Nicoletta Maraschio propone una riflessione sull'uso dell'inglese come lingua esclusiva dell'insegnamento universitario in Italia.
Novembre 2012
Nicoletta Maraschio (Presidente dell’Accademia della Crusca)
Nei mesi scorsi si è aperto sui giornali un vivace dibattito sull’uso dell’inglese come lingua esclusiva dell’insegnamento universitario in Italia. L’occasione è stata data dall’annuncio del rettore del Politecnico di Milano, Giovanni Azzone, di voler avviare dal 2013-2014 i corsi magistrali e dottorali solo in inglese, escludendo quindi l’italiano dalla formazione superiore di ingegneri e architetti. L’Accademia della Crusca ha deciso di intervenire in tale dibattito per favorire una riflessione il più possibile articolata e approfondita intorno a una questione linguistica di grande attualità e complessità – non certo specifica del nostro Paese – che a molti appare rilevante anche da altre prospettive: politiche, giuridiche, culturali e sociali. E l’ha fatto proponendosi innanzi tutto come luogo di un confronto aperto di idee diverse. Perché è apparso immediatamente chiaro il rischio da evitare: quello che su un tema tanto delicato e in un momento significativo di svolta (che parte dall’università ma non si limita certo a essa) si determinasse una contrapposizione netta, quasi manichea, tra fautori e oppositori dell’anglicizzazione, tra chi cioè vede nella scelta dell’inglese come lingua veicolare dell’insegnamento il modo migliore, più semplice ed economico per i nostri atenei di aprirsi al mondo e chi invece difende ad oltranza la lingua italiana, appellandosi alla forza e all’autorevolezza della tradizione nazionale. Inglese contro italiano, insomma, in una visione semplificante e fuorviante. È possibile invece, crediamo, trarre dall’episodio specifico, che tanta eco mediatica ha suscitato, l’opportunità di riportare l’attenzione di un pubblico vasto sulle questioni linguistiche, per dare ad esse quella centralità che di fatto hanno nel mondo contemporaneo (ma che solo raramente è riconosciuta) e per riflettere intorno alla nostra politica linguistica e ai molti modi di internazionalizzare l’università.
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