Ma non si dovrebbe insegnare anche la lingua italiana? Il problema della valutazione della competenza linguistica nelle prove del Concorso docenti 2016

Il tema di discussione che proponiamo ai nostri lettori ha a che fare con le prove del Concorso docenti 2016 e la valutazione delle competenze linguistiche dei futuri insegnanti di italiano.

Giugno 2016

Il 2 maggio 2016 si è svolta la prova del Concorso docenti per le cattedre delle materie letterarie nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Pochi giorni dopo un documento, sottoscritto dai membri del Direttivo dell'ASLI e della Giunta dell'ASLI Scuola, e inviato al MIUR, lamentava l'assenza di quesiti di carattere linguistico in quella prova, peraltro carica di domande.
Dopo aver pubblicato il documento sulle pagine della sezione “Notizie” di questo portale e del sito CruscaScuola, ci pare opportuno riproporne gli argomenti nel nostro angolo di discussione con i lettori per confrontarci con la loro opinione.

Il mancato riconoscimento del valore di una competenza linguistica piena emerge in modo lampante dalla struttura della prova per la selezione dei futuri docenti, nella quale è stato concesso spazio unicamente a domande volte a saggiare la conoscenza storico-letteraria dei candidati. Tale disparità di trattamento appare come una spia della più generale, tradizionale e ancor oggi diffusa confusione tra studio della letteratura e studio della lingua. Una confusione di cui fa le spese proprio lo studio di quest’ultima: entrambe le discipline, infatti, parimenti identificate nelle aule scolastiche con il nome di Italiano, di fatto vengono insegnate e apprese in modo molto diverso; nella pratica quotidiana, l'attenzione dedicata alla letteratura sovrasta nettamente quella riservata all'analisi della lingua, la cui conoscenza, specialmente negli istituti superiori, è data incautamente per assodata.

Il progressivo contrarsi del valore riconosciuto alle competenze linguistiche dei futuri professori e studenti suscita particolare stupore se accostato alla recente istituzione della classe di concorso per l'insegnamento dell'italiano agli stranieri, per la quale il Ministero ha invece riconosciuto la necessità di un percorso di formazione specifico: le competenze linguistiche, la capacità di analizzare la propria lingua da un punto di vista critico e di riconoscerne le strutture e le varietà, e infine la capacità di trasmettere tutto questo a chi apprende non sembrano essere richieste allo stesso modo, dunque, a chi insegna italiano agli studenti stranieri e a chi lo insegna agli studenti italiani. Quasi paradossalmente, nella stessa prova di concorso, è stato dedicato – in proporzione – molto spazio all'accertamento delle competenze linguistiche relative alle lingue straniere: una scelta condivisibile, ma che mette ancor più in evidenza la gravità dell'assenza dei quesiti linguistici relativi alla lingua materna.

Da molti anni l'ASLI, l'Accademia della Crusca e altre associazioni si impegnano per valorizzare l'importanza di una formazione scolastico-universitaria capace di fornire, attraverso la riflessione fondata sull'analisi dei documenti e la storia della lingua, adeguati strumenti metodologici e concettuali per la comprensione dei testi.
L'Accademia della Crusca, in particolare, organizza da anni corsi di formazione per docenti di tutti gli ordini di scuola, collabora con le classi alla messa a punto di materiali didattici, interviene con progetti formativi negli istituti che ne fanno richiesta, intrattenendo così un costante dialogo con il mondo della scuola.
Tale impegno è profuso nella convinzione che questi strumenti siano indispensabili alla formazione di cittadini consapevoli, prima che di studiosi e umanisti. Può la scuola italiana dimenticarsi questo obiettivo?
 

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Mario Barenghi, "L'italiano non è sexy"
Michele Cortelazzo, "Trieste, ecco perché i "prof" non conoscono la lingua italiana"

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Silvia
28 luglio 2016 - 00:00
Da mamma con mia figlia alle elementari ho riscontrato che già i testi sono "essenziali" e ridotti al minimo della conoscenza e l'apprendimento e la valutazione sono sulla velocità di risposta. ....per l'italiano e lo scrivere ci vuole il tempo della riflessione e del pensare ......e l'istantaneita' delle nuove tecnologie,i voti in numeri,il merito e la competizione..... non aiutano di certo!:

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Francesca Romana
23 giugno 2016 - 00:00
Concordo. Il problema è che già alle elementari la lingua italiana viene insegnata con molta leggerezza. I laureati che parlano a stento l'italiano sono tantissimi. L'italiano scritto in modo corretto, poi, è cosa rara. Bisognerebbe ricominciare tutto da zero, ma i danni ormai sono veramente tanti, troppi.

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Serenella
29 giugno 2016 - 00:00
Il problema è: gli insegnanti delle ultime generazioni conoscono sufficientemente la lingua per insegnarla correttamente? A tutti i livelli sembra impoverirsi il linguaggio ( quanti vocaboli conosce e usa un italiano di cultura media?). L'uso corretto dei congiuntivi è raro anche fra i laureati, per non parlare della consecutio temporum, questa sconosciuta...
Renato Pace
23 giugno 2016 - 00:00
...e i problemi vengono al pettine quando viene stesa una tesi di laurea... molto meglio, nelle facoltà non umanistiche, evitare la messa in scena della tesi e sostiturla con un adeguato corso, con relativo esame sulla competenza linguistica... sempre che non sia troppo tardi!

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Fabio Cuzzola
23 giugno 2016 - 00:00
Concorso umiliante sia per i candidati, sia per i commissari. In tutte le classi d'insegnamento poco spazio ai contenuti e alla didattica, prima del computer e dell'inglese bisognerebbe tornare alla lingua italiana, veicolo principale del nostro agire quotidiano nel mondo della scuola.

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beatrice viola
10 giugno 2016 - 00:00
Sono perfettamente d'accordo. Mi pare che, almeno in italiano, la professoressa Flora avrebbe dovuto formarsi un po' di più. La frase "era impossibile certificare nulla data l'esiguità del tempo", mi sembra assolutamente sbagliata.

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Flora
07 giugno 2016 - 00:00
Io sono stata tra le cavie che hanno partecipato al concorso. Era impossibile certificare nulla data l'esiguità del tempo. `E stato -a dir poco- umiliante scontrarsi con la follia del MIUR dopo anni di formazione.

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