazione delle pratiche e degli ambienti scolastici, ma anche di valorizzazione della nostra biblioteca scolastica, che vanta un prezioso patrimonio librario di cinquecentine, fra cui un’aldina, oltre a seicentine e settecentine. Il professor Coluccia scrive: “Ogni volta che una biblioteca scompare è un danno per l’umanità”. È nostro dovere, in qualità di educatori, contribuire a rendere le biblioteche scolastiche un centro di formazione permanente e luogo di crescita culturale, fruibile da studenti, docenti, famiglie e, in senso più ampio, dall’intera comunità.

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Giordana Conversano
22 novembre 2023 - 00:00
Nella mia scuola (I.C.S. Calimera) il 20 novembre 2019 è stata inaugurata la Bibliomediateca delle ragazze e dei ragazzi "Malala Yousafzai", dopo anni di durissimo lavoro alla ricerca di libri e di fondi. Da allora ogni anno la D.S. e il personale scolastico compiono un piccolo miracolo: far funzionare una biblioteca scolastica in un piccolo Istituto di un piccolo comune del sud Italia. Le ragazze e i ragazzi leggono. In una realtà in cui il numero dei lettori è ridicolo, i tredicenni leggono. In Italia, però, non esistono finanziamenti sistematici del MIM per l'acquisto dei libri, per il funzionamento delle biblioteche scolastiche e non esiste il riconoscimento del docente-bibliotecario, neppure di quello formato di recente dal Miur stesso. La presenza e la "resistenza" delle biblioteche scolastiche è un fatto eccezionale, legato a congiunture astrali favorevoli e intercettazione di fondi vari. Finita l'era dei mitici "finanziamenti a pioggia" è giunta l'era dei finanziamenti episodici e sporadici, che prosciugano le energie di chi dovrebbe concentrarsi sull'educazione alla lettura. E la mente di chi scrive guarda con timore alla "metafora Casole", dove oggi pascolano tra i ruderi greggi di pecore. Serve un piano straordinario che renda ordinaria l'esistenza delle biblioteche scolastiche, con bibliotecario professionista e finanziamenti certi, adeguati e sistematici. Un sogno. Nel frattempo chi può fa quel che può affinché alle ragazze e ai ragazzi abbiano un accesso democratico alla lettura con la speranza che un bambino, un insegnante, un libro ed una penna possano davvero cambiare il mondo.

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Thomas Hohnerlein
20 novembre 2023 - 00:00
Per quanto riguarda la Fiera del Libro di Francoforte mi sembra che all'autore del meritevole intervento qui presentato sia sfuggito un "dettaglio" tutt'altro che "minore". Mi spiego meglio: in occasione dell'edizione 2023 della fiera di Francoforte era previsto di conferire il LiBeraturpreis (che spetta solo a scrittori e scrittrici di paesi del sud del mondo) alla rinomata scrittrice palestinese Adania Shibli per il suo attuale romanzo "Un dettaglio minore". In una lettera aperta, colleghi ed amici dell'autrice si esprimono sconcertati e in effetti dovremmo essere sconcertati tutti noi: La pluripremiata scrittrice palestinese, finalista al National Book Award proprio per "Un dettaglio minore" stava per ricevere il LiBeraturpreis 2023. Il 13 ottobre, gli organizzatori del premio Litprom, finanziato in parte del governo tedesco e da Frankfurt Book Fair, hanno rilasciato un comunicato in cui affermavano che la cerimonia di premiazione non avrebbe più avuto luogo alla Fiera del Libro. Inoltre è stato cancellato un dibattito pubblico alla Fiera del Libro con Adania Shibli e il suo traduttore Günther Orth. La dichiarazione originariamente diceva che questa decisione sarebbe stata presa d'accordo con l'autrice, ed era stata poi ripresa, senza verifica, in un articolo del New York Times (ora corretto), mentre Adania Shibli ha reso noto che la stessa decisione non sarebbe stata presa d'accordo con lei, ma che la decisione le sarebbe stata presentata. Se la cerimonia avesse avuto luogo, ha detto, avrebbe colto l'occasione per riflettere sul ruolo della letteratura in questi tempi crudeli e dolorosi (da allora Litprom e The Times hanno apportato correzioni). Voglio dire che sullo sfondo di vari scontri e guerre attuali e drammatici, anche meritevoli istituzioni come la Fiera del Libro di Francoforte non sembrano, per forza della propria reputazione, considerarsi luogo di dibattito, analisi, critica e comprensione reciproca, ma sembrano trapassati ad una politica per niente mimetizzata di censura. Quindi volendo, quelli che dovrebbero fare il tentativo di comprendere un lato essenziale di quel conflitto esploso per l'ennesima volta, come pare cercheranno invano un libro che non solo può portare nuove conoscenze, ma che potrebbe anche acuire la coscienza storica. Per ora il libro in discorso non risulta (ancora?) bruciato ma insomma bandito e escluso dalla discussione pubblica. Per un pubblico che stenta a recepire ogni tipo di letteratura e che dovremmo, per così dire, prima (ri)mettere in carreggiata, non mi sembra poco, a prescindere dal fatto che mi sembra rivelare le ipocrisie della così detta "comunità occidentale dei valori"

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